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INTRODUZIONE Per comprendere
l'arte egizia bisogna innanzitutto premettere che essa è di tipo
evocativo cioè vuole intendere che ogni disegno o scultura, una
volta terminato, vive di vita propria. Questo tipo di concetto è
diffuso ancora oggi in molte popolazioni che sono contrarie a farsi
fotografare poichè temono di perdere la propria immagine. |
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Gli
obelischi o "aghi di Cleopatra", come le piramidi, i templi
e le tombe, hanno chiare origini religiose, ma un destino diverso visto
che, malgrado le
loro imponenti dimensioni, fin dall'antichità hanno cominciato a "viaggiare"
e per molto tempo, a partire dall'età imperiale romana, sono stati l'unica
testimonianza della civiltà egiziana fuori dall'Egitto. Ciò che ancora oggi stupisce degli obelischi è l'enormità delle dimensioni di molti di essi che erano tagliati in unico blocco di pietra. E' questo uno dei tanti misteri dell'antico Egitto: come sia stato possibile per una civiltà dotata di mezzi tecnici alquanto primitivi, tagliare nelle cave, trasportare lungo il Nilo spesso per centinaia di chilometri, e infine innalzare nel luogo prescelto monoliti di queste dimensioni? Ad Assuan esiste un'antica cava di granito rosa nella quale si trova il famoso "obelisco incompiuto" (alto 42m per un peso di 1168t), voluto dalla regina Hatshepsut per essere il più grande del mondo e già modellato e parzialmente staccato dalla roccia ma poi abbandonato a causa di una crepa che ne pregiudicava l'integrità. La scoperta dell'obelisco incompiuto ha permesso agli studiosi di capire come veniva lavorato il granito rosa. Gli antichi Egizi scavavano dei fori lungo i blocchi di granito nei punti dove desideravano tagliarli tramite l'utilizzo di utensili di quarzite (un materiale più duro del granito rosa) e quindi vi inseriravano dei legni di Sicomoro che, quando bagnati, si ingrossavano a tal punto da rompere il granito. La nascita degli obelischi è legata al culto di Ra, il dio sole dell' antico Egitto. I più antichi esemplari furono elevati a Iunu, la città pilastro che i greci chiamarono Eliopoli e che ora è Il Cairo. Gli egiziani credevano che sulle punte degli obelischi si posasse la fenice, il mitico uccello che risorgeva dalle propie ceneri. Il termine "obelisco", come spesso accade nella storia della civiltà egiziana, ha origine greca. Jacques Champollion in un suo libro del 1971, fornisce una descrizione degli obelischi che riportiamo quì di seguito. Gli obelischi furono costruiti per spiegare il motivo della costruzione degli edifici di fronte ai quali sono posti. Il materiale per la loro costruzione, derivava da una cava di granito rosa situata a Siene. Sono monoblocco e la superficie è brillante e perfettamente levigata. Gli spigoli sono vivi e dritti, mentre le facce sono convesse esternamente di 15 linee, ma perfettamente regolari. Un obelisco si può dividere in due parti: 1) il prisma quadrangolare, o fusto, che comprende tutto il monumento dalla base al "pyramidion". 2) il "pyramidion" che è la parte tagliata a forma di piramide che sovrasta il prisma, o fusto. Le quattro facciate sono ricoperte di iscrizioni geroglifiche. Su ogni faccia i segni sono collocati simmetricamente in modo da formare tre colonne perpendicolari ben distinte, che formano così tre iscrizioni, tre frasi su ogni faccia. Su tutte le facce i caratteri dell'iscrizione centrale sono scolpite in basso rilievo in una cavità profonda più di 5 pollici e perfettamente levigati, mentre i geroglifici delle due colonne laterali sono profonde meno della metà. Il "pyramidion" era di solito ricoperto con l'elettro, un materiale composto da oro, rame e argento in modo che brillasse ai raggi del sole e fosse ben visibile anche a lunghe distanze. Chi stava