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Banche "colonizzate": le mani del Nord sul risparmio meridionale
Banca Popolare Pugliese? Si rivolga a Friuladria, prego... di Franco Nocella Chi cerca su Internet il sito della Banca Popolare Pugliese vede comparire sullo schermo questa risposta: "Scusate, ma ci siamo trasferiti all'indirizzo www.friuladria.it". Naturalmente, all'indirizzo della banca friulana non s'è trasferito solo il sito Web o il centralino telefonico, ma tutta la Banca Popolare Pugliese e i relativi quattrini rastrellati fra i risparmiatori della regione meridionale. Un segnale emblematico dei livelli allucinanti cui è giunta la colonizzazione bancaria del Sud, un fenomeno, già latente in passato, che ha assunto un ritmo crescente durante tutti gli anni '90 del secolo scorso per giungere al disastro attuale, accettato supinamente da tutta la classe dirigente meridionale: istituzioni, partiti, imprenditoria, sindacati e mondo della cultura Qualche esempio, per capire come, in effetti, stanno le cose. Se un risparmiatore abruzzese cerca, mettiamo il caso, un contatto con la Banca Popolare di Lanciano e Sulmona, deve prendere atto che quell'istituto di credito locale altro non è che la propagine territoriale di quello che oggi si chiama Gruppo Banca Popolare dell'Emilia Romagna. Esattamente lo stesso discorso vale per le altre banche meridionali finite nelle amorevoli braccia del gruppo emiliano romagnolo: Banca Popolare dell'Irpinia, Banca Popolare di Salerno, Banca Popolare di Crotone, Banca Popolare del Materano, Banca del Monte di Foggia e Cassa di Risparmio della Provincia dell'Aquila. La colonizzazione bancaria, non contrastata da nessuno, ha mietuto una vittima dopo l'altra fino ad assediare e conquistare (caduti nella rete della CARIPLO le Casse di Risparmio della Puglia e della Calabria), persino i santuari storici del credito meridionali: il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia, che già erano stati saccheggiati dopo l'arrivo di Garibaldi, un secolo e mezzo fa. Si sono distinti nell'arrembaggio a credito meridionale diversi istituti bancari di Padania e dintorni. La Banca Popolare di Lodi, per esempio, ha posto in essere una "accorta politica di acquisizioni" - loro la chiamano così... - che le ha permesso di aggiudicarsi una bella fetta dei risparmi di Molise, Lucania e Sicilia. Il Credito Emiliano si è dato da fare, con ottimi risultati per i suoi bilanci, in Campania, Puglia e Sicilia. La Banca di Bergamo ha mietuto sportelli in Campania. La CARIPLO ha allargato la sua sfera di influenza in Abruzzo, Campania e Puglia: in quest'ultima regione, con molto meno di 2000 miliardi di vecchie lire, il gruppo lombardo si è assicurato tutti i 327 sportelli della vecchia Caripuglia, oggi inglobata nella CARIME. A invasione avvenuta, si contano sul campo i morti e i feriti. Un dato per tutti. Oggi come oggi, in Campania, il 63% degli sportelli bancari è controllato da quattro grandi gruppi del Centro-Nord: Sanpaolo IMI, BNL, Monte dei Paschi di Siena, Itesa BCI. Un'altra sostanziosa fetta di sportelli campani è stata conquistata da gruppi centro-settentrionali di minori dimensioni ma di eguale piglio colonialista. Non sempre la colonizzazione si è manifestata nelle stesse forme. In alcuni casi, gli invasori padani hanno lasciato sopravvivere - quasi come se si trattasse di lugubri fantasmi - le vecchie denominazioni delle banche meridionali, ritenendo in questo modo di facilitare la raccolta del risparmio. In altri casi, le vecchie banche sono state semplicemente cancellate e i loro sportelli inglobati negli istituti di credito del Nord, esattamente come fece il famelico Piemonte sabaudo con l'antico Regno delle Due Sicilie. Alla fine degli anni '90, su un quotidiano napoletano apparve una inserzione pubblicitaria che occupava un'intera pagina. Eccone il testo integrale: "BPN+26. Da oggi i 26 sportelli della Banca Sannitica sono della Banca Popolare di Novara. Una banca ancora più grande al servizio della Campania". Firmato: "Banca Popolare di Novara. Da oggi più 'popolare'". Il generale piemontese Cialdini, all'indomani dell'incendio di Pontelandolfo e Casalduni (1861), avrebbe usato, forse, termini meno duri nel vergare un bollettino della vittoria. Nella relazione annuale letta all'assemblea generale della Banca d'Italia nel 1994 si leggeva: "E' aumentata nel Mezzogiorno la presenza di banche provenienti da altre