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Art Island (Andrea Dipre') | |||||||||
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Questa isola, è nata per offrire uno spazio esclusivamente dedicato all'arte , di qualsiasi genere e di qualsiasi tipo. E' per me un piacere poter ospitare in questa isola Andrea Dipre', un competentissimo critico d'arte : sarà lui il principale animatore di questa pagina.
Direi di iniziare questa nuova pagina che , sono convinto, darà un tocco di cultura a questo sito , con delle brevi note introduttive riguardanti Andrea : Andrea Diprè, nato a Tione di Trento nel 1974, vive a Firenze. Brillante critico e competente storico dell'arte, è profondo conoscitore dell'arte e della cultura fiorentine. Studia con particolare interesse le vicende del mercato e del collezionismo in età moderna e contemporanea.Il mondo delle mostre, delle aste e degli antiquari è uno dei più misteriosi e remoti per chi, amatore o semplice curioso, voglia avvicinarsi, attratto dalle opere d'arte non meno che dal luccichio del set e dell'oro (e certo non quello usato per il fondo delle tavole trecentesche...). Il fascino che esercitano i mestieri legati al mondo dell'arte è in questa miscela diabolica di bellezza, fasto e guadagno. Ma l'amatore (a non dire del curioso) si troverà a malpartito nella sua ricerca di testimonianze e spiegazioni convincenti sui meccanismi che regolano questo ultimo eldorado dell'avventura elegante. Dopo anni di frequentazione, raccoglierà qualche aneddoto di terza mano, ma non avrà che una sbiadita impressione di un mondo a cui gli scandali sempre più ricorrenti (falsi clamorosi, furti nei musei, acquisti incauti non solo di privati cittadini) e i risultati delle aste conferiscono l'aura del leggendario.Andrea Diprè, critico d'arte disincantato e coinvolto, nelle sue partecipazioni televisive, registra i passaggi più cruciali e significativi del "canto delle sirene" (antiquari, astatori, organizzatori di mostre, editori e conoisseur) così come lo ha ascoltato in anni di frequentazione di aste e mostre in tutto il mondo, di pellegrinaggio devoto ai tanti musei anche minori di questo nostro paese sempre più sconosciuto o alle cattedrali del collezionismo, dove accanto ai capolavori figurano alcuni dei più strepitosi falsi mai usciti dalle mani dei grandi artisti della beffa. Ospitare gli interventi di Andrea ( un amico) sempre interessanti e dotti è per me un piacere.
Nel momento in cui un’opera d’arte diventa
merce e entra nella modalità del mercato le viene assegnato un valore (di
scambio appunto): può entrare e uscire dalla proprietà attraverso questa
variabile.
Una
nuova visualità strutturata Una civiltà si gloria quando non vuole revocare come
precarie le offerte che le vengono dalle energie e dagli strumenti che
essa stessa produce nel suo evolversi. Il suo merito resterà affidato
proprio alla capacità che avrà dimostrato nel saper unificare quegli
elementi sul piano pratico e sul piano spirituale: meglio ancora, dirò,
nell’improntare del medesimo spirito ogni e qualsiasi sua estrinsecazione.
Non esiste perciò una morte dell’arte: esiste la morte di un concetto che
schematizza l’arte in qualcosa di determinato in forme ed apparizioni
sempre simili. Del resto l’arte è così difficile da definire proprio per
il fatto semplicissimo che essa si presenta in aspetti e conformazioni
ogni volta diversi. Quando si osserva una modesta ciotola cretese oppure
una complessa cattedrale gotica oppure un sereno Raffaello oppure una
ieratica danza indonesiana (e gli esempi potrebbero continuare numerosi)
si dice che sono “belli”, il che vuol dire, nell’accezione comune, che
rispondono ai requisiti dell’arte. Così chiunque può dare a se stesso la
dimostrazione che i limiti della facoltà artistica sono oltremodo
imprecisabili, e che egli stesso finisce, inconsapevolmente e per via
empirica, per dare un unico attributo a creazioni formali nettamente
distinte e, quasi, inconciliabili. Se ne potrebbe concludere che il
termine “arte” appare alla lunga così tanto indeterminato da non poter
pretendere di essere misura immodificabile come il metro
In platino conservato a
Sèvres. Non v’è dubbio che la civiltà in cui viviamo sta avviandosi
verso un modo di esistenza dove l’individuo dovrà valere soltanto in
quanto contributore della collettività sociale, nel senso che la virtù,
anche l’eroismo del singolo (sempre insostituibile e quindi magnificabile)
hanno da innestarsi in una totalità di coscienza senza alcun privilegio.
