GENE-CHIP
C’è un chip già fatto dove c’è
un supporto di silicio, dimensioni: 1.28 cm2 suddiviso in piccole
aree. Ogni area contiene generalmente 107 oligo uguali di lunghezza
18-20 basi. 20 aree rappresentano un gene, quindi ogni gene è
rappresentato da 20 oligo diversi scelti accuratamente. Nel caso
di genomi sequenziati completamente ci sono chip che rappresentano
tutto il genoma, nel caso di organismi con genomi ancora incompleti
ci sono chip che rappresentano set di geni. Intorno alle 20 aree
che rappresentano il gene ci sono dei controlli, come sempre.
Ci sono 20 aree, una rappresenta il gene wild-type, le altre hanno
una singola mutazione centrale (MisMatch).
Alla
fine il Gene Chip non è nient’altro che un’ibridazione
automatizzata, abbiamo una sonda a RNA (attività specifica
più alta), la macchina fa annilare la sonda e un sistema
di rilevamento (fluorescente) ci dà i dati.
Il punto di partenza è l’RNA estratto da cellule, posso
usare sia l’RNA totale oppure l’RNA messaggero (lo isolo
dal totale facendo passare il totale in una colonna di poliT, sfrutto
cioè la poliadenilazione). Uso sia un estratto da cellule
normali che un estratto di cellule seviziate, poi ne valuto la differenza.
Ho l’RNA, faccio il cDNA, quindi trascrittasi inversa e primer
(oligodT), però all’oligo c’è attaccata,
come ala, una sequenza che corrisponde al promotore della T7 RNApol
(cominciate a pensare a cosa possa servire). Ho la synth e ottengo
un ibrido RNA/DNA. aggiungo RNAasi A, che mi frammenta l’RNA,
questi possono essere usati dalla T4pol per iniziare il 2° strand,
e ottengo il dsDNA.
Con il double strand, con il promotore della T7, aggiungo pure la
T7 RNApol, aggiungo pure i nucleotidi e sintetizzo l’RNA.
L’RNA che ottengo è complementare all’RNA di
partenza (pensare a dove è stato messo il promotore).
Questa operazione è necessaria perché sui chip ci
sono gli oligo senso!
Ovviamente devo marcare il mio RNA, aggiungendo biotina alla sintesi
in vitro, (l’RNA sarà tutto marcato).
Ho la mia sonda marcata e in genere viene frammentata in modo specifico
ottenendo una mix di frammenti*. Quindi ho tutti gli RNA iniziali
rappresentati da miscele di antiRNA*. In questo modo ho una sonda
con alta attività specifica (amplificazione del segnale)
che mi serve dato che i volumi sono ridotti.
Con una siringa metto la sonda sul chip e inserisco questo nella
macchina che fa gli appaiamenti e i vari lavaggi automatizzati.
Tuttavia siccome queste analisi devono essere fatte in modo comparato
e queste molte volte significa che quello che faccio io, a Milano
deve essere confrontato con quello che fai tu a Zurigo, non è
che ognuno può variare le condizioni di ibridazione o le
condizioni di preparazione dell’RNA o le condizioni di estrazione.
L’ESPERIMENTO deve essere RIPRODUCIBILE, quindi bisogna STANDARDIZZARE
il tutto.
Siccome la biotina deve essere rilevata, in questi passaggi c’è
la streptavidina (cfr. Metodologie Biochimiche) che, durante l’ibridazione,
si lega alla biotina. Alla Streptavidina è legato un fluorocromo,
quindi col laser e un CCD vado direttamente sul computer del mio
ufficio. La q.tà di fluorescenza è proporzionale alla
q.tà di sonda legata e quindi di messaggero e quindi le variax
che io vedo riflettono quelle che ho nelle cellule.
Dal PC escono una marea di numeri, e il bioinformatico che ho assunto,
mi fa un bel lavoretto con i suoi database fa dei programmini che
dicono sotto e sopra quale soglia (avevamo un controllo/bianco iniziale)
la variazione è significativa.
Non mi resta che scrivere un bell’articoletto e spedirlo a
Science.
Sicché i dati sono tanti, sono stati sviluppati software
che permettono via via un’analisi in cluster: raggruppo tutti
insieme quelli che aumentano di 3 volte, raggruppo quelli che diminuiscono
di n, e così via. Ovviamente, il fatto di aumentare/diminuire
dipende dal promotore, quindi all’interno di questi cluster
io vado a vedere se questi geni hanno promotori regolati in modo
analogo, facendo analisi su promotori con tecniche che abbiamo già
imparato.
? Ovviamente, quando uno fa indagini a tappeto, esiste anche una
cosa che si chiama significatività di campionatura: se con
la libreria sottrattiva bastava che la facessimo una volta, il GeneChip,
va fatto più volte (e i chip non sono riutilizzabili), per
avere almeno un’analogia di comportamento dei dati.
E questa è un tipo di genomica funzionale.
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