regioni, fino a raggiungere il 40% degli sportelli". Oggi dopo 8 anni di cedimenti e arretramenti da parte degli "ascari" coloniali al potere nel Sud e dopo la ignominiosa capitolazione del Banco di Napoli, "salvato" dall'IMI S.Paolo di Torino, gli sportelli bancari controllati da istituti del Centro Nord sono l'85%. Nel 1995, il direttore generale della Banca d'Italia, Vincenzo Desario, nella sua relazione, affermava: "L'acquisto di partecipazioni nel capitale di banche meridionali ha quasi sempre condotto all'acquisizione del controllo. Ne è derivata una significativa modifica della morfologia del sistema creditizio del Mezzogiorno: sono state interessate 27 aziende, fra cui 2 delle più importanti banche regionali. L'incidenza complessiva dei volumi intermediati dalle banche assorbite sul totale dell'intera area geografica è pari al 22% (11,3%, al netto delle 2 citate banche regionali). Diverso appare il caso delle iniziative territorialmente eterogenee che interessano il Nord e il Centro". Chiaro? L'allarme era stato dato da tempo e la classe dirigente meridionale (trasformista e opportunista per antonomasia, come denunciava già ai suoi tempi Guido Dorso) è stata a guardare e spesso ha collaborato apertamente con gli invasori. Lo ha fatto tutte le volte in cui ha accettato (o, addirittura, ha fatto propria) la tesi ipocrita e spudorata secondo cui le banche del Nord avrebbero "salvato" il credito meridionale dal collasso. I dati forniti, in tempi non sospetti, dalla Banca d'Italia dimostrano in modo inoppugnabile il contrario: gli interventi di acquisizione realizzati nel Sud hanno mirato al "controllo" e si sono differenziati da analoghi interventi, territorialmente eterogenei, realizzati al Centro e al Nord. Ora, con il sistema creditizio meridionale letteralmente massacrato, la Consulta per il Sud pone, innanzitutto a sè stessa, ma anche ai soggetti istituzionali, politici e sociali del Sud, il problema del che fare. Quella che si impone è un'opera di ricostruzione. Senza il controllo del proprio risparmio il Mezzogiorno non potrà mai risorgere. Il primo obiettivo che la Consulta individua è quello di fotografare la situazione reale. La tabella pubblicata in questa pagina Web verrà aggiornata con tutti gli ulteriori dati che saranno raccolti. E' necessario individuare tutte le banche meridionali, finora, sfuggite alla falcidia della colonizzazione. Poi, bisognerà fare quadrato attorno a queste, concentrando su tali istituti la massima parte possibile del risparmio meridionale. Gli istituti bancari dovranno essere preferiti o penalizzati secondo la rispondenza della loro proprietà e della loro politica agli interessi del Sud. "Il Denaro quotidiano" 23 luglio 2002 Colonizzazione bancaria: la CARIME si traveste da... "Banca Rete Sud" La CARIME (o Cassa di Risparmio Meridionale) cambia nome e diventa Banca Rete Sud: il processo di colonizzazione bancaria e di mimetizzazione delle banche del Nord interessate a controllare il risparmio meridionale continua. La CARIME era il nome con cui la Cassa di Risparmio delle Province Lombarde (CARIPLO) aveva organizzato l'ex Cassa di Risparmio della Calabria (CARICAL) e la Cassa di Risparmio della PugliA (CARIPUGLIA) di cui aveva ottenuto il controllo. Ora la CARIME verrà incorporata nella finanziaria Bpci Fin, che già ne detiene il 75% e assumerà il nome di Banca Rete Sud. "Quello che lascia senza parole", ha dichiarato il presidente della Feder Mediterraneo, Franco Nocella, "è il silenzio con cui l'intera classe dirigente meridionale, meridionalisti compresi, sta accettando il processo in atto". La
Feder Mediterraneo ai Comuni: "Togliete al Banco di... Torino i servizi di
tesoreria" “Egregio Signor Sindaco, La preghiamo di voler
predisporre a stretto giro tutti gli atti necessari a trasferire i servizi di
tesoreria del Suo Comune dal Banco di Napoli a un altro istituto di credito, che
La invitiamo a scegliere fra quel 15% di banche del Mezzogiorno che non sono
(ancora) finite sotto il controllo di istituti di credito del Nord o fra una
delle 138 banche di credito cooperativo operanti nelle regioni meridionali che,
per statuto, devono reinvestire il risparmio nel territorio dove è stato
raccolto”. Così comincia la lettera che la Feder Mediterraneo, organizzazione
indipendente non governativa che opera in sintonia con l’Unione Europea e il
Consiglio d’Europa, ha indirizzato ieri a tutti i 550 sindaci della Campania.
