La mitologia romana
riguarda il corpus di credenze e rituali esistenti dalla fondazione di Roma, avvenuta ad
opera di Romolo, fino
all'avvento del cristianesimo nell'età antica.
La religione venne a tal punto modificata dall'assimilazione di culture esogene ed, in
particolar modo, della mitologia greca da rendere impossibile ogni precisa ricostruzione
della sua origine prima che si instaurasse una vera e propria tradizione letteraria.
Molti scrittori classici dovettero fondere nelle proprie opere elementi della mitologia
greca per far fronte alle lacune della tradizione romana, uno di essi fu proprio il grande
poeta Ovidio.
Essenzialmente gli dei romani si possono classificare sotto due categorie: gli dei indigetes
e gli dei novensiles, che furono assimilati successivamente.
I divi indigetes erano gli dei romani autoctoni, dalle loro qualità e festività
si può dedurre facilmente che gli antichi romani, pur facendo parte di una comunità
sostanzialmente agricola, erano amanti della guerra e del combattimento.
Essi rispondevano alle necessità della vita di tutti i giorni, alle pratiche quotidiane
ed ad essi venivano offerti in sacrificio principalmente animali, ma non solo, in precisi
rituali adempiuti meticolosamente.
Appartenenti al gruppo delle più antiche divinità romane vi erano, oltre ai divi
indigetes che potremmo considerare le divinità maggiori, anche una serie di dei
definibili come "ausiliari" o "custodi". Essi venivano invocati in
occasioni specifiche dalle quali derivavano i propri nomi ed in cui esaurivano le proprie
funzioni.
Alcuni divi indigetes erano:
I Lari, che proteggevano i campi e la casa.
Pale, che proteggeva i pascoli.
Giano, che vegliava le porte ed i passaggi.
Vesta, che vegliava il focolare.
Cerere e Pomona proteggevano rispettivamente la crescita del grano e la frutta.
Saturno, che proteggeva la semina.
Opi e Conso, che vegliavano il raccolto.
Giove, padre degli dei, era considerato il regolatore di ogni attività
umana oltre che per il suo enorme potere, anche grazie alla sua arma, la folgore. Egli era
venerato per le sue indispensabili piogge e come protettore delle attività militari
ambientate al di fuori del confine.
Quirino era considerato il protettore delle milizie durante i periodi di pace.
Marte era il dio della guerra e della gioventù.
In origine il pantheon era formato da Giove, Marte, Quirino, Vesta e Giano.
Non tardarono comunque ad aggiungersi ad essi altri dei, molti dei quali appartenenti ad i
territori che lo stato romano man mano conquistava.
In ciò risiedeva una delle più grandi qualità del futuro impero e probabilmente una
delle ragioni della sua incredibile longevità.
Non solo gli antichi romani permettevano la continuazione dei propri credi religiosi alle
popolazioni dei territori inglobati, ma anzi accettavano le nuove divinità tra le proprie
originarie e riservavano ad esse i medesimi onori.
Così si aggiunsero Minerva, Castore, Polluce, Diana, Venere, Ercole
e numerose altre.
Col tempo risaltò in importanza il pantheon antropomorfico greco che insieme alla
filosofia ellenica portò al declino dei riti e delle funzioni politiche minori originarie
della Roma più antica.
Fra quelle che resistettero all' "innovazione" si possono annoverare la carica
di pontefice e di augure, sempre molto ambite.
In questo lento, ma costante processo intervenne l'imperatore Augusto, il quale riformò
il sistema religioso valorizzando la devozione agli dei in modo anche da assicurare una
certa stabilità sociale.
Non vi è dunque da stupirsi se è proprio in questo periodo che, grazie anche alla
divulgazione dell'Eneide di Virgilio tornò in auge la leggenda della fondazione di Roma
da parte del troiano Enea. |
|
|