1984: Craxi, Berlusconi e i pretori

16 ottobre 1984: il resoconto degli accadimenti che cambieranno per sempre la televisione italiana, scritto magistralmente da Giuseppe Fiori, già biografo di Antonio Gramsci e capogruppo della sinistra indipendente nella commisione parlamentare di vigilanza RAI per tre legislature.

L'Atto finale

Entr'acte: dall'auletta di Palazzo Carpegna all'aula di Palazzo Madama il tragitto non è breve. Si ha memoria di un trasloco dei commissari a balzelloni, a rincorrersi, come figurette viste in moviola quando la pellicola passa in accelerazione.

Atto quarto, prima scena. Il presidente del Senato Cossiga annunzia le modalità di svolgimento della seduta pomeridiana: «Comunico di aver provveduto, ai sensi dell'articolo 84 del Regolamento, alla seguente armonizzazione dei tempi degli interventi...». «Armonizzazione» è una forma gergale, variante ingentilita d'una parola d'uso corrente rimossa perché di suono brusco: limitazione. Non dubitabile il potere del presidente di limitare i tempi; nella circostanza la polemica sarà sui criteri d'esercizio di quel potere. C'è limite e limite: questione di misura. Uso del potere o abuso? «Noi rischiamo», reagirà Lipari, «di essere testimoni di una nuova forma di eutanasia: quella dello Stato di diritto di tipo parlamentare».
Non annoieremo il lettore riportando l'intero calendario letto dal presidente. A dare l'idea del suo ritmo sincopato (presto; allegro molto vivace; precipitato; allegro con fuoco, allegretto zingarese; allegro con brio; allegro energico e passio­nato) basta la prima parte, che comprende un buon tratto del percorso parlamentare: l'intervento del relatore; esposizione, discussione e votazione di questioni pregiudiziali e sospensive; discussione generale (compresa l'illustrazione degli ordini del giorno); motivazione delle eventuali proposte di non passaggio all'esame degli articoli. Per tutto ciò - su un tema dirompente e ricco di implicazioni delicate - ecco i tempi «armonizzati»: al relatore 5 minuti, al gruppo comunista 15, alla Sinistra indi­pendente 25, al msi 10. Niente, per propria indecorosa rinun-zia, ai cinque partiti della maggioranza. Ultima comunicazio­ne del presidente: «Alla votazione finale si dovrà dare inizio non oltre le 22,30». Dai banchi dell'opposizione si leva sonori­tà di tempesta. Cossiga l'avverte e s'affretta a dare spiegazio­ni: il presidente dell'Assemblea ha il dovere — è la sua tesi — di portare la legge di conversione del decreto «alla discussione e deliberazione».
Pronta, da sinistra, la contestazione: alla discussione sì, ma da nessuna parte sta scritto il dovere costituzionale dell'As­semblea di procedere al voto sulla conversione. Roberto Maf-fioletti, comunista: «Noi riteniamo che lei abbia fatto il suo do­vere iscrivendo tempestivamente all'ordine del giorno il decre­to che stava per decadere [...] Qui comincia e qui finisce il suo dovere [...] La Costituzione prevede la possibilità che i decreti
decadano, tant'è che si disciplina la mancata conversione. Con legge della Repubblica abbiamo sancito l'obbligo per la "Gazzetta Ufficiale" di comunicare la decadenza di un decreto [...] Le nostre più ampie riserve debbono levarsi in quest'aula, perché credo che non solo abbiamo toccato dei limiti ma li stiamo pericolosamente travalicando».42
Atto quarto, seconda scena. A Craxi non sono bastati l'ap­piattimento intimidito degli alleati di governo, i tagli dei tempi a colpi d'accetta, la moderazione comunista. È portato a mo­strare i muscoli. Ha deciso di porre la fiducia. Il ministro delle Poste Gava ne da l'annunzio alle 16,30. Un effetto è la deca­denza degli emendamenti. Dovrà aprirsi un nuovo dibattito, non più sull'emittenza privata ma sulla fiducia al governo. Tempo complessivo concesso dal presidente del Senato, un'o­ra, così «armonizzata»: 30 minuti al pci, 20 alla Sinistra indi­pendente, 10 (secondo loro richiesta) ai cinque partiti della maggioranza, niente (per sua rinunzia) al msi, schierato a so­stegno di Berlusconi.
La combinazione decretazione d'urgenza-contingentamen­to spinto dei tempi-fiducia è un tal esproprio della funzione parlamentare che persino un uomo pacato e di parole misura­te qual è il presidente dei senatori comunisti Gerardo Chiaro-monte - politicamente interessato a rapporti non conflittuali con Craxi - esplode. Durissimo il suo intervento: «L'uso e l'a­buso dei decreti-legge e dei voti di fiducia sono andati, con questo governo, al di là di ogni misura tollerabile; al punto da farci sospettare che il presidente del Consiglio persegua, così facendo, un obiettivo politico preciso: quello di apparire come un uomo capace di decidere contro le regole [...] La vicenda di oggi è una vicenda allucinante [...] Non possiamo accettare che ci si imponga una discussione che io non esito a definire, senatore Cossiga, una vera e propria farsa [...] È certamente un suo diritto contingentare i tempi: glielo riconosce il regola­mento. Ma est modus in rebus, signor presidente del Senato, e lei che è professore di diritto dovrebbe saperlo [...] Lei non può negare, onorevole presidente del Senato, che lo spettacolo che oggi siamo costretti a recitare è una farsa inaccettabile».43

