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Il giorno 22 di gennaio 1997, a pagina 19, il manifesto pubblicò un articolo intitolato Gente di Pristina, dedicato alla rivolta degli schipetari (jugoslavi di "etnia" albanese) del Kosovo (regiona autonoma a maggioranza albanese nel sud della Serbia) ed alla loro condizione attuale. Il contenuto dell'articolo era altamente disinformativo. In particolare, il tono del pezzo ci sembrò fortemente razzista, innanzitutto nei confronti degli "oppressori" serbi, ma sicuramente anche nei confronti della popolazione di lingua albanese e dell'intera area balcanica.
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Durante la seconda guerra mondiale il nazionalismo panalbanese fu
strumentalizzato dagli italiani. Questi ultimi appoggiarono i fascisti
kosovari (detti "balisti") nelle loro operazioni squadristiche contro la
popolazione serbo-ortodossa. Nella foto si vede una manifestazione di
nazionalisti albanesi organizzata in funzione anti-jugoslava dagli
occupanti italiani.
Oggigiorno il nazionalismo panalbanese è docile strumento
dell'imperialismo occidentale ed è uno dei "piedi di porco" usati per
la distruzione della Jugoslavia (e possibilmente di ciò che oggi ne
resta). Lo spauracchio di una ipotetica "Grande Serbia" viene agitato,
come negli anni passati, per giustificare una effettiva, reale
destabilizzazione di tutta l'area ad uso e consumo dei fanatismi locali e
dei profittatori stranieri. I nazionalisti serbi non sono privi di
responsabilità per questo, ma imputare solo o principalmente a costoro
il conflitto
scatenatosi ad esempio in Kosovo è assolutamente fuorviante.
I nazionalisti albanesi del Kosovo sono oggi vezzeggiati in
particolare dall'Unione Europea, ma l'appoggio più significativo viene
dalla Turchia. La Turchia ha svolto un ruolo attivo anche durante la
guerra in Bosnia a sostegno del partito islamista di Izetbegovic SDA, che
continua oggi ad appoggiare insieme alla sua "filiale" in Sangiaccato
(zona a forte presenza musulmana situata tra la Serbia ed
il Montenegro) ed alla minoranza albanese in Macedonia
(quest'ultima espone anche bandiere turche durante le sue
manifestazioni). L'obbiettivo: la creazione di una
"trasversale verde"
(islamica), dalla Macedonia alla Bosnia.
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