CAMMINO IN FAMIGLIA     

 

Consideriamo Allah: è un dio che vive in eterna e somma solitudine. Il nostro Dio invece è un Dio-Famiglia. Dio è Amore e, per esserci amore, ci vuole l'altro per lo scambio d'amore...l'amore infatti è un sentimento che si riflette e si riversa su un altro. Dio è Unico pur nella diversità delle tre Persone della SS. Trinità. Inoltre, un'altra caratteristica dell'amore, è che non si può contenere, ha la caratteristica di espandersi...ecco così la creazione.

Gesù non ci comanda di amare il mondo ma di amarci l'un l'altro...così non ci spaventa la quantità e non corriamo il rischio che, mentre parliamo della fame, qualcuno accanto a noi muore di fame! L'amore comincia a casa! ( radio Maria)

 

Ero triste nel lasciare Gesù solo, nel Tabernacolo ma...Gesù si può portare fuori dalle mura della Chiesa, con noi, dentro casa, dentro il condominio, dentro le piazze...ed ho capito che non lascio Gesù solo, in Chiesa, se lo porto con me! Se lo porto tra me e mio marito, se lo porto tra le mie figlie, se lo porto ai miei parenti e conoscenti, se lo porto nel mio vicinato,...se lo porto veramente dentro me stessa! Gesù allora non soffrirà la solitudine, la trascuratezza, l'abbandono, la freddezza, l'ingratitudine, Egli non sarà poco considerato ma onorato da noi come un Ospite importante e ne rimarrà consolato.

"La tua famiglia al
completo è il luogo del tuo incontro
pieno col Signore."
( P. Teresio)

NOI CONIUGI

Nessuno è creato dalla Vita come sostegno per i vostri sogni, perché due occhi non sono fatti per guardare l’uno verso l’altro, ma entrambi verso la stessa direzione; diventando così ognuno luce per l’altro. Crescete comprendendo questo, e troverete, assieme a ciò che cercavate, anche ciò che non cercavate. Ma dopo questo, non dubitate più. Se dubitate che sia Amore, infatti, già non è Amore. E non calcolate. Se calcolate i vostri passi, infatti, già non è Amore. Non appoggiatevi all’altro con tutto il vostro peso. Ma posatevi come un raggio di Sole su una foglia. E come una foglia accogliete l’altro raggio di Sole. Asciugate le vostre lacrime e senza timore concedete al vostro cuore questa luce e al vostro animo questo calore. Ma state attenti agli incanti! Perché i raggi di Sole non sono il Sole. Non riversate sull’altro tutta la vostra nostalgia di cielo: egli non è in grado di contenerlo, né mai voi potreste contenere il suo. Non valutate l’altro per ciò che non potrebbe mai avere, o finirete per svalutare voi. E tutto questo non è Amore. Non precipitate l’uno dentro l’altro, ma tenendovi per mano camminate insieme.

Portate l’amato non al centro del vostro cuore, ma del suo, perché lì troverà anche il vostro, e insieme troverete il cuore al centro del cosmo.

Sarete sottoposti a molte prove, e spesso l’orgoglio vi chiederà di scegliere sé al posto dell’Amore. Ma non ritiratevi da queste battaglie, perché altre non ve ne sono di più utili per voi. Se vincerete, avrete vinto. Se perderete combattendo e affilando il cuore, avrete vinto. E quando il tempo vi avrà condotto fino a farvi decidere di fondere per sempre le vostre due vite, conoscerete quote più alte, ma anche la durezza di cadute mai pensate. E vedrete spesso andare in frantumi tutti i vostri sogni. Ma sarà allora che potrete dischiudere davvero le vostre ali.

Non maledite gli eventi, perché siete voi che avete in mano il timone del vostro destino. E non sarà rompendo questo vostro vaso e dicendo addio all’amato, che le vostre radici troveranno nuova forza: questa gabbia di creta è in realtà ciò che le salva dall’essiccare.

Siete voi che dite, quando non vi sentite amati: l’Amore è finito. Quella è invece la stagione in cui comincia. Poiché il valore di chi governa la nave è nel condurla anche controvento.

Siete voi che dite, quando finiscono le sensazioni: Ma io non amo più. Non scambiate però l’Amore con le sue sole sensazioni. Poiché il valore di chi governa la nave è nel condurla talvolta anche a vele sgonfie, fino ad altre zone di Vento.

Pertanto siate fedeli, perché nell’infedeltà diventate doppi e quadrupli. E se vi è già difficile condurre una vita, come potreste condurne due o quattro? Dividendo in due un germoglio non si hanno due vite, ma nessuna. Pensando di incontrare nuove gioie incontrereste dolori maggiori di quelli cui voltate le spalle. Perciò tornate a guardare verso chi vi aspetta, ma non per dirgli: Tu non mi ami. Bensì: Io non so amarti. Questo è necessario per far scendere l’Amore sull’amato.

Alzate lo sguardo sulle virtù dell’altro, perché avete passato il tempo senza conoscervi.

Ma se poteste entrare, e a volerlo potreste, nella mente di chi vi ha accompagnato, per sfogliare insieme il libro della vostra vita, scoprireste quanto siano belle in realtà tutte quelle pagine già scritte, e quanto saranno belle tutte quelle ancora bianche.

Ricordate che il vostro cuore nasconde un Vento inesauribile che saprebbe amare, oltre al vostro amato, anche oltre il vostro amato. E attraverso di lui amare anche tutto quanto il mondo.

Ergetevi come gabbiani in queste possibilità di volo assieme. Non fatevi orfani di gioie grandi e di dolori grandi, accontentandovi di rischiare solo in parte. Ma alzate il capo e abbiate fiducia, poiché se di questo Amore amerete, sarete come due raggi che si incontrano al centro della ruota, ove poter cogliere assieme tutto il senso del ruotare della Vita. (dal PROFETA DEL VENTO)

Crescere insieme comporta il rischio di conoscersi così profondamente da non piacersi più, il rischio di mettersi a nudo di fronte all'altro. Di fronte a delle osservazioni, da parte del coniuge, le prendiamo come critica, come tentativo di svalutazione...Forse vogliamo che l’altro abbia di noi sempre l'immagine idealizzata ed abbiamo paura che ci conosca fino in fondo. Abbiamo paura di ciò che potrebbe vedere o scoprire di noi. E questo perché siamo la prime a non piacerci e a non amarci!

Bleffiamo con noi stesse, ci illudiamo di saper amare ed invece ci accorgiamo che non ci piaciamo, non abbiamo fiducia in noi, non ci stimiamo. Non siamo inserite in un percorso di miglioramento della personalità e non costituiamo un elemento di confronto, di verifica per lui; siamo un peso mortale, negativo, perché difficilmente accettiamo che l'altro continui  nel proprio cammino di crescita, in quanto lo vediamo come minaccia al nostro equilibrio e come indicatore della nostra inconsapevolezza, della nostra nevrosi. Così, insieme, ci ostacoliamo nella crescita e perdiamo fiducia in noi stessi. 