Ed è del pari sicuro che le nostre conoscenze modificano completamente il
nostro rapporto con il mondo, provocando nuove possibilità di visione e
nuove modalità linguistiche. Sta verificandosi cioè uno spostamento del
rapporto soggetto-oggetto, che equivale allo istituirsi di nuovi valori
umani e di nuovi valori estetici. Più che affrontarsi, mondo e persona
vanno gradatamente recuperando una piattaforma d’intesa ovvero di
interazione. Lo spazio del mondo sta assumendo via via dimensioni finora
sconosciute. Nessuno oggi si illude di risolvere il mistero dell’universo,
gli basta conoscere i probabili modi che esso ha per configurarsi: e
quando si dice probabilità si pone l’accento su un grado di conoscenza che
è in uguale parte razionale e
immaginativa. Nella presente congiuntura storico-culturale sono questi gli
elementi che, penetrati nella vita dello spirito, costituiscono il
fondamento dell’operato dell’uomo, e della sua ricerca di accrescimenti
provenienti dalle sollecitazioni estetiche. Non si tratta di una poetica
di intolleranza e di una schematizzazione qualsiasi; si tratta invece di
una aspirazione a rifarsi a parole elementari, liberate da ogni
precarietà, con le quali darsi a postulare una sintesi tecnico-umanistica.
Poiché il processo meccanico non è una minaccia fino a quando non se ne
rifiuta l’esperienza. Altre volte nella storia delle civiltà gli ordini
scientifici sono stati metamorfosizzati in eventi estetici. Le leggi del
numero sono presenti così nella musica come nella poesia e
nell’architettura; quelle della fisica ancora nell’architettura e poi
nella danza, nello spettacolo scenico; quelle della chimica nella
composizione di colori, e così via. Si pensi al peso che ebbero nelle
creazioni artistiche la prospettiva, la “divina proporzione”, la “sezione
aurea”: ed erano termini di discipline scientifiche che avevano relazione
diretta con tutta una particolare visione del mondo. Questa visione e
questo rapporto sono oggi mutati ed altre norme scientifiche ne regolano
le misure, fino a localizzare un nuovo momento dell’edificazione della
civiltà. Potrà sempre accadere che la quantità si converta in
qualità.
Il nuovo e atteso intervento di Andrea. Nel momento in cui un´opera d´arte diventa merce e entra nella modalità del mercato le viene assegnato un valore (di scambio appunto): può entrare e uscire dalla proprietà attraverso questa variabile. E il mercato fa il mercato, come è noto ha
riassorbito ecumenicamente ogni critica trasformandola in valore
autocritico, quindi letteralmente in patrimonio. Ogni provocazione è stata
depotenziata da ogni ipotetica carica eversiva e accolta come un figliol
prodigo dalla più matura forma di
sincretismo. Nell´attualità tutto può convivere visto che
tutto è parificato dall´essenza costitutiva di ogni merce: il suo
simulacro, il suo valore economico. Siamo più che mai nella direzione eroica che Baudelaire voleva dare per mezzo dell´arte all´universo della merce, non facciamo ormai altro che dare al mondo quale è una piega sentimentale ed estetica, la stessa che Baudelaire rimproverava alla pubblicità. Ed è proprio quello che è diventata l´arte in gran parte: una protesi pubblicitaria. L´arte sarà protesi integrale di un mondo da cui la magia delle forme e delle apparenze sarà scomparsa. Ecco a voi il nuovo intervento 2008 di Andrea : io mediterei molto sopra alle sue parole.. EXTRATERRESTRI Talvolta mi
chiedo che fine abbia fatto la pretesa umana di colonizzare l’universo o
che fine abbia fatto la corsa nello spazio, visto che gli astronauti
ancora in circolazione sono quasi esclusivamente i protagonisti di una
vecchia serie televisiva che non si decide a mandarli in pensione nemmeno
da eroi. Eppure, dopo la sbarco sulla luna, che elargì le prime e forse
ultime emozioni dell’era spaziale, sembrava che il mondo non aspettasse
