MAPPA della PAGINA: La MATERIA OSCURA (DARK-MATTER)... Agg. 13.07.2004
E' la materia a governare l'evoluzione futura del nostro universo, quindi per comprendere la natura del posto in cui viviamo e la sua destinazione dobbiamo capire quanta materia è racchiusa nell'universo. Infatti la materia è la "colla gravitazionale" che governa i moti e l'espansione dell'Universo decretandone come esso evolverà. Ci sono tre possibili scenari evolutivi:
(1)-Materia insufficiente; l'Universo continuerà ad espandersi e a raffreddarsi infinitamente. Densità critica (insufficiente per la chiusura) < 1 (la densità critica è pari a 2x10-29 g/cm3 )
(2)-Almeno 3 atomi di idrogeno per metro cubo; l'Universo arresterà ad un certo punto la sua espansione densità critica uguale alla densità di materia = 1
(3)-Oltre il precedente valore di densità; l'Universo invertirà il moto di espansione contraendosi densità critica superiore alla densità di materia > 1
Oltre a questi problemi cosmologici l'esistenza di materia oscura era già ritenuta necessaria nei primi anni trenta. Il primo ad intuire l'esistenza di materia invisibile fu l'astronomo J.Oort, che per chiarire il moto delle stelle perpendicolarmente al piano della Galassia suppose che oltre alla materia visibile ne dovesse esistere dell'altra oscura non osservabile. Nel 1933 l'astronomo F.Zwicky, analizzando i moti delle galassie che compongono l'ammasso della Chioma di Berenice si rese conto che la materia osservabile, ipotizzata tramite il rapporto massa luminosità, non era sufficiente a legare gravitazionalmente le galassie in funzione delle velocità dei loro moti. Perché i conti tornassero bisognava introdurre una quantità di materia oscura di un fattore 10-100 volte in più di quella visibile. Quando negli anni settanta, si scoprì che un gas ad altissima temperatura, che emette soprattutto nei raggi X, occupa gli spazi tra galassia e galassia negli ammassi, si penso che tale gas potesse risolvere la discrepanza trovata da Zwicky. In realtà per quanto il gas abbia una massa confrontabile con quelle delle galassie dell'ammasso, risulta evidente che è comunque largamente insufficiente a risolvere il problema della massa mancante. Ulteriori evidenze a favore dell'esistenza di materia oscura vennero raccolte alla fine degli anni settanta, osservando le curve di rotazione di alcune galassie a spirale, compresa la nostra, esse mostravano di non adattarsi alla legge di Keplero, secondo la quale le velocità di rotazione deve diminuire allontanandosi dal centro di massa.Quello che invece trovò l'astronoma Vera Rubin, fu che le velocità rimanevano più o meno costanti a grande distanza dal centro e a volte ben al di là del limite visibile delle galassie. Questo portò a postulare l'esistenza di enormi aloni di materia oscura (contenenti anche dieci volte più materia della galassia stessa). La teoria attualmente più accreditata sulla nascita dell'universo, e della Teoria del Big Bang inflazionario, non sto qua a dilungarmi sulle ipotesi di questa elegante teoria, ma una predizione risulta importante in questo contesto, se l'inflazione è avvenuta la densità dell'universo deve essere uguale a un 1 (vedi punto 2). Dalle misurazioni, peraltro incerte, la densità di materia visibile misurata è compresa fra 0.003 e 0.01 quindi al massimo un 1% della materia necessaria a confermare le nostre teorie e osservazioni. Questo implica che se l'universo è piatto (è piatto, comunque !!), il 99% della materia in esso contenuta sarebbe a noi invisibile e composta di materia non ordinaria, cioè barioni, ma da particelle esotiche frutto dei primi istanti della vita dell'universo come predicono le moderne teorie della grande unificazione. Da recenti misure tese a valutare la quantità di materia barionica contenuta nell'universo porta a stimare la densità molto prossima al valore massimo stimato di 0.01, mentre la materia visibile, che emette quindi radiazione elettromagnetica, non dovrebbe superare il valore di 0.003, questo comporta che sicuramente esiste una grande quantità di materia ordinaria non visibile composta molto probabilmente da pianeti orbitanti attorno ad altre stelle e da nane brune, ossia corpi di piccola massa nei quali le reazioni termonucleari non si sono riuscite a d innescare. Un piccolo contributo lo potrebbero dare pure i cadaveri stellari di stelle massicce (buchi neri e stelle a neutroni). S.Hawking ha ipotizzato che la materia oscura sia costituita in gran parte da buchi neri primordiali che si sarebbero formati al tempo del Big Bang e che sarebbero sopravvissuti