La colpa si dà sempre all'altro: è lui che ci ha deluso, che non è maturo, che non è all'altezza del compito, dell'incarico coniugale. Ogni tanto, facciamo un esame critico di noi stesse ma, difficilmente, esaminiamo con obiettività il nostro comportamento, difficilmente verifichiamo la validità delle nostre aspettative. Tendiamo a fare le vittime. Non vogliamo scendere a compromessi rispetto ai nostri bisogni, al nostro personale senso di giustizia, al nostro personale senso di verità. Siamo convinte che, prima di tutto, vengano i nostri sentimenti, soprattutto il nostro modo di sentire. Se ciò non succede, ci consideriamo vittime innocenti. Ma è la figura della vittima che crea il ruolo del carnefice!

Cerchiamo nell'altro la perfezione. Questo è tipico di una personalità tipicamente infantile, onnipotente, che non vuole confrontarsi con la realtà umana. Pretendiamo che l'altro capisca senza che noi parliamo...

Soffriamo e andiamo alla ricerca del perché egli si comporta in un certo modo, perché sembra che non ci ami sufficientemente, perché non comunica, perché non è dolce...Ma, questa nostra sofferenza, significa soltanto l'incapacità nostra di tenerlo sotto controllo e di gestirlo come vorremmo. Ma questo non è vero amore! Dobbiamo imparare a gestire noi stesse!

In fondo, non cerchiamo amore ma protezione, comodità, la possibilità di realizzare i nostri desideri attraverso qualcun altro. Perché non farlo da sole? Cercando l'ideale usciamo da noi stesse, costruiamo la nostra felicità all'esterno di noi stesse. Il desiderio di un partner ideale è sinonimo di infantilismo, del credere che tutto sia possibile. Ci vogliamo sottrarre alla nostra responsabilità di persone adulte: è un modo per restare bambine. Vogliamo dal rapporto più di quanto esso sia in realtà in grado di darci!

Un'altra illusione è credere che l’altro possa capire immediatamente o intuire ogni nostra sensazione, desiderio, sfumatura. Sottoporre l'altro a continue ed estenuanti analisi psicologiche non è rispetto ma nasconde delusione, perfino manipolazione. 

Siamo fuori dalla realtà anche quando pretendiamo di sapere tutto dell'altro, di conoscere i suoi più reconditi bisogni, le sue più intime sfumature. Ci illudiamo pensando che, il manifestare tutto di noi e il sapere tutto di lui, creino automaticamente l'intimità, la complicità, il successo di un rapporto. Se siamo spinte ad esprimere sempre tutto, se  sentiamo il bisogno di buttar fuori, di esternare tutto ciò che sentiamo dentro perché non siamo in grado di controllare le nostre emozioni, le nostre frustrazioni, il nostro stato d'animo, dobbiamo però avere rispetto di chi è capace di star bene solo con se stesso...  

Dobbiamo  liberarci dal peso di dover realizzare delle illusioni e ci sentiremo più leggere, non più logorate, frustrate e potremo scoprire l'altro per quello che è, permettendogli di cambiare a modo suo. Ogni tanto lo dobbiamo confermare nei nostri sentimenti, nell’affetto, nell’amore...Occorre guardare più a ciò che ci unisce piuttosto che a ciò che ci divide. I compromessi si possono raggiungere su valori secondari come il modo di cucinare, di vestire, di impiegare il tempo libero, o sulla frequenza dei rapporti sessuali, l’educazione dei figli…ma non su ciò che limita la crescita spirituale e psicologica dell’altro. Dobbiamo farlo sentire amato ed accettato, solo così deciderà di cambiare...Ricordare i litigi, i conflitti, le meschinità, favorisce solo un ulteriore tentativo di dominio, di voler avere ragione sull’altro. Dobbiamo lasciar perdere.  

Quando egli mostra il desiderio di stare un poco da solo o di coltivare i propri interessi personali ci sentiamo rifiutate, abbandonate, trascurate. Stare sempre insieme non indica maturità di rapporto ma il reciproco bisogno di dipendenza. Il matrimonio non deve essere possesso e dominio dell' altro ma ognuno deve trovarvi un proprio spazio personale. La nostra sofferenza causata dalla lontananza da lui è sintomo di gelosia, di possesso, dell'incapacità a gestire la separazione. E' tutta questione del possedere stima di sé e di sentirsi sicuri interiormente...siamo insicure e sentiamo, i momenti di separazione, come una minaccia; non siamo autonome dentro, non viviamo della nostra spiritualità e siamo oppressive verso la libertà dell'altro...Arrivando ad una consapevolezza personale potremo capire che il problema non è lui, che cerca di realizzarsi, ma ha origine dalla proiezione di problemi irrisolti a livello personale. ( "Terapia dell'amore coniugale" di Valerio Albisetti Ediz. Paoline)

AMORE CONIUGALE

Amare significa introdurre una persona nella mia vita, far spazio all’altro ma uno non può entrare nella mia vita se io sono pieno del mio io totalmente, quindi devo rinunciare a qualcosa, devo lasciare qualcosa. Spesso lo faccio entrare ma, tenendolo a distanza, strumentalizzandolo, prendendolo per ciò che mi può dare o offrire di utile, di piacevole. Per poter vivere in due bisogna “venirsi incontro”, occorre un processo di adattamento reciproco: bisogna lasciare la propria vita, abbandonare le proprie preferenze, i propri hobby, il proprio modo di pensare, le tradizioni, la propria sensibilità…si incontra un mondo nuovo, un mondo diverso. Ma non si nasce capaci di un amore adulto, occorre prepararsi quindi al matrimonio perché si nasce capaci di un amore iniziale ed occorre faticare per costruire un amore adulto. Bisogna essere persone per amare. Se uno vuole amare deve prima diventare "persona". Quali sono le qualità che mi fanno persona? Quali sono le qualità che vorreste trovare nel vostro coniuge? Fedeltà, sincerità, coerenza, forza, senso di gratitudine e di sicurezza, la disponibilità,…questo è il tuo esame di coscienza! Sono qualità che non deludono, che non mi lasciano povero nel rapporto con gli altri. Quattro qualità fanno la persona: le virtù cardinali o morali: giustizia, prudenza, fortezza, temperanza.

Per amare, per essere in grado di amare bisogna essere prudenti, cioè essere responsabili di se stessi e delle proprie azioni, delle proprie scelte. Io sono prudente quando, dopo aver pensato e riflettuto, faccio una scelta. Ecco l’atto più importante della prudenza: faccio una scelta in modo consapevole ( perché ci ho pensato) e responsabile (perché la faccio mia e divento responsabile di ciò che ho deciso).

