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Semidio,
figlio del dio Zeus e di Alcmena, moglie del generale tebano
Anfitrione. Ercole, questo è il suo nome romano, era noto per la forza e il coraggio e
per le sue numerose imprese che lo resero un eroe. In quanto simbolo vivente
dell'infedeltà del suo sposo Giove, Era lo voleva uccidere e poco dopo la sua nascita
mandò due grossi serpenti nella sua culla, ma il neonato li strangolò. Da ragazzo Ercole
uccise un leone con la sola forza delle mani; in seguito vinse gli abitanti di Orcomeno,
città che riscuoteva tributi da Tebe: come ricompensa, gli venne concessa la mano della
principessa tebana Megara, dalla quale ebbe tre figli. Era, ancora implacabile nel suo
odio verso Ercole, gli causò un attacco di pazzia durante il quale uccise moglie e figli.
Per l'orrore e il rimorso di ciò che aveva fatto, Ercole avrebbe voluto togliersi la
vita, ma l'oracolo di Delfi gli disse che si sarebbe purificato diventando il servitore di
Euristeo, re di Micene, il quale, indotto da Era, gli impose come espiazione il compimento
di dodici difficili e pericolose imprese. |
La
prima impresa fu quella di uccidere il leone di Nemea, un animale che non poteva essere
ferito da nessuna arma: Ercole tramortì il leone con la sua clava, poi lo strangolò, lo
scorticò e indossò la sua pelle come corazza e il cranio come elmo. Quindi uccise l'Idra di Lerna, mostro dalle nove teste. Ercole, per impedire che dal
collo mozzo del mostro venisse rigenerata la testa, cauterizzò le amputazioni con una
torcia; poiché una delle nove teste era però immortale, la seppellì sotto una roccia.
Immerse infine le sue frecce nel sangue dell'Idra per renderle avvelenate. La
terza fatica consistette nel catturare un grosso cinghiale il cui rifugio si trovava sul
monte Erimanto, mentre la quarta fu la cattura di una cerva dalle corna d'oro e dagli
zoccoli di bronzo che era consacrata ad Artemide. Successivamente
Ercole mise in fuga un enorme stormo di uccelli mangiatori di uomini, ricoperti da penne
dalla punta di bronzo, che vivevano presso il lago di Stinfalo. La quinta fatica lo vide
impegnato a pulire in un solo giorno i 30 anni di sudiciume lasciato da migliaia di capi
di bestiame nelle stalle di Augia facendovi scorrere le
acque dei fiumi Alfeo e Peneo. Per compiere la settima fatica, Ercole domò e portò a
Euristeo un toro impazzito che Poseidone, dio del
mare, aveva mandato a terrorizzare Creta. Dovette poi catturare le giumente di Diomede, re
di Tracia, che si nutrivano di carne umana, uccidendo lo stesso re e conducendo le bestie
a Micene. Ippolita,
regina delle amazzoni, volle aiutare Ercole nella sua nona
fatica, facendogli dono della propria cintura che Euristeo aveva chiesto per sua figlia.
Ma Era fece credere all'esercito delle amazzoni che Ercole stesse tentando di rapire la
loro regina. Aggredito dalla furia delle guerriere, l'eroe si difese uccidendo Ippolita,
credendola responsabile dell'attacco, e fuggì portando con sé la cintura. Mentre si
recava all'isola di Eritea per catturare i buoi del mostro a tre teste Gerione, sua decima
impresa, Ercole pose, in ricordo del suo passaggio, due grandi rocce, le cosiddette
"colonne d'Ercole", sui promontori che segnano lo stretto che separa il
Mediterraneo dall'oceano Atlantico, l'odierno stretto di Gibilterra. Dopo
aver riportato i buoi, Ercole venne mandato a cogliere le mele d'oro delle esperidi. Tuttavia, non sapendo dove queste mele si trovassero,
chiese aiuto ad Atlante, padre delle esperidi, che accettò di
aiutarlo se in cambio Ercole avesse retto il mondo sulle sue spalle mentre Atlante
raccoglieva le mele. Il vecchio gigante poi non voleva riprendere il suo fardello, ma
Ercole glielo restituì con un astuto inganno.
La dodicesima fatica di Ercole, la più difficile di
tutte, fu quella di portare Cerbero, mostruoso cane a tre
teste, fuori dagli oscuri Inferi. Ade, dio dei morti, diede
a Ercole il permesso di prendere la bestia, a patto di non usare armi; Ercole dopo sforzi
sovrumani riuscì a catturare Cerbero ed a condurlo da Euristeo, riportandolo poi da Ade. Ercole fu anche uno degli argonauti che insieme a Giasone partirono alla ricerca del vello d'oro. |
In
seguito Ercole sposò Deianira, figlia di Eneo re di Calidone. Quando il centauro Nesso assalì Deianira, Ercole lo ferì con una freccia
avvelenata con il sangue dell'Idra. Il centauro morente consigliò Deianira di raccogliere
un po' del proprio sangue, convincendola che fosse un potente filtro d'amore; si trattava
in realtà di un veleno. Credendo che Ercole si fosse innamorato della principessa Iole,
Deianira gli mandò una tunica immersa in quel sangue. Quando la indossò, il dolore
causato dal veleno fu tale che Ercole si uccise su una pira funeraria; dopo la morte,
venne condotto dagli dei nell'Olimpo e sposò Ebe, dea della
giovinezza.
Ercole
veniva solitamente rappresentato come un uomo forte e muscoloso con indosso una pelle di
leone ed in mano una clava. Egli fu venerato dai greci sia come dio sia come eroe mortale. |
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