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PROGETTO SPETTACOLARE MA RISPARMIAMOCI LE ILLUSIONI

Giovanni Neri

 

Apoco più di due mesi da un precedente simile annuncio, le prime pagine dei giornali e dei telegiornali hanno messo di nuovo in grande risalto la notizia che la mappa del genoma umano è finalmente conosciuta, che il «libro della vita» è stato decrittato. Per solennizzare ancor più l'evento si è mosso addirittura il presidente Clinton, che con enfasi ha benedetto la collaborazione fra impresa pubblica (Human Genome Project) e industria privata (Celera) registratasi nelle fasi conclusive di questo gigantesco progetto.

 

Il cosiddetto uomo della strada si sarà certamente chiesto che differenza ci sia fra la notizia di due mesi fa e quella di oggi e forse sarà rimasto un po' perplesso, se non proprio deluso, nel sentir paragonare il progetto genoma a quello sbarco dell'uomo sulla Luna che ben poche conseguenze ha avuto sulla sua vita di tutti i giorni, almeno fino ad oggi. Forse si è andati ancora una volta un po' sopra le righe nel diffondere questa notizia con tanto clamore, e converrà con ciò ridimensionare qualche superlativo.

 

Diciamo subito allora quello che l'annuncio di oggi non significa. Non significa che tutti i geni umani siano stati improvvisamente identificati. In realtà non ne conosciamo nemmeno l'esatto numero: esistono almeno una ventina di diverse stime che vanno da un minimo di 25mila a un massimo di 150mila geni. Tanto meno possiamo dire di conoscerne la struttura e la funzione, che in realtà è nota soltanto per un numero ancora relativamente limitato di essi. Affermare dunque che, per effetto dei progressi appena riportati, la cura delle malattie dell'uomo è più che mai a portata di mano, nella migliore delle ipotesi è una grossa semplificazione e, nella peggiore, una promessa illusoria che non potrà essere mantenuta nel breve periodo, con il serio pericolo che l'opinione pubblica finisca per restare delusa dalle meraviglie della nuova genetica.

 

Molto meglio essere realisti e cercare di capire quello che Collins (Human Genome Project) e Venter (Celera) hanno inteso effettivamente dire, e cioè che le migliaia di frammenti di Dna la cui sequenza è finalmente nota coprono l'intera estensione del genoma. Ora si tratta di ordinarli e decodificarli, compito non proprio semplice e soprattutto niente affatto breve. Con ciò non si vuole assolutamente sminuire la portata del progetto genoma; semplicemente si vuole mettere nella giusta prospettiva i vari gradini che finora si sono saliti e quelli che ancora restano da coprire. Proviamo a vederli assieme. Dicevamo che tutte le lettere del grande libro della vita sono ormai note. Sono note anche molte parole (i geni) ma non tutte, e quelle che ancora mancano dovranno essere decifrate. Poi si dovrà scoprire il significato di ogni parola, cioè l'esatta funzione di ogni gene, e capire anche come più geni interagiscono fra loro e con i fattori dell'ambiente che ci circonda. Solo allora si potrà dire di avere una chiara comprensione di ciò che rende ciascuno di noi un essere unico e irripetibile, con le sue caratteristiche fisiche e di comportamento, con le sue predisposizioni ad alcune malattie e la resistenza ad altre. Solo allora ciascuno di noi potrà avere la propria carta di identità genetica in cui vengono riportati tutti questi dati come in un archivio computerizzato. Solo dopo aver salito questi gradini si potrà fare - ce lo auguriamo - l'ultimo e più spettacolare passo, quello della «manipolazione» dei geni, ossia della terapia genica, attraverso la quale possiamo ipotizzare di sostituire geni difettosi, riattivare geni erroneamente disattivati o bloccarne altri che lavorano quando e dove non dovrebbero. Stiamo parlando di un futuro non immediato e sulla cui distanza è meglio non azzardare ipotesi.

 

A questo punto arriva puntualmente la domanda, peraltro del tutto pertinente, del solito uomo della strada: quali sono i rischi e le incognite di tutte queste nuove conoscenze? Non si rischia, con le manipolazioni genetiche, di infliggere danni irreversibili alla natura e allo stesso uomo? Penso che uno scenario apocalittico da «Nuovo Mondo Coraggioso», nel quale uomini vengono clonati su misura per determinate mansioni che dovrebbero svolgere nella società, non sia per il momento da mettere ancora in conto. Ma altri rischi ci possono essere e vanno seriamente considerati. Pensiamo alla carta di identità genetica, cui si faceva cenno prima. Ottima cosa se serve a prevenire delle malattie; non altrettanto buona se crea delle discriminazioni a danno di coloro che risultano essere portatori di geni deleteri. E se qualcuno volesse obiettare che non c'è problema, perché tanto i geni deleteri possono esseri riparati, ripetiamo ancora che ciò appartiene a un futuro ancora distante. Nel frattempo dobbiamo adattarci a una situazione nella quale sappiamo molto, ma possiamo poco, tanto da chiedersi se vogliamo veramente portarcela in tasca questa carta di identità genetica. Cosa mi serve sapere che sono predisposto a questa o quella malattia, se poi non posso fare nulla di efficace per prevenirla? Questo è un passaggio molto delicato che va valutato con la massima attenzione, prima che proliferino senza controllo test genetici «predittivi», cioè di predisposizione, che rischiano di creare più problemi di quanti non ne risolvano.

 

Guardando al futuro e alla manipolazione dei geni, si affaccia la tentazione di manipolare non solo geni deleteri, con il nobilissimo intento di curare le malattie, ma anche geni che deleteri non sono affatto in quanto controllano caratteri non patologici, magari per avere un figlio a misura dei propri gusti personali. E se poi la manipolazione genetica dovesse riuscire male, nessun problema, perché notoriamente la merce difettosa può essere rimandata indietro. Il discorso si farebbe lungo e complesso, con chiamata in causa, ovviamente, del ruolo del legislatore. Meglio lasciarlo per il momento così, come uno spunto provocatorio.

 

Guai chiudere però queste brevi considerazioni su una nota negativa. Deve essere chiaro che i recenti, spettacolari progressi della genetica, fra i quali il progetto genoma è il più spettacolare ed emblematico, rappresentino un grande valore e un grande dono della scienza all'umanità, e che grazie ad essi verranno alleviate innumerevoli sofferenze. Ci vorrà tempo, ma ci si arriverà. Intanto è necessario e indispensabile evitare che queste attese vengano vanificate dalla promessa illusoria che la sconfitta delle malattie che più ci affliggono sia ormai cosa fatta.

 

direttore dell'Istituto di Genetica medica

 

Università Cattolica del S. Cuore

 

Roma

 

Giovanni Neri

 

 

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