E’ firmata dal giornalista Franco Nocella, presidente della federazione, e
costituisce una esplicita dichiarazione di guerra contro la “colonizzazione
bancaria” che, in un decennio, ha letteralmente massacrato quasi per intero il
sistema creditizio del Mezzogiorno.
La
risposta data da Rainer Masera, numero uno dell’IMI San Paolo di Torino, al
presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, è stata giudicata
“interlocutoria e insoddisfacente”. In effetti, il presidente del gruppo
torinese non ha affatto smentito l’intenzione di cancellare persino il nome
del Banco di Napoli, assorbendolo (o, trattandosi di piemontesi,
“annettendolo” come fu fatto nel 1860 con il Regno delle Due Sicilie) nel
gruppo IMI San Paolo. Anzi, ha confermato che “l’iniziativa è allo studio
degli uffici”. Di fronte a questa implicita conferma, la Feder Mediterraneo ha
preso la palla in balzo ed ha rilanciato quella che lo stesso sottosegretario
all’economia Gianfranco Maccichè, intervenendo il 16 luglio alla
presentazione del rapporto Svimez 2002 sullo stato dell’economia del
Mezzogiorno, aveva indicato come una possibilità tutt’altro che campata in
aria: “Tagliare il servizio di tesoreria in tutti i Comuni, nelle Province e
nelle stesse Regioni che, fino a oggi, si sono affidate al Banco di Napoli,
potrebbe essere il primo, concreto atto di legittima difesa che il Mezzogiorno
pone in essere per tutelare quel che resta del proprio sistema creditizio”.
Come
ha ricordato Gustavo Minervini, già deputato della Sinistra indipendente e
presidente dell’Istituto Banco di Napoli, quando si trattò l’acquisto del
100% delle azioni del più antico istituto di credito del Mezzogiorno da parte
dell’IMI San Paolo di Torino nessuno sollevò obiezioni: “Né il
centro-sinistra, né il centro-destra, né – tanto meno - la Lega Nord”.
“La
classe dirigente meridionale”, ha dichiarato il presidente della Feder
Mediterraneo, Franco Nocella, “ha sottovalutato molto gravemente il fenomeno
della colonizzazione bancaria del Sud, che noi denunciamo dai primi anni ’90,
e neppure oggi sembra aver ancora aperto completamente gli occhi: ma, non è più
possibile aspettare. E’ arrivato il momento di passare dalle parole ai fatti e
il trasferimento dei servizi di tesoreria potrà essere il primo segnale di un
discorso completamente uovo”. “Sappiamo
bene che ci sono interessi in gioco, per cui non tutti i Comuni potrebbero
rispondere all’appello”, ha messo le mani avanti Nocella, “ma anche se 20,
10, 5 o anche un solo Comune accetterà di fare questo passo, si tratterà di un
gesto clamoroso che servirà a dare l’esempio. A questo punto, scatterà lo
‘sciopero dei conti correnti’. Un popolo consapevole dei propri interessi,
dei propri diritti e dei propri doveri verso le generazioni presenti e future ha
una sola possibilità di fronte a una invasione: tagliare l’erba sotto i piedi
del nemico e far trovare agli invasori terra bruciata”.