fino all'epoca attuale. L'ipotesi S.Hawking non è da ritenersi di gran riguardo :-). La quantità di materia oscura barionica, comunque, come abbiamo visto non è sufficiente, e però non possiamo nemmeno invocarne di più in quanto è il massimo concesso dalle osservazioni e dalle teorie più accreditate. Se la materia oscura non è materia ordinaria da cosa è costituita ? Si pensa sia costituita da particelle esotiche, soggette solamente alla forza debole, quindi poco reagenti con la materia ordinaria, che si sarebbero formate nei primissimi istanti di vita dell'Universo. Una di tali particelle, l'unica fino ad ora osservata, è il neutrino, una particella neutra di massa molto piccola. Ma questa particella pur avendo una massa per quanto piccola, il numero di queste particelle è talmente elevato che sarebbe un buon candidato a diventare il responsabile principale della materia oscura non-barionica. Ma ci sono anche altre particelle più massicce, anch'esse ad interazione debole e non barioniche, che potrebbero essere state create nei primissimi istanti di vita dell'Universo. Esse vanno sotto il nome generico di WIMPS (Weakly Interactive Massive Particles) e sono previste da alcune moderne teorie delle particelle elementari, in particolare dalla Teoria della Grande Unificazione, che uniscono in una sola forza tre delle forze fondamentali della natura, quella elettromagnetica, quella nucleare forte e quella nucleare debole. Queste particella non sono state ancora osservate, ma solamente previste alcune hanno nomi originali come Fotino, Assione ecc.. Esiste una differenza fondamentale fra i WIMPS e il neutrino, la massa, quindi la velocità nel momento in cui si sono disaccoppiati dalla radiazione, molto grossa la massa dei WIMPS quindi velocità basse (si parla di materia oscura fredda) molto bassa la massa del neutrino, quindi velocità elevate (si parla di materia oscura calda). La velocità, quindi la temperatura del componente non barionico della massa dell'Universo è fondamentale per giustificare le strutture che si osservano all'epoca attuale, ma che esistevano già come embrioni nei primi istanti dell'Universo. Infatti il contributo della materia oscura non-barionica, essendo il 99% della materia che permea l'Universo, è il principale fautore delle strutture a larga scala che noi osserviamo. Per giustificare le osservazioni i candidati migliori sarebbero le particelle WIMPS, il problema che si pone è che finora queste particelle non sono state ancora osservate, mentre il neutrino ha questa importante proprietà. Tirando le somme, noi viviamo in un universo che sembrerebbe composto dal 90-99% di materia a noi invisibile, quindi quello che possiamo osservare non supera una parte su cento. Ma sarà vera questa conclusione ? Noi ricercatori, da ogni parte del mondo, stiamo inventando esperimenti per scoprire queste elusive particelle, nel frattempo i teorici (sempre noi :-) !), aiutati dalle osservazioni, raffinano le teorie per eliminare i dubbi e le incongruenze, tra l'altro recenti studi non ancora confermati metterebbero in risalto l'esistenza di un'energia responsabile di produrre una forza che si contrappone alla gravità, accelerando l'espansione universale. La presenza di questa energia, che per la nota equivalenza stabilità dalla Relatività Generale equivale alla presenza di massa, potrebbe portare la densità di materia ad un valore prossimo a 1 come richiesto dalla teoria inflazionaria senza il bisogno di inventare un buon 70% di materia non visibile risolvendo quindi diversi problemi. Ma questa è un'altra storia !
Dark matter doesn't
move in mysterious ways
American Physical Society, Philadelphia, April, 2003
Whatever it is, dark matter may not move in mysterious ways, researchers told this week's American Physical Society annual meeting in Philadelphia, Pennsylvania.
They calculate that this elusive matter - which makes up a quarter of the Universe - shifts around much as does the visible matter of stars, planets and dust. And in so doing, it may surround galaxies in lumps. Dark matter, as its name suggests, does not reflect light, and rarely, if ever, interacts with visible matter. In fact the only evidence that it exists is its gravitational pull on light and stars. Dark matter leaves its imprints everywhere, but we still don't know what it is. Chung-Pei Ma, traced the movements of millions of computer-simulated dark-matter particles over the course of billions of years. The digital dark matter's movement closely mirrors that of differently sized particles jiggling in a gas, he found.
