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INDICE
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  • Jelly Roll Morton  (II parte)
  • Jelly Roll Morton  (III parte)

  • Jelly Roll Morton  (II parte)

    Ferdinand Joseph La Menthe (o la Mothe anche il cognome è controverso) nasce intorno al 1885 a Gulfport nei dintorni di New Orleans forse i 20 settembre 1885, almeno se dobbiamo attenerci a ciò che disse ad Alan Lomax durante le registrazioni della Libreria. In ogni modo l’anno è incerto, proprio perché egli stesso affermò in diverse occasioni di essere nato in anni differenti e nella sua tomba a Los Angeles è scritto 1890. La madre era una certa Luisa Monette, bianca, di origine francese e di famiglia benestante; sembra addirittura che il nonno di Jellyroll fosse un senatore. Non è invece certo che suo padre fosse proprio Ed La Menthe che in quegli anni viveva con la madre. Sembra comunque che costui fosse un poco di buono e che ben presto abbandonasse la famiglia. La madre allora si unì a Willie Morton che potrebbe essere stato il vero padre di Jellyroll e di cui quest’ultimo adottò il nome.
    A Lomax disse di averlo preso come pseudonimo perché non amava il cognome di origine Francese che riteneva poco virile.
    Non ha una infanzia facile anche per la presenza ingombrante di una arcigna nonna e alla prima occasione, all’età di circa 15 anni viene messo fuori casa e accolto da una specie di madrina Laura Hunter, una bonaria fattucchiera esperta in riti voodoo e più conosciuta col nome di Eulalie Echo.
    Già da bambino aveva preso confidenza con la musica e soprattutto con il trombone, strumento suonato da Ed; a casa di Eulalia impara a suonare la chitarra che in breve tempo diviene una sua piccola fonte di reddito, in quanto gli permette di suonare da un barbiere e di guadagnare qualcosa. Viene invogliato allo studio del pianoforte da un curioso episodio che egli stesso racconta. Sembra, infatti, che fosse affascinato dallo strumento, ma inizialmente non volesse studiarlo perché, durante un recital, l’aveva visto suonare da un signore dai capelli lunghi come quelli di una donna e temeva quindi di poter essere scambiato per un invertito. Solo successivamente ascoltando uno splendido pezzo di ragtime questa volta eseguito da un signore sicuramente virile, si convinse di poterlo suonare anche lui senza tema di essere frainteso. Comincia le lezioni e i suoi progressi sono rapidissimi. Il piano è proprio il suo strumento, quello con cui riesce meglio ad esprimersi e il giovane Morton in breve a circa 17 anni è in grado di diventare il pianista ufficiale di una delle più famose case di piacere di New Orleans, quella di Hattie Rogers e successivamente raggiunge il culmine della notorietà suonando nella casa della "Contessa" Willie Piazza, la più celebre tenutaria di New Orleans.
    In quegli anni ha un enorme successo non solo come pianista, ma anche come amante, e le "ragazze" se lo contendono, sembra non soltanto per le sue notevoli doti di amatore ma anche per certe caratteristiche anatomiche che gli fanno affibbiare il nomignolo di "Jellyroll" (letteralmente rotolo di marmellata, un dolce simile ad uno strudel dalla forma inequivocabile) chiaramente di significato osceno. Gli viene dato anche il soprannome di " Wining Boy, di significato analogo. Per inciso questo è anche il titolo di una tra le sue più belle composizioni.
    Intorno al 1904, pur avendo ancora New Orleans come base, comincia a viaggiare, si reca nell’Illinois, nel Kentucky, nel Tennessee e successivamente in Florida. Nel 19011 va a New York e al suo ritorno, circa nel 1912, a New Orleans sposa una bella ragazza creola, Anita Gonzales che gestisce una pensione e che certamente lo aiuta a proseguire quella vita lussuosa e dispendiosa cui nel frattempo si è abituato. Si cambia d’abito tre volte il giorno, ha le giarrettiere d’oro, un diamante incastonato in un incisivo, gioca, scommette, si vanta di essere un campione a biliardo.