altro che spartirsi tutto ciò che c’era ancora da visitare, da Marte a
Giove, passando, eventualmente per Nettuno , Urano e
Plutone. Pareva che fossimo tutti smaniosi non solo di trasferire
nella galassia il messaggio di civiltà della popolazione terrestre ma
soprattutto di fare conoscenza con i nuovi anche se improbabili inquilini
di un universo ancora inesplorato. Il mondo, insomma, il nostro mondo, non
solo riteneva di avere ormai scoperto tutto di se stesso ma si considerava
in grado di assumersi la responsabilità persino di impartire qualche
lezione agli alieni. Poi gli entusiasmi si sono andati calmando, si sono
ridotti i fondi per questo genere di imprese e nemmeno i bambini delle
ultime generazioni sembrano disposti a impegnare i loro sogni per
ripromettersi di diventare astronauti. Sicuramente ci saranno delle
spiegazioni utili a spiegare il fenomeno ma per quanto mi riguarda mi
piace pensare all’ipotesi di una inaspettata presa di coscienza che
potrebbe averci indotto a rallentare la nostra corsa nello spazio. Mi
piace pensare che il mondo, il nostro mondo, all’improvviso abbia
cominciato a rendersi conto di alcune modeste verità. Innanzitutto che
forse non siamo ancora pronti a confrontare la nostra civiltà, con quella
di altre entità spaziali che potrebbero essere molto più avanti di noi,
senza rischiare di perdere comunque la faccia. In secondo luogo potremmo
aver capito che prima di andare in visita in casa d’altri dovremmo
cominciare a mettere un po’ d’ordine nella nostra , cercando di
raggiungere una coscienza, in qualche modo presentabile, del nostro essere
umani. E infine potremmo aver capito, ma non ne sono del tutto certo, che
non ha senso andare su Giove per cercare mondi estranei. Gli alieni sono
ancora tra noi.
EXTRATERRESTRI Talvolta mi
chiedo che fine abbia fatto la pretesa umana di colonizzare l’universo o
che fine abbia fatto la corsa nello spazio, visto che gli astronauti
ancora in circolazione sono quasi esclusivamente i protagonisti di una
vecchia serie televisiva che non si decide a mandarli in pensione nemmeno
da eroi. Eppure, dopo la sbarco sulla luna, che elargì le prime e forse
ultime emozioni dell’era spaziale, sembrava che il mondo non aspettasse
altro che spartirsi tutto ciò che c’era ancora da visitare, da Marte a
Giove, passando, eventualmente per Nettuno , Urano e
Plutone. Pareva che fossimo tutti smaniosi non solo di trasferire
nella galassia il messaggio di civiltà della popolazione terrestre ma
soprattutto di fare conoscenza con i nuovi anche se improbabili inquilini
di un universo ancora inesplorato. Il mondo, insomma, il nostro mondo, non
solo riteneva di avere ormai scoperto tutto di se stesso ma si considerava
in grado di assumersi la responsabilità persino di impartire qualche
lezione agli alieni. Poi gli entusiasmi si sono andati calmando, si sono
ridotti i fondi per questo genere di imprese e nemmeno i bambini delle
ultime generazioni sembrano disposti a impegnare i loro sogni per
ripromettersi di diventare astronauti. Sicuramente ci saranno delle
spiegazioni utili a spiegare il fenomeno ma per quanto mi riguarda mi
piace pensare all’ipotesi di una inaspettata presa di coscienza che
potrebbe averci indotto a rallentare la nostra corsa nello spazio. Mi
piace pensare che il mondo, il nostro mondo, all’improvviso abbia
cominciato a rendersi conto di alcune modeste verità. Innanzitutto che
forse non siamo ancora pronti a confrontare la nostra civiltà, con quella
di altre entità spaziali che potrebbero essere molto più avanti di noi,
senza rischiare di perdere comunque la faccia. In secondo luogo potremmo
aver capito che prima di andare in visita in casa d’altri dovremmo
cominciare a mettere un po’ d’ordine nella nostra , cercando di
raggiungere una coscienza, in qualche modo presentabile, del nostro essere
umani. E infine potremmo aver capito, ma non ne sono del tutto certo, che
