 La pesca in luoghi ricchi d’alghe ed erbai è certamente tra le più affascinanti e produttive anche se, non lo nascondiamo, molto difficile. E’ chiaro, però, che dobbiamo essere in grado di “adattare” noi (psicologicamente), ma soprattutto i nostri terminali, a situazioni del genere, in modo da riuscire a portare a buon fine il nostro obiettivo arrecando, al tempo stesso, il minor danno possibile al nostro “valoroso” avversario. E’ indispensabile, come molti sanno, che in siffatta situazione, la lunghezza del terminale debba essere sensibilmente ridotta o allungata, in funzione delle strategie che si andranno ad adottare, che (ora più che mai) si realizzi una assoluta perfezione meccanica del movimento di hair ed amo e che i materiali utilizzati siano adeguati per queste situazioni difficili. E’ certamente buona norma fare in modo che il nostro “inganno” sia nelle migliori condizioni per auto-ferrare il pesce: per far sì che ciò accada può essere d’aiuto lanciare o “calare” inserendo l’innesco all’interno di un sacchetto di PVA (PVA Bags) opportunamente forato in modo che affondi o "arricchito" con qualche sasso per renderlo più pesante. 
Terminale inserito in un sacchetto di PVA Se individuiamo all’interno di un banco d’alghe una zona sgombra e pulita, questa sarà certamente da preferirsi per posizionare il nostro terminale. Se, invece, la “macchia” di alghe risulta talmente omogenea da non presentarne alcuno spazio utile vi diamo alcune possibili soluzioni che riteniamo valide in siffatte situazioni. 
- Pesca con alghe fitte alte pochi centimetri
In queste condizioni, un’esca pop up che “affiora” dalle alghe, è certamente una buona soluzione tecnica. La bilanciatura dell’esca assume un ruolo fondamentale e la nostra boilie galleggiante dovrà appoggiarsi sul fondo molto lentamente, quasi a rimaner sollevata dolcemente, controbilanciata dalla pasta di tungsteno inserita “ad arte” (provata, ovviamente, prima d’immergere il terminale). 
Non è da sottovalutare l’innesco ad assetto neutro da “appoggiare” sopra le alghe. In queste situazioni è preferibile allungare di qualche centimetro i nostri terminali. - Pesca in alghe filamentose molto alte
In queste condizioni potremo certamente decidere di inserire il nostro terminale in assetto affondante all’interno del folto delle alghe. Come detto, sarà fondamentale inserire il terminale in sacchetti di PVA (opportunamente forati ed appesantiti con dei sassi) in modo da evitare che la punta dell’amo vada ad impigliarsi sulle alghe. L’utilizzo del Foam in suddette condizioni è sconsigliato dato che tende a tener sollevato il nostro terminale e nel momento in cui questo si scioglie, possiamo incorrere nella possibilità che l’amo cadendo (ormai con la punta libera) vada ad impigliarsi rendendo imperfetta l’azione meccanica del terminale stesso. 
La lunghezza del terminale in queste condizioni di pesca assume un ruolo fondamentale. In questo “bosco subacqueo” infatti, è logico pensare che il pesce, per trovare l’esca, cercherà di avvicinarsi maggiormente rispetto alle condizioni abituali. Di conseguenza, la miglior presentazione, a nostro avviso, consiste in un terminale corto (5-10 cm al massimo) che ha il vantaggio di offrire poche possibilità di incaglio con l’ambiente circostante. Per la stessa ragione è da preferirsi un piombo tipo inline quicky, che con la sua forma affusolata favorisce il combattimento tra le alghe; è inoltre sconsigliato l’uso dei tubetti "anti tangle" lunghi (per gli amanti di questo accessorio, si consiglia una lunghezza massima di 2 cm oltre la lunghezza del terminale) dato che la loro”rigidità” mal si adatta a queste situazioni. - Pesca su alghe e/o detriti in decomposizione.
Questa situazione, tipica del periodo autunnale e, per motivi diversi, di quello estivo, va affrontata con qualche accorgimento in più. Se è vero da un lato che la carpa vive sui fondali e quindi in situazioni maleodoranti e “fangose”, è altrettanto vero che i processi di decomposizione “bruciano” ossigeno rilasciando anidride carbonica e questo (è utile ricordarlo) crea una situazione che potrebbe tenere le carpe lontane da questa tipologia di fondale. Alla luce di ciò, volendo tentare la fortuna in queste situazioni, potremo optare per esche galleggianti che si staccano dal fondo anche di 10/15cm. 
Un banco di alghe "filamentose" | 
Le ninfee: un altro banco di prova importante per i terminali |
Ulteriori considerazioni Pescando in queste situazioni ci troveremo certamente ad affrontare combattimenti impegnativi, ecco perché gli ami devono essere robusti ed affidabili ed i trecciati resistenti all'abrasione. Spesso in tali situazioni è buona norma inserire uno shock leader di trecciato piuttosto che uno snag leader in amnesia. La motivazione di questa scelta è da ricercarsi nel fatto che un ottimo trecciato, nella sua opera di sfregamento in fase di combattimento, “taglia” le alghe in maniera più efficace di qualsiasi monofilo il quale, per sue caratteristiche, tende a faticare in questa operazione. Ovviamente se decidiamo di pescare con treccia in bobina, la situazione risulterà ottimale senza nessun altro accorgimento. Per quanto riguarda la misura degli ami, consigliamo letteralmente di “non andare troppo per il sottile”, credendo che una allamata “secca” e precisa nella parte inferiore del labbro, con un amo dal filo importante, sia quanto di meglio si possa sperare per portare a guadino la nostra preda, creandole al contempo il minor danno possibile. In tali situazioni crediamo che il nostro “The Rope” sia quanto di meglio si possa scegliere, preferibilmente scelto di tenuta pari a 45lb; tale trecciato ci darà la contemporanea certezza di morbidezza unita ad una resistenza all’abrasione eccezionale! |