Bisogna essere giusti: ci sono tante ingiustizie nella vita coniugale. E' ingiusta la persona che disprezza il proprio coniuge, che non lo sa valorizzare ed apprezzarne le qualità. Bisogna abituarsi a dire “grazie”, non è tutto scontato…che tu debba trovare i soldi alla fine del mese…è qualcosa che qualcuno ha fatto, e, se lo ha fatto con amore, dico “grazie”. Dire “grazie” anche per le cose più banali, più ripetitive e che addirittura non si notano più, che entrano nella banalità di ogni giorno, ma sono cose fatte, sono uscite dalle mie mani, ci ho messo amore, lavoro, fatica. Dire “grazie” per riconoscere (ecco la giustizia) quanto sei prezioso nella mia vita. Ogni persona ha diritto di essere rispettata e, nella formula del matrimonio, abbiamo promesso non solo di essere fedeli sempre ma anche di amare e di "onorare" il coniuge…e, nella benedizione degli anelli, si dice: "gli sposi che li portano abbiano rispetto di sé per tutta la vita". Il rispetto, unito alla responsabilità, è l’humus su cui nasce l’amore.

La terza qualità è la fortezza. Sono forti le persone che sanno resistere nelle difficoltà e le sanno affrontare. Non si è mai maestri nell’amore, si è tutti principianti. L’amore deve essere coltivato, non vive di vita propria ma vive dell’amore della persona che sa reggere l’amore anche nei momenti di difficoltà.

Temperanza. L’uomo temperante è l’uomo padrone di sé che, poco alla volta, sa diventare padrone di se stesso attraverso l’esercizio. Non è l’uomo che vive sotto la pressione degli impulsi, delle passioni, degli istinti, ma che si sa dominare, che tempera questi istinti, queste pulsioni e sa essere signore di se stesso e quindi sa esprimere sempre il meglio di sé, sa moderare le espressioni di vita che, essendo eccessive, tolgono armonia e bellezza alla persona.

L’amore ha solo una carica iniziale che poi la persona deve assumere nella sua responsabilità ed alimentare continuamente. L’innamoramento (questo seme d’amore) è più o meno uguale per tutti, regalato da Dio e messo nel cuore di tutti ma dipende dalla qualità del cuore: ci può essere un terreno fertile o sassoso o pieno di spine che dà un inizio di amore, di germogliatura, ma poi cade perché non c’è l’humus che lo alimenti, e... l’humus che alimenta l’amore è la persona con le sue qualità, con le sue doti…Per amare occorre aver costruito questo humus umano dove il seme dell’amore può, non solo attecchire e germogliare, ma portare il cento per uno. A tutti è stata data la lampada accesa in mano,ma, questa, non ha una riserva senza fine,e, ad un certo momento, si esaurisce ed allora può essere alimentata dalla persona che ha formato in sé le qualità per continuare ad amare anche quando l’amore ha esaurito la sua carica iniziale (cioè l’amore diventa difficile o ci si annoia di amare o ci si rifiuta di andare avanti). Noi siamo un campo in cui vengono fuori sia il grano buono (le virtù) sia la zizzania (ognuno di noi ha tutti e sette i vizi capitali)…dobbiamo impegnare il nostro tempo a coltivare il grano buono anziché estirpare la zizzania (dice Gesù) perché "più coltiverete il grano buono e più restringerete lo spazio alla zizzania". Cioè l’amore deve essere difeso, protetto, non si è mai sicuri, definitivamente, di amare. “ L’amore non è, diviene”, si costruisce giorno per giorno con i gesti di amore, alimentati da una personalità che permette, proprio perché è giusta, responsabile, padrone di sé, di alimentare questo amore.

E’ sbagliato considerare l’amore come qualcosa di assoluto, di eterno, qualcosa che si ha oppure non si ha…L’amore va costruito, alimentato, rafforzato, l’amore esige sforzo, occorre lavorare per far crescere l’amore…(Padre Muraro, radio Maria)

Bisogna amare il marito come si ama il figlio: di un amore che non aspetta nulla, che non pretende nulla, un amore che dà tutto senza ricevere niente…un amore gratuito.

Il fatto di non permettere a lui di sviluppare la propria libertà psicologica, spirituale, deriva da: una profonda insicurezza, dal bisogno patologico di controllarlo, dalla gelosia, da profondi sensi d'inferiorità. Altro che amore! Liberarlo da questo bisogno di controllarlo, significa iniziare a divenire libera. Il mio errore è credere che amare significhi possedere l'altro, senza lasciargli la possibilità di essere se stesso. Il mio errore è credere che egli possa, per amor mio, snaturare il proprio carattere fino ad adattarsi "interamente" a me.Non è giusto cercare di trasformare il coniuge a modo proprio, forzando il suo essere, il suo modo di agire e di rapportarsi agli altri, cercando di renderlo più simile a noi. Non è giusto! Amare significa accettare l'altro così come è, con difetti e lacune, bisogna solo limitarsi a correggerne gli atteggiamenti sbagliati e ad indirizzarlo al bene...Non bisogna togliergli la propria  personalità né l'identità profonda...  

Tu dici "ti amo" ma, nel profondo, intendi "ti voglio per me" . Anziché pensare di crescere nella capacità di donare te stesso, pensi di possedere la persona amata come un oggetto. Ecco l'equivoco: proclami l'amore e cerchi il possesso. Dici "ti amo" ma in realtà dovresti dire "mi amo". Oppure scambi l'emozione con l'amore, quest'emozione non ti spinge all'apertura ma al ripiegamento su te stesso: ti voglio perché mi soddisfi. ...amare non è accoppiarsi ma incontrarsi.

L'amore è autentico quando: è dono di sé, cioè offerta della propria ricchezza, della propria vitalità, della propria dinamicità, quasi un traboccare da persona a persona; è premura, cioè interesse attivo per la vita e per la crescita della persona amata; è servizio, cioè disponibilità ad andare incontro alle attese e alle esigenze dell'altro; è rispetto cioè apertura alla conoscenza della persona nella sua realtà e nelle sue possibilità di crescita; è conoscenza, cioè impegno nel cogliere l'interiorità della persona attraverso l'incontro sincero con essa. (Don Novello Pederzini)

Anche l'egoismo, il nostro maggior nemico nella vita spirituale, può, in un certo senso, servirci nel nostro stesso progresso. Ho notato che spesso, grazie all'egoismo degli altri, sono costretta a dare sferzate al mio! E, viceversa, il mio egoismo può servire ad altri a dar prove di sopportazione, di collaborazione, di altruismo, di mortificazione, di ridimensionamento dell'io. Una legge di sopravvivenza necessaria per poter vivere in comunità, in unione con gli altri. Questo è valido, logicamente, quando c'è amore, perché, quando esso manca, tutto cambia: l'egoismo dell'altro mi porta ad essere maggiormente egoista, ancor più chiusa ai suoi bisogni...senza amore l'egoismo nuoce, cresce a dismisura e rovina l'uomo, rovina la comunità.

DIALOGO

Bisogna ridurre al minimo gli attacchi verbali, non servono ad alcunché. Non è comunicare voler avere sempre ragione o dare ordini. La comunicazione non deve: accusare, esigere, deridere, dominare, portare rancore, non deve essere pedante, ripetitiva, ridondante, non deve contenere lamentele, vittimismi…Un ostacolo alla comunicazione  si realizza quando neghiamo una realtà, un comportamento, un atteggiamento negativo della nostra personalità o quando vediamo nell’altro i nostri difetti, le nostre difficoltà e, lo accusiamo, quando dovremmo accusare noi stessi...