non ha senso andare su Giove per cercare mondi estranei. Gli alieni sono
ancora tra noi. L'IMPORTANZA DI AVERE SENTIMENTO La ricerca della verità non è l'ansia di tutti gli uomini. Molti preferiscono l'ipocrisia. Così mi accorgo di rischiare, talvolta, di farmi danno perchè non sono capace di finzioni e di calcoli. E' vero che è sempre opportuna una buona dose di prudenza. Ma la prudenza è una virtù che serve anche ai migliori combattenti e non ha niente a che fare con un vantaggio personale. In realtà, per le grandi imprese, occorre una virtù sovrumana che spazzi via gli opportunismi. Occorre inseguire un sogno. Ecco perchè alcuni uomini diventano più grandi. Molti uomini importanti costruiscono solide carriere perchè essi, ben lungi dall'egoismo, hanno un amore profondo per l'utile, diciamo così, universale e al di sopra delle persone; in altre parole una sincera reverenza per tutto ciò su cui si costruisce il proprio vantaggio. Nulla di male, in questa posizione, per così dire, borghese. Ma non è dell'uomo verso l'eroe, quanto dell'uomo verso il cane. Anche un cane di razza, infatti, si cerca un posto sotto la tavola, insensibile ai calci non per bassezza canina ma per affetto e fedeltà, e appunto i freddi calcolatori non hanno nella vita la metà del successo conseguito invece dagli spiriti felicemente equilibrati, che nutrono sentimenti veri e profondi per le persone e le condizioni capaci di portare loro vantaggio.
Andrea Diprè
Piacevolissima sorpresa in esclusiva : una bella intervista ad Andrea
E' per me un
piacere incontrarmi con il critico d'arte Andrea Dipre'. Ti ringrazio
della cortesia e direi di iniziare l'intervista.
Andrea : Grazie a te, Ellery, e complimenti per la tua attività di promozione culturale e artistica on-line!
Per questo inizio anno 2007 Andrea ci regala questa riflessione, fresca fresca. IL PREZZO DELLA SINCERITA'
IL TEMPO ( il nuovo intervento di Andrea) Il tempo che passa e turba l'uomo perché lo avvicina al momento supremo della vita, quando da questa si congeda, passa per tutti. Per alcuni passa meglio; per altri, peggio; ai primi dà più gioie; ai secondi, più dolori. Perché? Non me lo si chieda. E non lo si chieda a nessuno perché nessuno sarà in grado di rispondere, anche se presuntuosamente se ne attribuirà i titoli. Tutto, tutto è un mistero, e quello del tempo, incommensurabile clessidra dell'eternità , è forse il più fitto. Squarciarne i veli è impossibile perché il Creatore (lo si chiami Dio, architetto dell'universo, grande orologiaio) non ce ne ha fornito gli strumenti. Viviamo nell'ignoranza, almeno di fronte a questi grandi interrogativi, ma è inutile ribellarsi perchè resteranno sempre tali. Io non so, come non sa nessuno, da dove veniamo e perchè. Veniamo da un altro mondo, abbiamo alle spalle altre esistenze ed esperienze, abbiamo vissuto un altro tempo? Se sì, dove e quando l'abbiamo vissuto , e come ? Belle domande , ma anche queste, senza risposa. Non ci arrovelliamo più di tanto, cerchiamo di vivere al meglio quello che ci resta da vivere, il tempo che ci è stato concesso. Non sprechiamolo , facciamone un uso oculato e sapiente. Quello perduto non lo ritroveremo più, e nessun potrà restituirci ciò che ci ha tolto con attese troppo lunghe o con inutili chiacchiere. Consegniamo il passato agli archivi, ma questi consultiamoli spesso. Accantoniamo, se ci riusciamo, i brutti ricordi e conserviamo quelli belli. Guardiamoci indietro, ma non crogioliamoci in ciò che è stato. Trascuriamo il caduco, che nulla può insegnarci e a niente può giovarci, e monetizziamo spiritualmente tutto ciò che ha lasciato in noi un benefico segno, facendoci capire molte cose e plasmandoci. Ogni tanto mi capita, ma vorrei che mi capitasse più spesso, di guardare il cielo, di assistere a un'alba, a un tramonto, di affacciarmi alla finestra, di passare davanti a una chiesa o a un palazzo