What's more, the team could predict their dark matter's every move with the help of a century-old equation that Einstein developed to describe the gas movement known as brownian motion. The pair's results may force researchers to reconsider how dark matter is arranged in galaxies. Many believe that giant, smooth halos of dark matter envelop every galaxy. But Ma says her simulations hint that thousands of relatively small blobs of dark matter, each weighing millions of times more than our Sun, may orbit the Milky Way and nearby galaxies. If these globs of dark matter exist, their gravitational fields will bend the light from distant objects, such as exploding stars, on its way to Earth, explains astronomer Saul Perlmutter of Lawrence Berkeley National Laboratory. Such differences may show up in future surveys of dying stars, he says.
07.08.2003 Sloan Digital Sky Survey
Un team di ricercatori americani, spagnoli e tedeschi sfrutta la Sloan Digital Sky Survey per gettare nuova luce sulla sempre elusiva "Dark Matter": conferma per i modelli di formazione galattica e per la validità a grande scala della dinamica newtoniana.
La SLOAN DIGITAL SKY SURVEY (SDSS) rappresenta un ambizioso progetto astronomico destinato a mappare in dettaglio un quarto della sfera celeste e a misurare la distanza e la luminosità assoluta di più di 100 milioni di oggetti celesti. Questo progetto è realizzato congiuntamente da varie università e istituzioni astronomiche statunitensi, tedesche e giapponesi. I dati vengono raccolti tramite il telescopio di 3,5 metri dell'Apache Point Observatory, in New Mexico. Nel corso di una conferenza tenutasi recentemente (26-30 maggio scorsi) a La Palma, nelle Isole Canarie, sono stati presentati alcuni dei primi risultati, assai interessanti, ottenuti dalla SDSS nello studio della materia oscura nell’Universo. È già noto da tempo che le stelle contenute all’interno delle galassie sono dotate di velocità tali da riuscire a sfuggire alla reciproca attrazione gravitazionale. Questo porterebbe a un rapido dissolvimento delle galassie, che invece esistono da miliardi di anni. Ci deve dunque essere un "supplemento" di gravità esercitata da materia che non si vede (è detta pertanto "oscura"), che riesce a trattenere le stelle all’interno delle galassie. Dal momento che non emette radiazione, la materia oscura - la cui esatta natura è tuttora ignota - manifesta la propria presenza solo tramite gli effetti gravitazionali indotti sulla materia luminosa circostante. Pertanto, per capire se l'alone scuro presente nelle galassie termina insieme alle stelle o si estende al di là di esse, è importante studiare galassie grandi attorno a cui ruotano galassie satelliti più piccole. Questi satelliti rappresentano una sonda insostituibile per evidenziare, tramite le caratteristiche dell'orbita percorsa, la presenza o meno di materia scura fino a distanze pari al raggio di tale orbita, superiore al raggio della galassia visibile. Un team di astronomi dell'Università del New Mexico e di altri istituti connessi alla SDSS - e guidati da Francisco Prada dell’Istituto Max Planck di Astronomia in Germania e dell'Istituto di Astrofisica delle Canarie [L’Istituto di Astrofisica delle Canarie (IAC) e i suoi osservatori (Osservatorio del Teide a Tenerife e Osservatorio del "Roque de los Muchachos" a La Palma) formano un centro di ricerca e d'osservazione aperto alla comunità scientifica internazionale fin dal 1979. Attualmente i due osservatori ospitano telescopi e strumentazioni appartenenti ad oltre 60 istituzioni di 19 paesi diversi che - unitamente al Centro Comunitario di Astrofisica di La Palma (in divenire) – costituiscono l'"European Northern Observatory" (ENO). A La Palma - presso il TELESCOPIO NAZIONALE GALILEO - è attivo l'astronomo cortinese dott. Adriano Ghedina.] - ha analizzato 250.000 galassie dal catalogo SDSS per selezionare candidati adatti per lo studio degli effetti gravitazionali della materia oscura. Sono stati individuati circa 3.000 satelliti attorno a galassie brillanti isolate, e si è misurata la loro velocità utilizzando l'effetto Doppler. E' questa una procedura standard utilizzata