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TACCUINO NAPOLETANO

CONSIDERTAZIONI A MARGINE DI UN CONVEGNO. 
(mercoledì 24 maggio 2000 - CONDIZIONE GIOVANILE A NAPOLI -

 FRUIZIONE E SIGNIFICATI DELLA CITTÀ, 

ORGANIZZATO DA: 

CLUB LIONS NAPOLI MEGARIDE, MEIC, 

CAPPELLA DELLE UNIVERSITÀ DI NAPOLI)

a cura di Apollo Eburneo

Come vivono i giovani napoletani il loro rapporto con la città? a mio parere, oggi la città non la si fruisce, piuttosto la si utilizza - come dire - la si "consuma".anche i monumenti, i musei, i luoghi d'arte ritengo che siano spesso occasione per un "consumo estetico", per un "turismo dell'occhio", per una sorta di "narcisismo municipalistico". perché dico questo? perché c'è - ed è evidente - una separazione netta dal passato e dai suoi significati, c'è un'estraneità rispetto al passato e all'idea - alle idee di città che esso proponeva. Anzi, dirò di più, il passato viene spesso decontestualizzato e poi riletto e reinterpretato all'interno di una storia della città dal sapore marcatamente progressivo e progressista che finalmente finisce per rivelare la vera identità di Napoli in termini "illuministi ed europei". insomma, un modo gentile e politically correct per fare culturalmente "tabula rasa" delle tante identità che ancora oggi vivono e convivono, ma forse sarebbe più opportuno dire …sopravvivono nel corpo di Napoli . Attraverso questa strada si può giungere a fondare quell'egemonia culturale ed illuministica che definisce i napoletani come "cittadini", nel senso di attori di una "polis" desiderosa di una geometrica legalità e con un'apertura ottimistica verso un astratto cosmopolitismo. Cosa fare allora per cambiare le cose? A mio parere, occorre rivedere criticamente e scientificamente per poi liberare da ogni pretesa egemonia e compiuta falsificazione sia la storia che la memoria di Napoli e riformularne "magari al plurale" (questo è certo) l'identità. possibilmente liberandoci dell'autocompiacimento intellettuale e dal disincanto dei Lumi, per tornare a parlare realisticamente di radici, di territorio, di appartenenza, di passioni, di bisogni, di popolo, di comunità partenopea. E ancora, superando la pur legittima esigenza di una geometrica, ma chissà dove mai fondata, "astratta legalità" per suggerire, per proporre a questi uomini di carne e di sangue, così ferocemente concreti, che si agitano nel grembo di Napoli il senso - come dire - di una "legalità cosmica". Hai visto mai che dove ha fallito l'astratta razionalità dei Lumi non possa trionfare il concretissimo e toccante senso di doversi riferire continuamente ed esistenzialmente, qui e adesso, alla Persona ed alla Personalità di Dio, sperimentandone l'appartenenza vitale? È una possibilità concreta, è una possibilità possibile: non rimane che spenderci per questo, come Chiesa di Napoli. Stando ben attenti ai due versanti: innanzitutto quello dell'università, dell'elites e del sapere, che più da vicino sembra toccarci in questi anni, ma senza dimenticare quello - altrettanto importante - della necessità di costruire un'autentica "cultura popolare" nella nostra città perché oggi la tivvù, il cinema e la musica dattano legge in questo campo e plasmano e formano e plagiano a loro distorta immagine tanti cuori e tante menti. Perché non rilanciare e tornare a dedicarsi, a questo proposito, alla vita di quella straordinaria invenzione della Riforma Cattolica che sono le Parrocchie? Ma il lavoro più grosso da fare è, senza ombra di dubbio, quello che riguarda la lettura e l'interpretazione della storia della città, quello del riequilibrio - almeno questo - tra le culture che sono nell'anima della città, per tentare di recuperare ognuna le ragioni ideali e storiche dell'altra: una sorta di pacificazione culturale, per poi ripartire in stile ed atteggiamento di collaborazione. Questa è una cosa assolutamente necessaria ed urgente. Lo conferma anche la mostra sui Borboni: è certo bella da vedere, ma e purtroppo un guscio vuoto, è qualcosa che mi ricorda - mutatis mutandis - le mummie: nel senso che dentro e dietro c'è un senso di vuoto, di qualcosa che non c'è. E, in effetti, la cultura dominante mi sembra si sia servita di questa mostra sui Borboni come di un gioiello per attrarre valuta turistica e pure come un trofeo vinto nella battaglia storico-culturale svoltasi nei secoli. E sì, proprio perché non si mostra che dietro questi luoghi della memoria storica borbonica c'era una cultura, una politica, una società, un senso dell'uomo e del potere, oppure riguardo ai Borboni e alla Napoli borbonica si fornisce la solita rappresentazione farsesca, meschinetta, improduttiva e ciarliera. Questo non è giusto. Anche questa è una sorta di leggenda nera, una falsificazione. Questi benedetti Lumi e questa benedetta cultura progressista non rinunciano a manipolare sistematicamente la storia e a svuotare l'anima, o meglio le anime di Napoli. Se continua così, se cioè i Lumi non faranno autocritica in termini di storia, di potere e di idee, se non accetteranno di riabilitare le altre culture di Napoli, rivedendo certi giudizi ed accettando di interagire e di collaborare, allora l'identità di Napoli-città rischierà il collasso definitivo. Potrebbe verificarsi un giorno che l'identità finiremo per agganciarla ai Mac Donald's, alle pizzerie, ai pub, che magari saranno sponsor di qualche monumento: ovvero, quando la storia, persa la memoria, o meglio le memorie, si trasforma in pubblicità. Con la benedizione estetica ed intellettuale dei Lumi: una statua in un supermarket" Oh mamma!      

 

Giugno'00 la memetica :Una teoria per l’evoluzione culturale

Luglio '00 Haiku : un'istantanea

Invito alla lettura di Alessandra Ruggiero

 

 

 

 

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