Va
per negletta via
ognor l'util cercando
la calda fantasia
che sol felice è quando
l'utile unir può al vanto
di lusinghevol cantone.
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E' evidente che per "utile"
s'abbia da intendere un contenuto nutrito di interessi civili e sociali,
frutto di una cordiale e sollecita aderenza ai problemi umani di un'epoca,
e che il "lusinghevol canto" altro non possa significare che una
veste poetica amabile e persuasiva ad un tempo, e cioè ricca di ornamenti
leggiadri ma strumentalizzata ad un fine etico-sociale.
Sennonché a voler intendere codesta
definizione un pò troppo alla lettera, verificandola sulla produzione
poetica pariniana con un metodo di distinzione del contenuto dalla forma -
secondo quanto essa stessa sembra autorizzare -, si corre il rischio di
ritornare all'ormai superato giudizio del De Sanctis, secondo il quale nel
Parini l'uomo supera il poeta.
La verità è invece che l'impegno
sociale ed il gusto del bello stile sono semplicemente due elementi
dell'arte pariniana, la quale va considerata, al di là pure di una loro
elementare ed opportuna sintesi, solo in rapporto alla sua capacità di
realizzare in immagini fantastiche l'ispirazione del poeta.
Il Parini visse settant'anni
interamente nel secolo decimottavo, e non sfuggì all'influenza del tempo:
subì il fascino dell'Arcadia, che sembrava assecondare la sua naturale
disposizione alla disincantata contemplazione del bello ed orientava il
gusto sulla scia dell'arte classica, tanto ammirata ed amata dal Poeta
giovane; senti tutta la urgenza di quel rinnovamento sociale e morale
auspicato dall'Illuminismo, che sembrava condividere col Parini l'ardente
sete di giustizia ed il forte desiderio di non restare inoperoso di fronte
alla squallida realtà del tempo.
Ma come dell'illuminismo seppe
accettare con cordiale ed umana simpatia, anzi con ansiosa attesa, quel
nobile messaggio di fraternità, di amore, senza peraltro condividere i
metodi ed i programmi particolari di chi si adoperava concretamente,
operando nel tessuto vivo della società, per l'instaurazione del nuovo
mondo; così dall'Arcadia derivò il senso di una poesia eletta, esemplare
nell'espressione, armonica nella costruzione, luminosa nelle immagini,
mirabilmente musicale nel verso composto con consumata perizia e
tormentosa ansia di perfezione, ma si tenne istintivamente lontano dalla
vanità, dalla leziosaggine, dalla superficialità morale.
La spiegazione di codesta sostanziale
riserva nei confronti dell'Arcadia e dell'illuminismo, è tutta da
ricercare nella particolare statura del Parini, nelle sue dimensioni di
uomo e di artista.
Il classicismo del Parini deriva da
ben altro che dalla semplice adesione intellettualistica ad un gusto
sancito dalla moda. Esso risponde ad una profonda esigenza interiore di
ordine e di chiarezza ed è l'urica espressione convenevole per un mondo
morale che urge di comporsi in una forma estetica e che travalica
smisuratamente i limiti della presente miseria civile per ricollegarsi
all'antica saggezza. Esso è, quindi, il risultato di una disposizione
psicologica, il linguaggio naturale di un'anima che sente d'esser capitata
in un mondo non suo e che tuttavia non sa rifiutare la propria viva
partecipazione alle doglie del secolo. E sempre, nelle sue opere, la
ripresa di un qualche aspetto dalla realtà vivente ha un non so che di
distaccato, come se fatta da occhi forestieri, disinteressati. In realtà
non è così: l'interesse c'è ed è profondo; ma la superiorità morale
dell'osservatore impone di guardare le cose dall'alto, quasi a non
volersene contaminare.
Anche quando l'argomento trattato è
dei più vicini alle esigenze pratiche - come accade, ad esempio, nelle
odi "Ia salubrità dell'aria", "Il bisogno", "La
musica" -, l'eleganza classica del verso, apparentemente inopportuna
per una materia volgare, sottolinea quel distacco cui abbiamo accennato,
ma per assecondare un'intima aspirazione poetica del Parini, non già come
pura e semplice sovrastruttura letteraria.
In definitiva, il Parini è tuttaltro
che sordo alle voci, tutta altro che indifferente agli interessi del suo
secolo, ma nella misura in cui quelle voci e quegli interessi si
dispongono ad entrare, sia pure per la porta di servizio, nel suo mondo più
intimo. Che è il mondo della Virtù e della Bellezza, anzi - a dir meglio
- della Virtù trasfigurata in Bellezza.