“ Nel ribattere le opinioni del coniuge bisogna amare, cercare la verità senza lasciarsi vincere dalla soddisfazione dell' amor proprio e dal trionfo delle proprie idee, le quali hanno forse la sola ragione di essere proprie. Nessuno si può vantare di possedere "interamente" la verità. Quasi sempre c'è, nell'opinione contraria, una parte di vero a cui non si è dato sufficiente rilievo a motivo dei pregiudizi, con cui la si esamina. La sincerità intellettuale, l'amore della verità, l'umiltà e la carità consigliano di ascoltare con attenzione ed imparzialità l'altro ed ammettere di buon grado quello che di vero ci fosse nelle sue affermazioni. Si deve ogni tanto rinunziare al proprio giudizio e prendere in considerazione le idee dell'altro."

Egli risponde a monosillabi o con silenzi al mio desiderio di comunicazione e... il mio insistere nel domandargli che cosa prova, che cosa sente, non fa altro che dargli un grande potere, quello appunto del "non rispondere". Un potere negativo di ricatto che, a lungo andare, ha finito con il frustrare gravemente me che cerco disperatamente di avere un colloquio. Ed adesso sul nostro rapporto è caduto un alto grado di incomunicabilità reciproca. Forse il suo silenzio è una maschera che nasconde la sua incapacità di comunicare, di ammettere di aver torto, che nasconde le sue debolezze, la paura della realtà matrimoniale, l'irresponsabilità...?Tendo a giudicarlo, devo smetterla di cercare così spasmodicamente la giustizia per giustificare la mia incapacità a vivere pienamente la vita.

Si parla della necessità di comunicazione e di dialogo. Finché ho cercato, ho perseguito un dialogo, finché non mi sono posta nelle condizioni migliori di ascolto cercando di capire, di giustificare, di calarmi nei panni dell'altro...non c'è mai stata comunicazione vera perché il dialogo avviene tra due persone ma...se uno dei due non vuole dialogare? Non vuole perché non sa farlo? Ecco che la comunicazione diventa, per assurdo, causa di maggiore incomunicabilità o addirittura "disunione"  tra i due. Prima di qualsiasi comunicazione occorre accettare l'altro così com'è, con ciò che sa e può darti. E' vero si propone l'ideale: il dialogo aperto e sincero su tutto, un continuo esternare all'altro dei propri stati d'animo, dei propri sentimenti, come a se stessi, un partecipare di sé l'altro ma... cosa fare quando tutto questo diventa impossibile per via del carattere introverso, taciturno dell'altro? Quando accolgo l'altro così com'è, la comunicazione avviene non come scambio verbale, bensì come comunicazione di anime e di cuori...una comunione con l'altro, un trasfondere il mio essere nel suo e viceversa...

SACRAMENTO DEL MATRIMONIO- DIO NELLA COPPIA- SANTITA’ A DUE

"Se Dio è Trinità creando l’uomo a sua immagine e somiglianza non può creare un "single", per forza deve creare "in relazione" per rispettare l’immagine che ha dentro. Dove si coltiva l’autentica distinzione si può giungere a straordinaria unità perché la persona ,nella sua distinzione, si sente amatissima...Non c’è lontananza tra la vostra vita di coppia e Dio: certo, Dio è l’infinito e noi siamo nel finito, Dio è creatore, noi creature, questa distanza va conservata ma non vuol dire che non ci sia collegamento, continuità, scomponibilità (la vostra vita di coppia è componibile nella vita di Dio, tra Trinità e famiglia non c’è separazione, distacco, frattura… la coppia è sintonizzabile con Dio, ha dentro il linguaggio divino… se nella Trinità si parla la lingua dell’amore ogni volta che parlate in questa lingua siete sintonizzati, parlate la lingua della Trinità, dell’unità, unità nella distinzione… distinzione nell’unità...dell' amore). Non sentite Dio fuori casa, solo in chiesa, cominciate a sentirlo dentro la vostra relazione. Allora sentite che anche voi siete nelle condizioni di dire qualche cosa di Dio, senza aprir bocca. Ogni coppia, mettendo in atto questa comunione d’amore (con un gesto, un bacio, un favore e tutto ciò che dice rispetto e amore dell’altro), si collega direttamente col dinamismo divino. Ogni coppia scopre la libertà di amare con l’amore di Dio… non vi amate solo del vostro potenziale d’amore ma anche con l’amore di Dio. Nel momento in cui dite "voglio amare" potete tirar fuori un amore sempre nuovo… un amore che oltrepassa il limite, che sa ricominciare sempre, un amore che si tuffa nella Croce per dire “lì, ancor più, dico la mia possibilità, la mia capacità di amare”. Vivendo l’amore autentico la coppia realizza dentro sé il regno di Dio, ne annuncia il compimento. Anche se, dentro questo amore, c’è sempre in agguato la tentazione di chiudersi, di chiudervi in voi stessi come singole persone, o investirsi come coppia senza cogliere l’opportunità che vi sta innanzi come capacità di espandervi… quante occasioni perse di espansione d’amore, di generare amore, di investire di più in amore! Per questo, essere sposo e sposa contiene in sé l’esser padre e madre perché vuol dire andare oltre, accogliere la vita che viene; questa, crea un’altra alterità che fa circolare questo amore, che chiama la coppia ad aprirsi ancor di più, a scoprire che in fondo questo amore vissuto tra uomo e donna, tra donna e uomo, genitori e figli, figli e genitori, non ha un compimento qui sulla terra… quando gli sposi vivono intensamente questa loro ricchezza si rendono conto che l’amore chiama l’eterno, l’eternità, chiama di più, chiama pienezza, invoca compimento… più vi amate e più esigete di più…l’amore reclama una continuità. In realtà la pienezza reclama il fatto di un’unità più grande ancora, alla quale la vita di coppia vi ha esercitato, vi ha esercitato ad essere uno e distinti, per imparare il gioco trinitario dell’unità e della distinzione dell’amore, al punto da andare a nozze con Dio. Il regno dei cieli non è paragonato ad un banchetto di nozze? Gli sposi, per la grazia dello Spirito Santo, per la consacrazione che ricevono il giorno delle nozze, vengono resi partecipi dell’unione che unisce Cristo alla sua Chiesa. Quest’unione già bellissima, perché fatta a immagine e somiglianza della Trinità, per la grazia di Gesù viene inglobata, coinvolta, resa partecipe di un’unità straordinaria su questa terra: l’unità di Cristo con la sua Chiesa.

