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La Tecnologia del Dna ricombinante nella progettazione dei pori molecolari artificiali.

di Sonia Sarnataro

 

Le cellule degli organismi viventi sono costituite da una membrana lipidica esterna che le aiuta a creare un microambiente selettivo nei confronti di tutto ciò che si presenta all’esterno. La membrana può essere infatti paragonata ad una sorta di "guardaporta" molecolare in grado di discriminare ciò che può uscire o entrare nella cellula.

Le molecole indesiderate infatti devono rimanere all’esterno, mentre le sostanze nutritive e altri composti utili devono riuscire a passare all’interno della cellula.

Malgrado ciò, alcuni batteri patogeni per l’uomo hanno sviluppato la capacità di varcare la soglia della selettività riuscendo a turbare l’equilibrio interno della cellula.

 

Gli agenti patogeni (batteri, virus) hanno a disposizione una serie di armi chimiche costituite da alcune proteine da essi prodotte in grado di forare la membrana cellulare e consentire l’irruzione di materiale dannoso attraverso la formazione di "pori proteici". L’organismo umano, come risposta, reagisce a questi attacchi mediante la formazione di analoghi pori, formati da proteine appartenenti al sistema immunitario.

Lo studio dettagliato dei meccanismi di funzionamento delle proteine che si assemblano a formare i pori, ha portato alla utilizzazione delle stesse (modificate geneticamente) nella lotta di alcune malattie, compreso il cancro, che possono affliggere migliaia di persone.

L’obiettivo da raggiungere è quello di inviare dei "guardaporta" opportunamente progettati in grado di bombardare le cellule cancerose, per esempio, danneggiandone la membrana esterna e rendendole così più vulnerabili alla chemioterapia.

Un’altra applicazione della Tecnologia del Dna Ricombinante è quello di creare pori artificiali in membrane sintetiche in grado di funzionare come biosensori per la somministrazione selettiva dei farmaci nell’organismo umano. I farmaci infatti potrebbero essere trasportati all’interno di membrane appositamente progettate (liposomi) ed essere rilasciati a comando, quando giustamente attivati.

Sarebbe un risultato ancora molto incoraggiante riuscire ad incapsulare farmaci o addirittura intere cellule per proteggerle dall’attacco del sistema immunitario e poi renderli in grado di agire soltanto in loco. Le cellule incapsulate potrebbero infatti essere usate per veicolare a destinazione ormoni che scarseggiano in persone affette da disturbi gravi come il diabete-insulino dipendente.

Inoltre c’è da dire che farmaci o cellule, incapsulati in membrane artificiali, garantirebbero somministrazioni assai più controllate e selettive di quanto non sia possibile al momento.

Ricordiamo che uno dei problemi più della ricerca clinica sui tumori è quella di risolvere il problema della distruzione selettiva delle cellule che li procurano.

Le cellule tumorali possono essere distrutte con agenti chimici o radiazioni, ma questi sono metodi che non salvano neanche le cellule sane; altre volte si ricorre all’eradicazione chirurgica, ma anche in questo caso basta che rimanga in loco una sola cellula cancerosa che il tumore possa svilupparsi nuovamente.

E’ da tenere presente che il campo della ricerca in questo nuovo settore di applicazione è appena incominciata, ma i progressi nella comprensione dei meccanismi molecolari che guidano le numerosissime reazioni chimiche di difesa del nostro organismo potranno guidare positivamente lontano i risultati in tempi brevi.

 

 

 

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