in astronomia e si basa sul fatto che la luce emessa da una sorgente in movimento rispetto all'osservatore modifica la propria lunghezza d'onda proporzionalmente alla velocità della sorgente stessa. Tale velocità, analogamente a quanto accade per i pianeti del Sistema Solare, deve essere tanto minore quanto maggiore è la distanza del satellite dalla galassia attorno a cui orbita. Ciò è dovuto al fatto che la gravità della galassia declina con la distanza, e un analogo declino deve manifestarsi anche da parte della "forza centrifuga" (e dunque della velocità del satellite) per contrastare correttamente l’attrazione galattica e mantenere stabile l’orbita del satellite. Ovviamente, in presenza di aloni scuri estesi, questo declino della velocità è minore, e il suo esatto ammontare dipende dalla quantità e dalla distribuzione della materia scura. In effetti il team di Prada ha trovato una chiara indicazione della presenza di aloni oscuri. Essi sostengono che evidenze così nette si possono ottenere solo grazie alle caratteristiche uniche dello SDSS. Tali evidenze indicano che le galassie sono immerse all'interno di enormi aloni di materia invisibile la cui densità, nelle regioni periferiche, decresce come l'inverso del cubo della distanza. Questo andamento è proprio quello previsto dai modelli cosmologici di formazione delle galassie. La massa oscura, in alcuni casi, può arrivare a essere 50 volte quella della materia luminosa (stelle + gas) galattica. A livello cosmologico, la materia oscura rappresenta il 27% della massa totale, mentre quella luminosa solo il 3%; il resto è dato dall’energia responsabile dell’espansione dell’Universo. Prada ha anche sottolineato che i risultati ottenuti contraddicono in maniera netta la MOND (Modified Newtonian Dynamycs). Questa teoria è stata proposta nel 1983 nel tentativo di spiegare l'alta velocità delle stelle nelle galassie senza ricorrere all'introduzione della materia oscura. I fautori della MOND prendono spunto dal fatto che la teoria gravitazionale di Newton - secondo cui la gravità generata da un oggetto compatto decresce secondo la celebre legge dell'inverso del quadrato della distanza è stata verificata solo per distanze pari alle dimensioni del Sistema Solare. E' dunque possibile, in principio, che su scale assai maggiori, quali quelle galattiche, la gravità decresca più lentamente, riuscendo a "imbrigliare" le stelle veloci. I dati SDSS rappresenterebbero la prima netta evidenza osservativa dell'inconsistenza della MOND.
14.06.2004 Il modello della materia oscura fredda è stato corretto !![?]
Le simulazioni al computer non si accordavano con le osservazioni.Un gruppo di astrofisici guidato da Andrey Kravtsov dell'Università di Chicago ha eliminato una fastidiosa contraddizione fra una popolare teoria sulla formazione delle galassie e le osservazioni effettuate con i telescopi. Secondo il modello della materia oscura fredda (cold dark matter), un'estensione della teoria del big bang, le galassie più piccole collidono e si fondono inducendo esplosioni di formazione stellare che creano i diversi tipi di galassie massive e luminose che è possibile osservare oggi nei cieli. Questa teoria si accorda con alcuni dati fondamentali che noi astrofisici hanno raccolto negli ultimi anni. Sfortunatamente, le simulazioni effettuate con i supercomputer indicavano dieci volte più satelliti di materia oscura - ammassi di materia oscura che orbitano attorno a una grande galassia - di quanto ci si attendeva. Il problema è che le simulazioni non corrispondevano alle osservazioni delle caratteristiche delle galassie. Ora il lavoro di Andrey presenta una risposta plausibile a questo problema. Kravtsov e colleghi hanno trovato la soluzione grazie a nuove simulazioni descritte in un articolo che sarà pubblicato sul numero del 10 luglio della rivista "Astrophysical Journal". La soluzione sarebbe legata al modo con cui evolvono le galassie nane, piccole galassie che si trovano ai margini delle galassie più grandi. Alcune delle galassie nane odierne sarebbero state più massive in passato e avrebbero raccolto gravitazionalmente il gas necessario per formare le stelle.
