«L’uomo e la città: verso uno sviluppo umano e
sostenibile» è il titolo del Convegno Internazionale che si apre oggi
a Napoli, con 1a partecipazione di studiosi ed esperti di sessanta
istituzioni universitarie, provenienti da ventiquattro Paesi.
Inserendosi nelle iniziative culturali del Giubileo, il Convegno si
concluderà sabato a Roma alla presenza di Giovanni Paolo II, cui
saranno presentati i risultati dei lavori.
Quali sono le domande a cui si vorrebbe tentare di
rispondere?
Esse si riassumono nella chiarificazione dell'idea di
«umanizzazione della città» e nell'analisi degli strumenti per
realizzarla, a partire, dalle migliori pratiche in atto in tutto il
mondo: la scelta di Napoli i come sede è emblematica non solo delle
sfide e bei problemi che i questa città rappresenta, Ina anche delle
enormi possibilità che: essa riserva e che solo in parte sono state
riscoperte e valorizzate.
Che cosa significa umanizzare la città? Si può dire
in generale che una città non è umana quando è attraversata da
fenomeni diffusi di frammentazione a vari livelli. La prima forma di
frammentazione è quella fra istituzioni, potere politico e società
civile: 1ì dove l'autorità non ha autorevolezza, la
rappresentanza non è sostenuta da un'adeguata rappresentatività e il
cittadino medio non si sente espresso e garantito dal governo della
città,
trionfano facilmente la burocrazia evasiva e
inconsistente, l'interesse del più forte e la sfiducia nella legalità
da parte dei cittadini.
Questo primo livello di frammentazione ne produce
facilmente un secondo: in una città disgregata si indeboliscono i
rapporti umani, diminuisce il senso dell'appartenenza alla comunità e
alla sua storia, crescono le logiche legate agli interessi di parte a
danno della collettività, fino a sfociare nelle deviazioni drammatiche
della delinquenza organizzata. Si giunge così al livello più profondo
di disumanizzazione della città, quello in cui il cittadino è scisso
in se stesso: da una parte egli vive l'appartenenza esteriore alla
collettività, dall'altra si costruisce il proprio mondo in alternativa
se non in conflitto con quello che è il bene comune, in una
indifferenza crescente verso di esso.
Proprio Napoli ha toccato in certi anni il fondo di
questi processi e vive oggi un grave momento di stallo, su cui tutti
siamo chiamati ad interrogarci.
L'umanizzazione della città implica dei processi di
crescita culturale, etica e spirituale che superino la frammentazione ai
vari livelli indicati. I1 primo e più profondo dei processi da
realizzare si pone a livello etico: occorre interrogarsi su come
coniugare cittadinanza e responsabilità, su come favorire la
solidarietà interpersonale, il senso dell'appartenenza alla comunità e
l'impegno per il bene comune. Senza un adeguata crescita etica nessuno
sviluppo della città potrà dirsi sostenibile. Questa crescita non
sarà però possibile senza un recupero della memoria e dell'eredità
culturale, sociale, spirituale e religiosa della città, realizzato
attraverso l'educazione capillare ed efficace dei
cittadini, a partire dalle tracce della memoria presenti sul territorio.
Al di 1à del mero funzionalismo, occorre aprirsi a
una visione della città radicata nella sua storia e nei valori che
l'hanno qualificata e potranno qualificarla nel tempo. Ciò implica
anche un'azione di recupero e di valorizzazione del patrimonio
storico-culturale e del capitale umano, che dovrà ispirare i progetti
di ingegneria sociale e gli interventi architettonici ed ambientali del
futuro a medio e lungo termine. Tutto questo non potrà essere
realizzato senza una nuova saldatura fra istituzioni, governo della
città e società civile: occorre recuperare autorevolezza e
rappresentatività da parte dei governanti e dei responsabili delle
istituzioni attraverso un'azione ispirata alla trasparenza etica, alla
dedizione disinteressata al bene comune, a progetti chiari, elaborati e
realizzati collegialmente nella valorizzazione di tutte le competenze,
in vista precisamente dell'umanizzazione di tutti 1 rapporti che fanno
la città. Ciò esigerà forse degli «stati generali», in cui la
parola dei cittadini e di tutte le componenti rappresentative del
tessuto urbano e civile siano coinvolte. Dal Convegno di Napoli potrà
allora partire una sfida e una
promessa, che - pur rappresentando una campionatura
di problemi e di soluzioni a livello mondiale - potrebbe trovare proprio
in questa città un singolare laboratorio. Non potrebbe essere questo
uno dei frutti del Giubileo per l'intera società civile?
[Bruno Forte]