La comunione tra Dio e gli uomini trova il suo compimento definitivo in Gesù (in Lui perché, in Gesù, Dio e l’umanità si sono congiunti…).Voi sposi avete la pienezza dello Spirito che avete ricevuto il giorno delle nozze, che dona un cuore nuovo e che vi rende capaci di amarvi come Cristo ci ha amati. Avete dentro voi la capacità di amarvi  alla divina, una capacità di amarvi che oltrepassa ogni limite, ogni confine. Anche se vostra moglie è imperfetta potete comunque arrivare alla pienezza dell’amore. Dio non ha fatto uomini e donne perché, se non hanno accanto la donna perfetta, restano mezzi uomini.Per grazia dello Spirito Santo i limiti, i difetti, di vostro marito diventano la sfida della vostra capacità di amare. Quando un figlio sbaglia o è limitato, scatta in voi la vostra superiore capacità di amare che oltrepassa il difetto del figlio, lo previene, lo accoglie… allora la capacità l’avete! Lo stesso va usato tra moglie e marito perché avete la grazia per farlo. Si produce una qualità di comunione che non può non essere vista, perché l’uomo, senza la grazia, non arriva a questo prodotto raffinato; è la qualità del vostro vivere di coppia che dirà e potrà dire la verità di Dio. Per la grazia dello Spirito questo amore di coppia viene coinvolto in un amore più grande ancora, dentro un vortice d’amore che è quello che unisce Cristo alla Chiesa. È la relazione dei due che riceve il dono sacramentale. La grazia fiorisce dunque dentro la relazione, non fuori...

Il vincolo che unisce l’uomo e la donna e li fa una sola carne diventa (cioè c’è un passaggio, una trasformazione, una novità), in virtù del sacramento del matrimonio, segno e riproduzione di quel legame che unisce il Verbo di Dio alla carne umana, Cristo e la sua Chiesa. “ Il matrimonio cristiano sta in relazione essenziale intrinseca con il mistero dell’unione di Cristo con la Chiesa, ha la sua radice in esso, è intrecciato organicamente con esso e quindi ha della sua natura, del suo carattere soprannaturale…è una copia germogliata dell’unione Cristo-Chiesa, prodotto e impregnato della medesima, dato che, non solo raffigura quel mistero, ma lo ripresenta realmente ossia mostrandolo vivo ed efficace dentro di sé”. Voi non siete semplicemente laici, siete dei laici sposati che hanno una grazia specifica, particolare. Ogni cristiano, per il Battesimo, la Cresima, l’Eucarestia, è in comunione con Cristo, in comunione di vita e di missione con tutti i battezzati. La novità è: la grazia, nel sacramento del matrimonio, non viene data alla singolarità delle persone in se stesse (a lui e a lei) ma alla relazione che unisce le due persone o, alle due persone, in quanto relazione. Quindi la grazia è dentro la relazione. Chi non pone in atto una relazione è fuori dalla grazia del sacramento. Basta un cenno: allungare un piede, uno sguardo, una telefonata,…trovate voi i modi con cui costruire la relazione. Questo vi costituisce diversi da una comunità di religiosi e religiose: la grazia della consacrazione (nei vari sacramenti: Battesimo, Cresima, Eucarestia, Unzione dei malati, Riconciliazione) è data alle singole persone che, insieme, partecipano ad un carisma. La grazia, nel sacramento del Matrimonio, non è data per mettervi in comunione con Cristo, perché lo siete già per il Battesimo, ma perché l’uomo e la donna  vengono così abitati, nel loro meccanismo psico-fisico, psico-affettivo, dalla Persona dello Spirito Santo. Con tutta la vostra realtà umana potete dirvi amore, promuovere l’amore, costituirvi amore diffusivo.

Per la grazia dello Spirito Santo la coppia e la famiglia cristiana diventano chiesa domestica in quanto, il vincolo d’amore coniugale tra l’uomo e la donna, viene assunto e trasfigurato dal Signore in immagine viva della comunione perfettissima che tra loro lega, nella forza dello Spirito Santo, Cristo, Capo, alla Chiesa, suo Corpo. (Già Paolo, ai Cristiani di Efeso, parlando degli sposi, diceva: “mistero grande”) In tal modo la coppia cristiana partecipa dell’amore di Cristo alla Chiesa in modo originale, proprio, caratteristico. Gli sposi come sono chiamati a comunicare e diffondere questo dono di comunione? Come si fa ad essere diffusivi? Qual è la modalità concreta? La modalità è quella del vivere normale...è questa realtà di unione ed amore che si allarga in cerchi concentrici, che si diffonde nel gruppo, nei parenti, nella chiesa, nella società… 

La famiglia cristiana edifica il regno di Dio nella storia mediante quelle stesse realtà quotidiane che riguardano e contraddistinguono la sua condizione di vita. Cioè è un vissuto intenso e qualificato che è contagioso nei confronti di quelli con i quali venite a contatto… è l’intensità del vostro rapporto che diventa annuncio, è un vissuto intriso della ricchezza unitiva, famigliare che viene esportata, viene fatta assaporare anche agli altri. Quando coltivate la vostra capacità di amare vi accorgete che non rimane chiusa in casa, quando amate in modo autentico e vero, vi accorgete che produrrete più amore di quanto ne consumate. Spesso in casa c’è la sopravvivenza dell’amore: ci si accontenta di lui, di lei, si fa il gioco dell’accontentarsi, per cui si vive al minimo e, quindi, fuori, non si produce vita. Domandatevi: avete tirato tutte le vostre capacità di amare? I difetti di lui e lei diventano spesso giustificazioni per rimanere piccoli nell’amore! Le famiglie sono state pensate da Cristo come fonti comunionali che, tra loro collegate, possono irrorare la Chiesa e la società, dell’amore divino. Lui è la fonte eterna, unica, infinita. Gli sposi non sono solo oggetto ma soggetto di una pastorale, soggetto attivo e responsabile, con una missione che si compie con le loro parole, con le loro azioni e con la loro vita." (Don Renzo Bonetti, radio Maria) 

Leggendo, nella Bibbia, "Tobia", ho provato un po’ di rimpianto per aver iniziato il mio matrimonio trattando con leggerezza e superficialità questo Sacramento ma… ero diversa e diverso era il mio rapporto con Dio.

Ci sono persone che divorziano dal proprio coniuge, che si separano e... ci sono quelli che continuano a convivere con il proprio coniuge ma hanno divorziato da lui dentro il proprio cuore...lo fanno per comodità, per vivere in pace, per non creare scompensi o crisi in famiglia ma...queste persone non si possono dire cattoliche!

Amore significa “ti accolgo nella mia vita e divento responsabile della tua vita e della tua salvezza”. La persona non è dell’altra persona ma di Dio e, il giorno del matrimonio, Dio affida questa sua creatura…Il matrimonio cristiano e l’amore cristiano sono diversi dagli altri tipi di matrimoni o di amore: il Signore ci ha chiesto "di amarci gli uni gli altri come Lui ama".