14.08.2003Galassie senza MATERIA OSCURA
Lo rivela il moto delle loro nebulose planetarie. Potrebbero però eagire effetti di selezione osservativa. Se i risultati di una serie di osservazioni di galassie ellittiche saranno confermati, possiamo dire che anche nello spazio profondo l'eccezione conferma la regola ? E' infatti noto da tempo che buona parte della materia di cui sono formate le galassie non emette luce e quindi non è visibile con i consueti strumenti astronomici: si tratta della cosiddetta materia oscura. Questa materia invisibile denuncia la sua presenza influenzando il moto orbitale delle stelle e delle nebulose che formano una galassia, mantenendo sostenuta, per esempio, nel caso delle galassie a spirale, la velocità di rotazione delle stelle del disco che altrimenti dovrebbe decrescere all’aumentare della distanza dal nucleo. Un gruppo di ricercatori, di cui fanno parte gli italiani Magda Arnaboldi e Massimo Capaccioli (INAF di Napoli Capodimonte), ha voluto controllare se veramente tutte le galassie contengono molto più materia di quella visibile e i risultati preliminari sembrano fornire una risposta negativa. Tre delle galassie osservate, infatti, non sembrano possedere una componente apprezzabile di materia oscura. Un risultato sorprendente, che richiede conferme. Per decenni gli astronomi hanno cercato di determinare la massa delle galassie misurando la velocità del loro moto di rotazione. Nelle galassie a spirale come la nostra Galassia le nebulose e le stelle lontane dal nucleo galattico ruotano grosso modo alla stessa velocità di quelle che si trovano in regioni più interne. Un comportamento del genere si spiega solo ipotizzando l'azione gravitazionale di materia, presente nelle regioni esterne, che però sia molto più abbondante di quella attribuibile alle stelle e al gas che si rendono visibili. La quantità di materia oscura richiesta è anche dieci volte superiore a quella della materia visibile. La tecnica della stima di massa dalla misura delle velocità di rotazione è difficilmente applicabile alle galassie ellittiche sia per il particolare regime dinamico delle stesse, sia perché mancano le vaste nebulosità o gli ammassi stellari che sono presenti nelle spirali, che si possono osservare anche a grandi distanze e per i quali si può misurare la velocità di rotazione in funzione della distanza dal centro. Le galassie ellittiche sono infatti composte solo da stelle, generalmente molto deboli, sulle quali non è possibile compiere osservazioni spettroscopiche. Il metodo adottato è quello di individuare le nebulose planetarie presenti in queste galassie.
(vedi figura qui sopra)-Le nebilaose planetarie sono bolle di gas, tra cui è presente in abbondanza l'ossigeno ionizzato che emette fortemente nel verde. Osservate attraverso un filto verde, esse risaltano sul fondo cielo e possono essere rivelate anche in galassie lontane. Nella giovane nebulosa Hen-1357, ripresa dal Telescopio Spaziale "Hubble", è ben visibile il gas verdastro che avvolge la stella centrale. (OSC: NASA).
Questi oggetti sono bolle sferiche di gas che le stelle di massa simile a quella del Sole espellono agli ultimi stadi della loro evoluzione. La loro particolarità è che contengono grandi quantità di atomi di ossigeno ionizzato che emettono una caratteristica riga spettrale nel verde: osservate attraverso un filtro con banda passante centrata su quella riga, le planetarie si "staccano" dal fondo, brillando come lucciole. Usando uno speciale spettrografo applicato al telescopio di 4,2 m di apertura William Herschel presso l'Osservatorio di La Palma (Isole Canarie), si sono studiate tre galassie ellittiche, tra cui M105, che contengono un certo numero di nebulose planetarie nelle loro regioni più esterne il cui moto orbitale attorno al centro è comandato dall’attrazione gravitazionale della materia dell'intera galassia (una stella che dista r dal centro, risente dell'attrazione della materia oscura contenuta nella sfera di raggio r. Se la nebulosa sta sul bordo esterno della galassia, il suo moto risponde alla massa totale della galassia !).
(vedi figura qui sopra)-La galassia ellittica M105. I pallini colorati (come il rispettivo effetto Doppler) rappresentano le nebulose planetarie prese in esame in questo studio, il cui lento moto suggerisce che la galassia non contiene materia scura.
Con sorpresa, il moto è risultato sorprendentemente lento, in linea con il contenuto di materia visibile: in questi tre casi, non è dunque necessario invocare il contributo della materia scura.
