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4. Guggenheim di Bilbao:

quando la tecnologia crea la forma.

Il Museo  Guggenheim di Bilbao fa parte di un vasto programma di riassetto urbanistico che ha come scopo principale il recupero delle aree dismesse. 

Nel 1991 Thomas Krens idea il progetto di una “costellazione” internazionale di musei, “ciascuno dei quali contribuisca all’identità di Guggenheim con il proprio ruolo“.[30] Egli, direttore della fondazione Solomon R. Guggenheim dal 1988, ha avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione di questo museo. Egli voleva “a tutti i costi un edificio ancor più provocatorio del museo di Wright a New York”[31]. Fu proprio lui ad invitare Gehry a Bilbao per avere una sua opinione ed entrambi si trovarono d’accordo sul fatto che il museo avrebbe dovuto distinguersi nettamente dal tessuto cittadino “in modo da essere esso stesso motivo di attrazione”[32]

Frank O. Gehry afferma: “quindici anni fa (mentre progettava il “Temporary Contemporary" di Los Angeles) pensavo che un edificio avrebbe dovuto inchinarsi all’arte. Gli artisti mi dissero che non era vero; essi si erano battuti duramente perché volevano esporre in un edificio che la gente rispettava, non in un contenitore neutrale. Krens mi spinse ad essere più aggressivo, notando che a New York gli artisti diventavano furiosi nella spirale e da ciò nascevano cose interessanti...”.[33] 

Inoltre Krens raccomandò ai tre gruppi di architetti partecipanti al concorso di idee per il museo - Arata Isozaki, Coop Himmelblau, Frank O. Gehry – di entrare in relazione con il Puente de la Salve, collegamento tra il centro storico e la zona direzionale. L’esuberanza del Nuovo Mondo conquistò la giuria. 

Se Wright aveva piegato alle sue esigenze un materiale già sperimentato utilizzan-dolo in modo innovativo, Gehry adatta il metodo di progettazione ad un nuovo materiale, il titanio. Senza l’ausilio del programma di disegno Catia, originariamente creato per la proget-tazione aerospaziale, che ha permesso di passare direttamente dai plastici ai disegni, questo museo sarebbe stato irrealizzabile. Esso ha razionalizzato gli intuitivi concetti formali di Gehry trasformandoli in superfici curve. Ha tradotto queste ultime nei segmenti della struttura primaria definendone esattamente la misura e posizione. 

Il progetto è stato evidentemente creato partendo dall’esterno. Gli schizzi iniziali di Gehry sono evidentemente riferiti alla forma esterna dell’edificio. Infatti volumi interni ed esterni hanno connotati diversi, come si può notare dalle sezioni. 

Gehry, come Wright, risolve il rapporto tra museo e città in modo insolito per noi europei, “abituati a musei che hanno una serie di gradini da salire, prima di raggiungere l’ingresso monumentale”[34]. Qui l’ingresso si trova sei metri sotto il livello stradale e si scende una rampa per raggiungerlo. E'’ più visibile l'ingresso del bar-ristorante che quello del museo, quasi si volesse sottolineare il fatto che la massificazione riguarda anche i luoghi tradizionalmente appartenenti ad una cultura elitaria. 

L’atrio, alto 50 metri, è uno degli spazi più significativi del museo: “si è talmente avvinti dalle continue e inesauribili sorprese spaziali da avere come unico obiettivo la visione del contenitore”[35]. Nel Museo Guggenheim di Wright invece “dopo aver percepito la straordinaria semplicità dello spazio, si è in mostra con i quadri”[36]

Lo schema planimetrico è caotico, i volumi delle sale espositive si incastrano con quelli irregolari dell’atrio. L’incontro fra i diversi volumi che costituiscono le sale espositive è risolto tramite pareti di vetro.

[continua]

Fig.1 - L'ingresso al Book Shop.

Fig.2 - L'atrio centrale.

Fig.3 - Una sezione dell'edificio.

Fig.4 - Pianta del piano terra.

NOTE:

[30] n°10 ott. 1997 “The Architectural Record” Karen D. Stein 

[31] pag. 27 “Frank O. Gehry – Museo Guggenheim, Bilbao” Giorgio Romoli 

[32] pag. 31 ibid. 

[33] pag. 131 “A + U” n°7 Luglio 1998 

[34] pag. 50 “Frank O. Gehry – Museo Guggenheim, Bilbao” Giorgio Romoli 

[35] pag. 50 ibid. 

[36] pag. 50 ibid. 

Fig.5 - Pianta del secondo piano.


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