Migliaia di firme contro lo scioglimento del Banco di Napoli nel San Paolo Torino
Petizione popolare contro
la ventilata incorporazione del Banco di Napoli nell’IMI San Paolo di Torino,
che già ne controlla il 100% delle azioni: in una sola mattinata sono state già
raccolte le prime 2000 firme. A promuovere l’iniziativa sono la Feder
Mediterraneo (organizzazione indipendente non governativa costituita a Napoli
nel 1988 e oggi presente in 13 paesi del bacino mediterraneo) e la Consulta per
il Sud (nata nel 1996 per iniziativa di numerose organizzazioni, movimenti e
associazioni impegnate sul fronte meridionalista): le postazioni per la raccolta
delle firme sono state sistemate lungo tutta via Toledo, su cui si affaccia la
sede principale del Banco di Napoli, dallo Spirito Santo a piazza San
Ferdinando.
L’iniziativa viene all’indomani dell’annuncio dello “sciopero dei
conti correnti” cui la Feder Mediterraneo ha invitato gli attuali clienti del
Banco di Napoli nel caso in cui la loro banca dovesse essere cancellata dal
panorama degli istituti di credito e sui suoi sportelli dovessero comparire le
insegne dell’IMI San Paolo di Torino. Si apre, così, la campagna contro la
“colonizzazione bancaria del Sud” che Feder Mediterraneo e Consulta stanno
avviando in tutte le regioni comprese fra gli Abruzzi e la Sicilia. Nei
volantini distribuiti a via Toledo per sostenere la petizione popolare contro
l’incorporazione del più antico istituto di credito del Mezzogiorno nella
banca piemontese si afferma che “negli anni ’90 l’intero sistema
creditizio dell’Italia meridionale è stato selvaggiamente massacrato dalla
politica degli accorpamenti mirati che ha permesso ai gruppi del Centro Nord di
conquistare, direttamente o indirettamente, l’85% delle banche meridionali”.
La capitolazione del Banco di Napoli (da un anno nelle mani dell’IMI
San Paolo di Torino) e del Banco di Sicilia (controllato dalla Banca di Roma) ha
segnato il punto culminante di un fenomeno perverso che non ha precedenti nel
mondo occidentale, presenta inequivocabili caratteristiche di regime coloniale
e, privando il Mezzogiorno del controllo sul proprio risparmio, riduce
fortemente la possibilità che gli sforzi di stimolo allo sviluppo posti in
essere da governo ed enti locali producano i risultati positivi.
“Le classi dirigenti meridionali hanno gravemente sottovalutato
l’attacco che con la colonizzazione bancaria è stato sferrato contro
l’economia del Mezzogiorno”, hanno dichiarato il presidente della Feder
Mediterraneo Franco Nocella e il portavoce di turno della Consulta per il Sud
Pietro Ferro, “bisognava impedire un anno fa che l’IMI San Paolo di Torino
prendesse da solo il completo controllo del Banco di Napoli: invece, si lasciò
fare e si cercò persino di presentare l’operazione come un salvataggio
meritorio. Siamo d’accordo con il presidente della federazione campana degli
industriali Gaetano Cola sulla necessità di rivedere la composizione del
pacchetto azionario e di coinvolgere nel consiglio d’amministrazione
imprenditori meridionali. Siamo assai scettici, però, sul fatto che i registi
che telecomandano il Banco di Napoli da Torino lo consentano. Bisogna preparare
allora una ulteriore e più efficace linea di resistenza. Questa linea dovrà
essere costruita con quel 15% di banche meridionali non ancora conquistate e con
le 138 banche di credito cooperativo operanti nel Mezzogiorno che, per statuto,
devono reimpiegare il risparmio raccolto esclusivamente a favore del territorio
di insediamento”.
