Questo libro è, per me, un
incontro con un uomo, che parla al lettore e a cui il lettore risponde in
un linguaggio muto, composto di pensieri e sensazioni.
L’autore trasmette al suo
ipotetico interlocutore il proprio sentire e nel momento in cui lo fa, il
lettore lo assorbe e lo personalizza, trasformandolo in uno spunto per i
propri ricordi.
E’ come fare un lungo
viaggio in treno, guardando fuori dal finestrino e accorgendosi, che ciò
che si vede, non è solamente la realtà oggettiva del paesaggio che
scorre davanti agli occhi, ma una propria rielaborazione dell’ambiente
circostante. Ogni nuovo "viaggio" è l’appiglio per altri
pensieri, ricordi e paesaggi, assolutamente personali… è un
"viaggio" di ciascuno dentro i propri occhi.
Una parte della grandezza
di Moon Palace sta esattamente nell’atmosfera e nel forte potere
evocativo, che questo libro sprigiona, nella ricerca da parte del
protagonista della propria identità.
Non a caso Marco Stanley
Fogg è stato definito un moderno David Copperfield.
Orfano di madre e non
avendo mai conosciuto il padre, Marco vive con uno zio materno – Victor
Fogg – fino alla morte di quest’ultimo. Da questo momento in poi il
romanzo comincia a correre senza direzione come la vita del protagonista,
che egli stesso sceglie di lasciare al caso, all’impulso e all’arbitrio
degli eventi. La sua è una caduta libera senza paracadute, durante la
quale la storia si articola, raggiunge momenti di profonda riflessione ha
anche soluzioni assolutamente inaspettate e si arricchisce di figure
umane, anch’esse mese in movimento da un caso bizzarro.
Questo è un libro, che si
mette costantemente in discussione ed in cui la realtà, come dice lo
stesso Marco Fogg, è uno jo-jo in cui l’unica costante è il
cambiamento…
È un incontro pieno di
atmosfera, a cui vi invito caldamente e che non credo vi lascerà
indifferenti per la forza che ha, di catturare il lettore, trascinandolo
nella propria dimensione di equilibrio in movimento… Buona Lettura!