ai piedi dell'obelisco veniva investito da una luce accecante che dava un valore divino all'obelisco stesso. Di recente un gruppo di scienziati del California Institute of Technology ha dimostrato con successo come sarebbe stato possibile sollevare un obelisco con l'aiuto di un semplice aquilone di grandi dimensioni, di un sistema di pulegge e di una struttura di supporto. L'obelisco, pesante circa 3 tonnellate, è stato sollevato, al secondo tentativo, in soli 25 secondi, sfruttando raffiche di vento fino a 35 chilometri orari. Questa ipotesi pare essere storicamente confermata da un fregio ornamentale, conservato al museo del Cairo, nel quale sono visibili un bassorilievo recante un paio di ali (sicuramente non appartenenti ad un uccello) e numerosi uomini in piedi di fianco ad oggetti verticali (probabilmente corde). |
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Uno
dei tanti misteri ancora irrisolti sulle tombe dei faraoni è
quello della loro costruzione. Dopo aver individuato la posizione ed
aver scavato nella roccia le stanze destinate a custodire il corpo del
defunto, si procedeva alla scrittura delle pareti. Ma come potevano
gli Egizi lavorare in un ambiente buio? La Valle dei Re La Valle dei Re è il luogo dove si trovano le tombe dei faraoni del Nuovo Regno. La Valle delle Regine Non distante dalla Valle dei Re si trova la Valle delle Regine composta da 80 tombe risalenti, per la maggior parte alla XIX e alla XX dinastia. Oltre alle regine vi sono sepolti anche i principi morti prematuramente come, ad esempio, quelle dedicate ai figli di Ramesse III. Tra le più belle tombe segnaliamo la bellissima tomba di Nefertari (n.66) che conserva ancora delle splendide immagini e degli splendidi colori. Il tempio di Deir El-Bahri Il
tempio di Deir El-Bahri fu costruito, a ridosso della montagna, da Senmut
in onore della regina Hatshepsut e del padre Thutmosi I. E' costituito
da tre piani a porticato, da due gradi terrazze.e da una parte scavata
nella roccia. Sulle pareti della parte occidentale i rilievi raccontano
della vita della regina Hatshepsut, dalla sua nascita alla sua ascesa
al trono. Sul lato settentrionale sono raccontati i momenti trionfali
del suo regno, come il viaggio a Punt in Somalia. La cappella di Hathor
contiene invece le decorazioni religiose, con Hatshepsut intenta a portare
doni ai vari dèi. All'interno del tempio, dietro a molti ingressi,
è ritratta l'immagine di Senmut, cosa molto insolita visto che
in nessun altra tomba o tempio l'architetto si autoritraeva, la cui
bellissima tomba si trova nei pressi del tempio stesso. |
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I templi erano realizzati seguendo schemi ben precisi. Essi erano infatti costruiti per focalizzare l'attenzione del sacerdote sul dio a cui il tempio era dedicato. Gli antichi Egizi, per fare questo misero a punto delle tecniche che svolgevano perfettamente questo compito. Dall'ingresso del tempio fino alla sala con la statua del dio, le porte erano sempre più piccole, il pavimento leggermente in salita, mentre il soffitto era in discesa. In questo modo , fin dall'ingresso del tempio lo sguardo veniva obbligatoriamente focalizzato sull'immagine del dio. Abu Simbel Situato
sulla riva occidentale del Nilo, il tempio di Abu Simbel è di
enormi dimensioni: 30m di facciata, 63m di profondità, 20m di
altezza per le statua
esterne e 10m per quelle interne. Il resto dell'estensione del tempio,
che ne caratterizza l'originalità, è stato ricavato dentro
la montagna. Originariamente l'ingresso al tempio avveniva dal Nilo,
mentre oggi, a causa della costruzione della diga di Assuan, esso è
stato smontato e ricostruito fedelmente in una zona più interna
e sicura. Abu Simbel fu realizzato da Ramesse
II tra il 1290 e il 1224 a.C. per mostrare ai Nubiani la sua potenza.