Banco di Napoli: senatori con poca memoria... I senatori di Forza Italia eletti in Campania hanno approvato un documento in cui si chiede al governo di fare in modo che i "centri decisionali" del Banco di Napoli restino nella città dove questo istituto di credito è storicamente insediato. Fra i firmatari c'è Franco Antonio Girfatti, la cui famiglia ha posseduto in passato la Banca Massicana, con sede a Sessa Aurunca (Caserta) e sportelli in tutta la regione. Oggi la banca non esiste più, divorata dal Banco Ambro-Veneto sulla scia della "colonizzazione bancaria" del Sud. Che senso ha, senatore Girfatti, parlare di "centri decisionali" da lasciare a Napoli per una banca le cui azioni (comprate per 60 miserabili miliardi di vecchie lire) sono al 100% nelle mani dell'IMI San Paolo di Torino? Evidentemente, questo è il momento delle sceneggiate: il presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, fa le sue con Rainer Masera e i senatori di Forza Italia hanno fatto atto di presenza con il loro documento. "C'è bisogno di ben altro", si legge in un comunicato della Consulta per il Sud: "Tutti i meridionali devono essere uniti per contrastare radicalmente e senza equivoci la colonizzazione". Lo "sciopero dei conti correnti" raccontato da "Il Denaro quotidiano"
Si
chiamerà «sciopero dei conti correnti» e sarà una risposta clamorosa e
corale contro quella che molti definiscono la «colonizzazione bancaria del Sud».
A tradurla in realtà è stata la Feder Mediterraneo, organizzazione
indipendente non governativa in cui si riconoscono molte realtà associative
impegnate per la difesa dell’identità e degli interessi delle regioni
meridionali. La goccia che rischia di far traboccare il vaso è stata la
ventilata, definitiva incorporazione di quel che resta del Banco di Napoli, il
più antico e il più importante istituto di credito del Mezzogiorno, nel San Paolo-Imi di Torino, il gruppo che da oltre un anno controlla il 100 per cento
delle sue azioni ordinarie. La
Feder Mediterraneo si è allineata, con questo annuncio, alle proteste sollevate
dal presidente della Regione, Antonio Bassolino e dal sindaco di Napoli, Rosa
Russo Iervolino e ha mostrato di condividere in pieno anche le preoccupazioni
del ministro alle Attività produttive Antonio Marzano. E’ giunto il momento di puntare i piedi secondo l’associazione. Di qui l’appello per lo «sciopero dei conti correnti». Le banche, in particolare quelle del Nord, conoscono soltanto un linguaggio: quello degli interessi economici. Ed è attraverso quel linguaggio che ogni risparmiatore meridionale, piccolo o grande che sia, potrà dare la sua risposta al San Paolo Imi, nell’eventualità in cui decida di cancellare anche le fantomatiche spoglie di quello che fu il Banco di Napoli. Bisogna chiudere il conto e trasferire tutto a un altro istituto, scegliendolo possibilmente fra quel 15 per cento di banche meridionali che hanno resistito all’ondata della colonizzazione bancaria o fra una delle 138 banche di credito cooperativo operanti al Sud che, per statuto, devono reimpiegare sul territorio di appartenenza il risparmio che raccolgono. (articolo pubblicato da "Il Denaro quotidiano") Fondazioni bancarie contro il Sud: governo paralizzato “Il principio
per cui il 30% delle risorse del sistema delle fondazioni bancarie dovrebbe
essere investito nel Mezzogiorno potrebbe essere giusto, ma è di difficile
applicazione. Si dovrà lavorare per impedire che nel Sud giungano solo le
briciole”. Lo ha dichiarato il sottosegretario all’economia, il siciliano
Gianfranco Macchichè, parlando all’Unione industriali di Avellino. E, con
queste parola, ha forse pensato di esaurire il discorso. “In realtà”,
come ha immediatamente commentato il portavoce della Consulta per il Sud,
Pietro Ferro, “non ha fatto altro che evidenziare l’immobilismo di un
governo fortemente condizionato dalla Lega Nord e dai gruppi economici padani
che in esso si riconoscono”. Oggi, secondo la riforma Tremonti, le 89
fondazioni bancarie esistenti in Italia sono autonome e controllano i maggiori
gruppi bancari del paese: San Paolo, Unicredito, Intesa Bc, Monte dei Paschi
di Siena, Banca di Roma. La riforma governativa ha attribuito la maggior parte
del potere di nomina agli enti locali (Regioni, Province e Comuni) di origine
