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Castelli del Sannio e magia della memoria

 

di Franco Nocella

Fu distrutto dal contestabile Landolfo della Greca in odio ai Normanni,  e fu, poi, assediato da Guglielmo il Guiscardo. Nel 1138 lo conquistò Ruggero d’Altavilla, fondatore del millenario Regno delle Due Sicilie. Due secoli più tardi ad assediarlo fu Luigi d’Angiò. Giovanna II lo diede agli Sforza e Alfonso d’Aragona ne fece dono ai Guevara. L’ultimo assedio è datato 1494 e fu “firmato”, nientemeno che dall’imperatore Carlo VIII. E’ il castello di Apice, di cui resta un basamento poligonale del torrione: crogiuolo di eventi e crocevia di eserciti e dinastie, costituisce un esempio inoppugnabile di quanto stimolante possa essere l’itinerario turistico culturale “Castelli del Sannio” che stanno mettendo a punto istituzioni pubbliche, associazioni culturali e organizzazioni turistiche della provincia di Benevento.

  Se la Rocca dei Rettori, eretta nel 1321 dal governatore Guglielmo de Balaeto per volere del papa Giovanni XXII, è il simbolo più conosciuto e popolare dell’architettura fortificata sannita, l’itinerario può contare su una serie lunghissima di tappe, spunti e motivi d’interesse. Castelli, fortezze, mura di cinta, palazzi e residenze feudali: una mappa che attraversa tutto il Sannio, dalla Terra di Lavoro al Molise, fino all’Irpinia, coinvolgendo valli e monti, in una sintesi affascinante di storia, architettura e paesaggi naturali. Alcuni complessi hanno resistito gagliardamente alle ingiurie del tempo, altri sono stati (in vario modo e con diverso successo) restaurati, altri ancora presentano significativi avanzi o anche soltanto ruderi che, tuttavia, riescono ancora a far sentire l’eco dell’antica potenza e a far galoppare a spron battuto la fantasia, compagna inseparabile di chi vuole immergersi nelle testimonianze del passato. 

Guardia Sanframondi, che s’è conquistata sul campo il diritto di aprire l’itinerario “Castelli del Sannio” per averlo ideato e proposto a tutti i livelli, è arroccata attorno al suo castello, affacciato sulla Valle Telesina, di fronte al Taburno, edificato dai Sanframondo, conti di Cerreto, e passato ai Della Marra e ai Carafa. Nel castello di Circello, che domina l’abitato dalla contrada Macchia, costruito dai Normanni e rifatto dagli Aragonesi, sarebbe stata ritrovata la Tabula Bebiana, uno degli emblemi della civiltà e della cultura degli antichi Sanniti, oggi conservata nel museo romano delle Terme di Caracolla. Al castello di Montesarchio, rafforzato dal principe Arechi II, fu affidato il compito di fronteggiare le milizie di Carlo Magno, che, provenendo da Capua, si dirigeva verso Benevento. Correva l’anno 787 e il Sannio viveva le incognite tipiche degli albori del Medio Evo. Un secolo più tardi, nell’866, l’imperatore Ludovico II assediava S.Agata dei Goti, protetta da cinta muraria e castello, in parte giunti fino a noi. Magnifico il maniero appartenuto alla famiglia Caracciolo, a Melizzano, nel XV secolo al centro di un sanguinoso scontro fra Angioini e Aragonesi. Il castello di Limatola è ricordato fin dall’epoca longobarda: passò dagli abati di Montecassino ai vescovi di Caserta, per finire, poi, nelle mani dei Mastelloni. Assai caratteristico il castello di Faicchio, appoggiato sulle pendici del monte Monaco di Gioia: si presenta come un poligono irregolare, contornato da tre torrioni. Fu restaurato e abbellito nel 1612.  Venuto in possesso dei Sanframondo, fu al centro della guerra fra Angoini e Aragonesi. Dopo la fine del feudalesimo, passò in eredità ai baroni Zona Sanniti di Pietramelara. Sarebbe stato Carlo III di Durazzo a volere la costruzione del monumentale castello di Durazzano, sopravvissuto al terremoto del Vulture, nel 1930, che lo danneggiò in buona parte: a forma quadrangolare, con torri circolari agli angoli su cui è ancora possibile leggere le tracce dell’antica merlatura. Il fossato era riempito con l’acqua della sorgente Condotti, alle pendici del monte Burano: espugnarlo costituiva un problema presso che irresolubile… Pianta rettangolare, cortile centrale e agli angoli torri cilindriche semi incorporate, muratura in conci di tufo squadrati con finestre aperte quando fu adattato ad abitazione: questo l’identikit del castello di Dugenta, donato da Carlo I d’Angiò a Guglielmo di Belmondo, posto a difesa del passo nella valle fra Caiazzo e Alife.  La rocca che domina l’abitato di Ceppaloni, appartenuta agli abati di Montecassino, è ricordata sin dall’VIII secolo: offre un colpo d’occhio unico e sovrasta un paesaggio di grande bellezza.