Il modello dell’amore è Cristo, amare come Cristo ama la Chiesa…un amore totale, dando la propria vita anche per colui che non sarebbe degno di essere amato. E’ un amore creativo che crea la bellezza dell’altro, non la suppone. Questo amore ha consegnato Cristo agli sposi…agli uomini. Amare anche quando l’altro non è amabile e non vuole lasciarsi amare. Amore che rincorre la creatura anche quando essa lo rifiuta perché la vuole ricostruire (un amore nuovo). L’amore di Gesù non è un amore qualunque, è un amore in cui ci si impegna a costruire la bellezza dell’altro, anche quando l’altro se ne va e ci rifiuta. Il dono nuziale di Dio è proprio questo: poter dire "amo dello stesso amore del Cristo". Dio ci dà la forza di realizzare questo progetto (“ti accolgo nella mia vita e divento responsabile della tua vita e della tua salvezza”), attraverso la grazia del Sacramento. Cristo non è solo modello, causa esemplare, è "causa efficiente", ci dà la forza di realizzare quest’amore! L’amore è un dono prodotto dall’uomo e dalla donna che si amano ed è prodotto da Dio. L’amore deve essere sempre invocato…si dice "in tre per sposarsi".

Sì ,è vero, ci sono liti, bisticci perché l’amore umano non è perfetto ma tende alla perfezione. La bellezza del matrimonio non è solo la difficoltà ma anche il dono. Si dice “Due persone che si amano sono come una cittadella inespugnabile”.Diciamo una frase che riassume la formula del matrimonio "io nella tua vita ci sono", una frase che dà il senso della sicurezza, della serenità, della gioia….Quest’amore totale mi toglie dalla solitudine, la solitudine è la povertà dell’essere, invece l’apparire di una persona che mi ama mi dà ricchezza, arricchisce la mia vita, mi dà vita, non solo giorno per giorno, ma mi assicura vita per sempre. Dice San Paolo “Io affido la mia vita alla persona di cui mi fido”.

Dio ci chiederà: "Che cosa hai fatto di tuo marito? L’hai fatto più ricco, più bello, più affascinante, o l’hai umiliato, strumentalizzato con il tuo egoismo, l’hai reso più povero, più fragile, più debole…?" Potremo rispondere: “Signore io ti restituisco questa persona che tu mi hai affidato, più bella, più ricca, più viva…con la mia vita ho dato vita a questa persona…”? (Padre Muraro, radio Maria)

Ora so che cosa devo correggere in me: devo cercare d’ora in poi di vivere il matrimonio come impegno per una “santità a due”. Devo avere il coraggio di fare delle scelte, il coraggio di rinunciare a qualcosa. Io ho iscritto la mia vita in un progetto, dove so che trovo la mia dignità e la mia vocazione matrimoniale: essere madre, essere sposa!

Prendiamo come esempio di santità a due i coniugi Martin, genitori di Santa Teresina.  Neppure un attimo della loro vita è vissuto senza il costante riferimento al mistero in cui hanno perfetta coscienza di abitare: "Dio il primo servito!". Santa Teresina è vissuta in una famiglia in cui il rapporto di coppia viene vissuto con una verginità del cuore tale da riportare questo valore fondamentale della Chiesa, la verginità, nel cuore stesso della Chiesa domestica, la famiglia appunto.

Mancando Dio nella coppia, manca tutto: mancando Lui non si trova la forza per andare avanti, né la speranza che si possa cambiare, né la sopportazione dei difetti altrui, non si trova la comprensione necessaria per la costruzione di un dialogo costruttivo, né l’umiltà per ammettere le proprie colpe, né la capacità di smussare gli aspetti più spigolosi del carattere dell’altro e propri, non si trova il conforto nei momenti più bui e brutti, né il sostegno in quelli difficili, …mancando Dio, manca l’unico, vero, scopo della vita e della sofferenza. Ci si chiederebbe: perché io devo sopportare, …? perché devo…?

Per pregare insieme occorre conciliare teste diverse e modi di sentire diversi! In un matrimonio non sono le liti passeggere che ostacolano la preghiera perché, altrimenti, non si potrebbe pregare mai assieme, bensì i gravi problemi irrisolti, le situazioni di costante precarietà e instabilità che fanno scorrere il matrimonio sempre sul filo del rasoio, e che creano un muro invalicabile tra i coniugi per cui, se è già impossibile il dialogo verbale e il dono reciproco del proprio cuore, a maggior ragione è difficile la comunicazione e la comunione di due anime, tra loro e con Dio, nella preghiera comune. Occorre prima di tutto abbattere quel muro…con la propria preghiera, affidandosi all’ aiuto di Dio. 

La buona intesa coniugale suppone nei due sposi una padronanza di se stessi che sappia andare, in caso di necessità, fino alla dimenticanza di sé, per la felicità ed il bene dell’essere amato. Dove non c’è padronanza di sé, spadroneggiano gli istinti. Dove spadroneggiano gli istinti regna l’egoismo. Dove regna l’egoismo non c’è vero amore.

La buona armonia coniugale suppone pure sforzi che sono impossibili senza un minimo di sforzi per capirsi, sopportarsi vicendevolmente, che sono impossibili senza "buona volontà". (educ. della volontà di G. Courtois)

Genitori-suoceri

Ringrazio ogni giorno Dio per i genitori che mi ha dato e lo ringrazio spesso durante la giornata nel confronto con gli altri per la consapevolezza del molto che ho ricevuto da loro…mi reputo molto fortunata ma …la mia nuova consapevolezza è questa: sbagliano pure loro, ed è normale!

Quando si hanno dei bravi genitori si corre un grave rischio: il rischio di assurgerli a modello anche del proprio comportamento, del comportamento altrui e della propria vita matrimoniale, che si cerca di ricalcare su quello stampo. Mi accorgo della Sapienza di Dio anche in questo: Gesù ci esorta a lasciare il padre e la madre, non solo in senso fisico, ma anche spirituale. Occorre svezzarsi, crescere, maturare da soli. E Gesù ci avverte dicendo di "non amarli più di Lui". Ecco il rischio: non accorgersi  che sono creature umane e, quindi, soggetti a sbagliare anch'essi. Assumendoli come modelli rischiamo di sbagliare anche noi e, a volte, anche gravemente, mancando di rispetto, di sincerità, di obiettività, di carità nei confronti del prossimo che viene inquadrato, giudicato e criticato da noi secondo schemi, secondo logiche che non conosce, che non gli appartengono. L'unica legge è quella di Dio, l'unico modello da seguire è Cristo. Solo questo dobbiamo tenere in conto, altrimenti rischiamo di assolutizzare delle persone, mentre l'Assoluto è Dio.