storica delle fondazioni, senza tenere conto degli stravolgimenti prodotti
dalla “colonizzazione” dell’intero territorio meridionale da parte degli
istituti di credito del Centro Nord. Le fondazioni devono cedere le
partecipazioni bancarie entro il 2006, rinunciando alla gestione dal 2003. il
10% del patrimonio delle fondazioni (3,5 miliardi su 35 miliardi di euro) dovrà
essere investito in infrastrutture legate al territorio di origine. Le
erogazioni (1 miliardo di euro all’anno) dovranno essere assegnate ad
attività “no profit” egualmente legate al territorio di origine. Se, come
chiede la Consulta per il Sud, non avverrà un riequilibrio fra origine
storica e realtà attuale (sono 2.600 gli sportelli bancari controllati nel
Sud da fondazioni del Nord) gli investimenti avranno la seguente ripartizione:
Nord 79.6%, Centro 19,2%, Sud e Isole 1,2%. La proposta di assegnare al Sud il
30% delle risorse disponibili, correggendo la vergognosa ripartizione
determinata dalla riforma, è stata formulata in sede parlamentare dai
deputati Paolo Russo (Forza Italia) e Domenico Tuccillo (Margherita). Anche
Antonio Parlato, presidente della Consulta per il Mezzogiorno di Alleanza
Nazionale, has chiesto al vice presidente del Consiglio Gianfranco Fini di
adoperarsi per cambiare le cose. Le parole pronunciate ad Avellino dal
sottosegretario all’economia Gianfranco Maccichè, però, lasciano intuire
che il governo giudica impraticabile la proposta del 30%. “Evidentemente i
condizionamenti padani”, tira le somme Pietro Ferro della Consulta oper il
Sud, “sono più forti degli interessi elettorali del centro-destra che pure
nel Mezzogiorno raccoglie voti a piene mani”. Una conferenza meridionale sul sistema creditizio: la propone la Banca Popolare Vesuviana ll processo delle concentrazioni
bancarie ha completamente tagliato fuori il Sud e ora, per non soccombere,
bisogna reagire. Serve una conferenza meridionale per la ricostruzione di un
valido sistema creditizio nel Mezzogiorno con la partecipazione di governo,
regioni, forze sociali e imprenditoriali. Lo ha dichiarato in una intervista
Angelo Carbone, presidente della Banca Popolare Vesuviana, uno dei pochi
istituti di credito indipendenti rimasto in Campania. Per conciliare le
diverse forme giuridiche degli istituti di credito scampati alla
“colonizzazione”, come le banche popolari e quelle di credito cooperativo,
secondo il presidente Carbone, “sarebbe necessario coinvolgere i ministeri
delle attività produttive e dell’economia e la Banca d’Italia; ci vuole
un forte sforzo e una volontà di portare avanti il progetto. La forma
giuridica può essere trovata”. Incredibile / Sella, presidente dell'ABI: "Il Mezzogiorno ha fin troppi finanziamenti..." "Altro che finanziamenti con il contagocce, altro che tassi di interesse troppo elevati. Il problema, semmai, è il contrario. Le banche concedono troppi crediti e i tassi di interesse più elevati sui crediti concessi al Sud non sono neanche sufficienti per compensare la maggiore rischiosità". Lo ha dichiarato Maurizio Sella, titolare dell'omonima banca torinese e presidente dell'Associazione Bancaria Italiana (ABI), alla vigilia dell'assemblea annuale del sodalizio che si svolgerà a Roma. Il presidente della Feder Mediterraneo, Franco Nocella, ha commentato: "Le dichiarazioni del presidente dell'ABI si qualificano da sole. Il Mezzogiorno in ginocchio ha due possibilità: ringraziare i banchieri del Nord per la loro generosità o organizzarsi per una riscossa che faccia giustizia di tutte le sopraffazioni che in 150 anni gli italiani del Sud hanno dovuto subire". |
Unità d'Italia: nascita di una colonia Rileggiamo la storia del Sud con lo scrittore calabrese Nicola Zitara
Ai popolani di Napoli che nelle oneste giornate del luglio 1547, laceri, male armati, soli d'Italia, francamente pugnando nelle vie, dalle case, contro le migliori truppe d'Europa, tennero da se lontano l'obbrobrio della inquisizione spagnola imposta da un imperatore fiammingo e da un papa italiano, provando ancora una volta che il servaggio è male volontario di popolo ed è colpa de' servi, più che dei padroni. Lapide esposta all'ingresso della Certosa di San Martino, a Napoli
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