  Dai tipici castelli medioevali ai palazzi baronali, in vario modo fortificati. Bello quello di S.Croce del Sannio, divenuto sede del municipio. L’antico castello di Torrecuso appare oggi sotto la forma di dimora gentilizia che gli diede la famiglia Cito, proprietaria dal 1778. Paduli conserva un palazzo costruito dal duca Baldassarre Coscia: agli albori del Regno meridionale, il preesistente castello ospitò Ruggero II. Pago Veiano conserva ancora il bel palazzo dei suoi antichi marchesi, che dovettero essere molto benvoluti, visto che, sotto Gioacchino Murat, il sindaco chiese la continuazione del feudalesimo …e fu arrestato. Il palazzo ducale di Molinara sopravvisse al terremoto del 1962, che distrusse parte del moderno abitato. Meritevole di segnalazione il palazzo baronale di Ginestra degli Schiavoni. Superbo il portale a bugne del palazzo ducale di Fragneto Monforte  Vanno ricordati, inoltre, i palazzi baronali di Castelpoto e Campolattaro.  

Ricchi di fascino anche i castelli di cui non rimangono che ruderi. Suggestivi i resti delle torri e delle mura del castello di Fossaceca, nel comune di Arpaise, che dominano maestosi la valle del fiume Sabato. Stesso discorso per S.Lorenzo Maggiore, nella frazione di Limata. Pieni di fascino i ruderi della rocca di S.Salvatore Telesino. Sul colle di Reino quel che resta di un castello legato al nome della Regina Margherita. Ruderi di fortificazioni pure a Pietraroja. Significativi gli avanzi della rocca di Morcone, gastaldato longobardo e sede di una diocesi bizantina. I ruderi del castello feudale (XV secolo) di Montefalcone di Val Fortore sono stati in buona parte cancellati dai terremoti del secolo scorso: il castello fu distrutto nel 1809 perché vi si riunivano forze ostili al regno dei Napoleonidi. Cusano Mutri: il basamento del mastio è quanto rimane del castello di origine longobarda, rimaneggiato nel periodo normanno, a base rettangolare. Il complesso fu distrutto nel 1780 durante una rivolta guidata da Onorio Perfetti. Ruderi di un castello anche a Cerreto Sannita, feudo dei Carafa di Maddaloni, che vi favorirono l’arte della ceramica. Una torretta difensiva è quel che resta del maniero di Castelvenere. Meritano mensione i resti dei complessi di Apollosa,  Arpaia, Baselice, Castelpagano, Castelfranco in Mescano, Casalduni.     

Di alcuni castelli, infine, resta solo il ricordo. E’ il caso del maniero di Tocco Caudio, assediato dal Re Ruggero. Danneggiato dai terremoti del 1456 e del 1805, del castello di Sassinoro (XI secolo) non resta che la leggenda secondo cui il luogo avrebbe preso nome dal fatto che il papa Onorio vi si sarebbe fermato per riposare su un “sasso”.  Sotto il castello di Pescosannita, di cui non resta nulla, fu trovato un ossario, il che ha fatto pensare a un insediamento preesistente. Il complesso fortificato di Castelvetere in Val Fortore, non più esistente, risaliva al XII secolo. Restano i luoghi e la straordinaria magia della memoria. Pietre e cultura, l’eredità di una storia tutta da riscoprire. Il passato utilizzato per preparare il futuro. Questi il “segreto” e la lungimirante strategia dell’itinerario “Castelli del Sannio”.

 


Mezzogiorno assetato: Feder Mediterraneo e Patto per il Sud all'attacco

Nel Mezzogiorno assetato sono periodicamente a secco 7 rubinetti su 10. Il 90% dell’acqua poi è bevuta dall’agricoltura e dall’industria. La Feder Mediterraneo e Patto per il Sud - preso atto dei dati della carenza idrica nelle regioni del Mezzogiorno presentati dall’Anbi - sono passate all'attacco e propongono una mobilitazione di tutte le Regioni, le Province e i Comuni compresi fra gli Abruzzi e la Sicilia- L’emergenza idrica è reale, ma oltre ai fattori climatici pesano le strategie idriche: troppa acqua sprecata, troppe falle nella rete. Prima ancora della siccità bisogna mettere sotto accusa una dissennata gestione delle risorse idriche: gli acquedotti in Italia sono oltre 13mila, gestiti da circa 7.000 enti e società diverse, con un volume complessivo di acqua pari a circa 8 miliardi mc l’anno. Si tratta di una gestione parcellizzata che non impedisce, anzi contribuisce al fatto che il 35% della popolazione servita dalla rete acquedottistica non disponga di acqua sufficiente per almeno tre mesi l’anno. Nel Mezzogiorno la situazione raggiunge punte drammatiche con crisi idriche che interessano 7 cittadini su 10. Manca l’acqua, insomma? È evidente che in alcune aree del Paese ci sia una minore disponibilità. Ma è anche vero che l’acqua viene sprecata: le perdite di rete nel sud sfiorano il 30%. Come dire: 1 litro su 3 viene buttato alle ortiche. Le soluzioni? impedire che agricoltura e industria prosciughino le falde, ridurre le perdite di rete e l’inquinamento.


 

 

Unità d'Italia: nascita di una colonia

Rileggiamo la storia del Sud con lo scrittore calabrese Nicola Zitara


 

Ai popolani di Napoli che nelle oneste giornate del luglio 1547, laceri, male armati, soli d'Italia, francamente pugnando nelle vie, dalle case, contro le migliori truppe d'Europa, tennero da se lontano l'obbrobrio della inquisizione spagnola imposta da un imperatore fiammingo e da un papa italiano, provando ancora una volta che il servaggio è male volontario di popolo ed è colpa de' servi, più che dei padroni.

Lapide esposta all'ingresso della Certosa di San Martino, a Napoli

 

 

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Aggiornato il: 18 gennaio 2003

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