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La visita del
vicerè de Cordova

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La visita del
vicerè de Cordova nel 1731


Al tempo del principe-conte Baldassare V Naselli e della moglie donna Laura Morso e Filingieri, il 2 aprile 1731 venne in visita a Comiso il vicerè Cristoforo Fernandez de Cordova.
Per l'accoglienza del rappresentante dell'imperatore d'Austria, re di Sicilia dopo la pace di Cambray, furono preparati memorabili festeggiamenti.

In questa pagina viene riportata la narrazione che, del festoso evento, fece Fulvio Stanganelli
(can. Raffaele Flaccavento) nel libro VICENDE STORICHE DI COMISO.





La visita del vicerè de Cordova nel 1731

Avvenimento di capitale importanza, fu al certo per la nostra città l'istituzione della cartiera, e l'incoraggiamento delle industrie di cui dicevo poc'anzi; ma un altro e non meno segnalato, a onta della sua temporaneità, se ne preparò per essa nel 1731.

Il viceré d. Cristoforo Fernandez de Cordova, per accertarsi de visu della vera efficienza delle fortezze e dell'ordinamento militare di tutte le università dell'isola che, insieme a Napoli, per il Trattato di Siviglia concluso i1 9 novembre 1729 tra la Spagna, l'Inghilterra, la Francia e l'Olanda ai danni dell'Austria, minacciava di ricadere in mano degli spagnuoli, il 5 marzo del ridetto anno, pensò bene di fare un giro generale per tutta la Sicilia, accompagnato dai grandi dignitari di corte e da un nugolo di familiari e soldati.


A tal fine, per dar a tutti modo e tempo di apparecchiarsi a riceverlo come si conveniva, nel gennaio spediva a ciascun comune, la via che avrebbe seguito, nella quale, per esser completo, non erano dimenticati i giorni e le tappe nel suo viaggio.
La nostra città, già visitata nel 1644 dal viceré d. Giovanni Henriquez, conte di Modica, con fervore e impegno si preparò ad accogliere ora il de Cordova.

Tra il governatore della contea d. Giuseppe Nani, il cap. giustiziere d. Michele Donzelli e i magnifici giurati Luigi Tommasi, sindaco, Damiano Mazzone, Sebastiano lo Magro e Giuseppe Giancardi, fu presto una gara a chi avesse escogitato un numero sempre più sorprendente della festa, che si voleva il più possibilmente sontuosa e imponente.
E così in breve la città tutta venne messa in gala. Grandi archi di trionfo, con festoni d'oleandro, stemmi, statue simboliche e magniloquenti iscrizioni di circostanza, furon eretti alle porte dell'abitato e lungo le vie, che l'augusto personaggio avrebbe percorso per recarsi in piazza. Questa poi era tutto uno sventolio di bandiere siciliane e austriache, e di arazzi pendenti dai balconi che, assieme alla cosiddetta guglia a trasparenti innalzata, come di solito, sul classico fonte Diana, e ornata di migliaia di bicchieri multicolori, facevano un delizioso vedere.


Nel castello Naselli, dove il viceré e il seguito si sarebbero brevemente riposati, dì e notte si lavorava febbrilmente a riattare e a decorare androne, scale, sale, camere, loggiato, finestre, torri; tutto insomma l'edifizio fu messo sossopra da un esercito d'operai, intenti a render più bella e decorosa la vecchia magione dei nostri feudatari.

Nella città era una grande aspettativa, l'aspettativa dei più fausti e indimenticabili avvenimenti.
Finalmente il de Cordova, preceduto nella mattinata del 2 aprile da quattro eleganti battistrada, arrivò proveniente da Terranova.

Era di mezzogiorno. Tutto letteralmente il paese era ad attenderlo alle porte; moltissimi, chi a piedi e chi con cavalcature e lettighe proprie o prestate, non importava, gli erano andati incontro sino a mezza strada.
Preti, frati e autorità con a capo il conte d. Baldassare, il governatore, il sindaco dell'università, nei loro spagnoleschi costumi, al suo arrivo gli si fecero avanti con grandi inchini, e baciandogli le mani gemmate gli manifestarono, con le frasi più eloquenti, la gioia che loro dava la sua visita augusta; mentre un gran numero di petardi scoppiettando per aria, univasi al còro festante di tutte le campane delle chiese, per dare, con la plaudente moltitudine di cittadini e forestieri, il benvenuto all'inclito rappresentante di Cesare.


Dopo d'aver assistito al solenne Te Deum, cantato in suo onore alla Madrice, sontuosamente decorata e pavesata per la circostanza, prima cura di d. Cristoforo Fernandez fu quella di onorar il pranzo che, allietato dai vini più prelibati della regione nonché dalla Filarmonica locale, lo attendeva con il resto in castello. Sul tardi poi passò in rivista solenne la milizia urbana; e poiché, ai fini della corona, faceva altresì parte della sua missione, il rendersi edotto della reale potenzialità finanziaria dell'università, a quella rivista volle far seguire un esame sommario dei registri d'amministrazione della corte giuratoria, che lasciò in cura ai suoi segretari d'approfondire.
Indi ebbero luogo i rinfreschi e le udienze, che stante l'ora tarda, dovette restringere alle più essenziali, perché il de Cordova contava di andare a pernottare a Ragusa. Per dove poco dopo realmente partì, accompagnato da un'onda immensa di popolo acclamante, e grato del grande onore fattogli da quel viceré.
Le feste pel cui ricevimento, che ho ricostruito su la nota delle spese fatte in quella circostanza, costarono all'università la, per quei tempi, non indifferente somma di onze 44.14.10, al pagamento della quale dovetter concorrere, con una modesta quota testatica, 421 cittadini di ogni ceto.





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Note
Nella 1^ immagine si vede il castello dei Naselli
La 2^ immagine è una fotografia del can. Raffaele Flaccavento giovane.
Nella 3^ immagine si vede il busto del principe-conte Baldassare V, facente parte del monumento funebre realizzato nella Chiesa Madre.