di cui in qualche occasione varcai la soglia. In quei momenti, dalla mia memoria può emergere un ricordo, anche remoto. Il ricordo di un incontro, di una visita, di una pausa di raccoglimento, di una folla o di una persona che in qualche modo mi colpirono. Perché questo ricordo risuscita, senza che io lo abbia sollecitato? Perché porta con sé emozioni e sensazioni, che fanno ormai parte di me, ma che senza uno stimolo visivo o acustico resterebbero nell'inconscio? Rivivere queste e quelle non è solo un ritorno al passato: è anche il recupero, effimero, ma coinvolgente, e talvolta struggente, di momenti felici o, comunque, importanti. Dico anch'io "sembra ieri", e un po' cedo alla malinconia, ma senza farmi irretire dai rimpianti, che ne sono gli sterili aculei. Viviamo dunque la nostra età e guardiamo avanti. E nel nostro animo scaviamo una piccola nicchia per quei ricordi che tutti dovrebbero gelosamente custodire e, nel momento del bisogno, riportare alla luce del sentimento. Questa è una piccola riflessione di ANDREA : leggete e meditate. QUANDO DAVIDE FUGGE DAVANTI A GOLIA In tutte le vicende umane, nelle grandi imprese come nelle piccole, gli uomini si riconoscono perché mantengono fede agli impegni, anche nei momenti difficili. L'impegno non è verso chi ha il potere o chi ci chiede di fare qualcosa per lui, in un rapporto di lavoro che può essere stabilito da contratti come può essere messo in discussione da dilettantismi; l'impegno è con il proprio spirito e con i propri compagni di avventura. Si può combattere contro il mondo, si può vivere nella dimensione eroica di Davide contro Golia: si deve rischiare e vincere. Ma un Davide che scappa alla vista di Golia non esiste: non è Davide. Ci ha fatto credere di esserlo; e adesso siamo a combattere al suo posto. Ciò che deve guidare le azioni di un uomo è la certezza che, con l'ingegno o l'astuzia, con la fortuna o la virtù, egli arriverà dove ha deciso. Non ci sono difficoltà pratiche, disagi che possano impedire a un uomo, attraverso la volontà, di far arrivare il proprio spirito oltre ogni ostacolo. In questa incoscienza si riconosce l'uomo che mette in gioco tutto non chiedendo nulla. Purtroppo accade talvolta che, non i pusillanimi, ma gli eroi si ritraggano. Ed è allora che il mondo cade. Ecco a tutti quanti voi, un'interessantima e fresca riflessione di Andrea : IL TIMER DELLA NOIA Ognuno di noi, in rapporto con gli altri, ha una autonomia di tempo, una durata oltre la quale la sua tensione inizia a calare.Il problema è dunque sapersi allontanare prima che il nostro tempo si consumi, e mai sovraesporsi.La maggior parte degli esseri umani non supera i quaranta minuti, oltre i quali inizia a ripetersi. È come se tutta la vita, la somma delle nostre esperienze, la nostra spiritualità (ciò che Aristotele chiamava entelechia), potessero essere contenute, con sintesi e raccordi, in una misura temporale tanto più quanto più la nostra vita è ricca di umanità. Avviene in tal modo che molti non abbiano maturato né una qualità tale da porsi come modello, né una quantità di vicende tali da accendere una curiosità. Incontriamo così persone gentili, attraenti che, dopo un po´ ci annoiano o, meglio, non hanno più niente da dirci, scade il loro tempo e diventano trasparenti. Oltre il loro corpo vediamo, o desideriamo vedere, altri di cui ancora non sappiamo la durata relativa.Per cui non si può escludere che chi, rispetto a una persona ha una durata di due ore, rispetto a un´altra ce l´abbia di quattro, a seconda delle affinità e dei limiti reciproci.Questo vale per tutti i rapporti umani, ed è evidente che è meglio vedersi quaranta minuti alla settimana che non soffocarsi di noia per non vedersi mai più. Ecco a tutti quanti voi un'altra stupenda riflessione di Andrea : L'ARTE VA GODUTA NON FRUITA Questa è la nuova riflessione di Andrea....fresca fresca: buona