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ANN PETTIFOR

DIRETTRICE DI JUBILEE 2000

Sono le idee che fanno andare avanti il mondo. Jubilee 2000 è nato nel febbraio del 1996 come una scommessa e una sfida: ridare alla parola Giubileo il suo vero significato. Giubileo significa che ogni 50 anni vanno liberati gli schiavi, restituite le terre a chi le aveva perdute e cancellati i debiti. Cancellati, non dimenticati, come ha dichiarato di recente Antonio Fazio, il governatore della Banca d’Italia. Sono le colpe che si dimenticano, non i debiti.

Abbiamo usato ogni mezzo a nostra disposizione per propagandare questa iniziativa. I media oggi disprezzano i movimenti popolari, ma ascoltano le celebrità, le pop star. Alcune pop star, come Jovanotti, sono persone di alta classe. Le celebrità hanno solo la possibilità di diffondere dei messaggi, non di cambiare concretamente le situazioni. L’informazione però è il primo, fondamentale passo. Dopo l’appello di Jovanotti a Sanremo, l’11 e il 12 marzo scorso qui in Italia in 600 piazze e botteghe del commercio equo si sono raccolte firme la cancellazione dei debiti. Il governo italiano ha deciso di aumentare la quota di debiti da cancellare e il numero dei paesi poveri coinvolti, portandolo a 41. Ma D’Alema non sta facendo abbastanza. Abbiamo avuto un confronto molto duro con i ministri economici italiani; abbiamo contestato le loro cifre. Alla fine D’Alema è stato costretto a darci ragione e ha promesso che avrebbe fatto di più, in particolare per quanto riguarda il Mozambico. Per ora è solo una promessa. La strada è ancora lunga. I paesi più ricchi hanno deciso per ora di sospendere la riscossione del debito del Mozambico per un anno, il che non equivale evidentemente a cancellarlo. Inoltre il FMI insiste nell’imporre al paese l’adeguamento ai suoi piani di aggiustamento strutturale e ha affermato che il Mozambico dovrà continuare a pagare 45 milioni di dollari all’anno. E il vostro governo continua a subordinare le sue decisioni a quelle di Washington. Perciò è importante che la società civile italiana intensifichi le pressioni, affinché il governo cominci a prendere le sue decisioni indipendentemente dal Fondo Monetario Internazionale. C’è un principio fondamentale che va affermato con forza: i valori monetari devono essere subordinati ai diritti, alla vita delle persone. Questo principio vale anche per il Mozambico.

Siamo arrivati a idolatrare il denaro: sembra che l’unica cosa importante al mondo sia fare affari, far circolare i soldi. Quando siamo partiti con la campagna di Jubilee 2000 ci dicevano: la gente è stufa di questi argomenti, è egoista, è avida. Forse è vero che siamo stufi, egoisti e avidi; ma molti di noi sono invece pronti a impegnarsi per le cause giuste. Le idee della nostra campagna si sono propagate come un incendio. Le grandi istituzioni internazionali come la Banca Mondiale si sono stupite della quantità di persone che dopo l’inizio della campagna hanno spedito loro lettere in cui chiedevano di cancellare il debito.

Jubilee 2000 è nato nei paesi del Nord del mondo, ma trae origine dalla ribellione dei paesi del Sud che, primo fra tutti il Messico, a un certo punto hanno cominciato a dire che non potevano più pagare. Sta succedendo qualcosa di simile a quel che è accaduto nella guerra del Vietnam, quando si è creata un’alleanza tra i movimenti anti imperialisti locali e gli studenti americani. Questo ha dato il via a un cambiamento di paradigma, a un modo nuovo di vedere le cose, e alla fine la più grande potenza militare del mondo è stata sconfitta. Allo stesso modo, il movimento per la cancellazione dei debiti sta facendo emergere le contraddizioni. Oggi FMI e Banca Mondiale quando impongono le loro ricette le chiamano "strategie di riduzione della povertà". Sono molto scettica su questa espressione, ma la cosa importante è che le nostre richieste stanno facendo emergere la crisi delle istituzioni economiche internazionali. Non solo abbiamo ottenuto la promessa che verranno cancellati 100 milioni di dollari di debito, ma oggi il FMI sta lottando per la sua sopravvivenza; lo dimostrano i profondi conflitti su chi dovrà prenderne il comando.

La settimana scorsa un gruppo di economisti di grande potere a Washington ha pubblicato un rapporto che chiede due cose fondamentali: la cancellazione totale dei debiti dei 41 paesi più poveri e la richiesta che Fondo Monetario e Banca Mondiale non lavorino più nei paesi in via di sviluppo, o meglio si limitino a una gamma molto ridotta di interventi finanziari. Il FMI vuole mantenere i suoi guadagni, i suoi privilegi e poteri: non dobbiamo concederglielo.

Passerà molto tempo prima che si riescano a sollevare davvero i paesi poveri, ma stiamo camminando in questa direzione e la cancellazione del debito è il primo passo.

In passato la Gran Bretagna ha aperto con la forza il mercato cinese; oggi non servono le armi, basta il debito: è questo l’ariete che permette al FMI di entrare a forza nei mercati dei paesi in via di sviluppo e di imporre le proprie leggi. Molte persone guadagnano sul debito dei paesi poveri.

Ci siamo dati come scadenza il Duemila. Forse non riusciremo a vincere la guerra entro quest’anno, ma, come ha detto Gramsci, dobbiamo credere nell’ottimismo della volontà, non soltanto nel pessimismo della ragione. Le regole che oggi dominano dicono che non deve essere posto alcun limite al movimento dei capitali. Noi invece chiediamo il loro controllo, con provvedimenti come la Tobin Tax. Chiediamo anche che i paesi poveri possano ripagare il debito nella loro valuta, così come è diritto degli Usa: questo significherebbe poter modificare il peso del debito con manovre monetarie, e chi presta il denaro ci penserebbe due volte prima di incrementare il debito.

Marcos e Mobutu non ci sono più, ma i poveri dei loro paesi continuano a ripagare i debiti che i loro capi di stato, spesso corrotti, hanno contratto e il Fondo Monetario, insieme ai gruppi di potere dei paesi forti, approfitta di questo e dei vantaggi che il debito porta loro in molti modi. Noi chiediamo un arbitrato internazionale che permetta di cancellare i debiti ingiusti e odiosi, che permetta ad esempio al Mozambico di chiedere la cancellazione del suo debito non solo a causa del ciclone Eline, ma anche perché quei soldi sono serviti a finanziare una guerra ingiusta decisa dai potenti, che i poveri hanno solo subìto.

Vogliamo cambiare queste regole, vogliamo che la gente, le persone normali, possano avere voce in capitolo anche nelle scelte economiche e finanziarie.

 

 

 

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