 Iniziare uno scritto di tecnica pura è sempre molto difficile poiché, a differenza del parlarne “a quattr’occhi”, l’esporre una propria teoria su “carta” non sempre raggiunge l’intento di farsi capire nella maniera più appropriata. Se a questo aggiungiamo che l’argomento in questione, non lo nascondiamo, è piuttosto complicato e delicato, per certi aspetti può sembrare azzardato incominciare questa trattazione. Siamo sicuri che alla fine di questo scritto ci saremo fatti…qualche nemico in più! Torniamo a ripetere, come detto in più occasioni, che alla base della "chiacchierata" che ci accingiamo ad intraprendere con voi, non c’è assolutamente né la pretesa d’insegnare qualcosa (ci mancherebbe, siamo convinti che il termine “insegnare” non si addica alla nostra categoria perché anche il più esperto Carpista ha sempre qualcosa da imparare anche da chi ha cominciato da poco tempo a “divertirsi” con il Carp Fishing), né di affermare “questa è la soluzione per eccellenza” (affermazione assolutamente senza senso perché probabilmente, così come la “boilie perfetta”, non esiste). Non ci stancheremo mai di ripetere che tutto può essere migliorabile e perfezionabile specialmente quando ci si confronta, perciò, se qualcuno è arrivato a delle conclusioni diverse (e magari migliori), saremo i primi pronti a confrontarci con lui. Lo scopo di questo scritto è quello di far riflettere, porre dei dubbi, e (forse) dare alcune certezze nella speranza che anche solo qualche piccola affermazione fatta, possa essere uno spunto per provare a pensare a quello che può accadere sotto la superficie dell’acqua dove noi, purtroppo (ma per certi aspetti anche per fortuna) non possiamo vedere! Per non passare da presuntuosi, diciamo solamente che stiamo mettendo per iscritto alcune considerazioni prettamente personali: stiamo insomma “pensando a voce alta”. Grazie anche alla nostra professione di natura prevalentemente “tecnica”, siamo portati quasi naturalmente a dare una spiegazione fisico-meccanica a certe situazioni e/o a certe dinamiche e, ovviamente, la nostra più grande passione non poteva prescindere da ciò! Nei vari sport esistono dei “fondamentali” (che sono quei “movimenti” e quei pensieri che stanno alla base della tecnica specifica di una data disciplina), che ci permettono di compiere azioni nel modo più naturale e automatico possibile. Vediamo se anche nella nostra tecnica di pesca possiamo trovare questi “fondamentali”? Nel fantastico puzzle del Carp Fishing, ogni pezzo deve combaciare perfettamente con quello adiacente, altrimenti si rischia di…perdere la carpa della vita! Chi può dirlo? Quanto seguirà è il risultato d’osservazioni compiute in tanti anni di pesca, di prove e tentativi…alcuni andati a buon fine, altri, altrettanto utili (se non altro per capire i possibili errori) falliti miseramente! Alcuni amici, ci hanno detto di aver rivoluzionato la loro metodologia di pesca (li ringraziamo per il complimento, ma a nostro avviso esagerano) applicando quanto andremo a descrivere…, se ciò fosse vero, comunque, avremmo ottenuto il miglior risultato possibile, ovvero ottimizzare al massimo le pescate, garantendo un elevato numero di prede all’attivo. 
Partiamo ragionando per assurdo e dicendo che un amo legato “al contrario dell’ordinario” ha “alcune” probabilità di agganciare una preda. A rigor di logica, quindi, un amo legato “correttamente” dovrebbe avere il 100% di risultati utili…. ma la maggior parte di noi sa, a proprie spese, che le cose non stanno esattamente cosi…vero?? La prima cosa che dobbiamo chiederci è: “Come mangia la carpa?”, o meglio: “da che parte la carpa…….mangia??” Generalmente quando facciamo questa domanda ci sentiamo rispondere: “Ovviamente dal davanti, con l’amo di fronte…” (forse perché tutti i disegni riguardanti l’argomento sono rappresentati in questo modo). In realtà l’esperienza insegna che, se le lenze sono posizionate in modo corretto, le nostre amiche hanno a disposizione un piano orizzontale di 360° ed un piano verticale di 180° per mangiare e quindi cadere nel nostro tranello (come illustrato in figura 1). 
Figura 1: da che parte mangia la carpa? Assodato questo concetto, capiamo perché alcune tipologie di montature (per esempio quelle delle figure 2 e 3 rappresentate sotto), se usate come affondanti, ci possono creare qualche problema; esse infatti non hanno quelle caratteristiche di mobilità e versatilità che nel seguito andremo ad analizzare con maggior dettaglio. 