Se è vero che gli altri spesso possono darci utili consigli, è anche necessario, secondo me, mantenere una certa “privacy” sulla propria vita matrimoniale. Perché gli altri, anche inconsapevolmente, possono farci più male che bene. Per esempio: i genitori. I genitori proprio per l’amore che hanno per il proprio figlio/a possono consigliare ed agire spinti da diverse ragioni: da un senso di protezione verso il figlio a cui si vuol bene; da un punto di vista poco obiettivo visto che non si è proprio addentro alla questione; dalla poca conoscenza dell’altro; dai pregiudizi verso l’altro ( che difficilmente vengono dimenticati) poiché il proprio figlio/a, nei momenti di sconforto e di rabbia, dipinge dell’altro solo i lati peggiori…

Solo i coniugi si conoscono in profondità e, proprio per questo, essi inspiegabilmente, nonostante duri litigi e pesanti parole ed accuse, sono capaci di perdonarsi reciprocamente. Secondo me, per crescere e maturare, occorre sapersela sbrigare da soli, perché solo così si cercano vere soluzioni, si affrontano le situazioni di petto. Se ci si sente compianti, consolati, protetti, difficilmente si riesce ad uscire da soli da situazioni particolari. I genitori devono amare i figli, dimostrare loro il proprio amore ma, nello stesso tempo, responsabilizzarli stando in disparte, in punta di piedi.

Il loro appoggio può creare insicurezza perché dà ai figli “un giudizio di fragilità”: trasmette loro una mancanza di fiducia nelle loro possibilità di risolvere le situazioni di difficoltà da soli, poggiando solo sulle proprie gambe (ho capito l’importanza della solitudine: è la solitudine che ci apre a Dio, a sperare in Lui...se abbiamo il conforto e la comprensione dei cari non sentiamo il bisogno di cercarli in Dio…inoltre, se i nostri cari ci danno ragione, difficilmente, riusciremo a vedere i nostri torti!)

Difendere la vita di coppia non è facile. Quando i figli si sposano i genitori rimangono soli: tanti hanno dimenticato di far coppia perché facevano famiglia, il loro rapporto si è allentato perché il pensiero era rivolto ai figli e, parlavano, attraverso la mediazione dei figli.

Sono rimasta colpita in Tobia da un altro aspetto: l’amore e il rispetto verso i suoceri (“Onora tuo suocero e tua suocera, poiché da questo momento essi sono i tuoi genitori…” )  

Amando i figli

"I Figli non voi li crescete, ma essi crescono voi. Sono essi i vostri educatori, perché attendono che voi siate nel bene prima di imitarvi.

E quando dite: Daremo la vita a un figlio, sapete quale vita state dando? Non la loro, ma la vostra.

Se non avete compreso questo, meglio sarebbe serrare i fianchi e proseguire oltre.

E quando dite: I Figli sono la nostra croce, rallegratevi che essi vi abbiano inchiodato impedendovi di finire nel baratro.

Ed anche quando dite: I nostri Figli ci tolgono un mucchio di tempo, domandatevi se tutto quel tempo che vi viene tolto sarebbe impiegato meglio.
 
Nella loro infanzia ascoltate i vostri Figli, perché sui loro visi è ancora impigliato qualche frammento del sorriso con cui li hanno rivestiti gli angeli.

Nel tenerli per mano, non date loro fretta, ma camminate al loro passo, perché vogliono guarirvi dal vostro correre.

Non fate ad essi doni, ma donate voi stessi. I doni sono il vostro alibi per non regalare voi a loro.

Consegnatevi nelle loro mani, perché hanno quella saggezza che voi perdeste.

Chiamateli per nome, ed essi chiameranno il bimbo in voi, quello che da soli non riuscivate a rianimare, e lo faranno giocare nel giardino della Vita.
 
E nella loro adolescenza ascoltate i vostri Figli. Gran parte del muro che in quei giorni spesso vi oppongono non l’hanno costruito coi loro mattoni ma coi vostri.

Non chiedete ad essi cose che già voi non fate. Se siete saggi, vi basterà essere voi stessi.

Ma se non lo siete, non saturateli di limiti senza indicare loro le mete, bensì mostrate di queste la bellezza, e otterrete di più che non mostrando i pericoli di eventuali abissi.

Non affliggetevi se educandoli alle regole essi non le rispetteranno. In realtà tremerebbero di paura se tali regole non vi fossero.

Le loro trasgressioni sono per collaudarne la veridicità. Altre volte per reclamare invece il vostro rimprovero, a testimonianza del vostro amore per loro. Se vi feriranno è perché avete porto loro la vostra vulnerabilità. O perché avete dato senza insegnare a dare.

Talvolta sbattendo la porta vi lasceranno, ma anche se li vedete partire, le navi con cui salpano hanno stive colme dei doni consegnati dalle vostre parole buone. E alla prima tempesta vi si rifugeranno.

Voi siete i seminatori dei loro campi, non i raccoglitori delle loro messi. E la vostra missione consiste nel donare sempre, anche quando la lama della loro libertà vi taglierà le mani.
 
Nella loro giovinezza, infine, ascoltate i vostri Figli. Con stupore scorgerete che vi hanno superato, che la loro nave ha oltrepassato tutti i primi scogli, ed ora non ha che davanti lo scoglio più pericoloso: voi. Saranno infatti chiamati lungo vie di realizzazione che voi non conoscete, e ciecamente sbarrerete loro le strade.

Ma alla pianta è dato di generare, e non di contenere ciò che genera. Ritenete i vostri progetti più grandi dei progetti che ha la Vita? Non tratteneteli, dunque. Avete donato loro la vostra vita: ora riprendetevela, donando loro di rinunciare a trattenerli.

Sgombrate il vostro cuore da ogni brama di ricevere, perché se il vostro flauto non è cavo, la rinnovata melodia della Vita non potrà attraversarlo.

Se vivrete questa perfetta donazione, saprete amarli nel loro nuovo aspetto, e allora, siano essi Figli del vostro stesso sangue, o siano essi Figli scelti dal cuore, avrete compiuto il terzo passo della vostra crescita.

Potrete così udire le note universali trapassarvi dentro, e capirete che attraverso di voi la Vita ha composto un nuovo canto".(dal " profeta del vento")

Volontà ferma ed amante è una delle prime qualità dell’educatore, perché l’educazione è, sì, opera d’amore, ma anche di pazienza e, quindi, di volontà.

Niente distrugge l’autorità come l’esitazione, il dubbio, l’incertezza, la molteplicità degli ordini e dei contrordini. Nulla contraddice tanto l’educazione quanto lo snervamento, la mancanza di calma, la ripetizione delle osservazioni a vanvera, a proposito e a sproposito.

Niente è controproducente nell’opera educativa quanto le deplorevoli capitolazioni davanti ai capricci dei piccoli, sotto il pretesto di non farli piangere o…per avere la pace. (di G. Courtois) 

I genitori spesso danno ai figli lo studio, l'avvenire, il mangiare ma più prezioso del cibo, della salute, dello studio, con cui garantiamo il loro avvenire, è l'insegnamento spirituale e morale. La vera eredità è la testimonianza di fede, di saggezza, di vita retta, di moralità...il figliol prodigo ha sperperato i beni materiali ma se avesse avuto sapienza e saggezza non l'avrebbe fatto. "Se non hanno la luce della fede non sanno nulla del senso e del valore  della vita, non sanno come realizzarsi, come conseguire la felicità" Infatti la sapienza è il timone che ci permette di dirigere la nostra vita e quella degli altri.

