IN CRISTO ABITA CORPORALMENTE
TUTTA LA PIENEZZA DELLA DIVINITA'












COLOSSESI 2,9





 

 

 

oti en autw katoikei pan to plhrwma ths qeothtoς swmatikwς

perché  in Lui      abita     tutta la    pienezza   della divinità    corporalmente

 

 

 

Il contesto di riferimento

 

In Cristo abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Colossesi 2,9), perché in lui tutta la pienezza si compiacque di abitare (Colossesi 1,19). Nessuno ha mai veduto il Padre (Esodo 33,20; 1 Timoteo 6,16; 1 Giovanni 4,12): è stato proprio il Figlio Unigenito a rivelarlo (Giovanni 1,18 e Giovanni 6,46). Chi ha visto il Figlio ha infatti visto il Padre (Giovanni 14,9), perché il Figlio è nel Padre ed il Padre è nel Figlio (Giovanni 14,11) e i due sono una cosa sola (Giovanni 10,30). L’uomo fu fatto ad immagine e somiglianza di Dio (Genesi 1,26), mentre Gesù Cristo è la vera immagine di Dio nella carne, perché sul volto di Cristo risplende la gloria di Dio (2 Corinzi 4,6) ed in Cristo abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Colossesi 2,9). Tutta l’umanità è quindi chiamata ad essere conforme all’immagine del Figlio di Dio (Romani 8,29). Il Figlio è infatti "icona" cioè immagine nella carne del Dio invisibile (Colossesi 1,15 e 2 Corinzi 4,4). Viene detto irraggiamento, splendore, riflesso o riverbero della gloria del Padre ed è anche descritto come impronta nella carne della sostanza o essenza del Padre stesso (Ebrei 1,3).

 

Grazie a Cristo a tutti i credenti viene prospettata la possibilità di essere ricolmi di tutta la pienezza di Dio (Efesini 3,20), di essere partecipi della natura divina (2 Pietro 1,4) e di essere simili a Dio (1 Giovanni 3,2), affinché Dio sia tutto in tutti (1 Corinzi 15,28). Secondo il pensiero antitrinitario, unitario ed ariano, se Cristo fosse stato davvero Dio come il Padre, non avrebbe avuto senso dire che la pienezza di Dio dimorava in lui, perché, essendo Dio, la pienezza di Dio sarebbe stata una cosa inevitabile. Il fatto che Cristo possa avere avuto la pienezza di Dio dimorante in lui mostrerebbe pertanto che, in realtà, egli che non era il "Vero Dio". Questa obiezione, apparentemente sensata, è però basata su un grave errore: la tesi ortodossa, infatti, non è semplicemente che Cristo è Dio, ma piuttosto che Dio si è compiaciuto di esistere pienamente e corporalmente nell'uomo Gesù Cristo, cioè nella storia e nell'umanità (Colossesi 1,19). Secondo molti studiosi il termine "somatikos" (corporalmente) si riferirebbe poi soprattutto alla glorificazione del corpo di Cristo, nel quale la divinità abita e si manifesta in modo pieno e permanente, soprattutto dopo l'incarnazione, la resurrezione e l'assunzione alla destra di Dio (J. Huby, Epitres de la captivité, Parigi, 1947, pag. 68 e M.J. Lagrange, Les origines du dogme paulinien, Rivista Biblica, 1942, n. 45, pag. 258)

 

La traduzione letterale di qeothtoς  (theotetos) è Divinità. Theotetos è infatti la forma genitiva di qeothς (Theotes) che vuol dire Divinità e deriva dal sostantivo qeoς (Theos) cioè Dio. Per qualità divina il greco usa qeιothς (theiotes) il cui genitivo è qeιothtoς  (theiotetos) che deriva dall'aggettivo qeιoς (theios) cioè divino. Tra natura divina e qualità divina esiste evidentemente qualche differenza, differenza che non dovrebbe essere trascurata soprattutto da coloro che criticano duramente la traduzione di Filippesi 2,6 (che, in molte bibbie moderne, ha sostituito la "forma di Dio" con la "natura divina") La natura è l'essenza e la sostanza, mentre per qualità si intendono gli attributi, le forme esteriori e le apparenze.

 

 

Alcuni termini greci

 

I termini Theotes e Theiotes possono essere considerati solo approssimativamente sinonimi ma Theotes (deità) differisce da Theiotes (divinità) come l’essenza differisce dalla qualità o attributo. Vedasi R. C. Trench, Synonyms of the New Testament, pp. 7-10, London, 1894 e J. H. Thayer, Thayer's Greek-English lexicon of the New Testament, New York , 1887, pag. 288  

 

Si noti che il greco ha il sostantivo θεος (Theos) per Dio e l' aggettivo θειος (theios) per divino. Per la grammatica greca l'articolo non è necessario per definire l'unico Dio (θεος= ο θεος) come mostrano chiaramente alcuni versetti (Giovanni 1,12; Giovanni 1,18; Romani 8,33 e 2 Corinzi 1,3).

 

L'articolo è invece indispensabile davanti a θειος  per trasformare l'aggettivo "divino" nella forma sostantivata "la divinità". A tal proposito vedasi ad esempio 2 Pietro 1,3 e 1,4 dove θειος corrisponde all'aggettivo "divino" e Atti 17,29 dove το θειον corrisponde alla forma sostantivata "la divinità". Evidentemente il fatto che sia possibile sostantivare l'aggettivo θειος (divino) aggiungendo l'articolo non dimostra l'inverso, cioè che sia possibile aggettivare il sostantivo θεος (Dio) togliendo l'articolo.