Ora possiamo cercare di capire come siano andate le cose circa il peccato originale. Entriamo però in un campo dove la ragione deve cedere il passo alla fede. Cerchiamo solo di capire se quanto ci viene proposto dalla fede possa essere in qualche modo contrario a ciò che la ragione ci permette di sondare. Il Vecchio Testamento ci propone come immagine del tentatore, la figura simbolica del serpente che invita la donna a mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male. Il demonio è una creatura spirituale; è l’angelo decaduto che, appena creato, consapevole della sua grandezza, crede di potersi addirittura mettere sullo stesso piano del Creatore. Egli perciò compie liberamente un atto di ribellione definitivo e irreversibile. La presenza del demonio nell’Eden è dovuta alla presenza dell’uomo e all’invidia che il diavolo nutre nei suoi confronti perché comprende che questo, pur essendo inferiore a lui, in quanto non formato da puro spirito, gode del privilegio dell’amicizia di Dio. Forse addirittura intravede in Adamo la figura del Nuovo Adamo, il Cristo, quel Dio che per salvarci si farà Egli stesso Uomo e non un puro spirito, ma un vero uomo fatto come noi di carne e sangue. Per questo quindi, per invidia, propone ad Eva di mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male. Anche questo albero è un elemento simbolico e rappresenta il desiderio di sostituirsi a Dio nel giudizio delle proprie azioni, buone o cattive. Solo Dio può stabilire cosa sia bene e cosa sia male e ce ne rendiamo conto non tanto o non solo perché ora conosciamo i suoi comandamenti, ma perché gli stessi sono inscritti nel cuore di ogni essere umano. La coscienza ci dice cosa sia bene e cosa sia male. Il peccato originale è perciò esso pure un atto di ribellione, un volersi fare dio al posto di Dio, cioè desiderare di escludere Dio dalla nostra vita, pensare di poter fare a meno di Lui. Il demonio tenta per prima la donna che a sua volta coinvolge l’uomo ed ecco che venendo a conoscenza di cosa sia il bene ed il male, si rendono conto di essere nudi. Anche questo fatto è simbolico perché la nudità non è di per sé peccato, ma è entrata nell’animo umano la concupiscenza, cioè la propensione a fare il male piuttosto che il bene. Per questo si nascondono quando sentono che Dio li cerca: prima, pur essendo nudi non sentivano la necessità di nascondersi. Però sono almeno sinceri e confessano esattamente come sono andate le cose. Il loro racconto veritiero non merita una condanna irreparabile, mentre Dio condanna il “menzognero fin dal principio” alla futura sconfitta a causa di un’altra Donna e della sua stirpe. È facile intravedere nella Donna la figura della Madonna e nella stirpe la stessa figura di Gesù. Dio punisce severamente i progenitori ed ecco che entrano nella storia dell’umanità le sofferenze e la morte a causa della trasgressione. A prima vista sembrerebbe una punizione iniqua, spropositata all’offesa, ma bisogna considerare che l’offeso è il Creatore e appunto l’uomo è la creatura. È impensabile che l’uomo si voglia ergere all’infinita altezza di Dio. E comunque Dio non abbandona definitivamente l’uomo come ha fatto con gli angeli decaduti volontariamente, ma il peccato diventa il motivo della decisione di Dio di farsi Uomo per redimere l’uomo.

Fino all’avvento del Redentore il peccato originale non potrà essere cancellato e coinvolgerà l’intera progenie umana. Il battesimo che ci viene donato dal Cristo cancellerà il peccato conferendoci la dignità di figli di Dio. Non vengono però eliminati gli effetti corporali del peccato: il dolore e la morte. Il peccato originale non è una nostra colpa personale, ma un’eredità contratta e che comunque rimane un grande mistero.

Ma che fine ha fatto l’altro albero che sta in mezzo al giardino dell’Eden? Questo secondo albero menzionato in Genesi 2:9 è definito “l’albero della vita” e quando l’uomo viene cacciato dal Paradiso: (Genesi 3:22) Il Signore Dio disse allora: «Ecco l'uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva sempre!». Cosa rappresenta questo albero della vita a protezione del quale, nel momento dell’espulsione dall’Eden, Dio mette  i cherubini e la fiamma della spada folgorante? Il Catechismo della Chiesa Cattolica non ne parla. Credo si possa comunque pensare che l’uomo avrebbe acquisito la consapevolezza del progetto divino di salvezza che si realizzerà attraverso il figlio Gesù. Cosa prematura perché l’uomo, creato perfettamente libero di credere o di rifiutare di credere, doveva attendere i tempi di Dio che intendeva manifestarsi gradualmente nel corso della storia. Si parla invece dell’albero della vita in (Apocalisse 2:7): Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore darò da mangiare dell'albero della vita, che sta nel paradiso di Dio. E più avanti nel capitolo 22 della stessa Apocalisse in altri paragrafi. L’albero della vita rappresenta la salvezza, la vita eterna, che viene concessa in premio a chi persevera fino alla fine nella verità della fede che è Cristo. L’albero della vita è Cristo stesso. L’uomo non può impossessarsi di Cristo senza meritarlo, non può rubare dall’albero i frutti di Cristo, Egli si dona, dobbiamo solo accettarlo, ma non possiamo defraudarlo.

1 Lo scopo della creazione

2 Dalla scimmia all'uomo?

3 La creazione dell'uomo

5 Il peccato originale

 6 Comincia la storia dell'umanità

7 Riassumendo

4 Il paradiso terrestre 8 Conclusione