"Mentr'essi erano in cammino,... "
Spesso troviamo nei Vangeli questo "mettersi
in cammino" che, secondo me, indica quale deve essere il nostro
atteggiamento interiore: un "mettersi in moto" per compiere la
propria missione (E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; và e d'ora
in poi non peccare più».Giov. 8,11 Gesù affida all'adultera una
missione), un andare per evangelizzare, e, addirittura, un correre verso la meta
senza voltarsi indietro.
(Non però che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla
perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch'io sono
stato conquistato da Gesù Cristo. Fratelli, io non ritengo ancora di
esservi giunto, questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il
futuro, corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a
ricevere lassù, in Cristo Gesù. Filippesi3,12)
Nella
Bibbia troviamo le tracce di questo nostro cammino...Dapprima incontriamo
Abramo che rappresenta la fede, cioè il primo passo è la conversione e la
formazione di una coscienza retta.
Occorre
poi il rispetto assoluto della legge di Dio, cioè la rinuncia al peccato
mortale e l'inizio di una vita in grazia di Dio. Mosè rappresenta la legge.
La Nuova Alleanza invece rappresenta l'inizio di un uomo nuovo: l'uomo che ha interiorizzato la legge di Dio e l'ha fatta sua. (E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; và e d'ora in poi non peccare più»...la legge di Mosè viene superata). E' l'inizio di un Regno di Dio dentro l'uomo e che si propagherà visibilmente anche all'esterno. Anche la conversione è l'inizio di un uomo nuovo ma è un uomo che cambia poco rispetto all'originale...egli si trasforma veramente nell'osservanza della legge e nella sua interiorizzazione, per poi trasfigurarsi nella passione!
La Nuova
Alleanza è sancita dal Sangue di Cristo, dalla sua Passione e Croce: agonia
del Getsemani, arresto, processo, flagellazione, incoronazione di spine,
calvario, crocifissione. Se lo
avremo imitato nella vita, Lo imiteremo anche nella gloria.
Più si va avanti e più si scopre che il cammino, per certi sensi, è facile perché Dio ci fa luce su tutto, ed è anche faticoso perché è un andare contro la propria inclinazione naturale. Ma proprio perché è faticoso ha in sé un vantaggio: di fronte alle tentazioni siamo più forti perché non vorremmo tornare indietro e così render vano ciò che ci è costato tanta fatica. E' sempre un cammino in salita per giungere alla vetta del monte Carmelo (ai vertici della contemplazione), del monte Tabor (nella completa trasfigurazione) e del Golgota (nell'unione con il Cristo crocifisso).
Comunque
Dio opera sempre cose nuove nella storia di ogni uomo!
Quante volte leggiamo " Gesù salì sul monte..."
a pregare: Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava ( Luca 22,39)
a
dare da mangiare: Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con
i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a
Filippo: «Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?».
a parlare: Mentre era seduto sul monte degli Ulivi, di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte: «Dicci, quando accadrà questo, e quale sarà il segno che tutte queste cose staranno per compiersi?».( Marco13,3)
per il famoso discorso delle beatitudini...
Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si
avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li
ammaestrava dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e,
mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. (
Matteo5.1)
Ma oltre queste beatitudini ce ne sono altre cinque:
la beatitudine della rivelazione:
" Beato tu Pietro perché né la carne né il sangue te lo hanno rivelato
ma il Padre che è nei cieli ". E' l'azione dello Spirito Santo.
la
beatitudine
dell' ascolto: "Beati coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in
pratica". Gesù non è più storicamente presente ma, attraverso la Parola, lo
vediamo con gli occhi dell'anima.
la
beatitudine della mensa: " Beati gli invitati alla mensa del Signore",
è
il contatto sacramentale.
la
beatitudine della fede: "Beati coloro che anche se non vedranno
crederanno" la fede ci apre la finestra sull'aldilà, sul soprannaturale.
la beatitudine della contemplazione: "Maestro, è bello per noi stare qui..."non volevano andar via...sul Monte Tabor avviene la trasfigurazione del Signore
Ogni cristiano deve certamente qualcosa al Carmelo (Merton)
"Dove c'è un carmelitano
lì c'è
il Carmelo perché lo si porta nel cuore e nel modo di vivere"
(P. Teresio).
Nel
disegno di S. Giovanni della Croce,
conservato nel convento degli
Scalzi «
de las Nieves »,
nei pressi di Granada, in un reliquiario su cui era scritto: «
Primo Monte della Perfezione che il Nostro Venerabile Padre Fra Giovanni della
Croce fece di sua mano per i suoi libri mentre dimorava al Calvario »
si ha,
in forma visiva, una sintesi del programma ascetico -mistico di questo grande
Santo.
«
È
un disegno primitivo. Forti linee rette indicano tre sentieri:
nel centro, la via della perfezione, che sale diretta alla vetta. In
essa Giovanni ha scritto 'via del Monte Carmelo': spirito di perfezione, poi
niente, niente, niente, niente, niente, niente, ed anche sul monte niente;
a sinistra la via dell'imperfezione. Vi leggiamo: `sentiero
dello spirito imperfetto: beni del cielo, gloria, gaudio, curiosità,
conforto, riposo' e di fianco, verticalmente, questo versetto: `Quando non lo
cercavo più,
lo possedetti senza cercarlo';
a destra, un altro sentiero dell'imperfezione, in cui è
scritto: `Sentiero dello spirito imperfetto: beni della terra: possesso,
godimento, conoscenza, conforto, riposo' e di fianco il versetto: `Quando non lo
cercavo più,
lo possedetti senza cercarlo';
in alto, distribuiti per tutta la cima del monte, ha posto i
frutti dello Spirito Santo: `pace, gaudio, gioia, diletto, sapienza, giustizia,
fortezza, carità,
pietà'
e sulla stessa vetta, cinta dal testo biblico: `Introduxi vos in
terram Carmeli ut comederetis fructum eius et optima illius', questo versetto:
`Risiedono su questo monte solo l'onore e la gloria di Dio'.
Finalmente, quasi per riepilogare tutto, vi si legge: `per qui ormai non vi è
più
sentiero, poiché
per il giusto non vi è
legge; egli è
legge a se stesso'
ed in basso, come per servire a base e fondamento al mistico
monte, ha scritto con calligrafia chiara e minuta questi versetti che
compendiano la sua dottrina sulla purificazione :
Per
giungere a gustare il tutto
non cercare il gusto in niente;
per giungere alla conoscenza del tutto
non cercare di sapere qualche cosa in niente;
per giungere al possesso del tutto,
non voler possedere niente;
per giungere ad essere tutto,
non voler essere niente.
Per venire a ciò
che non godi,
devi passare per dove non godi;
per giungere a ciò
che non hai,
devi passare per dove non sai;
per giungere al possesso di ciò
che non hai,
devi passare per dove ora niente hai;
per giungere a ciò
che non sei,
devi passare per dove ora non sei.
Quando ti fermi in qualche cosa,
tralasci di slanciarti verso il
tutto;
per giungere interamente al tutto,
devi totalmente rinnegarti in tutto;
e quando tu giunga ad avere il tutto,
devi possederlo senza voler niente.