    Del periodo trascorso a New York abbiamo una testimonianza del pianista James P. Johnson che lo incontrò una sera in un locale di Harlem e ci descrive così l‘impressione che ne ricavò: era elegantissimo, accompagnato da due splendide ragazze e si avvicinava al pianoforte con fare regale. " Si toglieva il soprabito" sono le sue parole, "che aveva una fodera speciale che attirava gli sguardi di tutti. Quindi lo rivoltava e invece di piegarlo, lo appoggiava per il lungo, sul pianoforte verticale, con molta solennità, come se quel soprabito valesse una fortuna e dovesse essere trattato con grande delicatezza. Poi, tirava fuori un grande fazzoletto di seta, lo scuoteva ben bene e con quello spolverava lo sgabello. Infine si sedeva e suonava un suo accordo particolare e partiva. Il primo pezzo che suonava era sempre un rag molto vivace, che serviva a sbalordire il pubblico."
    Nel 1914 è a Chicago dove forma un suo complesso che però ha vita breve, Dal 1917 al 1922 va successivamente a Los Angeles, S.Francisco, Seattle, Tia Juana, ancora Los Angeles, Chicago.
    In questa città dopo il 1922, incide finalmente numerosi dischi, tutto solo perché nel frattempo si era separato dalla moglie. Negli stessi anni da la stura alla sua inesauribile vena di compositore, scrivendo e incidendo i suoi temi più belli da "King Porter Stomp" a " The pearls" scritta per una cameriera di cui si era invaghito a "Kansas City Stomps" a "Original Jellyroll Blues" a Froggie More, Mamamita, Milemberg Joys, Grandpa’s spells ed altri. Il famoso Wolwerine Blues lo aveva scritto qualche tempo prima e al suo arrivo a Chicago era un brano già molto conosciuto. A questo proposito, Lester Melrose, gestore in quegli anni di un negozio di musica, molti anni dopo ricordava così il suo incontro col pianista: "Un uomo entrò nel nostro magazzino con un fazzolettone rosso attorno al collo e un enorme cappello da cowboy sulla testa e si mise a gridare:< ascoltate tutti, io sono Jelly Roll Morton di New Orleans, il creatore del Jazz.> Parlò senza interruzione per un’ora per dirci quanto fosse bravo, poi sedette al pianoforte e dimostrò di essere ancora meglio di quanto aveva detto. Fu in questo modo che Jelly prese il via."
    Nel Settembre del 1926, sempre a Chicago registra una prima serie di dischi con il complesso dei "Red Hot Peppers" formato oltre che da egli stesso, anche da alcuni dei migliori musicisti del momento. Assieme ad altri incisi in seguito dalla stessa formazione, questi dischi sono considerati tra i più bei brani di Jazz tradizionale mai eseguiti sia per l’ingegnosità e l’originalità degli arrangiamenti, che per la perfezione delle esecuzioni. "Black Bottom Stomp", "Wild Man Blues", "Doctor Jazz", "The Chant", "Dead Man Blues" "Georgia Swing","Kansas City Stomp", "The Pearls", "Smoke House Blues" sono autentiche gemme di questa lunga collana che impegnò Morton, con tutto il suo smisurato orgoglio e la sua perizia. Egli le preparò con estrema cura e con pignola e meticolosa attenzione, curando e riprovando le parti finché non ottenne il sound che cercava dovuto all’esatto equilibrio timbrico che era una sua specialità e all’accuratezza degli impasti sonori, anticipando in ciò Henderson e in certo qual modo anche Ellington. Ha una concezione orchestrale a sezioni spesso in contrappunto tra loro che si stacca definitivamente dall’organico canonico del Jazz di quel periodo. L’equilibrio tra parti scritte e parti improvvisate è eccezionale come anche quello tra le diverse parti strumentali e la coerenza di idee che Morton dimostra in questi piccoli capolavori di tre minuti, è esemplare. Altra sua rimarchevole caratteristica è quella creare tre o quattro temi diversi nell’ambito dello stesso brano, sviluppandoli con chiarezza e giocando con le caratteristiche timbriche dei vari musicisti, sia nelle parti obbligate, che negli assoli, in cui lasciava loro una certa libertà, data l’abilità che dimostravano.
