Abano
Terme, 22 luglio 2002
Al Presidente e ai soci dell'Associazione "Liberi"
Al Signor Presidente del Consiglio Comunale
Ai Signori Consiglieri Comunali
A "Il Mattino di Padova"
Egregio Presidente,
rispondo, come sempre in ritardo, alla sua nuova lettera tanto tempestiva
da risultare affrettata, visto che viene formulata sulla base di
notizie giornalistiche piuttosto che sul testo della mia risposta.
Della sua nuova missiva mi sorprende il cambio di contenuti e di
stile: all'argomentazione documentata si sostituisce il frasario
apodittico del polemista.
Nella mia prima lettera ho cercato di rispondere alle sue obiezioni
con argomentazioni fondate. Logica vorrebbe che ad esse si fossero
contrapposte argomentazioni che contraddicevano le mie posizioni.
Invece mi ritrovo con l'accusa di essere un voltagabbana, un traditore
della comune fede urbanistica, reo di aver violato una sorte di
patto di sangue sui Comparti Centrali.
A lei signor presidente e ai suoi amici "liberi", rivolgo
soltanto questa richiesta: dimostratemi con argomenti tecnico -
politici che sbaglio, ma lasciate stare i sarcasmi di coloro che
pensano di essere i custodi della verità.
Perché il sospetto che prende chi legge la sua lettera è
che il frasario gnomico sia la fragile copertura di mancanza d'argomenti.
Ma non mi voglio sottrarre alla sua accusa principale.
Certo, prima di diventare sindaco credevo fosse possibile ridurre
la cubatura del secondo Piano Portoghesi quanto questo aveva ridotto
il primo (20.000mc). Infatti, una volta eletto ho cercato di trovare
soluzioni in tale direzione. Ma, dopo aver assunto informazioni
che non possedevo, dopo aver provato e riprovato, ho concluso che
la cubatura del secondo piano consentiva un'edificazione che, pur
essendo minore del primo, permetteva con oneri compatibili le opere
di urbanizzazione necessarie all'operazione.
Tale concetto l'ho già espresso nella lettera precedente.
In questa, voglio mettere in evidenza che la riduzione di cubatura
era allora per me un'importante ipotesi di lavoro, per lei, signor
presidente, una verità di fede. Probabilmente quello che
ci divide sta proprio nel significato che ognuno di noi dà
alla fede. La mia modesta idea è che la verità delle
cose materiali, tra esse le cubature degli edifici, è opinione
bisognosa continuamente di verifiche dimostrative.
D'altronde non c'è bisogno di scomodare i grandi studiosi
per affermare che la qualità urbanistica non è data
soltanto dal mero dato quantitativo, ma anche da altri fattori quali
la distribuzione spaziale, i percorsi funzionali, la qualità
architettonica degli edifici e la loro reciproca rispondenza stilistica,
per citarne solo alcuni.
Concludo con una breve osservazione stilistica sullo stile della
sua lettera, pieno di punti esclamativi. Mi pare l'ennesima espressione
di chi ha bisogno di gridare più che di discutere, come prova
la lettera precedente, trasformata in pillole velenose e distribuita
sotto forma di volantini.
Prendo atto con rammarico d'essere diventato per lei e per i "liberi"
lo strumento del maligno da combattere in tutti i modi, anche quello
della sottile calunnia diffusa negli ambienti a me più vicini.
Un saluto amareggiato a quanti si dicono "liberi", ma
non lo sono dal malanimo e dalla malevolenza.
Giovanni
Ponchio
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