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Tra
legge positiva e naturale
Il diritto e il suo divenire
di Veronica Fernandes
Non è assolutamente
semplice dare una definizione del diritto; spesso gli studenti sono spinti
a scegliere questi studi forse per il fascino di bei film dove viene
presentato un aspetto riduttivo del diritto, identificato, il più delle
volte, con il concetto di giustizia. Indubbiamente l’aspetto corrente
del diritto è quello che viene vissuto in un'aula di tribunale, ma…
È a mio avviso, molto
importante andare alla radice e capire dove realmente nasce il diritto,
cercando di non confondere il concetto di legge con quest’ultimo in
quanto essa è solo un derivato del più ampio concetto di Diritto.
Il Diritto si è
costituito come disciplina autonoma solo, all’epoca del diritto romano;
perfino i Greci che vantano una grossa "modernità in tal senso, non
avevano neppure un termine specifico per designare ciò che noi chiamiamo
diritto: per esprimere questo concetto, essi usavano termini quali deon,
epieikhe, kaqhkon e infine quello di Aristotele
dikaion,
vocabolo che col tempo, sì e imposto più degli altri.
La maggior parte dei
filosofi e dei giuristi che hanno riflettuto sul diritto sembrano
concordi, nel ritenere che non si tratta di un concetto univoco, bisogna
innanzitutto, distinguere tra: il diritto come facoltà e il diritto come
pretesa. Opere eccellenti sull’esperienza giuridica si collocano da un
punto di vista stretto e unilaterale del professionista del diritto.
Mentre, l'attività giuridica dà luogo a delle esperienze molteplici :
quella dogmatica, quella della scienza giuridica, quella del pratico che
applica il diritto: infine quella del legislatore che stabilisce il
diritto. Molto spesso però dando importanza alle varie sfumature del
diritto si trascura l’esperienza dei cittadini, il cui comportamento si
conforma alla legge o la viola e che pur essendo poco versati per la
maggior parte del tempo nelle tecniche giuridiche possono avere una
visione del fenomeno stesso che non manca di perspicacia, vi sono diversi
significati per il concetto di diritto: lo si può intendere in un senso
stretto, quello del diritto dei giuristi o degli specialisti, alla maniera
del positivismo oppure, lo si può intendere in senso largo, in un
significato che comporta ugualmente l’esperienza dell'utente ordinano o
ancora del politico o dell’economista, è in questo significato ampio
che i grandi autori di altri tempi intendevano il diritto, a cominciare
con Aristotele, presso il quale il concetto di dikaion
sarebbe altrimenti incomprensibile, e poi Hobbes, Rosseau o Hegel.
Nel cercare di intendere
il diritto bisogna dire che esso nasce da una realtà di bisogno dell’uomo
di regolare la propria vita e il rapporto con propri simili. E' questa per
lo più una visione `naturale' dei diritto. Il diritti emerge dalla
volontà politica nel momento in cui essa costituisce unità, quale che ne
sia la natura, famiglia patriarcale, tribù, città, impero o stato
moderno. Il diritto intende stabilire un ordine equo, giudizioso e
sensato.
In effetti se il diritto
non fosse che un puro effetto della volontà politica, esso non farebbe
altro che tradurre una volontà di potenza che deporrebbe in istituzioni
gratuite di puro capriccio; se non fosse che un puro risultato dell’ethos
generale, esso non avrebbe alcuna coerenza o coesione. Ad esempio di
queste affermazioni potremmo riferirci ad un antico esempio di legge quale
quello del decalogo, che è stato istituito da una volontà politica
tenendo conto dell’ethos del popolo ebraico, ma vediamo ugualmente,
grazie ai racconti dell’Antico Testamento quanto esso abbia in seguito,
contribuito a determinare la politica e la morale di Israele. Ciò è
altrettanto evidente per quanto riguarda la legislazione di Licurgo.
È a questo proposito
interessante anche citare Tommaso D'Aquino per una migliore comprensione
del concetto di diritto :“ La legge umana è data ad una comunità,
nella quale la maggioranza degli uomini non è perfetta in virtù: ecco
perché la legge umana non proibisce tutti i vizi, dai quali si astengono
i virtuosi, ma solo quelli più gravi, dai quali la grande maggioranza
della comunità può astenersi, senza di che, se non li si proibisse, la
comunità politica non potrebbe mantenersi”.
Il diritto sembra quindi
porsi come arbitro tra la Politica e la Morale, che insieme ad esso
sembrano essere dei veri e propri motori della vita sociale.
La concezione del diritto
come mediazione tra la politica e la morale ci permette di prendere
posizione nel dibattito che oppone i partigiani del diritto positivo
e quelli del diritto naturale. Il diritto non è mai tutto
codificato e neppure lo può essere interamente. Questo in un certo senso
può essere ritenuta una fortuna, perché altrimenti l'ordine politico
sarebbe prigioniero di una triste legalità e le attività umane sarebbero
tutte predeterminate, senza possibilità creativa, senza spontaneità,
senza né flessibilità né fantasia. Nessuna azione, nemmeno l'atto
giuridico, si riduce ad una applicazione pura e semplice di norme
giuridiche, proprio per una sorta di estensione continua dell'impero del
diritto.
Quando si deve comprendere
la natura di una cosa bisogna individuare il fine cui essa vuole arrivare,
di qui il diritto naturale può essere visto come un dover-essere, vale a
dire che in opposizione al diritto positivo esso mira ad esigenze etiche.
Questa interpretazione del diritto naturale è di scuola prevalentemente
Aristotelica.
L’idea del diritto
diviene positiva quando si inscrive in una legge promulgata e stabilita da
un'autorità politica; diviene diritto naturale quando tiene conto di
certe norme etiche del giusto, il quale si fonda sulla natura delle cose.
Detto in altro modo, il diritto positivo è l'idea del diritto considerata
essenzialmente sotto il punto di vista politico; il diritto naturale è
questa stessa idea considerata sotto il punto di vista etico. Di
conseguenza, il diritto positivo è di tipo convenzionale e al limite,
può persino essere stabilito arbitrariamente se questa è la volontà del
potere; il diritto naturale, per contro, non essendo esplicitamente
codificabile, si orienta secondo esigenze o fini della società, che
possono variare a seconda delle epoche e dello sviluppo della civiltà.
Più precisamente il diritto positivo è sempre attualizzato, il diritto
naturale comporta la possibilità di correggere l’applicazione e persino
la concezione del diritto positivo sulla base delle norme etiche ed
intellettuali, a seconda delle condizioni richieste dalla coabitazione
degli uomini. Esso corregge la rigidità e il rigore del diritto positivo
con la prudenza, impedendo cosi al diritto positivo di essere un mondo
chiuso.
Sono questi i presupposti da cui partire
per spiegare quindi il concetto di Ordinamento Giuridico, di Stato, di
Legge e tutti gli altri elementi che dal diritto e dal suo concetto ampio
prendono vita.
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