In questa povertà
lo spirito trova
il suo riposo poiché,
non desiderando niente,
niente lo appesantisce verso l'alto
e niente lo spinge verso il basso,
poiché
sta al centro della sua umiltà
»
Mi
son chiesta cosa per me rappresentasse “la vetta di Monte
Carmelo” . Sapevo che era simbolo della purezza della fede e che
arrivare alla vetta significava l’Unione con Cristo...Ma questo mi rimaneva
come un discorso teorico, avevo bisogno di capire in che cosa consistesse
concretamente questa ascesa, quale fosse in pratica la montagna che dovevo
scalare, io, nella mia fatica quotidiana. Ho trovato una mia risposta: in cima
al Monte c’è l’amore, l’amore puro. E così nel mio cammino di ogni
giorno tendo soprattutto a questo: a perfezionarmi nell’amore, nell’ amare
"come " Gesù mi ama !
Il Carmelo e Maria ...contemplazione della presenza di Dio in me
Insieme
alla mia famiglia, faccio parte della comunità carmelitana di
Villasmundo (http://www.ocdsicilia.it).
Posso
dire che la mia esperienza è stata simile a quella di Edit
Stein che, trovandosi in casa di un amico, aprendo per caso il libro
di Santa
Teresa lo lesse tutto di un fiato concludendo lei, che eppure era di
cultura ebraica, “questa è la verità”. Allo stesso modo io dalla lettura
dei santi carmelitani ho capito di aver trovato, nel Carmelo, la mia strada,
all’interno stesso del cristianesimo. Ho letto altri libri di Santi ma nessuno
ha suscitato in me lo stesso fascino e la stessa attrattiva dei Santi del
Carmelo, ognuno di loro ha dato alla mia vita interiore un apporto diverso e
fondamentale: Santa Teresa mi fatto capire che Dio è dentro di noi, nelle
nostre anime e che quindi quell' esperienza di dialogo e di amicizia intima che
avevo con Dio e che credevo fosse mia, strettamente
personale era invece un’esperienza comune a tutti; Santa
Teresina, oltre all’importanza della semplicità e dell’abbandono
nella vita spirituale, mi ha fatto capire che tendere alla santità non è
vanagloria, come pensavo io, bensì un dovere ben preciso di ciascuno di noi; in
San Giovanni della Croce ho capito l’importanza delle tenebre e dell'
aridità interiore: queste tenebre sono croci salutari attraverso le quali Dio
sapientemente agisce su di noi e ci purifica, la Stein ha stravolto il mio concetto di
unione dell’anima
con Dio: credevo che consistesse in un complesso di piaceri, sentimenti
spirituali, ed invece con la Stein ho capito che l'unione consiste in “un’autentica e
vitale morte di croce”, in un’unione con Cristo Crocifisso.
In Beata
Elisabetta della Trinità mi ha colpito il forte desiderio di solitudine, di
voler rimanere soli con Dio e mi ha portato a riflettere sul fatto che monte Carmelo
oltre a rappresentare il cammino che ogni anima deve fare per
giungere alla cima del Monte, cioè
l’unione dell’anima con Dio (come
si legge in San Giovanni della Croce), oltre
ad essere una comunità di persone (i carmelitani) che
percorrono un cammino in tal senso seguendo una Regola…oltre ad essere quindi anche un
luogo materiale (l’edificio, la natura,il silenzio, la comunità…)
La purezza della fede consiste nel credere che non sia un'illusione o una fantasticheria sentire Dio dentro se stessi, dialogare con Lui...conducendo ed articolando la propria vita in base a questa convinzione interiore. Da qui deriva l'unione con Dio ma è ancora un' unione imperfetta...credendo, infatti, alla Voce che ci parla dentro, Le asserviamo la nostra volontà, sottomettendogli memoria ed intelletto (l'unione della volontà, della memoria, dell'intelletto). Da quest'unione si apprende che, fare la volontà di Dio, richiede l'annientamento di sé, la necessità di vincere e superare se stessi sul piano pratico perchè solo così si fa veramente la volontà di Dio e Lo si ama di un amore gratuito (Tabor). E si ama la sofferenza perché è l'unico mezzo che ci permette di fare questo, cioè che ci consente di annientarci. Così la croce è amata perché è l'unica strada per la santità. Riuscire a fare di tutta la propria vita un sacrificio di sé, un dono agli altri, una vittima di espiazione, un dimenticarsi ed annientarsi continuo e completo, è raggiungere la vetta della santità e quindi l'unione completa con Dio. Fede pura significa un rapporto con Dio in cui l'io è stato completamente assorbito da Dio, l'io non esiste più se non in quest'unione con Dio, unione del finito con l'Infinito, un perdersi in Esso...(Golgota)
Il
Carmelo e Marta
...contemplazione della presenza di Dio nella famiglia
"La famiglia di per sé è una
struttura diffusiva di comunione, di amore, è una struttura che ha dentro di sé
un dinamismo d’amore, ha un codice di vita che è unico e che è l’amore.
Quando Dio ha creato la famiglia, l’uomo e la donna a sua
immagine e somiglianza vi ha
riversato se stesso, ha espresso l’intimo di sé. Ha creato progettando e tirando fuori ciò che Lui è dentro, per cui
dentro la realtà dell’uomo e della donna io ritrovo l’intimo di Dio. Lo
possiamo vedere anche per come siamo fatti: la struttura stessa di distinzione
ed unità… cosa c’è di più distinto di uomo e donna e, nello stesso tempo, di
perfetta unità? Osservate come fa corrispondere la Santissima Trinità: perfetta distinzione
(Padre, Figlio e Spirito Santo), tre Persone perfettamente distinte, una perfetta
unità, un’unica assoluta natura d’amore. Perché Dio ha voluto fare questa
umanità? Perché la sua vita intima venga comunicata ad altre persone…ha dato
a queste persone un’impronta specifica perché possano partecipare di questa
sua intimità. La lettera alle famiglie del Papa dice: “facciamo l’uomo a
nostra immagine e somiglianza: prima di creare l’uomo il Creatore quasi
rientra in se stesso per cercarne il modello e l’ispirazione nel mistero del
suo essere che, già qui, si manifesta in qualche modo nel "noi" divino… da
questo mistero scaturisce, per via di creazione, l’essere umano. Dio creò
l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò…
nessuno dei viventi, tranne l’uomo, è stato creato a immagine e somiglianza
di Dio. La coppia di sposi riflette Dio. Cosa c’è dietro questa realtà di
uomo e donna, dietro questo incontrarsi di due persone che si vogliono bene? Voi
contenete l’immagine del divino… la paternità e la maternità umana, pur
essendo biologicamente simili a quelle di altri esseri in natura, hanno in sé, in
modo essenziale, la somiglianza con Dio sulla quale si fonda la famiglia, intesa
come comunità di vita umana, come comunità di persone unite nell’amore. Il
modello originario della famiglia dice il Papa va ricercato in Dio stesso, nel
mistero trinitario della sua vita. Il "noi" divino costituisce il modello eterno
del "noi" umano, di quel "noi", innanzitutto, che è formato dall’uomo e dalla donna
creati a immagine e somiglianza divina. Nella vostra vita di sposi, di genitori e
figli, al di là dei vostri limiti, dei vostri difetti… voi
conservate l’immagine di Dio
Dalla
contemplazione alla trasfigurazione:
Così
il Signore tratta i suoi amici! Il Tabor e il
Calvario! E questo fino a quando Lo vedremo
come Egli è per tutta l'eternità!