lettura. LE PROVATE DEVASTAZIONI DEI PRESUNTI RESTAURI Ognuno di noi ha una predilezione per alcuni luoghi, dove più volentieri ritorna e dei quali gli è caro il destino; soffre per imbarbarimenti, contaminazioni, alterazioni che corrompano la memoria che di quei luoghi egli dentro di sé conserva. Ciò avviene facilmente nei paesi appartati, piccole cittadine, angoli pittoreschi, disseminati ovunque in Italia e ovunque minacciati. E più ancora chi non vorrebbe preservare dall'orribile inquinamento estetico un angolo poco lontano da casa sua che da un anno all'altro rischia di essere mutato? Pensate al rischio della pavimentazione sbagliata in una strada o in una casa o in una chiesa; dell'intonaco sbagliato, di un'illuminazione sbagliata o dell'alterazione della luce di finestre, della profusione di alluminio anodizzato; o delle trasformazioni per "riadattamento". Ahimé, l'Italia del dopoguerra è stata devastata orribilmente e irreparabilmente in ogni suo punto, tanto che si grida al miracolo quando in un borgo abbandonato la povertà e perfino la distruzione hanno tenuto lontano figure sinistre come "il recupero", "la ristrutturazione" e il restauro in stile, sempre presunto, delle soprintendenze. I GIOIELLI RESUSCITATI ( la nuova riflessione di Andrea) Qualche giorno fa un amico ricco e sofisticato, che ha lungamente fatto il mercante d'arte, arrivò a casa mia con un "tesoro" di gioielli romani e bizantini acquistati in un'asta a Londra. Deciso alla conquista di una bella donna che era con me mentre sistemavo carte e documenti, il nostro organizzò una estemporanea esposizione di anelli, orecchini, spille, in un clima di forte suggestione e quasi di sfida, invitando la giovane donna a scegliere uno di quei gioielli. Ho pensato, in quel momento, che quell'oggetto perfetto proveniva dal mondo dei morti e che era stato destinato a una persona di cui si era persa, nei secoli, la memoria. La nostra civiltà è una civiltà che rimuove la morte. Oggi traiamo il massimo godimento dalla visione di ori e di gioielli, ornamenti recuperati in necropoli, miracolosamente scampate alle razzie dei tombaroli, ma non alle perlustrazioni degli archeologi. Il mondo della notte risplende, ancora un attimo. Così la vita si riappropria della morte, come la nostra amica, oggi porta il gioiello destinato ad una donna morta duemila anni fa e della quale non sappiamo più niente. Riflessione Natalizia di Andrea : leggete e meditate.... come sempre. Caro Babbo Natale, ci risiamo. Tra un po' riceverai migliaia
di lettere da bambini di tutto il mondo. Io, bambino d'età non lo sono più
ma ho deciso di scriverti lo stesso. A volte, temo, che tu non sappia come
stiano andando le cose su questa terra. Trascorri un intero anno per
costruire doni per poi distribuirli puntualmente alla vigilia del Santo
Natale. Nasceva Lui. E già sapeva come sarebbe andata a finire. Ma non
avrebbe mai immaginato dove l'uomo sarebbe arrivato. D'accordo, avrebbe
dovuto aspettarselo, data IL NOSTRO DOVERE DAVANTI ALLA STORIA (il nuovo intervento del grande Andrea) Occorre acquistare coscienza politica della straordinaria identità culturale dell'Italia la cui vocazione alla bellezza è un bene primario che non si può consentire di disperdere. I cittadini devono, insieme alla coscienza , avere a nche gli strumenti per garantirsi contro i barbari. Sembra incredibile aver dovuto assistere, e continuare ad assistere , inorriditi alla dispersione sistematica , alla cinica manomissione di beni indisponibili, con la serena distruzione di architetture e di spazi della città e della natura , come se potessimo disporre di un dipinto di Giotto o di una scultura di Michelangelo per graffiarli o amputarli, quando non rifarli dopo averli distrutti. Noi abbiamo un altissimo dovere davanti alla s toria e alle generazioni future . E non possiamo disporre o lasciare disporre di questo