    Jelly continua a trattenersi a Chicago e continua ad incidere. Alterna sedute al pianoforte solo con altri brani eseguiti con i Red Hot Peppers. Pur non avendo una tecnica brillantissima (egli stesso , nonostante la sua megalomania lo ammetteva), i suoi brani per pianoforte solo sono certamente tra le cose più belle del Jazz della tradizione. La sua freschezza armonica e la sua modernità di idee rendono la sua musica qualcosa di molto originale e così diversa da quella dei suoi tempi da lasciare stupefatti. In quegli anni canta anche, rivelando una voce strana e molto personale, non bella ma con molto senso del ritmo, velata di nostalgia e molto ben intonata.
    Nel 1928 si sposa per la seconda volta con una ballerina che sarà una moglie affettuosa e paziente, che non meritava le sfortune che avrebbe dovuto sopportare. Morton è ancora ricco e famoso e conduce la vita dispendiosa di sempre.
    Ma la crisi del 1929 è in agguato e coglie Jelly impreparato, come milioni di Americani.
    Nel frattempo si era trasferito a New York ed infatti incolpa questa città delle sue sfortune. Gioca in borsa e certo non è il momento più adatto. In breve continua a mantenere una vita brillante mentre i gusti del pubblico cambiano e lui non si rende conto del mutare degli eventi e delle condizioni.
    Nel ventinove incide due autentici capolavori per piano solo: "Pep" e "Freakish".
    Successivamente, per cercare un po’ di fortuna, si trasferisce a Washington, lasciando la moglie nella città della mela. Le cose non migliorano e si trova costretto a lavori umili per sopravvivere. Dal 1930 al 1938 il silenzio è completo. Non ha mai avuto molti amici dat0o il suo carattere, ma adesso è peggio. La sua salute comincia a peggiorare e soffre di cuore e d’asma. Nel 1938 l’incontro con Alan Lomax di cui abbiamo già parlato.
    Nel 1939 , tornato a New York, incide alcuni dischi che riteniamo certamente tra i migliori se non i migliori in assoluto eccezion fatta per alcuni pezzi registrati al piano solo tra il 1925 e il 1926. La metropoli gli porta ancora sfortuna, la sua asma si aggrava e deve ricoverarsi sempre più spesso in ospedale. Nel 1940 registra gli ultimi brani con un’orchestra. E’ il suo canto del cigno e riteniamo siano le cose meno interessanti di tutta la sua produzione. Non è più lui. Nonostante le cattive condizioni di salute, decide ancora una volta di mettersi in viaggio per Los Angeles per i funerali della sua madrina. Sono 4000 kilometri di auto, troppi per uno nelle sue condizioni. Al suo arrivo è costretto a ricoverarsi in ospedale dove muore il 10 luglio 1941. Nessuno si ricorda più di lui e quasi nessuno va al suo funerale.
    E’ difficile parlare della musica di Jellyroll. Certamente egli era un compositore , prima di tutto e poi un arrangiatore. Forse addirittura il primo del jazz.

    Scusate amici, ma stiamo forse andando troppo il la con queste note. In verità, Morton è così importante per la nostra storia che, merita un approfondimento ancora maggiore. A questo punto dovremmo parlare della sua arte e del perché è fondamentale per il Jazz, e riempiremmo alcune altre pagine. Prendiamo pertanto una pausa di riflessione e faremo un Morton 3 dove svilupperemo, con l’aiuto dei suoi dischi, il discorso sul passaggio già dai primi del ‘900 dalle varie forme più o meno tradizionali al jazz vero e proprio e potremo capire come l’affermazione un po’ spaccona di Jellyroll di essere stato l’inventore del jazz forse non è poi così esagerata come può sembrare a prima vista.
    A presto. (j.r)

    P.S. La prossima volta parleremo anche dei dischi di Jelly e dei libri interessanti che lo trattano

    1a parte

    Su gentile concessione di Jellyroll
    Chiacchierando fra amici: http://groups.msn.com/Archiviodelgiornale/musica.msnw
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    3aparte

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