Figura 2_ Rig con anellino scorrevole sul gambo dell'amo | 
Figura 3: D-rig |
Dobbiamo altresì considerare che le nostre lenze difficilmente possono essere appoggiate su un fondale perfettamente liscio, il più delle volte il fondale stesso è irregolare per la presenza di micro e/o macro ostacoli (sassi, erbetta, residui organici tipo rametti, foglie ecc.). L’ amo, quindi, potrebbe non essere perfettamente libero, creando una certa resistenza in fase d’aspirazione da parte del ciprinide che si accinge ad inghiottirlo. 
Disegno esplicativo della presentazione di un terminale affondante Se la carpa aspira frontalmente (su un angolo massimo di circa 120°, quella che viene definita solitamente "l'aspirata dal davanti"), molto probabilmente non avremo problemi indipendentemente dal terminale utilizzato, in altre parole all'interno della semi-sfera schematizzata nella figura sotto, praticamente tutti i terminali garantiscono una buona allamata. 
Schematizzazione della mangiata "da davanti" Come detto in precedenza, però, la nostra amica potrebbe non essere posta davanti o leggermente di lato rispetto all’amo, quello che ci dovremo chiedere a questo punto è: “quale sarebbe stato il risultato finale se la carpa avesse aspirato al di fuori di questa semi-sfera"? La risposta a questa domanda è che probabilmente ci troveremo nella spiacevole situazione delle figure 5-6-7. Ciò che è schematizzato sopra è che l’amo entra nella bocca della carpa “al contrario”. Ecco spiegato il perché di tante partenze a vuoto, slamature, o di carpe allamate sul labbro inferiore ma esternamente o, peggio ancora, sempre esternamente ma a lato della bocca. 
Evidente lacerazione data da una allamatura esterna al labbro inferiore Da tutto ciò consegue che vi sono alcune regole che dovremmo sicuramente rispettare, ecco trovati una parte dei nostri fondamentali che potremo “enunciare” come segue: 1. bilanciare l’amo 2. proporzionare l’esca rispetto all’ amo 3. proporzionare il piombo all’amo Nel proseguo della trattazione, sotto il titolo di "tecnica al microscopio", cercheremo di "sviscerare" questi argomenti in maniera quanto più approfondita possibile, cercando, al contempo, di essere i più semplici possibili nel trasferire concetti che in realtà semplici non sono.

La bilanciatura dell’amo è di fondamentale importanza nella costruzione del nostro terminale. La bilanciatura, la distanza amo esca e il rapporto tra piombo ed ami, possono determinare, in positivo o in negativo, il risultato della nostra sessione di pesca. Cosa intendiamo con bilanciatura, è più facile capirlo vedendo le foto allegate piuttosto che spiegarlo a parole. Nonostante ciò proveremo ad analizzare questa problematica al meglio delle nostre possibilità. Con il termine "bilanciatura" intendiamo quella forma di equilibrio dell’amo (sì proprio equilibrio), determinata dalla fuoriuscita del capello dal nodo senza nodo (vedi figura 2) o da un tubetto di silicone (vedi figura 3 - Blow out rig); per facilitare la comprensione di quanto detto abbiamo segnato con una freccia gialla il punto di fuoriuscita che determina, appunto, la bilanciatura. 
Figura 2: fuoriuscita del capello dal nodo senza nodo | 
Figura 3: fuoriuscita del capello da un tubetto di silicone (Blow out) |
Questa bilanciatura molto instabile è uno dei punti fondamentali di tutti i nostri discorsi. Se eseguita correttamente e con i materiali appropriati, questa bilanciatura consente di guidare l’amo su tutto il piano tridimensionale di 360° garantendo che esso rimanga sempre in posizione ferrante, che si traduce in pratica di pesca, con un’entrata nella bocca del pesce sempre al massimo delle possibilità di allamata, indipendentemente da dove la carpa aspirerà la nostra esca (davanti, dietro, in parte, sopra ecc.) Spiegare dettagliatamente perché ciò accada ci costringe ad entrare nel complesso "campo" della fisica. Cerchiamo di semplificare al massimo questo discorso. Come possiamo notare dalla figura sotto, l’uscita del capello fa da perno del sistema, un perno ad inerzia nulla (cioè non presenta resistenza o impedimenti, alla rotazione dell’amo per un angolo di 360° ), è ovvio che più è morbido il capello, maggiore libertà avrà l’amo di girare. Per ami a gambo corto la bilanciatura si troverà verso la punta dell’amo, mentre per ami a gambo lungo la bilanciatura sarà spostata verso l'ardiglione. 
Facendo riferimento alle figure 2 e 3 di cui sopra, per ottenere quanto desiderato basta aumentare o diminuire il numero di spire del nodo senza nodo, o spostare lungo il gambo dell’amo il gommino del Blow out rig (si veda a tal proposito la figura ad inizio paragrafo). 
