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- Un ricordo di Goffredo Petrassi

- SAGGIO: Domenico Guaccero di Egisto Macchi

IMPROVVISAZIONE E TEATRO
(da interviste a Mario Schiano e Lucia Vinardi)

- IMPEGNO POLITICO (da un'intervista a Mauro Bortolotti)

- IL DIDATTA (da interventi di Antonio Scarlato, Sergio Rendine,
Franco Sbacco e Alessandro Sbordoni)

- LA CRITICA (da interventi di Paolo Emilio Carapezza, Michelangelo Zurletti, Gioacchino Lanza Tomasi, Luigi Pestalozza e Carlo Marinelli )


da "L'«Alea» da suono a segno grafico" di Domenico Guaccero:

"...La tecnica dell'arte pertanto dovrebbe essere quella che l'attuale tecnica nella vita tende giorno per giorno a non essere più, dovrebbe richiamare all'uomo il valore primo con cui la tecnica stessa si è mossa, il valore di mezzo per l'uomo, al servizio dell'espansione della sua personalità. In tal senso il progetto estetico si serve della tecnica, non è la tecnica, il progetto investe della propria capacità di proiettarsi «al di là», ma non si proietta nel settore del puro fare, nel settore della pura tecnica; perché il «puro» fare, la «pura» tecnica, come tutte le cose pure e assolutizzate, finisce per porre se stesso come valore, «esaurendosi interamente nell'azione che compie» (G. C. Argan, 1961). Ricordiamo che questo è il caso della grafia assolutizzata, mentre nella sua forma relazionata essa vale come segno di una progettazione ed assolve al compito di «tecnica umanistica» per ecellenza, di tecnica, cioè, che serve ad affinare la sensibilità stessa del potere immaginativo, oltre che a fissare in forme più permanenti (a conservare nella materia che è la carta e il lapis) i prodotti e i progetti sorgenti dal potere immaginativo.
Ma perché la grafia assolva a questo compito è necessario che l'opera d'arte incarni una progettazione estetico-umanistica. Il fallimento delle varie progettazioni sinora effettuate nella storia non è buona ragione perché si rinunzi a progettare. Magari bisogna rinunziare a progettare utopie, e la prima utopia è quella che arrivi un'ora storica in cui i progetti si realizzino in toto, in cui si debba cessare necessariamente di progettare perché il progetto si è attuato. La prima utopia è appunto quella di considerare la progettazione come sostanza e non come funzione: funzione di spinta, di slancio, d'intenzione trascendentale. E qui è un altro «nodo» che occorrerà ripensare, se la progettazione, l'intenzione debba essere solo in senso storico (progettare «verso» il futuro, in linea orizzontale), o nella direzione dei valori, in linea verticale..."


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