(P.
Teresio)
Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò
sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a
loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime:
nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù.
Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi
stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!»(Anche
Mosè ed Elia erano saliti su dei monti l'Oreb e il Carmelo)....(Marco
9,2)
Tre
sono le condizioni per stare con Gesù: salire su un alto monte, in un luogo
appartato, da soli.
Salire
sul monte vuol dire la fatica dei propri doveri quotidiani, delle scelte, delle
decisioni, degli impegni della vita quotidiana.
Un
luogo appartato vuol dire a parte, non isolato. Dall’alto del monte possiamo
dominare tutto, le cose senza schiacciarle…ciò vuol dire dominare le cose, ciò
che ci circonda, senza farci dominare dalle cose ( Dio stesso nella Genesi pone
l’uomo al di sopra di tutto, come signore del creato).
Da soli. Perché ci sia questo contatto con
Gesù dobbiamo ascoltare la Sua voce, tagliando tutte le altre voci…ciò
significa distacco dal mondo, dalle creature.
Occorre tagliare le voci che ci circondano per ascoltare la Sua Voce…tagliare
il cordone ombelicale col mondo, con le creature, un distacco necessario per
rinascere alla nuova vita….tagliare tutto ciò che in noi non va: passioni,
egoismi, amputando il nostro io con un taglio netto, decisivo per Dio, per poter
veramente dare frutto…
Gli apostoli dicono "che bello stare qui..": dall’incontro con Gesù anche noi troveremo una pace e una gioia interiore indescrivibile. Ma se vogliamo godere di questa gioia dobbiamo anche seguire Gesù sulla via della croce.
Se
l'anima si libererà da ciò che non è conforme e ripugna alla volontà di Dio,
rimarrà trasformata in Dio per amore. L'anima deve spogliarsi di ogni cosa
creata e di tutte le sue azioni ed abilità, cioè del suo modo di intendere, di
gustare e di sentire, affinché possa ricevere la somiglianza di Dio e così
trasformarsi in Lui. (San Giovanni della Croce)
Trasfigurazione come
" Maria, presa una libbra
di profumo di nardo autentico,molto prezioso, unse i piedi di Gesù e glieli
asciugò con i suoi capelli.La casa fu ripiena della fragranza di quel profumo.
Dice Giuda Escariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo:"Perché
non si è venduto il profumo per trecento danari e non si è dato il ricavato ai
poveri?"...Disse allora Gesù:"Lasciala, ché lo doveva conservare per il giorno della
mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, me invece non avete
sempre". (GIOVANNI 12,1-8 )
In questo passo Maria, versando l’unguento, non spreca il denaro che potrebbe dare ai poveri perché i poveri sono mille volte più aiutati da un cambiamento che avviene nell’uomo, che avviene dentro l’uomo…cambiamento che si ha solo nello stare accanto a Gesù, nell’amarlo gratuitamente…
L'incontro con Dio provoca un cambiamento radicale: cambiare idea su se stessi, su ciò che si vuole, su ciò che si desidera veramente; significa cambiare totalmente ciò che si è sempre stati e cambiare il proprio comportamento e le proprie convinzioni in relazione a nuove aspirazioni e desideri. La conversione ha determinato in me un cambiamento di mentalità : è venuta meno l'immagine ideale di me stessa e, cioè, l'immagine di una donna perfetta come madre, come moglie e come casalinga. Adesso, l'immagine ideale, è quella della vera cristiana, l'aspirazione è la santità. In fondo, questo ideale, è stato sempre presente in me ma, finora, ha sonnecchiato tranquillo, soffocato da un ideale più umano. Devo convincermi della mia scelta fondamentale (appartenere a Dio) e del fatto che tutte le mie aspirazioni e desideri, sono rivolti a tal fine. Realizzare tali desideri significa realizzare me stessa e l'ideale di me stessa.
Trasfigurazione come
PURIFICAZIONE
Per trasfigurarci occorre tempo, la trasfigurazione avviene dopo una purificazione di noi stessi che è anche uno scrollare da noi la menzogna per rivestirci della verità.
Dopo un periodo, veramente brutto e difficile per me, ne è subentrato un altro: dentro me regna una gran pace...sono scomparse d'improvviso tutte le passioni negative che mi hanno lacerato dentro: gli scatti d'ira, la gelosia, l'orgoglio ferito, la libidine, la gola, l'impazienza, l'intolleranza, l'ansietà. E' una sensazione bellissima: la calma dopo la tempesta! Il pensiero di poter di nuovo tornare nell'angoscia di prima mi spaventa, però, penso che, se ciò avverrà, sarà per una maggiore ed ulteriore purificazione del mio io e, quindi, in questo momento, assaporo il benessere di cui la mia anima gode, senza crucciarmi troppo del domani.
Un'anima
santa è un'anima vergine, resa pura ed immacolata dal santo
Battesimo. Nel purgatorio, l'anima per riacquistare la propria
verginità, deve passare attraverso la sofferenza che le estirpa tutto ciò che
non è puro, tutto ciò che è amore di sé, per giungere alla perfezione dell'amore,
per farsi amare e possedere da Colui
che è Purezza Assoluta. Anche su questa terra dobbiamo purificarci: dalla
donazione di noi stessi, dal sacrificio della nostra vita, nascerà la nostra
vita nell'eternità del paradiso. "Chi perderà la propria vita per causa mia,
la ritroverà".
Scoprire sempre dell’egoismo in me, persino nei sentimenti che provo, mi ha portato a pensare di combattere una battaglia già persa in partenza. Ora ho capito che l’egoismo è connaturato alla natura umana e non sta a me trovare il modo per vincerlo…sarà Dio stesso a mettermi in condizione di sconfiggerlo per bene con delle purificazioni passive…a me occorre solo odiarlo, in quanto mi allontana da Dio. Nella Sua grande Sapienza Dio ha scelto dei mezzi di santificazione poco allettabili: umiliazioni, sofferenze, rinunce,... in modo che siamo quasi “costretti” a purificare, in questo cammino, le nostre intenzioni, i nostri obiettivi…così, solo se ameremo Dio più di noi stessi, potremo giungere alla santità.
Trasfigurazione come ricostruzione
Nel cammino verso la costruzione di se stessi c'è il disfacimento dell'uomo vecchio (Pars destruens) e la creazione di un uomo nuovo (costruens); nel cammino verso gli altri c'è un disfare, un distacco per ricostruire meglio, c'è un rinnovamento dei rapporti con il prossimo; ed anche nel cammino verso Dio c'è un rinascere nello spirito...
Mi sento rigenerata
nello spirito, mi
sento una creatura nuova, rinata dall'Amore e nell'Amore. Sento la forza di
amore di Dio in me. Lui mi ama, io Lo amo. E' questa la mia forza nuova, nasce
proprio da questa certezza, da questa fiducia. E' come se il mondo, l'universo
intero non esistessero: Gesù è sceso per me, è morto per me...è il
"mio" Dio! Ognuno di noi dovrebbe sentire questo, dovrebbe sentirsi
l'unico, il prediletto, l'amato da Dio...perché in realtà Dio ama così, in
modo pieno ed assoluto, quasi esclusivo, ognuno di noi.