Le quattro statue dominanti raffigurano Ramesse II ai cui piedi vi sono
la moglie Nefertari e altri membri della famiglia. Al di sotto, in una
nicchia, vi sono delle statue al confronto minuscole, ma in realtà
alte 2 metri, che raffigurano il dio Ra, le dea Maat e lo scettro User
(User-Maat-Ra era il soprannome dello stesso Ramesse II). All'interno
del tempio nella cella, scolpiti nella roccia, sono raffigurati Ptah,
Amon, lo stesso Ramesse II e Ra. Il tempio fu costruito in modo tale
che due volte l'anno, e più precisamente il 21 febbraio ed il
21 ottobre, forse la nascita e l'incoronazione di Ramesse II, il sole
sorgendo illumini le quattro statue della cella ad eccezione di quella
di Ptah che, in qualità di dio dell'oscurità, doveva rimanere
nell'ombra. Questa operazione era permessa dai 24 babbuini scolpiti
sopra l'ingresso del tempio che "aiutavano" il sole ad entrare.
Davanti all'ingresso del tempio vi è la cosiddetta "stele
del matrimonio" che narra delle nozze tra Ramesse II e la figlia
del re ittita Hattusil al termine della famosa battaglia di Kadesh.
All'interno del tempio, sulla parete di destra, vi è una dettagliata
raffigurazione (9m x 17m) della lotta tra Egizi ed Ittiti con la rappresentazione
di 1100 soldati. Sulla parete opposta, invece, ci sono i due inganni
fatti a Ramesse II durante la sua marcia verso Kadesh e che gli furono
fatali. Con queste rappresentazioni Ramesse II intende consolidare la
sua regalità facendo credere che, dopo la sconfitta del suo esercito
caduto in un'imboscata, lui da solo con l'aiuto di Ra avrebbe sconfitto
gli Ittiti. Il tempio di Hathor A
poche centinaia di metri dalla locazione originale sorgeva un tempio
più piccolo, anch'esso scavato nella roccia, dedicato alla dea
Hathor ed alla sposa di Ramesse II Nefertari, incarnazione terrena della
dea Hathor. Le sei statue raffiguranti alternativamente la regina e
Ramesse II sono alte 11 metri. Karnak
Karnak venne riscoperto all'inizio del XVIII secolo dal capitano Norden
e dal reverendo Pococke. Essi ne fornirono i primi disegni e le prime
mappe. Fu però la spedizione di Napoleone a dare il via alle
esplorazioni e allo studio del sito.
Luxor Il
tempio di Luxor, dedicato al ka reale, è di dimensioni più
modeste rispetto a quello di Karnak, fu fondato da Amenofi III in onore
del dio Amon-Ra, alla moglie Mut ed al figlio Khonsu e fu poi completato
da vari faraoni successivi. La parte più antica è costituita
dal santuario e dalla sala ipostila alle quali lo stesso Amenofi III
aggiunse il cortile con i portici ed il colonnato. I muri del santuario
sono coperte di dipinti che vedono Amenofi III intento a rendere omaggio
alle divinità. A sinistra del santuario c'è "la camera
della nascita di Amenofi III" con le pareti decorate da bassorilievi
raffiguranti la madre di Amenofi III che, durante la gravidanza, riceve
l'annuncio da parte degli dèi della prossima nascita di un dio. Colossi di Mnemone I colossi di Mnemone sono ciò che rimane del grandioso tempio voluto da Amenofi III. Prima di essere distrutto da un terremoto e utilizzato come materiale da costruzione, il tempio era una sorta di palazzo-città. Le dimensioni erano 500m di lunghezza per 120m di larghezza circa. Il progetto fu realizzato dall'architetto Amenofi, figlio di Hapu, che incluse all'interno persino un lago artificiale. File File
