1984: Craxi, Berlusconi e i pretori

16 ottobre 1984: il resoconto degli accadimenti che cambieranno per sempre la televisione italiana, scritto magistralmente da Giuseppe Fiori, già biografo di Antonio Gramsci e capogruppo della sinistra indipendente nella commisione parlamentare di vigilanza RAI per tre legislature.


Atto quinto. S'arriva a giugno. Della «legge generale sul si­stema televisivo» neanche l'ombra. Allora (art. 3, comma 1) fine delle trasmissioni su scala nazionale? Figurarsi. Disinvol­to nell'elargizione di decreti-legge, Craxi regala all'amico una proroga, simulazione di scadenza il 31 dicembre 1985. Ed è in prossimità di questa data che l'opera buffa s'arricchisce d'una gag da ovazione. Nei dizionari della lingua italiana - dal Tom-maseo al Devoto-Oli - le parole «provvisorio» e «transitorio» indicano uno stesso dato della realtà, un incarico, disciplina, permesso a tempo limitato. Ma, fuori dai vocabolari, nella «patria del diritto e del rovescio» può succedere che trovare al­le due parole significati diversi sia conveniente. Il consenso al­l'operatività dei network (legge n. 10 del 1985) - suggeriscono fantasiosi giuristi a Sua Emittenza & Craxi - non è «prov­visorio», a termine, è «transitorio», a vigenza illimitata. Entra così in dottrina quest'altra ammaliante finezza, e per la Finin-vest tutto s'aggiusta.
Rondò finale: il 3 gennaio 1986 - scaduta la proroga - con una semplice nota del sottosegretario alla presidenza del Con­siglio Giuliano Amato, il governo comunica che, per essere an­cora efficace, la legge n. 10 del 1985 non ha bisogno di proro­ghe legislative. E l'inciso «comunque non oltre sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto»? Qualcuno l'ha revocato? Stravagante curiosità rivelatrice di maniacale attitu­dine al cavillo.
Resta da chiedersi il perché di tante regalie attraverso forza­ture e stravolgimenti, ultimatum, minacce di crisi e di elezioni anticipate — questa sponsorizzazione esibita con iattanza. I partiti sono espressione di interessi, e certo è desiderabile che sempre siano espressione di interessi generali. Accade, alle volte, che siano espressione di interessi particolari. Però mai s'era data una saldatura così forte tra un gruppo politico e l'in­teresse particolare, una così prolungata, caparbia, irriducibile identificazione di una parte'politica con un singolo imprendi­tore. Ci sarà un motivo...
Di Craxi e Berlusconi sappiamo un paio di cose. Il rapporto privato, Craxi anche padrino di battesimo ad Arlesheim, le vacanze insieme a Portofìno e Saint Moritz, l'appartamento riservato al segretario socialista ad Arcore. La consonanza po­litica, la comune paranoia anti-PCi.
È tutto? Possibile. Ma lo stesso Craxi, grande esperto del ra­
mo, scriverà: «Le maggiori forze economiche avevano, e di
certo non hanno perso, proprie strutture e capacità di influen­
za diretta sulla Pubblica Amministrazione e sugli Enti pubbli­
ci con un complesso di relazioni dirette e con un grado di pe­
netrazione notevole diretto a predisporre e ad indirizzare nelle
direzioni volute le decisioni pubbliche [...] Per quanto riguar­
da i privati, mi riferisco evidentemente innanzitutto a grandi
Gruppi di importanza nazionale e internazionale che in varie
forme dirette e indirette hanno certamente finanziato o agevo­
lato i partiti politici e, anche personalmente, esponenti della
classe politica. Dalla fiat alla Olivetti, dalla Montedison alla
Fininvest, alla Premafin, al gruppo Ferruzzi e tanti altri anco­
ra».

 

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Una vera storia italiana! m Ipsum

I pretori

E' serrata!

Il 1° decreto Berlusconi

Craxi è impallinato

I comunisti si prendono Raitre

L'atto finale

Berlusconi vince

Conclusioni