Il
Tabor e
Marta…trasfigurarsi in casa o in famiglia
Nulla
sviluppa la volontà quanto fare le cose semplici con la massima concentrazione
d’energia, per incoraggiarci a compiere con la massima cura i minimi
particolari dei doveri del nostro stato, ripetiamoci: se lo compio bene, questo
dovere mi diventa una scala che mi solleva verso la perfezione ( Courtois)
Trasfigurazione come cambiamento
CAMBIAMENTO
In questa
costruzione di me stessa rientra un mio cambiamento fondamentale: adesso ho
capito fino in fondo come vivere il mio matrimonio, ho capito i miei errori e
cerco di porvi rimedio…sento di amare di più, di capire di più, di
rispettare di più l'altro. E' un matrimonio rinnovato dall’interno, risorto
proprio da un cumulo di macerie: di errori, di accuse, di male che ci siamo
fatti vicendevolmente.
Ci tengo a precisare che quando io parlo di “distacco “ non intendo separazione dalla mia vocazione di madre e di sposa bensì una conversione, un cambiamento di mentalità: un distaccarmi da me stessa, da un mio modo errato di vedere, di concepire, di pormi in relazione con gli altri, da un mio modo sbagliato di amarli, per inserirmi in una dimensione nuova in cui non c’è separazione con le creature, tutt’altro …una dimensione in cui posso ritrovarle unite a me attraverso un legame più autentico, più vero, ritrovarle “ in Dio”. Quindi se è vero che non posso distinguere la mia vita personale dalla mia vocazione di madre e di sposa è altrettanto vero che, se io voglio realizzare questa vocazione e portar frutti, devo anche realizzarmi in un cammino personale…Se anche il fine di una coppia è lo stesso (la santità a due) le strade per arrivare a Dio possono esser diverse. Come posso tendere a praticare l’amore vero con mio marito se prima non ho fatto mia questa verità? Come posso insegnare “come” amare alle mie figlie, se io stessa non so in che cosa consista veramente amare? E tutto questo presuppone un cammino personale. I doni di Dio arricchiscono ciascuno di noi e ciascuno di noi ha il compito di servirsene per arricchire la comunità.
La santità familiare è la relazione fondamentale di
parentela con la Trinità che i coniugi vivono, quando sono insieme e quando non
lo sono, sempre; non è una serie di atti più o meno morali a cui devo
adeguarmi per essere un buon cristiano: è un amore profondo da cui mi faccio
interrogare continuamente nella mia relazione con l’altro e che supera la
moralità per diventare vero amore, vera conversione. Il banale, il
"terribile" quotidiano, può essere santificato, è il luogo della Trasfigurazione: la mia vita banale di famiglia di tutti i giorni è il luogo
privilegiato dell’incontro con la Trinità.
PURIFICAZIONE
Santa Teresa D'Avila mi insegna a " fare poco ma bene per essere destinata a molto", ad essere cosciente di essere piccola, piccola per poter essere una "grande"...E la purificazione consiste nell' amare tutti coloro che ci circondano sopportando i loro difetti, amando le loro imperfezioni, senza stupirsi delle loro debolezze ma traendo vantaggio dalle loro virtù.
Trasfigurazione come
RICOSTRUZIONE
Tutta la creazione è un continuo messaggio di Dio: tutto passa, tutto muore, tutto ci richiama alla fragilità di questa vita, a questo ciclo nascita- morte, per farci riflettere sulla meta a cui siamo destinati: la resurrezione eterna. Dio, con questo messaggio della Creazione, ci invita a non attaccarci alle cose di quaggiù, ci invita a guardare alla loro inconsistenza, alla loro temporaneità! Ci richiama continuamente al pensiero della morte.
Anche nel rapporto con gli altri dobbiamo morire a noi stessi:
L’uomo
è irragionevole, egocentrico: non importa, amalo!
Se fai il bene ti attribuiranno secondi fini egoistici:non importa, fa’ il
bene!
Se realizzi i tuoi obiettivi troverai falsi amici e veri nemici: non importa,
realizzali!
Il bene che fai verrà domani dimenticato:non importa, fa’ il bene!
L’onestà e la sincerità ti rendono in qualche modo vulnerabile: non importa,
sii sempre e comunque franco e onesto!
Quello che per anni hai costruito può essere distrutto in un attimo: non
importa, costruisci!
Se aiuti la gente, se ne risentirà:non importa, aiutala!
Dai al mondo il meglio di te e ti prenderanno a calci:non importa, continua!
(Madre Teresa di Calcutta)
Se
si accettano le grazie e si decide di andare avanti nel cammino è Dio stesso
che conduce, è Lui che chiede sempre più, sempre di più fino ad arrivare, se
si persevera nel cammino, alla donazione totale di se stessi sulla croce. Non
occorre cercare di tracciare un possibile tragitto. E' un cammino in salita ed
ogni passo in avanti è una fatica maggiore...man mano che saliamo Dio diventa
sempre più esigente, ci chiama ad altro, a qualcosa di più costoso ma anche di
più "alto". E, di volta in volta, siamo chiamati a rinnovare il nostro
sì di fronte a Lui
GOLGOTA
...
queste
prove di solitudine sono il segno della seconda
chiamata, cioè il passaggio alla maturità spirituale che prelude l'unione
intima con il Cristo solo in croce, privato anche della presenza
del Padre, fino al "consummatum est". Sai anche che dopo la sepoltura
con
Lui c'è la risurrezione!!!
(P. Teresio)
Essi allora
presero Gesù ed Egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio,
detto in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno
da una parte e uno dall'altra, e Gesù nel mezzo. Pilato compose anche
l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno,
il re dei Giudei». (Giov 19,17)
"La
croce è assunta come simbolo di tutto ciò che è difficile, gravoso e
così fortemente contrario alla natura da risultare per chi se lo addossa quasi
una marcia verso la morte. E questo peso, il discepolo di Gesù deve caricarselo
in spalla 'ogni giorno'. ( Stein)
Da
una meditazione sulle "orazioni di Santa Brigida": ASPETTATIVE
E PERCORSO DI UN' ANIMA IN CROCE.
1)
La "Passione" di un'anima che ha coscientemente accettato di essere
crocifissa per amore del suo Gesù inizia, come per Cristo, con la sofferenza
del Getsemani. E' soprattutto un dolore dell'anima, un dolore interiore, una
"tristezza mortale" tanto è profonda, intensa ed angosciante. Così
si prepara ad un tipo di sofferenza come può essere la morte in croce. Da
questo momento inizia una sofferenza per gradi: dapprima all'anima si richiede
un dono totale di sé al prossimo, che comprende il servizio al prossimo stesso.