Ora introduciamo un’altra variabile, un altro perno (freccia gialla nella figura sopra) che non è altro che il proseguimento del nostro terminale (irrigidito dal tubicino di termo restringente, con la funzione di guida fissa, punto inamovibile del secondo perno). Ora se noi spostiamo l’esca dalla parte opposta rispetto all’allineamento dell’amo ( freccia gialla della figura sotto), l’amo, si girerà seguendo l’esca come un cagnolino al guinzaglio per due ragioni: la prima è che la parte di maggior massa (la parte dell’occhiello per come abbiamo bilanciato l’amo) tenderà a mantenere la propria posizione. Naturale conseguenza è che l’amo tenderà a ruotare sul proprio asse, che, nel nostro caso, altri non è che il perno formato dal capello. La seconda è che per quanto una treccia sia morbida, essa ha sempre e in ogni caso una sua minima ma naturale rigidità. In questo spostamento si carica quasi come una “molla”creando una forza contraria allo spostamento stesso (freccia rossa), facendo sì che l’amo(vincolato in due punti) subisca una rotazione. 
La freccia gialla rappresenta lo spostamento dell'esca, la freccia rossa la forza "contraria" allo spostamento stesso | 
Schematizzazione del movimento dell'amo quando abbiamo uno spostamento dell'esca come illustrato nella figura precedente | 
In questa figura notiamo che l'amo ha seguito l'esca in modo corretto come descritto sopra |
A priori non abbiamo alcun elemento per poter determinare se l’effetto rotatorio sarà verso destra oppure verso sinistra. I fattori che potrebbero determinare tale rotazione, sono molteplici, a nostro avviso tre su tutti: 1. Il capello non perfettamente in asse col gambo dell’amo. 2. La fuoriuscita della treccia dal tubicino di termo restringente non perfettamente centrato 3. La torsione della treccia stessa. Non dimenticando poi che anche le asperità del fondale potranno favorire una rotazione indesiderata del sistema, perciò più cura si dedicherà nel mettere a punto i terminali, più probabilità si avrà di sopperire ad eventuali "disturbi") esterni. Un altro vantaggio di questo sistema è l’allineamento dell’esca all’amo nel momento in cui è aspirato dalla carpa. 
Durante la fase di aspirazione l'amo si trova perfettamente allineato con l'esca Se consideriamo che le nostre amiche mangiano inclinate anche a 90°, nel momento in cui hanno aspirato, una volta accortesi dell’inganno, tenteranno la naturale via di fuga riprendendo la posizione orizzontale; alla luce di ciò, potete facilmente capire dalla figura che l’amo (se la nostra teoria risulta essere corretta) è in posizione perfetta per allamare il pesce. Vi invitiamo a provate a fare il palm test, o meglio ancora, provate il terminale sul dorso della mano, ma prestate molta cautela perché appena incontrerà anche una semplice piega della pelle, l’amo si girerà cercando di conficcarsi. Figuriamoci il “lavoro” dell’amo nel momento in cui incontrerà il labbro inferiore del pesce che ha sicuramente uno spessore ben maggiore. In figura due fasi del palm test e la prova sul dorso della mano

La distanza tra amo ed esca è determinata dalla misura dell’amo, e della grandezza dell’esca. A nostro modo di vedere non si possono realizzare delle tabelle generali, dato che tra le varie marche costruttrici d’ami le differenze in dimensioni sono notevoli, ma non solo, con la stessa marca d’ami cambiando serie possiamo trovarci nelle medesime condizioni. Come fare allora? Dopo anni di prove, siamo riusciti ad elaborare una “tabella”, o meglio ad "elaborare" una teoria. 
Diametro dell'amo Prendiamo il diametro dell’amo che vorremmo usare (vedi figura sopra). A questo diametro aggiungiamo 4 mm, ecco trovato il diametro della nostra esca (che dovremo tener staccata di circa 5mm dall’amo come nella figura all'inizio del paragrafo). Facciamo qualche esempio per chiarire quanto più possibile i concetti espressi. Esempio1: con un amo di diametro 16, secondo quanto detto, dovremo innescare un'esca di diametro 20. Se per ragioni tecniche o personali abbiamo la necessità di usare un amo più piccolo niente paura (fermo restando il valore 5mm come il nostro punto di partenza) possiamo operare come segue: per ogni 2 mm. in più di diametro dell’esca, 1 mm. in più di distanza della nostra esca nei confronti dell’amo. Esempio2: Amo diametro 10, la nostra esca posizionata a 5mm. dovrebbe essere di diametro 14, ma se vogliamo innescare un’esca di diametro 24? Dobbiamo eseguire queste semplici operazioni 24-14= 10, 10:2= 5 più i nostri 5mm.= 10mm., la nostra esca dovrà rimanere staccata dall’amo di 10 mm. Esempio3: amo diametro 10 mm. esca diametro 28. Eseguiamo il calcolo 28- 14= 14, 14:2=7, più i nostri soliti 5 mm. e otteniamo 12. E’ pur vero che non dobbiamo innescare con il calibro in mano, ma in ogni modo una certa precisione serve, il millimetro non fa certo la differenza, ma……… Sul libro "Reveletion di Leon Hoogendijk" (a pagina 159) è descritta una prova meccanica di quanto sopra descritto e la proponiamo pari pari, ritenendola corretta e precisa. 