è un'isola situata sul Nilo in corrispondenza del confine tra
Egitto e Nubia. Il comune culto di Iside tra le due regioni, rese possibile
la costruzione di un tempio dedicato appunto alla dea Iside. Costruito
nel 181 a.C. durante l'età tolemaica, File fu considerato da
tutti i sovrani il punto d'incontro tra Egitto e Nubia e nessuno tra
loro perse occasione per lasciare traccia della propria dinastia. Molti
furono i rifacimenti e le nuove aggiunte come ad esempio l'ampia area
voluta da Tolomeo IX Soter II per riuscire ad ospitare i numerosi pellegrini
che visitavano il tempio. A File vi furono anche aggiunte delle costruzioni
di origine nubiana a conferma della tolleranza e del comune credo delle
due popolazioni. Edfu Il
tempio di Edfu o, più propriamente, il tempio di Horo, fu fatto
costruire da Tolomeo III per sottrarre fedeli al culto di Amon e avvicinarli
così al suo potere. Per questo motivo il tempio viene anche chiamato
"dei falsi" perchè realizzato per fini strettamente
politici. Kom-Ombo Il
tempio di Kom-Ombo possiede una particolarità unica: è
l'unico tempio ad essere stato dedicato a due divinità contemporaneamente,
ossia Sobek, il dio coccodrillo, e Haroeris, una manifestazione solare
di Horo. Ciò ha comportato la costruzione simmetrica di un edificio
che ha due ingressi, due passaggi fra le camere e due santuari al termine
dedicati alle due divinità. La parte di destra è quella
del dio Haroeris, mentre a sinistra c'è quella del dio Sobek. |
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Il
nome "Saqqara", come in molti altri casi, non ha nessun legame
con la necropoli, ma deriva dal nome del dio del cimitero Seker.
Per
entrare nella necropoli, bisogna attraversare un colonnato formato da
42 colonne, una per ogni provincia d'Egitto, dove venivano ospitati
i rappresentanti di ogni provincia scelti per partecipare all'annuale
festa in onore del faraone. La festa di Heb Sed vedeva il faraone esibirsi
in prove
di forza e di agilità per rinnivare le sue capacità a
rivestire l'incarico di faraone. Col passare del tempo il faraone si
limitò solo ad assistere alle prove che venivano interpretate
da altri partecipando, però, attivamente alla cerimonia dell'incoronazione.
La piramide di Unas
A sud della necropoli di Saqqara, si trova la piramide di Unas. Unas
fu l'ultimo faraone della V dinastia, diventato noto agli studiosi per
aver costruito la prima piramide decorata con le iscrizioni più
antiche mai ritrovate in una tomba. Tali iscrizioni descrivono quale
fu il comportamento tenuto dal faraone per essere ammesso nel regno
dei morti. La piramide, 77m di base e 18.9m di altezza, era collegata
al tempio della valle dalla strada coperta di Unas, lunga circa 700
metri e, una volta, pavimentata con scene di battaglie, di vita quotidiana,
di divinità e di animali. Ma non solo queste furono le innovazioni
introdotte da Unas: l'ingresso non era più posto sulla facciata
ma al di sotto del pavimento, la camera sepolcrale fu posta in corrispondenza
del lato occidentale del vestibolo, mentrre sul lato orientale vi è
una camera contenente tre nicchie per statue. Le pareti del vestibolo
sono ricoperte da colonne interamente disegnate con geroglifici. Nei
pressi della piramide furono ritrovate due fosse contenenti due barche
solari in pietra.