E questo avviene quotidianamente, ogni attimo, nella scelta difficile per Dio e
nell'accettazione ferma di fronte a tutto ciò che il prossimo infligge, con le
accuse ingiuste, le condanne ingiustificate, le prese in giro fastidiose, le
percosse violente ai propri sentimenti, i legacci opprimenti e schiavizzanti, i
ricatti insopportabili, le flagellazioni alla sua persona e dignità, gli
insulti alla sua intelligenza...E' una prima difficile lotta al suo io, a se
stessa. A ciò si unisce la sofferenza intima del tradimento da parte di persone
a cui lei vuole bene e a cui si è aperta con sincerità, la volontaria
spoliazione dalle comodità, dal benessere, dalle sicurezze di ciò che è
esteriore e, l'inquietudine, il tremito, l'angustia, tipicamente normali in un
'anima che sa ciò che l'attende eppure vi si slancia a capofitto.
2)
I tormenti aumentano: schiaffi morali, sputi di disprezzo, graffi di cattiveria,
ingiurie; l'anima infligge percosse al proprio io e queste portano lacerazioni e
supplizi.
3)
Inizia la crocifissione da parte degli altri e dell'anima su se stessa: riguarda
mani e piedi cioè il proprio modo di agire (che non viene capito dal
prossimo, che viene contestato, rifiutato, criticato e condannato anche nelle più
sincere e buone intenzioni) e la propria disponibilità e volontà ( che dal
prossimo non viene apprezzata né considerata ). Ma anche
l'anima si crocifigge: crocifigge il proprio istinto, la propria impulsività
nell' agire, il proprio io operante nei vizi, crocifigge la propria indolenza,
la propria pigrizia, la poca disponibilità. Aumenta il sacrificio di sé
fino a sentire le proprie membra dilaniarsi, le congiunture delle ossa
sciogliersi, il proprio corpo tirato per ogni verso.
4)Quando
soffre in tutta se stessa, quando dai piedi alla testa è tutta un cumulo di
dolori, l'anima sale ad una sofferenza più alta: scorda quasi la propria
sofferenza e prega per coloro che le fanno del male.
5)Il
gradino successivo sarà nell'offrire tutti i propri patimenti per la redenzione
degli altri. Ormai l'anima non pensa più a se nella sofferenza, e quest'ultima
diventa più pura come sempre più puro è l'amore verso il prossimo...Adesso la
sua sofferenza più grande è vedere che gli altri non profittano del suo dono:
dell'offerta sacrificale della propria sofferenza per loro...Soffre
moltissimo pensando che molti non profitteranno della Passione di Gesù, soffre
pensando al dolore di Gesù per queste anime perdute.
6)
L' essere appesi e crocifissi in croce è brutto ma il dolore aumenta nel
sentirsi nudi, disprezzati e soli. E' l'ultima battaglia contro il proprio io,
l'io non vuole morire a se stesso e si dimena come un pazzo...ma è necessario
spogliarsi di sé, non avere neanche più se stessi né l'idea di sé...Dio
aiuta l'anima in questo con il disprezzo, infondato
e ingiustificato, da parte degli altri e, con la solitudine tremenda in cui è lasciata da tutti, nei
momenti proprio di maggior dolore e necessità. Né amici né conoscenti la
consolano. Ed a farle compagnia vi è solo una sofferenza ancor più grande e,
per lei, atroce: vedere il coltello di dolore che trapassa l'anima dei suoi cari.
Ma è proprio allora che nel patimento più grande, senza nessun conforto e
consolazione, senza più nessuno, che lei si appoggerà veramente a Dio, in un
distacco da tutto e da se stessa per ritrovarsi solo nell'unione con Lui.
7)
L'altro grado di sofferenza è per la sete. Ha sete di anime da portare al Suo
Dio: è un dolore per un intimo e profondo amore.
8)
Fino alla morte dovrà bere un calice di amarezza. Il suo aceto e fiele. E ne è
consapevole.
9)
La cruda amarezza della morte: anche quando il dolore è sommo dagli altri non
ci saranno che insulti, abbandono. Ma la solitudine profonda l'avverte nel
sentirsi abbandonata anche da Dio. E' la prova delle prove.
10)
Appena capisce ed è immersa nel mare dei patimenti Cristo diventa veramente il
principio e il termine ultimo del suo amore. Nulla può essere paragonato alle
Sue larghe e profondissime Piaghe ed essa vi si nasconde.
11)
Le piaghe le hanno trapassato gradualmente la carne, le midolla delle ossa e le
intime viscere. A tal punto è profonda la sofferenza ed è
inimmaginabile...senza Cristo accanto non avrebbe potuto sopportarle.
12)
Alla fine il corpo interiore dell'anima sarà lacerato completamente e ricoperto
di tutto il suo sangue. L'avrà versato tutto e solo allora sarà la fine del
dolore...non potrà soffrire più perché perché avrà offerto a Dio
sull'altare tutto ciò che le era possibile, fino all'ultima stilla come il suo
Signore. Avrà bevuto il calice di dolore fino all'ultima goccia.
13)
L'anima sarà regina come il suo Re. Vittoriosa, infatti, perché non avrà più
nulla da donare, vittoriosa su se stessa, vittoriosa sulla morte, il peccato,
il diavolo, il mondo, la carne, su tutto. Potrà dire, inchinandosi al Re dei Re:
"Tutto è compiuto" in un' Unione totale con Cristo.
14)
Sarà pronta per consegnare se stessa a Dio con l'atto di sublime carità:
nell'ultimo suo respiro penserà non a se stessa ma alle anime.
15) Quando avrà donato tutto ci sarà sempre qualcuno pronto a ferirle il cuore per stillarle più di quanto umanamente può dare. E da lì che scaturiscono le più abbondanti sorgenti di grazie per il riscatto e la redenzione di altre anime.
Gesù con la Sua Passione ha salvato il mondo, io partecipando alla Sua Passione partecipo alla salvezza delle anime.
Non dobbiamo avere paura delle croci perché Dio ce le dà su misura, del resto la vita è una via crucis: ogni uomo nasce crocifisso, solo che le croci vissute in Dio, sono luminose, più leggere, diventano positive. Dio ci dà le croci per spogliarci dell’io egoistico, dell’orgoglio, della presunzione e per rafforzare la volontà.
Mi
sembra di non avere affatto delle croci da portare forse perché, con Cristo vicino, tutto
sembra piacevole e, ogni croce, un “giogo soave”.
Ho capito che non è importante solo accettare la croce ma il modo in cui la accettiamo. E ciò che pesa di più, nel portarla, è il soffrire da soli, in silenzio e nel nascondimento. La cosa più brutta per la natura umana è sentirsi soli ed abbandonati, nella sofferenza più grande...e spesso la croce ci schiaccia. La cosa più meritevole sarebbe nasconderci in Cristo e riporre sul suo Cuore ogni nostro affanno, perché, questo nostro soffrire in silenzio di fronte alle creature, dà un valore immenso alla nostra sofferenza in quanto dimostriamo così la nostra fiducia incondizionata a Cristo e il nostro abbandono totale in Lui.