patrimonio senza regole certe, che consentano di difendere le città come la natura. È questa la principale questione culturale che richiede misure drastiche al pari delle emergenze sanitarie. L'epidemia dei distruttori della bellezza è contagiosa e, purtroppo, n on è atipica. Sono necessarie garanzie per la salute, in una più alta dimensione spirituale . Perseguendo, in uno, il Bene e il Bello , si deve agire per una riforma non velleitaria della istruzione, stabilendo, in modo ordinato, i principi di formazione alla bellezza, come etica dell'individuo e abito mentale. E dunque, in tempo di pace, sia guerra alla stupidità e a lla mediocrità e a chi distrugge con la leggerezza e con la presunzione di costruire un futuro migliore, senza rispetto per la storia, per la tradizione, per la memoria. Andrea lo potete vedere ogni giovedi' ore 23 su Nuova Rete in un programma chiamato : L'italia di Dipre'. Il programma si ripropone di andare alla (ri)scoperta di tutti queli luoghi grandi o piccoli che siano della nostra bella Italia. Un castello, un borgo, una festa oppure una pieve : la visione di tutti questi luoghi viene affidata ad Andrea che grazie ad una profonda e intima analisi, li seziona...li analizza e li colora di varie sfumature, che vanno dal malinconico all'estatico, dal raggiante al rassegnato. Possibilità anche di valorizzare gli artisti del luogo. Se siete interessati o volete saperne di piu', scrivete a questo indirizzo : modenaeventi1@virgilio.it o telefonate allo 051 739912. Fidatevi del nome di Andrea : una garanzia.(apr 06) L'INEVITABILE AUTODISTRUZIONE L'uomo, con poche, accidentali eccezioni, nasce malvagio (mi dispiace,ancora una volta, per Rousseau) e la società, per tutelarsi dalle sue cattiverie , dai suoi intrighi , dalle sue funeste ambizioni, cerca , nei limiti del possibile, con le leggi e le pene inflitte ai trasgressori , di limitare i danni di comportamenti disonesti e criminali.I buonisti, gente ipocrita e abietta, come i moralisti, mi daranno, tanto per cambiare (ma loro non cambiano mai) , del cinico e del razzista, ma io , dei loro anatemi e delle loro ingiurie, m'infischio e dico fuori dai denti quello che le loro orecchie , intrise di cerume e di melassa , non vorrebbero sentire. Bisogna avere non solo il coraggio delle proprie opinioni e dei propri giudizi, ma anche quello di non tradire la verità, di proclamarla , fino in fondo , ai quattro venti. La vita è una giungla dove trionfa il più forte, il più spregiudicato, il più astuto, spesso il più corrotto. Non sono le colombe, volatori ritenuti , a torto o a ragione , miti , né gli agnelli, assurti a simbolo biblico di bontà , a popolare metaforicamente il pianeta. Ma sono gli squali, le iene, gli avvoltoi, gli sparvieri. Non chiedetemi perché: non lo so. Ma questo mi ha insegnato l'esperienza , la migliore e la più istruttiva delle scuole. La vita , almeno quella che ho vissuto e sto vivendo io, è una battaglia,anzi una guerra su tanti fronti. Una guerra che non finisce mai e , quando finisce , ci annienta precipitandoci per l'eternità, se esiste , nell'oblio. E anche di questo non chiedetemi perché. D'altra parte sono cose che non si capiranno mai : nessuno, per insondabile decreto divino, può saperle. La storia è scritta con il sangue proprio perché l'uomo è malvagio , traviato dalle passioni e fuorviato dalle ambizioni. Se così non fosse, non sarebbe,da quando mise piede sulla terra, dai tempi delle caverne e delle palafitte,in guerra perenne con i propri simili, invidioso del loro rango e avido dei loro beni e dei loro domini. Dacché mondo è mondo c'è chi vuole comandare e chi deve , suo malgrado, ubbidire; chi detta legge e chi, non condividendola ,se ingiusta e discriminatoria , è costretto a piegarvisi. È una realtà dura,spesso feroce, ma è la realtà. La schiavitù dei tempi dello zio Tom non esiste più, ma non