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Come
noto gli artisti dell'antico Egitto non erano soliti "firmare"
i propri lavori perchè essi dovevano essere un dono verso il faraone
e gli dèi. Per gli artisti era un onore lavorare alla realizzazione
di un tempio o di una tomba che doveva essere ricordata solo per quello
che rappresentava o custodiva. Per cui, a parte qualche eccezione come
nel caso del tempio di Hatshepsut dove Senmut lasciò sparse le
sue tracce, nessuna traccia identificativa dell'artista. Ma come lavoravano? Dove erano i loro laboratori? Quali tecniche utilizzavano? Per rispondere a queste domande ci sono venuti incontri alcuni scavi che hanno portato alla luce interi laboratori abbandonati durante il loro utilizzo. All'interno del complesso funerario di Micerino fu infatti rinvenuto intatto un laboratorio per la costruzione di statue. La scoperta fatta da G.A. Reisner ha evidenziato come i massi giungevano tra le mani dell'artista già sgrossati. Il lavoro quindi proseguiva in laboratorio dove al masso venivano date forma e dimensioni di quella che sarebbe stata l'opera finale. Una volta segnate le dimensioni, si procedeva alla rifinitura del blocco definendone i tratti e prestando particolare attenzione alla testa. La rifinitura della testa si faceva progressivamente più fine fino al raggiungimento della forma definitiva. A questo punto si procedeva con il resto del corpo cercando di liberare il più possibile braccia e gambe. Come atto conclusivo si levigava l'intera statua e la si incideva. Gli strumenti utilizzati durante il lavoro sono esclusivamente di pietra: succhielli in selce, lisciatoi, punteruoli, paste abrasive, martelli, bulini e, in rari casi, seghe in rame. Le statue erano solitamente realizzate in calcare e in arenaria, ma anche in sienite, quarzite scisto. Più raramente il materiale utilizzato era l'alabastro o il rame, mentre il legno conoscerà maggiore diffusione dopo la fine dell'Antico Regno. Nel campo della pittura gli artisti hanno dapprima dovuto risolvere un problema legato alla raffigurazione. Non conoscendo tecniche per rappresentare la prospettiva si doveva comunque riuscire a raffigurare persone e oggetti in modo che essi fossero ugualmente riconoscibili. Così, per raffigurare un uomo si dovevano disegnare i suoi tratti caratteristici. L'occhio è distinguibile solo frontalmente, come le spalle e le mani, mentre naso, mento, orecchie, braccia e testa sono meglio distinguibili di lato. Perciò, per rendere riconoscibile una persona, le si faceva fare una torsione sul bacino così da evidenziare tutti i suoi tratti caratteristici. Le proporzioni della figura erano ottenute applicando sulla superficie un reticolo di corde rosse che fungevano da riferimento per l'artista. |
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La stele di Narmer La stele di Narmer fu ritrovata a Nekhen la città della dea avvoltoio Nekhbet dell'Alto Egitto ed l'attestato di un intervento militare nel Delta. Narmer assume inequivocabilmente l'atteggiamento del sovrano. La città fortificata di Nekhen dovrebbe risalire intorno al 4000 a.C. e fu circondata da mura alte 12 metri all'interno delle quali sorgeva il tempio della dea Nekhbet e un lago sacro. Sono state ritrovate anche alcune tombe che però risalirebbero al Nuovo Regno. Occorre notare come il nome del primo faraone della storia egizia si racchiuso in una forma rettangolare e non in un cartiglio che venne introdotto nella II dinastia. Nella stele viene raffigurato Narmer con la corona dell'Alto Egitto (al centro) mentre prende per i capelli un nemico (a destra, in basso) simboleggiando la sua potenza e mettendo in fuga tutti i suoi avversari (in basso). Lo stesso Narmer viene rappresentato da fanciullo (a sinistra). Il falco è Horus (a destra in alto), mentre i fiori di papiro (sotto il falco) conteggiano i prigionieri fatti da Narmer durante le sue battaglie (1000 prigionieri ogni fiore di papiro). Hathor (in cima alla stele a destra e a sinistra) e il cartiglio del primo faraone d'Egitto (in cima al centro) terminano la stele. Da notare come il nome del faraone sia racchiuso in una forma rettangolare. Il cartiglio verrà introdotto solo alla fine della II dinastia. Le oche di Meidum Il
primo affresco della storia umana fu ritrovato in Egitto nella tomba
di Ite, moglie del figlio del faraone Snefru, Nefermaat, che fu anche
il costruttore della piramide di Meidum. Fu chiamato "le oche di
Meidum" visto che raffigura 6 oche di cui 3 rivolte verso sinistra
e 3 verso destra. Tra i vari significati dati a questo affresco il più
accreditato è quello che vede le oche simboleggiare l'Alto e
il Basso Egitto. La tomba di Ite, da cui fu tagliato questo affresco,
risale al 2600 a.C. circa e fu scoperta dalla spedizione di Mariette. |
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