GLI ELOHIM
DELL'ANTICO TESTAMENTO












TI LODERO' DAVANTI AGLI DEI

(SALMO 138,1)





 

GLI ELOHIM DEL VECCHIO TESTAMENTO

 

 

 

 

Nella Sacra Scrittura la parola "dio" (אלחים = ehlojm in ebraico e θεος = theos in greco), oltre che al Padre, è applicata anche:

·        agli angeli (Salmo 8,6 e Salmo 138,1);

·        ai giudici (Salmo 82,6; Giovanni 10,34);

·        ai profeti (Esodo 4,16 e 7,1);

·        ad esseri potenti (1 Samuele 28,13);

·        al Re Messia (Isaia 7,14; Isaia 9,5; Salmo 45,7);

·        a Gesù Cristo (Matteo 1,23; Giovanni 1,1; Giovanni 20,28; Tito 2,13;  Ebrei 1,8; 2 Pietro 1,1; 1 Giovanni 5,20);

·        alla casa di Davide (Zaccaria 12,8);

·        agli idoli (Isaia 41,23);

·        a cosiddetti dei (Galati 4,8);

·        ai falsi dei (1 Corinzi 8,5);

·        ai demoni (2 Corinzi 4,4).

 

Di fatto, il monoteismo ebraico faceva largo uso della parola אלחים "elohim" soprattutto per  designare alcuni esseri potenti come gli angeli della corte celeste (Salmo 138,1). Secondo alcuni ciò sarebbe dovuto al fatto che la lingua ebraica era meno evoluta di quella greca, che la Versione dei Settanta ed il Nuovo Testamento distinsero sempre il termine angelo (αγγελoς) dal termine dio (θεός) (si confrontino ad esempio Salmo 8,5, Salmo 97,7 ed Ebrei 1,6), anche se, a onor del vero, va ricordato che le traduzioni greche di Aquila, Teodozione e Simmaco mantennero sempre θεός, anche quando tradussero l'ebraico "Elohim" riferito alle potenze angeliche.

Secondo altri il monoteismo ebraico avrebbe accettato l'esistenza di dei minori senza cadere nella monolatria; sarebbero stati i cristiani ad adottare forme di monoteismo molto più strette e radicali.
Qualunque cosa si possa pensare delle due tesi sopra ricordate occorre sottolineare che gli "elohim" o "dei minori" del Vecchio Testamento non furono mai e poi mai oggetto di adorazione (Apocalisse 22,8-9), furono creati (Ebrei 1,5) e furono considerati figli di Dio (Giobbe 1,6; Salmo 29,1; Salmo 89,7) solo per adozione. Dio comandò a Mosé di rappresentare due cherubini d'oro sopra l'arca dell'alleanza (Esodo 25,18) proprio perché avevano funzioni decorative e non erano oggetto di  culto (Esodo 20,4).  Sta infatti scritto:

 

·        "Io sono Jahvé, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei di fronte a me" (Esodo 20,2-3);

·        "or  vedete che solo io sono Dio e che non c'è altro dio accanto a me" (Deuteronomio 32,39);

·        "prima di me non fu formato alcun dio e dopo di me non ne sarà formato alcuno" (Isaia 43,10);

·        "sono io Jahvé che ho fatto tutto, che da solo ho spiegato i cieli ed ho disteso la terra, senza che ci fosse alcuno con me" (Isaia 44,24);

·        “Io sono Jahvé e non c’è alcun altro, fuori di me non c’è dio” (Isaia 45,5).

