1984: Craxi, Berlusconi e i pretori

16 ottobre 1984: il resoconto degli accadimenti che cambieranno per sempre la televisione italiana, scritto magistralmente da Giuseppe Fiori, già biografo di Antonio Gramsci e capogruppo della sinistra indipendente nella commisione parlamentare di vigilanza RAI per tre legislature.

Craxi è impallinato

Prossimo passaggio, l'esame di conformità costituzionale. Il dibattito s'apre alla Camera martedì 27 novembre 1984, con la sinistra in trincea. Velocemente qualche spunto polemico. Giuseppe Vacca, comunista, ordinario di storia delle dottrine politiche: «Non si capisce la ragione per la quale con questo decreto si vuole concedere il ripristino della situazione quo ante in via temporanea. O la situazione caducata [resa precaria, n.d.a.] dalle ordinanze dei pretori è lecita, e allora si tratta di restituirla in integrum per sempre, e non temporaneamente. Oppure non è lecita, e allora non si capisce perché essa debba essere temporaneamente ripristinata con un decreto».

Gianni Ferrara, indipendente di sinistra, ordinario di diritto pubblico (rivolto alla sinistra DC, che sa perplessa): «Posso anche ritenere che qualcuno, costretto da molte insistenze, da molte pressioni, abbia accettato questo decreto-legge pensando che il vecchio brocardo ex iniurìa orìtur ius sia applicabile in questa circostanza. Ma io credo che questi signori, che possono anche sedere sui banchi del Governo, abbiano commesso un grave errore di valutazione. Perché è molto probabile che dalla iniurìa orìtur la maxima iniurìa possibile. Infatti questo decreto tende all'unico obiettivo di consolidare, di legittimare, di confermare, di dar forza ad una situazione di monopolio, creando un ostacolo insormontabile alla regolamentazione complessiva del sistema televisivo».

L'indomani mercoledì 28 novembre il voto. Giudicano incostituzionale il decreto 256 deputati (venti di meno, 236, i governativi). Craxi è impallinato. Solo il giorno della pubblicazione il decreto-legge non convcrtito perde qualsiasi efficacia giuridica. A quel punto, lunedì 3 dicembre 1984, i pretori di Torino Casalbore e di Roma Bettiol (non Trifuoggi di Pescara) reiterano il sequestro penale delle apparecchiature utilizzabili per le trasmissioni oltre l'ambito locale. Berlusconi fa la vittima. Craxi esplode infuriato. Dirà Casalbore: «Mi impressionò il fatto che, decaduto il decreto di Craxi, io notificai alle tre emittenti Fininvest di Torino di non trasmettere oltre la scadenza. Ebbene, non ho mai visto che a una diffida fatta a un imputato rispondesse con un comunicato durissimo la presidenza del Consiglio».

Craxi tuttavia sa bene, da animale politico qual è, che per chiudere la.partita non vincendola ma neanche perdendola una via rimane, e la si deve realisticamente percorrere. La DC punta a una ricalibratura a proprio vantaggio dei poteri in RAI con il trasferimento di una serie di competenze rilevanti dal Consiglio d'amministrazione alla direzione generale, luogo di comando che la Yalta televisiva del 1975 aveva assegnato appunto alla DC.

Al momento, direttore generale è un amico di De Mita, l'efficiente Biagio Agnes. L'idea? Agganciare al vagone Fininvest un vagone RAI: in definitiva accordarsi su un decreto Berlusconi-Agnes di fronte al quale stavolta il Parlamento alzerebbe le sbarre. Una prima base d'intesa è trovata, e Craxi può andare in soccorso di Berlusconi con un nuovo decreto-legge il 6 dicembre 1984. Restano però molti punti da limare, nella maggioranza la trattativa continua lenta, è un tiro alla fune prolungato ed estenuante, portano il provvedimento in commissione alla Camera solo cinque settimane dopo, l'1° gennaio 1985, in grave ritardo.

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I pretori

E' serrata!

Il 1° decreto Berlusconi

Craxi è impallinato

I comunisti si prendono Raitre

L'atto finale

Berlusconi vince

Conclusioni