ALLEANZAGIOVANI

"Meglio un giorno da leone che cent' anni da pecore"

Benito Mussolini

"Amicizia, fedeltà, lealtà, gusto dell' avventura,allegria, curiosità intellettuale: sono queste le caratteristiche delle "Brigate Tricolori"

Alessandro Vinaccia

 

 

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La crisi dell'immediato dopoguerra

 

L' Italia uscì stremata dalla prima guerra mondiale, afflitta da una gravissima crisi economica, mortificata per il ruolo di potenza di secondo rango assegnatogli al tavolo delle trattative di pace. Pur avendo ottenuto il Trentino e l' Alto Adige, Trieste e l' Istria,ciò che più bruciava era la mancata espansione nei Balcani, in particolare nella Dalmazia, e l' esclusione del nostro paese dalla spartizione delle ex colonie tedesche e delle province dell' ex impero turco nel vicino Oriente. D'altra parte le promesse fatte dopo il disastro di Caporetto dagli alti comandi militari alle nostre truppe affinché resistessero sul Piave e sul Grappa, vennero meno: non furono distribuite ai contadini le terre dei latifondisti, non fu assicurato agli operai un lavoro in fabbrica, non fu garantita agli ufficiali la brillante carriera che era stata loro assicurata. Per di più alle antiche ingiustizie si sommavano adesso le sfrontate ricchezze accumulate da coloro che avevano tratto illeciti guadagni con le forniture militari (i cosiddetti << pescecani di guerra >>), mentre nelle periferie delle grandi città si accalcavano folle di senzatetto in attesa di un alloggio, e nelle campagne i braccianti smobilitati restavano senza lavoro.

Il malessere e l' inquietudine popolare erano alimentati in oltre dai discorsi dei nazionalisti avversi al sistema parlamentare e alla democrazia che esaltavano la forza e bollavano di inettitudine e di infamia la vecchia classe dirigente liberale e accusavano i "corrotti politicanti" di aver venduto la vittoria al tavolo delle trattative di pace. Da questo stato di delusione e di smarrimento sorse il mito della "vittoria mutilata"e della "patria tradita".

Il biennio rosso

Di fronte al malessere generale, negli anni 1919-1920, passati alla storia con il nome di biennio rosso, i socialisti promossero un grande movimento di lotta che in vari casi assunse caratteri isurrezionali. Da un capo all' altro della Penisola si succedettero quasi ininterrottamente manifestazioni di piazza, scioperi e tumulti, senza che il governo, presieduto dal liberale Francesco Saverio Nitti, riuscisse a controllare la situazione e a riportare l' ordine. Furono saccheggiati negozi, occupati latifondi, creati soviet annonari sull' esempio di ciò che accadeva in Russia, bloccati treni che trasportavano le truppe inviate per ristabilire la legalità oppressa dai comunisti. Le agitazioni raggiunsero il culmine nell' estate del 1920 in Piemonte Liguria e Lombardia: gli operai, di fronte alla decisione degli industriali di chiudere le fabbriche, le occuparono e portarono avanti la produzione; le bandiere rosse sventolarono per otto settimane sugli stabilimenti, ma tutto finì nel nulla quando si esaurirono le scorte di materie prime accantonate nei magazzini. Ad ogni modo l' azione del movimento operaio era comunque destinata a fallire, infatti la violenta lotta rivoluzionaria, anziché procurare simpatie e sostegni al movimento comunista, suscitò timore e allarme tra i ceti moderati, che da allora cominciarono ad avvicinarsi sempre più ai politici di estrema destra.