Tuttavia la Sinistra indipendente non vuole lasciare nulla d'intentato per superare la mezzanotte, ora di decadenza del decreto. Le è rimasto un appiglio. L'art. 109 del regolamento, secondo paragrafo, ultimo inciso, riconosce ai senatori la fa­coltà di dissociarsi dalle posizioni del proprio gruppo, ed ognuno ha dieci minuti per motivare il voto difforme. Il grup­po ha dichiarato voto contrario. I «dissociati» si asterranno.
Comincia Massimo Riva: «Non stupisce il cattivo odore di affarismo che aleggia intorno a questo decreto [...] In fondo chi ci chiede di votare la fiducia al governo è un presidente del Consiglio che confonde spesso politica ed affarismo [...] Ma, e questo allarma e inquieta ancora di più, le forzature del gover­no sono passate anche per la accondiscendenza che la nostra stessa Presidenza ha mostrato verso di esse».44
Eliseo Milani: «Avvertiamo l'affacciarsi dell'ipotesi autori­taria di qualcuno che pensa che le istituzioni ormai contano poco [...] Sento la necessità di denunciare lo stato di prostra­zione e di umiliazione in cui è posto il Senato della Repubbli­ca».45
Raniero La Valle: «Questa è la ragione del decreto Berlu-sconi. Se non siamo in grado di dare al popolo una dignità, se non siamo in grado di dare la passione di un cimento civile, se non siamo in grado di dare ai giovani una scuola degna di que­sto nome, se non siamo in grado di dare la certezza di uno sbocco professionale, la prospettiva di un lavoro, se non siamo in grado di dare fiducia nel futuro, una promessa di pace, al­lora non possiamo dare alla gente altro che commedie, giochi, telefilm, telenovelas, Uccelli di rovo, La schiava Isaura, e ancora aste di pataccari, informazione spensierata e mistificata, e in­somma divertimento, distrazione, evasione, alienazione [...] Nessuno mi convincerà che sia un atto dovuto fissare un'ora esatta, le 22,30, per cominciare le votazioni qualunque cosa fi­no a quel momento possa accadere. Ma, se questo è il proble­ma, allora per questo Senato non occorre un regolamento, ba­sta una sveglia».46
Gianfranco Pasquino: «Siamo in presenza di una inammis­sibile forzatura regolamentare e di una forzatura della stessa Costituzione».47
Sono chiaramente, queste «dissociazioni», un espediente ostruzionistico. Se i comunisti seguissero, sarebbe fatta. Ma da Botteghe Oscure è venuta una indicazione diversa: lasciar passare. Una cantonata solenne; una sottovalutazione grave dei guasti per qualche aspetto irreversibili che la legittimazio­ne del monopolio produrrà. Nel confronto a sinistra, l'invito di alcuni dirigenti comunisti a non drammatizzare poggia su un inciso dell'art. 3, comma 1: «Sino all'approvazione della legge generale sul sistema radiotelevisivo, e comunque non oltre sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è consentita la prosecuzione dell'attività delle singole emittenti televisive pri­vate ecc.». In buona sostanza, ecco l'argomento, esiste un ter­mine, il 6 maggio 1985, oltre il quale Berlusconi non potrà più trasmettere senza regole antitrust. Gli indipendenti di sinistra - ancora col senno del prima — inclinano allo scetticismo; prefe­rirebbero la decadenza adesso.

 

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Una vera storia italiana! m Ipsum

I pretori

E' serrata!

Il 1° decreto Berlusconi

Craxi è impallinato

I comunisti si prendono Raitre

L'atto finale

Berlusconi vince

Conclusioni