INCISO: Le immagini in falsi colori... Spesso le immagini astronomiche che vediamo non sono semplici fotografie, ma fotomontaggi in falsi colori, creati per ricavarne delle informazioni scientifiche che una fotografia normale non rivelerebbe. In sostanza si seleziona la radiazione emessa dalla sorgente con un filtro a banda stretta: si registra cioè solo la radiazione di una determinata frequenza. In questo modo si può vedere quali regioni della sorgente emettono luce di quella frequenza. Singole immagini a diverse frequenze vengono poi combinate, per confrontare la luce emessa dalle diverse parti della sorgente. Per esempio, una nebulosa di gas ionizzato dal calore di una stella che si trova al suo interno, emette una radiazione particolare. Per rivelare questo tipo di nubi, si cerca la radiazione emessa da atomi come l'ossigeno due volte ionizzato (OIII), lo zolfo ionizzato (SII), l'idrogeno ionizzato (HII), che si trovano all'interno della nube. Questi atomi emettono radiazione di frequenza nota, che rappresenta un pò "l'impronta digitale" della nube. Se si combinassero le fotografie relative alle diverse frequenze, tuttavia, risulterebbero due immagini rosse sovrapposte. Infatti nella realtà sia la luce emessa dallo zolfo ionizzato che quella dell'idrogeno ionizzato è rossa. Quello che si fa allora è assegnare dei falsi colori alle singole immagini ottenute. Normalmente si usa attribuire il colore rosso allo zolfo ionizzato una volta, il blu all'ossigeno ionizzato due volte, il verde all'idrogeno, eccetera. Di solito si combinano tre diverse immagini, perché anche nella stampa si hanno a disposizione tre colori principali. Il risultato è comunque gradevole e permette di ricavare dalla fotografia informazioni di interesse scientifico. L'intensità relativa della radiazione emessa alle diverse frequenze ci racconta per esempio qual è la temperatura o la densità di una nube di gas, o quali elementi chimici si trovano in una stella.
DIGRESSIONE...
Le galassie ellittiche...(divulgativo...)
Di tutte le varietà di galassie quelle ellittiche sono quelle che meno colpiscono l'occhio dell'osservatore, si tratta di oggetti tondeggianti, molto densi, di forma che varia da quella sferica, come il pallone da calcio a quella ellittica, cioè appiattita, dell'equivalente pallone americano. Come i palloni da football esse non sono piatte, ma hanno uno spessore; a differenza di un pallone, però, una galassia non può essere presa e esaminata ma deve essere osservata a grande distanza sotto un angolazione fissa. E' per questo che gli astronomi non possono essere sicuri che alcune galassie abbiano la forma di un sigaro, o che sia un disco di stelle visto quasi di taglio. Le misure neccesarie per poter decidere tra queste due alternative sono difficili e ne sono state eseguite poche. Tuttavia gli astronomi ritengono che le galassie a forma di sigaro siano rare. Allo stesso modo le galassie che ci appaiono circolari possono essere in realtà o sferiche, oppure oggetti a forma di sigaro visti di fronte, o galassie a disco viste dall'alto. La percentuale di galassie che ci appaiono circolari, però è abbastanza elevata da convincere gli astronomi che le galassie sferiche esistono effettivamente. Ma è solo in pocchissimi casi che gli astronomi possono determinare se una data galassie sia sferica o no. La gamma delle dimensioni delle galassie ellittiche è molto estesa; negli ammassi le galassie più grandi sono spesso ellittiche, e lo sono anche la maggior parte delle più piccole. Non sembra ci sia una tendenza, per le galassie più piccole, ad essere più o meno circolari di quelle più grosse, ma le più grandi galassie che si trovano negli ammassi, le cosiddette galassie cD, sono di solito di un'elitticità intermedia, con un appiattimento apprezzabile, ma non eccessivo. Le galassie ellittiche non contengono stelle giovani, dal momento che queste nascono soltanto dove c'è gas sufficiente a formarle e le galassie ellittiche non contengono che poco gas o niente affatto; tranne che per certe occassioni, date da collisioni con altre galassie, questo succede spesso negli ammassi galattici. Così la maggior parte delle stelle che si trovano nelle galassie ellittiche sono vecchie e rosse, e le galassie stesse sono rosse. Il colore rosso nelle galassie è indice di vecchiaia. Si pensa che le galassie ellittiche abbiano utilizzato tutto il loro gas per formare le stelle, e questo potrebbe essere vero anche per le galassie isolate che si muovono solitarie nella grande vastità dell'Universo. Tuttavia ci si è resi conto che negli ammassi esiste un meccanismo di invecchiamento precoce. Il gas contenuto nelle galassie può essere strappato a causa di frequenti collisioni con altri membri dell'ammasso. L'effetto dello stripping di gas non si manifesta solo nell'emissione di raggi-x; ma la rimozione del gas della galassia impedisce la formazione di stelle e quindi la creazione di popolazioni stellari giovani. Ogni attraversamento dell'ammasso riduce di moltissimo la vita restante (nel senso di vita stellare attiva) di una galassia. Ciò spiega l'osservazione che le galassie ellittiche, composte solo di stelle vecchie, sono più frequentemente membri di un gruppo o di un ammasso di galassie che non di galassie isolate.