A
volte afferro di sfuggita ciò che Dio vuole da me senza riuscire a
focalizzarlo, anzi credo che volutamente io Lo sfugga per paura di ciò che
potrebbe chiedermi o rimproverarmi. Ma… vivo male, nella confusione e in una
profonda agitazione, finché non mi decido a pormi davanti a Lui, a far silenzio
dentro me permettendoGli di parlare. “A Te, o Dio non si può sfuggire! Dove
potrò nascondermi?” Ed oggi ho sentito un aspro rimprovero nei miei
confronti: ho sentito che Gesù non è contento di me perché tutto ciò che Gli
offro glielo offro “con il muso”, “storcendo la bocca” e lamentandomi in
continuazione. E questa sarebbe “offerta”? Gesù non si accontenta delle
briciole della mia volontà, ma vuole una volontà che decida per Lui con
pienezza, con fermezza, con gioia! Ed io mi sento inchiodata ad una realtà che non voglio ma che
subisco.
E
Gesù mi domanda "In tutto questo Io dove sono?" Ed ho capito che non
è così che si porta la croce: io non la porto ma la sopporto, perché non la
porto con gioia! Ma non è solo questo: la croce occorre portarla con
amore…non si può dissociare dalla carità perché non sarebbe una croce santa
bensì una delle tante croci che affliggono l’uomo. Ero troppo intenta a
pensare alla croce da “sopportare” e alla “gloria” che mi avrebbe dato
che, ho perso di vista, l’aspetto fondamentale della carità. Più la croce si
faceva pesante e più, inconsciamente, ne gioivo perché avevo di più da
offrire a Dio…dimenticandomi però della salvezza del mio prossimo più
vicino. A poco a poco ho cominciato a veder solo me, i mezzi, le possibilità di
crescita, senza preoccuparmi più dell’altro. Ho capito che ho offeso la
Croce: non ne ho fatto uno strumento di redenzione bensì la bandiera di una
giustizia tutta mia.
In
questo periodo quaresimale, sento di seguire Gesù al Calvario e, ciò che Lui
mi chiede soprattutto, è di seguirLo nell'aspetto avvilente
dell'"umiliazione" della croce. Riesco a soffrire in silenzio tante
umiliazioni, riesco a calpestare me stessa per amor Suo e, solo per Lui...ed è proprio in queste umiliazioni che io trovo la mia vera dignità,
la mia forza, la mia identità, la mia realizzazione...
Ma
quello che poteva essere per me un guadagno, l'ho considerato una perdita a
motivo di Cristo. Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla
sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho
lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di
guadagnare Cristo e di essere trovato in lui,... (Filippesi
3,7)
Pasqua
è anche questo passaggio dal "non senso" al "senso" della vita che è Cristo, dalle
cose che "non contano" a quelle che "contano", "al perdere per guadagnare", perché
tutto è spazzatura (soldi, onori...)
In questa Pasqua il mio desiderio vero era proprio questo: di sentirmi veramente rinascere nel sentire Cristo in me. La via più comoda e più bella: dedicarmi totalmente allo spirito, curare l’anima…trascurando il resto. Ho scelto la via più sgradevole: le pulizie in casa, gli inviti, le preoccupazioni umane….E’ stato un sacrificio per me…e non mi dispiace; solo che, mi sono fatta prendere troppo, dal vortice delle cose mondane, curando poco la preghiera, la lettura, la meditazione. Al solito, non ho avuto equilibrio! In fondo, però, è stata anche una bella Pasqua. Una Pasqua diversa perché in qualcosa sono riuscita a far signoreggiare Gesù nel mio cuore. Ho evitato qualsiasi genere di acquisti per me…in queste feste sono andata in giro come una “stracciona”, proprio perché tengo molto al giudizio degli altri ho voluto castigare la mia vanità, umiliandomi. Scarpe vecchie, cappotto logoro, sempre stessa gonna e maglione, pochissimo trucco…. Mi vedevo sciatta e scialba agli occhi degli altri ma non mi interessava…Quanto imperfetto ed errato il giudizio umano, che si ferma all’apparenza e non sa andare oltre, a guardare il cuore o a cercare di capire l’animo piuttosto che l’esteriorità di una persona! Ma io guardavo il mio cuore e l’ offrivo a Dio in segreto...
La
sofferenza mi unisce di più a Gesù perché mi fa scoprire e capire di più i
tesori della sua Passione.
Nel
compiere la propria missione Gesù ha messo al primo posto il Padre separandosi
perfino dalla Madre ed accettando di vederla soffrire un dolore così grande sia
lungo la via al Calvario sia ai piedi della Croce. Per un' anima sensibile è
doloroso più del proprio dolore veder soffrire chi ci ama e chi amiamo...Quella
separazione sulla via del Calvario mi ha portato a riflettere sulla necessità
anche per noi, nella strada della croce, della separazione e del distacco da
tutto ciò che ci lega alla terra (anche degli affetti più cari) per amore di
Dio e per il compimento della nostra missione. Il nostro amore per il Padre deve
essere più grande dell' amore verso qualsiasi creatura....
Le
ferite al Corpo di Gesù rappresentano le varie forme di peccato che noi uomini
possiamo commettere e che Gesù, con le sue SS. Piaghe ha redento:
le
ferite al capo: tutte le forme di peccato con il pensiero;
alle
mani: ogni forma di agire peccaminoso;
alla
schiena: ogni forma di tradimento;
al
costato: i peccati contro la carità, verso Dio e verso il prossimo
;
ai
piedi: ogni forma di indolenza e di pigrizia sia nel soccorrere il prossimo sia
nel cercare Iddio .
Gesù
ha anche sofferto nell'anima (nell'Orto degli Ulivi) per comprendere in sé non
solo le sofferenze fisiche ma anche quelle spirituali (le tenebre dell'anima,
il senso di abbandono e di rigetto da parte di Dio,..)
Meditando
sulla Passione di Gesù mi chiedevo il perché dei dolori inimmaginabili di Gesù,
detto l'Uomo dei Dolori,...tanti Apostoli hanno sopportato le stesse pene, gli
stessi tormenti, lo stesso martirio...ed allora perché? Un sacerdote mi ha
spiegato che Cristo soffrì in modo unico proprio perché senza peccato, senza
macchia, la sua sensibilità soffrì quindi in modo atroce gli insulti, la
condanna, l'abbandono...Perciò ho concluso che un'anima più è elevata a Dio e
più è pura, più è sensibile, più soffre e più desidera la perfezione che
si trova in Dio soltanto!
Se
noi ameremo la sofferenza, essa "cesserà di essere sofferenza per essere
delizia". Quando ciò avverrà, secondo me, non avremo più nulla da distruggere
in noi perché, convertire la
sofferenza in gioia, equivale all'aver raggiunto la purezza dell'amore.
Ora capisco il primo comandamento "amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le tue forze". Il difficile è proprio amare Dio sopra se stessi...
Nella
sofferenza mi sento maggiormente unita a Lui. Forse è proprio il dolore che ci
unisce di più a Dio...per questo la croce viene esaltata, la croce è la via di
salvezza del cristiano, è la scala verso il cielo. E' la croce l'unica realtà
che può unirci a Cristo, al Padre. Più esploro questa verità e più afferro
(anche se impercettibilmente) il disegno di salvezza di Dio: il legame, la
connessione intima e profonda tra l'amore e il dolore. Non c'è amore senza
sofferenza, né sofferenza vera senza amore. Mi rendo conto di come l'anima
abbia veramente in sé l'impronta del Padre, è come se ad essa fosse data la
capacità di capire, nella propria esperienza d'amore verso Dio, nel proprio
rapporto con Lui, i misteri, le verità, la parola delle tre Persone della SS.