 

Nell'Antico Testamento la presenza di angeli è esclusa quando Dio creò i cieli, mentre gli angeli furono sicuramente presenti alla creazione della terra (Giobbe 38,7). Il Nuovo Testamento parla invece della presenza del Verbo come collaboratore (artefice, strumento, mezzo) alla creazione di Dio (Giovanni 1,3; Ebrei 1,2; Colossesi 1,16; Apocalisse 3,14): se il Verbo non è Dio si cade inevitabilmente nella monolatria. Le forme di omaggio tributate a Gesù Cristo dagli angeli quando fu introdotto nel mondo (Ebrei 1,6), dai magi quando gli portarono i doni (Matteo 2,11), dal cieco nato quando recuperò la vista (Giovanni 9,38), dai discepoli quando apparve risorto in Galilea (Matteo 28,17), dagli apostoli all'ascensione (Luca 24,52), alla destra di Dio dopo il ritorno in cielo (Apocalisse 5,13 e Filippesi 2,10-11) ed alla fine dei tempi nella Nuova Gerusalemme sul trono di Dio e dell'Agnello (Apocalisse 22,1 e 22,3), provocavano non pochi problemi ai giudei convertiti al cristianesimo prima della definizione del dogma della trinità. Gesù Cristo risultava infatti essere l'unico vero figlio di Dio, generato e non creato, di natura divina e non angelica (Filippesi 2,6; Colossesi 2,9; Ebrei 1,5-1,8), onorato come il Padre (Giovanni 5,22-23).

 

Il monoteismo ebraico pur ammettendo l'esistenza di altri "elohim" di natura umana o angelica negava infatti l'esistenza di un "elohim" di natura jahvista: l'accettazione di Gesù Cristo come figlio naturale di Jahvé conduceva inevitabilmente alla monolatria. Poiché Gesù Cristo era  chiamato senza problemi Signore e Dio (Kurios e Theos in greco a cui corrispondono Adonay o Jahvé ed Elohim in ebraico) molti monoteisti (come ad esempio Aquila del Ponto) erano probabilmente scandalizzati[1]. Di fatto nei primi secoli, gli ebrei muovevano ai cristiani accuse:

 

·        di bestemmia, di idolatria e di politeismo (adorazione di due o più dei) se si sosteneva che il Messia Figlio di Dio era Dio come il Padre (Giovanni 10,33);

·        di monolatria (adorazione di un Dio maggiore e culto relativo di un dio minore) se si affermava che il Figlio era un dio minore (Deuteronomio 32,39; Isaia 43,10; Isaia 44,24; Isaia 45,5).

 

In conclusione il monoteismo ebraico, pur ammettendo l'esistenza di esseri potenti di natura angelica o umana, negava con fermezza che questi "elohim":

 

·        fossero di natura jahvista [2];

·        si trovassero con Jahvé alla creazione del mondo;

·        potessero ricevere ogni potere ed essere onorati come Dio;

·        finissero per sedere nei cieli sullo stesso trono del Padre alla fine dei tempi.

 

 



[1] Nei confronti di Gesù Cristo e del culto sono state finora possibili tre posizioni:

·       il monoteismo ebraico, con fede in un solo Dio padre e rifiuto di Gesù Cristo come figlio di Dio;

·       la monolatria (Ario, Socino, Newton, Unitari, Testimoni di Geova) cioè l'adorazione di un Dio grande (il Padre) ed il culto relativo di un dio piccolo (il Figlio); per alcuni Gesù Cristo avrebbe natura divina mentre per altri sarebbe solo una creatura angelica;

·        il trinitarismo cioè la fede in un solo Dio che ha cognome Jahvé e che si è manifestato nelle persone del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

 

[2] Sembra logico pensare che come la carne può essere animale o umana, la natura spirituale (o elohista) possa essere angelica o jahvista: i monolatri e gli antitrinari che pensano che il Figlio abbia la stessa natura del Padre ma minor onore e dignità commettono un errore meno grave degli antitrinitari che attribuiscono al Figlio una natura (umana o angelica) totalmente diversa dal Padre. Nel primo caso Gesù Cristo rimarrebbe figlio naturale di Dio, mentre nel secondo caso Gesù Cristo sarebbe figlio di Dio solo in senso adottivo. Come acutamente osservò un cristiano dell'antichità "se qualcuno dicesse che il figlio [di un ariano] non è come lui ma di natura diversa, il figlio preferirebbe essere diseredato dal padre piuttosto che essere così considerato"  Agostino, Replica al sermone degli ariani, 36.