ono
nato a Schio (VI) nel 1937. Arrivai a
Battaglia Terme nellaprile del 1958,
assunto come Disegnatore Meccanico presso
l'Ufficio Tecnico delle Officine
Elettromeccaniche Galileo. Lì ho
lavorato fino al 1991.
A SCHIO
Nel lontano 1945,
appena terminata la seconda guerra
mondiale, iniziava la mia esperienza
calcistica. Avevo 8 anni e giocavo a
calcio con gli amici davanti a casa,
nelle strade ancora da asfaltare, nei
giardini pubblici o all'Oratorio dei
Salesiani. Il più delle volte si
adoperavano palline da tennis o palloni
fatti in casa; per realizzare questi
ultimi ci si serviva di tanti stracci
vecchi, tessuti ed ovatta, il tutto
ricoperto da calze in lana che le nonne
non usavano più. Raramente i palloni
erano in gomma nera.
Dai 10 ai 13 anni
si gareggiava nel campo in terra battuta
dell'Oratorio Salesiano, che aveva le
dimensioni regolari di 100x50 m. Quando
si cadeva, ci si rialzava tutti graffiati
e sporchi di polvere e... sangue. Il
pallone era finalmente vero e bello: di
cuoio, senza valvola, ma con i legacci in
pelle che proteggevano il beccuccio della
camera d'aria in gomma posta all'interno.
Durante le vacanze
estive si giocava al calcio dalla mattina
alla sera, con una breve sosta all'ora di
pranzo. Si organizzavano anche dei tornei
tra le contrade del paese. Le partite si
disputavano di domenica mattina, dopo la
Messa per i ragazzi celebrata
all'Oratorio. L'interesse e quindi il
tifo era grande: ai bordi del campo, ad
incitare le squadre urlando ed
applaudendo, c'erano i genitori, i
fratelli maggiori, i nonni, gli zii e
tutto il parentado. Era veramente una
festa per tutti , in particolare per i
vincitori ed i loro tifosi, ed i giovani
scoprivano con entusiasmo il valore del
gioco supportato dall'amicizia e dalla
spontaneità attraverso cui venivano
conseguiti i risultati.
Pian piano i
ragazzi scoprivano le proprie capacità
ed attitudini al gioco del calcio che,
unite alla passione e alla disponibilità
e attraverso una naturale e spontanea
selezione, consentivano di evidenziare le
qualità specifiche. Tutto ciò
permetteva di iniziare a intraprendere
una vera attività sportiva, liberamente
scelta, senza incertezze e/o
condizionamenti esterni. In quegli anni,
infatti, erano gli stessi giovani che
sceglievano lo sport da praticare. Non
era necessario che genitori o fratelli
maggiori (che peraltro avevano già molto
da lavorare per guadagnarsi il pane
quotidiano) invogliassero i giovani ad
intraprendere l'attività sportiva: il
loro desiderio era che i figli o fratelli
fossero responsabili delle proprie scelte.
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