Questo test permette di determinare “se“ la lunghezza minima di un hair rig è corretta. Perché la montatura funzioni in modo corretto, l’esca non deve mai toccare l’amo. Questo perché in fase d’espulsione se l’esca interferisce con l’amo questi, come capirete, potrebbe girarsi non correttamente, pregiudicando l'allamata del pesce. 
Una ulteriore osservazione, ma non per questo di minore importanza, è che dobbiamo sempre proporzionare i piombi agli ami. Per fare ciò, il metodo più semplice è quello di posizionare il piombo su una superficie liscia e cercare di alzare la punta dell’amo tenendola su un polpastrello, se questa operazione risulta impossibile perché l’amo tende a conficcarsi nel nostro dito, allora il rapporto tra peso del piombo e amo utilizzato è certamente buono e potremo essere certi che esso si conficcherà nella bocca del pesce (qualora il nostro terminale “lavori” correttamente). 
Prova per verificare il giusto rapporto piombo/amo Se questa operazione non dovesse andare a buon fine allora i possibili problemi possono essere di due tipi: o la punta del nostro amo non è abbastanza acuminata, oppure è necessario diminuire la grandezza dello stesso in rapporto al peso del piombo che stiamo utilizzando o (ma è sostanzialmente la stessa cosa) aumentare il peso del piombo per renderlo “proporzionale” all’amo utilizzato. Una spiegazione dettagliata di questa prova, sia dal punto di vista fotografico che descrittivo, si può trovare nel libro "Carp fishing Avanzato" di Roberto Ripamonti alle pagine 41 e 42. La montatura che garantisce il miglior “supporto” nell’autoferrata è quella in line, e la motivazione risiede nel fatto che quando utilizziamo questi piombi, specie se dalla forma “tozza” (del tipo flat pear inline, per intenderci), già al primo “contatto” la carpa si trova di fronte la parte più compatta del piombo, e quindi la più pesante, che assicura maggiore resistenza e maggior penetrazione da parte dell’amo. Ciò detto non meno importanti sono le soluzione in bolt rig, con piombo in deriva, senza ombra di dubbio le più utilizzate dai moderni carp angler, la nostra esperienza ci insegna che, rispetto a soluzioni inline, a parità di amo il piombo utilizzato dovrà essere più pesante, per sopperire alla "dispersione" di peso data dal fatto che il piombo non si trova perfettamente in linea con il filo del terminale. Anche rispetto a questa tematica ci teniamo a sottolineare che questo discorso non significa che "montature realizzate con piombi sproporzionati non cattureranno mai carpe", non ci stancheremo mai di ripetere che la finalità di questo scritto e di tutte le nostre prove e metterci e mettervi nelle condizioni ottimali perché non si verifichino situazioni "spiacevoli". 
Intendiamo soffermarci in maniera particolare su questo piccolissimo ma indispensabile accessorio. Dalla trattazione fatta si evince che la distanza amo/boilies è una delle variabili più importanti di tutti i nostri montaggi. Da essa dipendono moltissime considerazioni fatte e pertanto essa è imprescindibile praticamente in tutte le nostre montature. Di fronte a questa evidenza ci siamo trovati “costretti” a cercare una soluzione che ci permettesse di mantenere sempre costante questa distanza anche dopo innumerevoli ore di pesce. Come tutti sappiamo la maggior parte delle esche, siano esse affondanti o pop up, tendono a “gonfiarsi” durante la loro permanenza in acqua e il problema che ci si presentava era che queste esche non si avvicinassero all’amo anche dopo molte ore di immersione. Il piattello serve proprio a questo: trovando un impedimento meccanico (il piattello appunto) la nostra esca si gonfierà in altra direzione (tenderà solitamente ad “inglobare" l’Hairstop), così facendo la distanza amo/boilies rimarrà sempre costante assicurandoci in ogni momento la miglior presentazione possibile. 
Particolare del piattello inserito e fissato lungo l'hair del nostro terminale | 
Particolare dell'impedimento meccanico dato da questo piccolo accessorio |
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