"S. Berardo, vescovo dei Marsi della
cattedrale di S. Sabina, nacque a Colli di Montebove, castello marsicano,
vicino a Carsoli, da Berardo 111 e da Teodosia dei Conti dei Marsi nell'anno
1079. Fu educato cristianamente dai suoi genitori e affidato per la successiva
educazione al capitolo di S. Sabina nella città Marsia, sotto la
direzione del vescovo Pandolfo che lo aveva anche come commensale. In
seguito, dietro consiglio del citato vescovo, fu condotto dal genitore
nel monastero di Montecassino, dove sotto la scuola di quei monaci, distinti
per santità e dottrina, conseguì una preparazione in tutte
le scienze ecclesiastiche tanto che, nelle questioni più difficili
e controverse, sempre si ricorreva al suo profondo e retto giudizio.
Il Papa Pasquale II, venuto a conoscenza che oltre al corredo di tante
virtù, S. Berardo possedeva un carattere spiccatamente caritatevole
verso il prossimo, lo consacrò vescovo, affindandogli la diocesi
marsicana, dove nonostante la sua innata umiltà, intraprese con
coraggio l'opera di risanamento con l'estirpare la simonia (peccato di
chi concede per lucro beni spirituali), ripristinando la disciplina del
clero, fuorviato dall'arbitrio dei potenti vassalli.
Nell'attuare queste riforme, andò spesso incontro alla resistenza
dei baroni e dei tirannelli, sopportando insidie e ingiurie di ogni tipo
per cui era costretto a sottrarsi alla morte, ora a seguito di organizzate
sassaiole, ora evitando cibi avvelenati preparati a bella posta da mano
sacrilega. Ciò nonostante il suo animo altamente caritatevole verso
il prossimo e verso i suoi nemici, fece sì che i suoi persecutori,
pentiti di ogni errore commesso, implorassero piangendo il perdono per
tutte le loro colpe.
Per questo ed altri meriti fu premiato da Dio con singolari prodigi avvenuti
mentre era ancora in vita.
Nel suo episcopio era sempre imbandita la mensa per i poveri come pure
solleciti erano i soccorsi che inviava ai più bisognosi.
La sua vita fu un luminoso esempio di pazienza, di bontà e di amore
nella più dolce umiltà.
Il giorno 29 agosto 1130, consacrato alla martire S. Sabina, S. Berardo
celebrò nella sua cattedrale l'ultima messa pontificale, alla presenza
del capitolo e di quasi tutti i parroci della diocesi. Nell'omelia che
pronunciò descrisse la caducità della vita, predisse la
sua morte, ripetendo più volte che da quell'altare non avrebbe
più offerto il sacrificio incruento dacchè gli altri pochi
giorni che gli accordava il Signore, doveva spenderli, visitando la diocesi,
per portare a compimento l'altissima sua missione. Dopo aver sistemato
le cose che gli erano rimaste incompiute, intraprese per l'ultima volta
la visita alla diocesi; il giorno otto del mese di settembre giunse a
Celano, dove fu assalito dai violenti dolori dell'epatite dai quali era
spesso tormentato. Rimase lì per molti giorni nei quali continuò
a dare ordini per il bene di quella chiesa di S. Giovanni e delle altre
chiese di Celano e dei suoi sudditi. Sentendosi sul punto di morire, nonostante
i medici facessero il possibile per ritardare la sua partenza, data la
gravità del suo stato di salute, rientrò nella propria sede,
dopo aver ringraziato i celanesi per tutte le premure che gli avevano
usato.
Cinque giorni prima della sua morte, che predisse a tutti i fratelli che
si erano riuniti attorno a lui, rivolse il seguente commovente discorso
quale ultimo suo testamento:
"Fratelli che sempre siete stati la mia gloria, la mia lode, il mio
onore, la mia corona, l'anima, la vittoria e la salute mia, voi che conoscete
benissimo essere per me già prossima quell'ora estrema nella quale
debbo presentarmi a rendere conto dell'operato in vita dinanzi all'Altissimo,
voi che ricordate quanto io abbia fatto con i vostri saggi consigli per
questa chiesa dei Marsi, voi che siete certi avere io consumato per alimentare
i poverelli, l'oro e l'argento nonchè le sostanze lasciatemi dagli
avi per patrimonio o datemi dalla chiesa per sostenimento, mi sono serviti
per alleviare la mendica povertà e per donare pregevoli opere che
innalzano ai fastigi questa fabbrica ed aver conservato per me il solo
cumulo delle virtù che devono accompagnarmi nel cielo". Dopo
aver dato questi ed altri luminosi esempi di pazienza e di virtù,
morì il mattino di lunedì del 3 novembre all'età
di 51 anni.
Nella cattedrale di S. Sabina furono celebrati con pompa solenne i suoi
funerali alla presenza di una folla immensa accorsa a piangere amaramente
la perdita del loro pastore. Quindi, essendosi per sua intercessione guariti
alcuni ossessi e risanati altri infermi, fu sepolto nel luogo preparato
nella navata di destra di quella chiesa. Nei giorni seguenti fu così
intenso il concorso dei fedeli che il prevosto Stefano fu costretto a
tenere aperta la cattedrale dalla mattina alla sera per evitare la ressa
all'ingresso del sacro tempio. In quei giorni avvenne che una donna cieca
di Lecce riacquistò la vista.
I Benedettini che allora abitavano poco lontano, nel monastero dedicato
a S. Benedetto e a S. Anastasio, incominciarono a venerare S. Berardo
con solenni e devote processioni e si videro innumerevoli prodigi operati
dalla mano onnipotente che volle così manifestare il posto sublime
che occupava nel cielo S. Berardo.
G. Signino, già ricordato nel corso di questo lavoro, testimone
oculare nel collegio di S. Sabina, cita il nome e il paese d'origine dei
moltissimi miracolati dal santo, ora venerato patrono di Pescina, dove
tutta la Marsica si reca, con viva devozione, ai solenni festeggiamenti,
in suo onore, il primo e il due maggio di ogni anno
Emilio Cerasani: riassunto dalla vita
dei Santi dell'Ughelli
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