Trinità. E, man mano che essa procede in questa scoperta, non può far altro
che riconoscersi un nulla di fronte a tanta Perfezione...Quindi l'umiltà è l'humus
sul quale si fonda la vita spirituale: nel sentirci meschini ed indegni,
incapaci del bene, sentiamo in noi l'autentico bisogno di amare Dio, di
affidarci a Lui. E' l'umiltà la strada per arrivare a Lui e, soprattutto nelle
tenebre ed aridità interiori, questo atto di affidamento al Padre acquista un
valore immenso: una testimonianza unica di amore puro verso Dio.
La sensibilità nasce dalla sofferenza e la sofferenza è la più grande scuola di vita. Nella sofferenza si trova tutto...tesori immensi: pazienza, comprensione, disponibilità, sensibilità, sopportazione, amore...nella sofferenza si apprende, soprattutto, l'amore. Chi più soffre, più ama e più sa amare! Il dolore inasprisce, incattivisce, solo quando non lo si riesce ad accettare.
Il Golgota e
Maria... sofferenza
dell’anima
E’ una
dolcezza e, nello stesso tempo, una tortura dolce non possedere Dio
interamente…è come se desiderassi una maggiore completezza, un maggiore
appagamento, il desiderio di un contatto più intimo, di un
godimento dell'anima senza più limiti. Ho capito che il Purgatorio qui,
sulla terra, non è solo sofferenza fisica in sconto dei nostri peccati ma anche sofferenza
spirituale...in questo continuo patire e tormentarsi dell'anima nel
voler essere degna di Dio, nel desiderio struggente di piacerGli, nel desiderio
struggente di volersi congiungere a Colui che ha conosciuto. Una sofferenza che è anche dono: dono di
sé, sacrificio, immolazione...La sofferenza legata all'amore per Dio ha in sé
qualcosa di soprannaturale: è spoglia di qualsiasi tipo di egoismo che può,
invece esserci negli altri tipi di sofferenza: essa infatti assume la forma di
dono sacrificale di sé a Dio! Più cresciamo nell'amore e più diventiamo
simili a Cristo: come il nostro amore imita il Suo, così la nostra sofferenza
imita la Sua SS. Passione. Non posso votarmi all'Amore se non mi voto alla
Sofferenza. Ecco perché il comandamento più grande è l'amore: perché la via
obbligatoria del Cristiano è la Croce. Si devono realizzare entrambe ed
insieme!
Ed
essendo, questa gioia interna all’anima, al di sopra delle gioie terrene anche
la sofferenza causata dal privarci di essa sarà interna all’anima, diversa
dalle pene terrene...Avvicinarsi all’Amore che è Dio significa passare
attraverso il crogiuolo della Purificazione Assoluta, in
un cammino che comprende
l’amore in varie forme, sempre più esigenti, in un passaggio attraverso purificazioni sempre più
grandi. La purificazione è una lima nelle
nostre mani (purificazione attiva) e nelle mani di Dio (purificazione passiva) che ci smussa pian piano,
gradualmente e sempre con maggior incisività per delineare la nostra sagoma, il
nostro essere, per renderlo perfetto nel contemplare la Perfezione.
Santa Teresa d'Avila parlava della SS. Umanità di Gesù...io l'ho capita a modo mio. La sofferenza nasce da un bisogno di qualcosa di cui si è privi...Dio quindi non soffre perché non ha bisogno di nulla, però Cristo, in quanto Uomo, ha sofferto e, in quanto Dio, ha sofferto in maniera infinita ( ecco perché Uomo dei dolori per eccellenza). "Il servo non è più grande del padrone": da questa considerazione nasce un grande amore verso Gesù Crocifisso, infatti, mi sembra tanto immensa la mia sofferenza ma, cos'è in confronto alla Sua?
Il
Golgota e Marta... sofferenza in casa
IL
SERVO NON E' PIU' GRANDE DEL PADRONE
Una
sofferenza atroce attanaglia la mia anima...una frase mi torna in mente IL SERVO
NON E' PIU' GRANDE DEL PADRONE
e mi chiedo:
"Quanto
avrai sofferto Tu, Signor mio?"
"Tu
soffri perché ti senti sola , incompresa, perché non riesci semplicemente a
far capire agli altri la grazia che hai ricevuto e ti sembra così difficile
dialogare e vivere con gli altri. Ed Io allora? Puro e senza macchia come pensi
che abbia vissuto la solitudine, l'incomprensione degli uomini, la difficoltà
di dire loro di essere il Santo e Figlio di Dio? Come è stata trafitta la mia
sensibilità dall'incomprensione, dalle ingiurie, dall'abbandono e dal
tradimento degli uomini! E questa tortura continua tutt'ora!
Sono
andata a letto fermamente decisa a far pace con G. , qualunque fosse il prezzo
da pagare. Dopo la S. Messa Qualcuno era rimasto impresso nel mio cuore ed era
per amor Suo che sentivo di doverlo fare…ma al momento ero come paralizzata:
non riuscivo a muovere un piede nella sua direzione, non riuscivo a slanciarmi
per un abbraccio. Dapprima si è scatenata dentro me una lotta terribile: il mio
io urlava "no, non lo fare, non puoi, non devi farlo" non so come
spiegarlo: sentivo tutto l’urlo straziante della mia carne che si ribellava
solo al pensiero, tutta la mia umanità ferita pretendeva vendetta non perdono,
il cuore mi batteva a più non posso, sembrava scoppiarmi nel petto e, talmente
erano forti i suoi battiti, che mi sentivo scuotere nel letto, seppur immobile.
Ma il pensiero di Dio era più forte e dentro me sapevo che l’avrei fatto,
sarei riuscita, nonostante tutto, a far pace. Era solo questione di tempo e…mi
sarei lanciata anche nel vuoto, almeno questa era la sensazione che provavo. Ho
pensato alla I
lettura della S. Messa, ad Abramo, alla nostra disponibilità ad offrire a Dio
anche l’impossibile. Questo era quello che sentivo: mi chiedeva una cosa, per
me, impossibile. Ero pronta. All’improvviso, forte, si è insinuata nella
mente una domanda terribile: “ e se mi avesse tradita?” Ho capito che, se
permettevo a satana di intrufolarsi di più nella mia mente con questi dubbi,
con queste angosce, con questa sofferenza ed umiliazione, non ne sarei uscita più.
Sarebbe stata la fine, non avrei potuto offrire più nulla e tutta la sofferenza
presente e passata sarebbe stata senza senso. Anche qui ho pensato alla S. Messa
domenicale " è l’amore che riscatta la sofferenza e le dà un
senso". Come scacciare però dalla mente questo pensiero che vi si
affacciava con insistenza? Mi sono aggrappata a Lui, al pensiero di Gesù.