sono forse schiavi i bambini che a sette-otto anni lavorano come clandestini, reclutati da moderni negrieri , in imprese o per imprese illegali? Quanto alla tortura , la si pratica ancora in molti Paesi, dove governano satrapi sanguinari e liberticidi , ma anche in Nazioni esportatrici di democrazia un tanto alla libbra.Penso che dovremo inevitabilmente rassegnarci all'autodistruzione. Ma a trasformare la terra in un pianeta senza vita non sarà un nuovo diluvio universale (acqua passata). Sarà la nostra malvagità,la nostra avidità,la nostra cecità. Dieci, cento Cernobyl e saremo spacciati. Per sempre. L'IPOCRISIA (riflettete e tanto circa il nuovo intervento di
Andrea) Rare sono le virtù, che impongono alla nostra
coscienza, la più scomoda delle interlocutrici, il più intransigente
rigore. Con la coscienza non si scherza, non si gioca a rimpiattino. Se
cerchiamo d'ingannarla, ci smaschera subito. I rimorsi nascono dalla
coscienza sempre in agguato dentro di noi che ci costringe, spesso nostro
malgrado, a riconoscere i torti fatti e gli errori
commessi. Ora, se c'è un difetto che proprio non ho, ebbene,
quello è l'ipocrisia. Io, quel che penso, lo dico. I rospi li sputo: non
l'ingoio. Non so fingere. E non perché migliore degli altri, ma perché
fingere è per me un terribile sacrificio. La gente raramente è se stessa perché l'ipocrisia
aiuta a vivere. O a vivere meglio. Se non ci fossero in giro tanti
tartufi, il mondo sarebbe una giungla. Immagini se tutti dicessero ciò che
pensano. Immagini se i politici, insuperati maestri di doppiezza, non
s'adeguassero all'aureo motto di Talleyrand, il volpino ministro di
Napoleone, e non solo di Napoleone: «Dio ha dato all'uomo la parola per
meglio nascondere il pensiero». Diceva George Bernard Shaw: «E' pericoloso essere
sinceri, a meno di essere anche stupidi». E rincarava la dose l'altro
grande irlandese, Oscar Wilde: «Un po' di sincerità è pericolosa; molta,
assolutamente fatale». Due paradossi, specialmente il secondo, ma il
paradosso è una verità acrobatica e, come tale, da meditare. Io capisco la
simulazione e la dissimulazione in amore: fa parte del gioco. E le capisco
(un po' meno) in politica. Ma, al di fuori di questa e di quello, la
finzione non la sopporto. Dal momento, però, che in giro ce n'è tanta, ne
deduco che è necessaria. O, comunque, utile. Quindi,
auspicabile. Anche a me capita spesso di tirare le somme della
vita. Ognuno dovrebbe tirarle, e chi non lo fa rende un pessimo servizio a
se stesso. Non sono bilanci facili perché richiedono una spietata lucidità
e un grande coraggio. Ma proprio per questo non andrebbero
elusi. Per tornar all'ipocrisia, la doppia morale nasce da
questo vizio, che diventa tale solo se smascherato. La doppia morale ci
consente d'indossare tante maschere: quindi, di avere e mostrare tanti
volti. Non per illuminare le nostre convinzioni, ma per secondare le
nostre convenienze. Non siamo mai noi stessi, ma quelli che il nostro
"particulare", come diceva Guicciardini, ci consiglia di essere. Se Tizio
ci vuole così, così ci mostriamo. Se Caio ci preferisce cosà, cosà a lui
ci offriamo. Moralmente privi di punti fermi, quindi di saldi principi cui ispirarci e da cui farci guidare, non conosciamo remore. Non avendo un'etica e non sentendone il bisogno, tutto ci può essere chiesto perché tutto siamo disposti a concedere. Non avendo scrupoli, non vediamo, o fingiamo di non vedere, i confini fra ciò che è lecito e ciò che non lo è. Le cause che sposiamo, le sposiamo non perché buone, ma perché giovano alla nostra, fatta più d'interessi che d'ideali. Viviamo nella paura (e alcuni nel terrore) di bruciarci i vascelli alle spalle, di non avere vie di scampo. Molti queste cose non vorrebbero sentirsele dire. Ma io ugualmente gliele dico. E, alla prima occasione, gliele ripeterò. © Copyright 2004. All rights reserved. Contact: ELLERY |