FRA "VANITAS" E "VERITAS": UN
APPELLO PER LA CITTÀ FUTURA
Una conclusione aperta
Bruno Forte
La domanda etica è sottesa all'insieme delle
questioni che il Convegno Internazionale su "L'uomo e la città.
Verso uno sviluppo umano e sostenibile" ha affrontato. Situandosi
in un'epoca di profonde trasformazioni, caratterizzata dai processi
della crescente globalizzazione economico-finanziaria e
dell'urbanizzazione diffusa, il Convegno ha riconosciuto nel futuro
delle città il futuro stesso dell'uomo. Non ci sarà crescita della
qualità della vita per tutti se non si realizzeranno processi di umanizzazione
della vita urbana a tutti i livelli. La posta in gioco e la
costruzione della città dell'uomo, di una forma cioè di sviluppo
sostenibile e umano delle convivenze urbane capace di superare le
diseguaglianze frutto di ingiustizia e di favorire il rispetto e il
recupero tanto del patrimonio storico culturale quanto di quello
ambientale. I1 criterio etico ispiratore di quest'azione potrebbe
ricondursi a quello elaborato genialmente da Sant'Agostino in un momento
storico non meno drammatico e complesso del nostro, quale fu l'epoca del
tramonto dell'impero romano. A quanti accusavano i cristiani della
responsabilità di quella sconvolgente disgregazione, il Vescovo
africano non teme di indicare le vere ragioni della crisi: l'impatto
esterno dei barbari è per lui un elemento solo concomitante, aperto
peraltro a possibilità positive, come quelle delle linfa nuova che essi
portavano nel sangue di una civiltà ormai in sfacelo. La profonda causa
della crisi della grandezza di Roma è per Agostino di carattere morale:
e l'atteggiamento diffuso - avallato dai vertici, ma divenuto mentalità
comune - che ha portata a preferire la vanitas alla veritas.
I due concetti sono espressione di logiche opposte: la vanità
è connessa alla logica dell'apparenza, a quel trionfo della maschera,
che copre interessi esclusivamente egoistici e prospettive di corto
metraggio dietro proclamazioni di intenti
altisonanti. La verità è quella che misura le scelte sui valori etici
permanenti, e quindi sulla dignità inalienabile della persona umana
davanti ai suo destino temporale ed eterno. Fra le tante, una citazione
dal De Civitate Dei può aiutare a comprendere la
differenza intesa da Agostino: al mondo "che si dissolve e
sprofonda" ("tabescenti ac labenti mundo") egli vede
opporsi l'opera di Dio, che va radunandosi una famiglia, per farne la
sua città eterna e gloriosa, fondata "non sul plauso della
vanità, ma sul giudizio della verità" ("non plausu vanitatis,
sed iudicio veritatis": II, 18, 2). L'intuizione mi
pare di un'attualità impressionante: di fronte a una civiltà della
maschera, che persegue i miti del consumismo esasperato e dell'edonismo
rampante, si profila una visione alternativa, costruita sulla verità
delle cose e sul primato dei valori a cui a nessuno ~ lecito sottrarsi.
Qual è questa verità? Quali sono questi valori? Vorrei provare ad
indicarli confrontando "vanitas" e "veritas" nei
cinque grandi ambiti di questioni che il nostro Convegno ha toccato.
In primo luogo, l’ambito della politica e delle
istituzioni: la disumanizzazione delle città davanti a cui spesso ci
troviamo è frutto di un modo di governare che ha separato l'autorità
dall'effettiva autorevolezza dei comportamenti e la
rappresentanza democratica dalla reale rappresentatività dei bisogni e
degli interessi dei cittadini. Dove l'amministratore o il politico
persegue unicamente il proprio interesse, puntando sull'immagine e sulla
produzione del consenso indotta per via di favoritismi o di profitti
legati a gruppi di potere, 1ì trionfa la
"vanitas" a scapito della "veritas". La complicità
dei media in un simile processo è facilmente intuibile, come pure il
ruolo che essi potrebbero svolgere sul piano della denuncia e dello
stimolo critico. I1 primato della verità esige qui una prassi politica
e amministrativa ispirata alla ricerca disinteressata del bene comune,
capace di ascoltare e coinvolgere i cittadini come portatori di bisogni
e di diritti, di proposte e di capacità realizzative: l'ideale della
cosi detta "good goveniance" è inseparabile da una forte
tensione etica rispettosa della partecipazione di tutti al processi
decisionali e rivolta al loro servizio e non alla loro utilizzazione
strumentale ai fini della produzione del consenso.
Un'analoga dialettica è riscontrabile sul piano dei
modelli culturali e delle risorse spirituali: la "vanitas"
trionfa 1ì dove si privilegia la ricerca dell'effimero, sradicando la
realizzazione del bene comune dalla memoria collettiva, di cui sono
tracce preziose le opere dell'arte e dell'ingegno. Una comunità
sradicata dalla sua memoria è al tempo stesso privata della sua
identità e rischia di essere esposta a strumentalizzazioni perverse: il
trionfo della