L'Alfieri
fu consapevole di avere il temperamento di poeta tragico e perciò si
dedicò con maggior trasporto alla composizione di tragedie. Egli stesso
afferma, infatti, di avere "un cuore ripieno ridondante di affetti di
ogni specie... ed una profondissima ferocissima rabbia ed aborrimento
contro ogni qualsivoglia tirannide"". Con queste parole
riconosce pure che la sua ispirazione si fonda principalmente sul
sentimento della libertà. Inoltre afferma che compito del poeta tragico
sia appunto quello di inculcare negli uomini il valore della libertà:
"Io credo fermamente che gli uomini debbano imparar in teatro a
essere liberi, forti, generosi, trasportati per la vera virtù,
insofferenti d'ogni violenza, amanti della patria, veri conoscitori dei
propri diritti e, in tutte le passioni, ardenti, retti, magnanimi".
Ecco perché dai poeti romantici dell'Ottocento fu considerato un maestro
di virtù civili, il vate della Libertà. E tutte le sue 19 tragedie
trattano appunto il conflitto fra l'eroe e il tiranno. Di esse citiamo le
più importanti:
"Oreste":
Tragedia in versi in cinque atti, ideata insieme con l'Agamennone, di cui
continua l'azione, nel 1776 e pubblicata nel 1783. Si apre con un prologo
di Elettra, sorella dell'eroe, la quale vive nell'attesa della vendetta, a
compiere la quale Oreste, che ha coltivato per tutta la vita un odio
spietato contro Egisto uccisore di suo padre, torna appunto ora in patria
in compagnia dell'amico Pilade. E la vendetta si compie con la complicità
di Elettra, ed è tanto spietata che Oreste, oltre a Egisto, uccide la sua
stessa madre Clitennestra. La tragedia è una delle più vigorose
dell'Alfieri per la rapidità dell'azione e per il ridursi all'essenziale
dei dialoghi, tutti vibranti di furore.
"Agamennone",
ideata nel 1776, pubblicata nel 1783, ispirata a Eschilo. Personaggio
principale è Clitennestra, seguita nella sua progressiva sottomissione ai
disegni di Egisto, fino all'uccisione di Agamennone, invano presentita
dalla figlia Elettra.
"Bruto Secondo'', "Maria
Stuarda",
"Filippo",
(ideata nel 1775). La dolorosa rivalità tra Filippo II di Spagna,
secondato dal ministro Gómez, e il figlio don Carlos, innamorato della
matrigna Isabella (Elisabetta di Francia), si conclude fatalmente col
suicidio di Carlos e la morte di Isabella; su tutto domina l'ossessiva
volontà di potere di Filippo, sempre più chiuso in una tragica
solitudine, trascinato dai tormentosi sospetti a una catena di delitti,
che non avrà fine nemmeno con la perdita della moglie e del figlio.
"La congiura dei Pazzi" ed
i capolavori ''Saul" e "Mirra".
SAUL
tragedia in cinque atti in versi , ideata e composta nel 1782. Ha come
protagonista il re d'Israele nel momento in cui, abbandonato da Dio per le
sue colpe, soffre della potenza perduta e pur vorrebbe ancora affermare la
propria grandezza. Ne nasce un dramma tutto interiore, che si manifesta
soprattutto nella contraddittoria condotta di Saul verso David, che egli
ha scelto come sposo della diletta figlia Micol, ma che al tempo stesso
perseguita come colui che la volontà di Dio ha designato, attraverso
l'investitura dei sacerdoti, a succedergli. La tragedia, capolavoro del
teatro alfieriano, si conclude con la disfatta inflitta dai Filistei agli
Israeliti e con il suicidio del vecchio re sul campo di battaglia: gesto
non di un disperato, ma estrema affermazione di forza morale di un eroe di
fronte alle sciagure che avrebbero dovuto prostrarlo.
"Mirra"
tragedia in cinque atti in versi, scritta nel 1784 e versificata nel 1786.
La protagonista, figlia di Ciniro re di Cipro, e promessa sposa di Pereo,
attende le nozze in uno stato di crescente tormento di cui invano i
genitori e la nutrice cercano di scoprire la causa. Al momento del rito,
l’angoscia di Mirra raggiunge il parossismo e la spinge a invocare la
morte; Pereo si allontana e quando giunge la notizia che si è ucciso,
Mirra svela che l’incestuoso amore per suo padre Ciniro è la ragione
dell’insanabile tormento; poi si trafigge, lamentando di non essere
stata uccisa prima della confessione. Vittima innocente di un dramma
interiore, accettato e sofferto fino alle estreme conseguenze, il
personaggio di Mirra fu interpretato da tutte le maggiori attrici
dell’Ottocento, tra cui in primo luogo Carlotta Marchionni e Adelaide
Ristori.
Nel "Saul" i due
tradizionali protagonisti, l'eroe ed il tiranno, confluiscono nello stesso
personaggio, il re Saul, che, tiranno del suo popolo, si suicida per
liberare la sua gente dalla tirannide.
Le caratteristiche comuni alle tragedie sono:
pochissimi personaggi; il rispetto delle tre unità aristoteliche (di
tempo, di luogo e d'azione); l'uso del verso sciolto; rapidità ed
essenzialità dell'azione; l'espressione di stampo classico sull'esempio
dei cinquecentisti (l'Alfieri però non assunse tale stile per sterile
adesione intellettuale, ma perché sentiva quello stile conforme alla sua
indole ed efficace ad esprimere, per l'austerità e la virilità, il suo
mondo di passioni: le sue tragedie, per un riguardo al tema trattato
-quello della Libertà - dovevano avere un "paludamento"
aristocratico!). Il ritmo della composizione era scandito in tre
"respiri": ideazione, stesura (in prosa), verseggiatura.