Mamme abituate i vostri figli alla fortezza, non toglietegli le difficoltà, le fatiche che devono affrontare…ciò non significa aggiungere fatiche superflue ma le fatiche normali della vita. Ne farete persone forti, persone "con spina dorsale" di fronte alle difficoltà della vita. L’uomo forte è l’uomo che dice "ho dei valori, sono messi in discussione? Io resisto…do la mia vita per non sacrificare dei valori" 

Un tempo si insegnava ai figli anche con le parole tratte dalla Parola di Dio: si usavano espressioni come " sei un Giuda", "piange sempre come la Maddalena", "sei il buon ladrone","sei come San Tommaso…"Oggi non si sa più neppure chi siano Caino e Abele, cosa è il Natale, non si sa né cosa rappresenti il presepio né che è stato inventato da San Francesco…colpa di un clima che ha fatto talmente grande la cornice da oscurare il quadro!

E’ vero che manca l’humus nella famiglia ma è anche vero che le famiglie si trovano in difficoltà quando devono inserire i figli nella società non favorevole né alla famiglia né all’amore. Oggi è più difficile educare, quello che si insegna in famiglia viene smentito dalla società. La televisione è l’ospite fisso. Le politiche familiari sono sempre politiche economiche ma esse devono essere anche politiche culturali, di promozione e di difesa della famiglia ed invece oggi lo Stato non crede più all’amore vero ed indissolubile...si difende il divorzio, l'aborto, la contraccezione... (Radio Maria).

Le mie figlie mi reclamano, reclamano la mia attenzione, le mie cure, le mie coccole, me stessa…come se fossi una perla preziosa! Ed io sono sempre “occupata”, sempre “affaccendata”. Ma, essere una buona madre, non significa solo dare ai figli una casa pulita, ordinata, assicurare loro i pasti, farli realizzare nello studio. Non è questa la perfezione! Loro hanno bisogno anche di altro: una madre affettuosa, sempre serena, una madre con la quale dialogare in ogni momento e con la quale pregare, una madre che sappia dare loro un esempio di luce, di calore, di gioia tale che  possano rendersi conto che questa luce, questo calore, questa gioia, viene dall’avere Dio, Dio “principale” centro della propria vita. Poi tutto il resto…  

Oggi, da una frase di Maria, "mamma, mi sorridi di nuovo? Mi sorridi tutto il giorno?", ho capito quanto io sia egoista. Sono egoista perché penso solo ai miei problemi, alle mie esigenze. Sono troppo piegata su me stessa e non riesco neppure a soddisfare un loro elementare bisogno: quello di un sorriso! Loro hanno bisogno di me, hanno esigenze di affetto, di cure, di attenzione costanti... 

Chi meglio di Don Bosco?

"Ricordatevi che l'educazione è cosa di cuore. Amate i vostri figli, amateli più di voi stessi, amateli gratuitamente, alla maniera di Dio, regalate loro l'amore. C' è anche l'amore sbagliato, falso ed egoistico. Dobbiamo amarli come persone, perché sono tali: immagine del Dio vivo, capaci di intelligenza e volontà, di sentimenti e santità. Alle volte noi li amiamo perché ci ubbidiscano, perché siano nostri alleati, perché ci saranno utili in seguito; li amiamo quando ci amano oppure per farci perdonare i nostri egoismi ed ingiustizie. L'amore vero invece ce li fa amare anche quando non lo meriterebbero perché sono cattivi, non prendono bei voti, sbagliano, rispondono male, si ribellano...Lo so che un amore così non è facile. Per questo soltanto Dio ci può insegnare l'arte di amare come Lui e di educare. Amiamoli come vorremmo essere amati.

Per incamminare i giovani sulla via della virtù il sistema preventivo è la carità ...bisogna amare ciò che piace ai giovani e i giovani ameranno ciò che piace ai loro educatori. L'amorevolezza la si deve esprimere nelle parole, nei gesti e persino nell'espressione del volto e degli occhi. Ed è importante che i giovani non solo siano amati ma che gli stessi abbiano coscienza di essere amati. 

L'amorevolezza implica una conoscenza non  superficiale ma profonda, non solo intellettiva ma anche affettiva. E' impossibile capire una persona se non la si ama: se si parte con pregiudizi nei suoi confronti, se non si ha fiducia e stima in essa. 

Non bisogna accontentarli in tutto o fare di tutto per evitare loro tutto il possibile per evitare ad essi la fatica, il sacrificio, il lavoro. Bisogna utilizzare il dialogo per insegnare ai ragazzi a ragionare, a riflettere. Il dialogo è confronto di ragioni per diventare composizione e comunione. 

Il richiamo al "dovere" deve essere continuo, sempre paziente,....

Tollerate i loro difetti:correggeteli, ma dimenticateli e non rinfacciateli loro in ogni momento. Non dite mai a chi disobbedisce o agisce male "Me la pagherai!" non è linguaggio cristiano. 

Cercate di farvi amare dai ragazzi, se volete farvi temere. In questo caso la sottrazione di benevolenza, di un saluto, di un sorriso è già un castigo, che eccita però l'emulazione, dà coraggio, non avvilisce mai. Prima di castigare aspettate di essere padroni di voi stessi...

I fallimenti educativi hanno origine principalmente dalla crisi della famiglia: bisogna cercare innanzitutto l'accordo tra voi genitori questo li aiuta a crescere bene, senza dolorose e inguaribili lacerazioni interiori, in armonia con se stessi, con voi, con il mondo. 

Voi figli apprezzate le fatiche dei vostri genitori ed aiutateli con il rispetto, la preghiera e con la vostra bontà a superare i momenti difficili provocati dalla vita, i caratteri, le circostanze. Anche la famiglia è soggetta a malattia e morte i cui sintomi sono l'indifferenza, l'incapacità di una vicendevole compassione, i litigi quando diventano frequenti e cronici, la fine del dialogo, l'assoluta indipendenza dei singoli. Curate la malattia della vostra famiglia appena si manifesta: sopportatevi di più a vicenda con umiltà ed amore, frenate l'ira così facile in certe occasioni, guardatevi dal dire parole offensive e dall'usare asprezza e prepotenza. Siate tolleranti e non impazienti, misericordiosi e non vendicativi, sforzatevi di vedere il bene negli altri e non il male. Aiutatevi a correggervi. Perdonatevi a vicenda. Amatevi con le opere e con verità. Non fate pesare il bene, né scansatevi dal farlo dicendo"non tocca a me": è la risposta di Caino. Aiutatevi a raggiungere la salvezza eterna....  

Nella sofferenza, paradossalmente, la nostra vita come famiglia è cambiata in positivo. Siamo più uniti, più legati, c’è più pace, più amore e più serenità di prima. E’ vero: la sofferenza ci avvicina e ci unisce più intimamente a Cristo e, in questo avvicinarci a Lui, la Luce della Sua Sapienza apre, i nostri occhi ciechi, ai misteri delle Sue Verità…si capisce come la sofferenza e la croce siano grazie speciali e come, sia la contemplazione che l'azione, siano necessarie, per potere amare.