Sapendo che era una tentazione, un tentativo del demonio per non farmi fare
pace, ho pensato a Gesù nel deserto, alle sue tentazioni. La tentazione del
pane, cioè la soddisfazione di un bisogno della carne. Anche la mia era una
tentazione simile: il bisogno di soddisfare la natura umana che si ribellava di
fronte a tanta umiliazione, il bisogno dell’io che voleva “soddisfazione”
all’affronto subito. Ho pensato a Gesù…il vero nutrimento è Lui,
l’ascolto della Sua Parola, al di sopra del soddisfacimento dei bisogni umani
e naturali dettati dall’io.
II
tentazione: il dominio delle ricchezze, del mondo, di tutto ciò che è creato
ed umano. La tentazione di far signoreggiare nella mia vita, sul mio spirito,
l’egoismo dominatore, spodestando Dio dal trono del mio cuore, Dio che mi
chiede invece servizio, abnegazione, umiliazione, sacrificio.
III
tentazione: cedere alla tentazione significa cedere al demonio che mi sfida “
sei nel giusto perché sei tu che hai subito un torto, nulla ti potrà accadere
perché Dio è con te, segui te stessa, il tuo istinto, tanto Dio ti è vicino e
ti salverà comunque” L’invito a seguire le mie inclinazioni umane, a
seguire la via più facile, in virtù di una giustizia umana e divina.
In
quel momento ho pensato a Gesù il vero Innocente, l’Unico senza macchia e
senza peccato, l’Unico Giusto…ho visto la folla e ho sentito il loro
”crucifige”. Chi più di Lui aveva in quel momento diritto alla gloria, chi
più di Lui aveva diritto a far valere la giustizia, chi più di Lui poteva
servirsi della potenza di Dio a Suo favore? Eppure non l’ha fatto subendo sia
il massimo delle umiliazioni come Uomo e l’umiliazione infinita essendo Dio.
Ho pensato "io ho solo una persona che in questo momento mi crocifigge e mi
costringe ad umiliare me stessa, Lui aveva una folla di persone che Lo
accusavano pur essendo Giusto, Lo calunniavano pur essendo Innocente, Lo
umiliavano pur essendo Dio! Non ha scelto la via della Gloria, non si è
rivestito della Sua Potenza per affermare la Giustizia…non era il momento. Era
il momento della scelta della Croce, era il momento di rivestirsi delle
umiliazioni, era il momento della sconfitta apparente, della morte." Ed ho
capito, in quei momenti, che anch’io dovevo scegliere come Lui se volevo
veramente essere cristiana, sua seguace. Finché l’io non sarà distrutto non
potrà esserci la gloria della resurrezione, non potrà esserci vera giustizia
perché "nessun uomo è giusto". Ho capito fino in fondo tutto quello
che Dio stava facendo per me…io, da sola, non potrò mai e poi mai sconfiggere
ed annientare me stessa, purificarmi…e tutto ciò che mi accade e mi è
accaduto di subire è solo un mezzo di cui Dio si serve per purificarmi
(purificazione passiva), per bruciare l’egoismo che è in me. Come nel
Purgatorio questo fuoco di purificazione fa male: da qui la sofferenza intensa
di questi momenti in cui ci si sente straziare l’anima. Strappare da se stessi
uno spillo di amor proprio è come uno strapparsi le viscere, gli organi di un
corpo, tanto fa male questa purificazione…è una sofferenza e una lotta tutta
interiore.
Queste
son le cose che mi son passate in mente prima di chiudere gli occhi e far questo
“salto
nel vuoto” verso la pace. Una sorta di duello in me tra Cristo e satana,
la Luce e le tenebre, la coscienza del Bene e l’attrazione del Male. Una lotta
tra la mia natura ribelle e i desideri della mia spiritualità. Ho invocato la
Madonna del Soccorso in mio aiuto, ho invocato Colei che schiacciò la testa al
serpente, supplicandola di schiacciare, allo stesso modo, il mio io
calpestandolo per me che non riuscivo a farlo. E Lei mi ha aiutata, Soccorso dei
deboli e bisognosi! Adesso capisco veramente il senso del cammino quaresimale,
il senso del cammino verso la Pasqua. Bisogna impersonare Cristo durante questo
cammino, per fare veramente Pasqua.
Mi
sono sentita amata e privilegiata da Gesù "se mi fa soffrire tanto è
perché mi ama veramente tanto". L’amore è l’unica cosa che riscatta e
dà un senso alla sofferenza. Se voglio che tutta questa sofferenza non venga
sprecata, devo amare.
CRISTO RE
Ciò che il mondo considera sconfitte possono essere per noi vittorie dell'intimo...Cristo regna vittorioso nel dialogo con coloro che l'hanno arrestato ed interrogato. Gesù sa cosa sta per accadergli eppure si consegna ( l'atteggiamento in apparenza di sconfitta, dimostra in realtà la grande forza interiore di Gesù e la vittoria assoluta su se stesso, sulle paure, sugli istinti difensivi del corpo...). Gesù non reagisce, chi non lo fa viene considerato in genere, dal mondo, debole...Egli è forte perché è preparato e pronto a bere il Calice di dolore. Gesù non si giustifica, non si difende, non accusa...la sua forza e la sua vittoria sono interiori. Al momento opportuno Gesù parla proprio quando si tratta di "Regno" e di "Re"...egli è veramente Re vittorioso di un Regno che non è di questo mondo, è Re dell'animo umano, è sovrano dell'interiorità. Tutto potrà toglierci il mondo ma non potrà toglierci mai l'anima che è di Dio. Un altro fatto che potrebbe indicare da un punto di vista umano, debolezza e sconfitta è il silenzio. Ma, in Gesù e nell' uomo interiore, il silenzio è forza, è vittoria sull' uomo carnale. L'uomo spirituale non ha bisogno di parole per farsi ragione o dimostrare la verità...la sua coscienza è testimone delle ragioni, la sua verità è Dio che legge nel cuore. Gesù alla fine sottolinea la differenza tra la veduta umana e quella divina, il potere umano e quello divino...In apparenza il forte è Pilato che decide la morte di Gesù, in realtà Cristo è il forte che ha vinto la morte, il peccato, l'uomo, per far resuscitare lo spirito.
VOGLIAMO VEDERE
GESU’ ? LO POSSIAMO!
Nella vita occorre tenere gli occhi chiusi al mondo e concentrati solo in Gesù sofferente per noi. Occorre consolarlo con i nostri compiti e doveri, con i nostri dolori, le nostre continue offerte. Se riusciremo a farlo sempre, ad identificare la nostra vita con quella ad occhi chiusi, da sogno, potremo pure aprire gli occhi e continueremo sempre a vedere Gesù perché, divenuti un tutt’uno con Lui ,la realtà concreta e quella soprannaturale, saranno per noi un’unica e sola realtà.
Breve
parentesi
Mi
scuso, care amiche, se sono stata troppo sdolcinata e ripetitiva, ma...l' amore
quando è dentro di noi e riempie tutto noi stessi, non si può contenere ed
esce fuori in sovrabbondanza, in sdolcinature e solite ripetizioni. L'amore
quando è autentico, quando è vero, è così: senza limiti, senza misure, senza
tempo, senza schemi. L'amore spontaneo rompe tutti gli argini della mente, del
cuore, del pensiero....non sono sdolcinature, non sono ripetizioni...sono i
sentimenti veri, le manifestazioni autentiche di chi ama. Sono i moti del cuore.