Le galassie ellittiche hanno la forma di un ellissoide più o meno schiacciato. Esse vengono indicate con la lettera E, seguita da un numero da 0 a 7, che indica il minore o maggiore grado di schiacciamento (le E0 sono le più sferoidali, le E7 le più schiacciate). Le galassie di questo tipo sono meno luminose delle spirali a parità di massa, qundi sembrano meno numerose, ma è probabile che costituiscano poco meno della metà del totale. Le ellittiche sono le galassie che presentano la maggior varietà di masse e dimensioni; vi si trovano da un lato le ellittiche nane, con masse di pochi milioni di volte quella solare e diametri di 5.000 anni luce, dall'altro le giganti, con masse di 10.000 miliardi di volte quella del Sole e diamtri di 300.000 anni luce. Queste ultime si trovano soprattutto al cento degli ammassi di galassie. Le galassie ellittiche sono quasi totalmente prive di gas, non chè di stelle giovani (come quelle masicce, di tipo spettrale O e B). Predominano invece le stelle vecchie, fredde e quindi degli ultimi tipi spettrali: lo spettro di queste galassie é rosso. Le stelle si sono formate tutte nelle prime fasi di vita di queste galassie, consumando quasi tutto il gas disponibile; il resto è stato espulso dalla galassia dopo essersi riscaldato a causa di processi violenti, come le esplosioni di supernovae. Le galassie ellittiche sono molto più omogenee di quelle spirali, sia per contenuto stellare che per distribuzione delle stelle.
FINE DIGRESSIONE
Non nascondo un certo scetticismo. La critica maggiore riguarda il fatto che le nebulose planetarie possono avere traiettorie orbitali molto eccentriche. Quelle osservate potrebbero trovarsi a transitare alla massima distanza dal nucleo, dove la velocità tocca il valore minimo; d'altra parte, quando si trovano al "perinucleo" galattico si immergerebbero nel corpo della galassia e non sarebbero per questo motivo visibili. Questo effetto di selezione farebbe apparire più lento del vero il moto medio delle nebulose osservate, nascondendo l’effetto della materia oscura. La ricerca non è conclusa e il programma di osservazioni prevede lo studio nei prossimi due anni di più di una ventina di galassie ellittiche in modo da avere un campione di oggetti statisticamente affidabile.
23.09.2003 Dark Matter Reality Check: Chandra Casts Cloud On Alternative Theory
(Vedi immagine qui sopra)-Chandra's image NGC 720 reveals a galaxy enveloped in a slightly flattened or ellipsoidal cloud of 7 million-degree Celsius gas. The shape and orientation of the hot cloud are different from that of the optical image of the galaxy. This means that a massive halo of dark matter is needed to keep the hot gas from expanding away.
New evidence from NASA's Chandra X-ray Observatory challenges an alternative theory of gravity that eliminates the need for dark matter. The observation also narrows the field for competing forms of dark matter, the elusive material thought to be the dominant form of matter in the Universe. An observation of the galaxy NGC 720 shows it is enveloped in a slightly flattened, or ellipsoidal cloud of hot gas that has an orientation different from that of the optical image of the galaxy. The flattening is too large to be explained by theories in which stars and gas are assumed to contain most of the mass in the galaxy. The shape and orientation of the hot gas cloud require it to be confined by an egg-shaped dark matter halo. This means that dark matter is not just an illusion due to a shortcoming of the standard theory of gravity - it is real. According to the generally accepted standard theory of gravity, the hot X-ray cloud would need an additional source of gravity - a halo of dark matter - to keep the hot gas from expanding away. The mass of dark matter required would be about five to ten times the mass of the stars in the galaxy. If the dark matter tracked the optical light from the stars in the galaxy, the hot X-ray cloud would be more round than it is. The flattened shape of the hot gas cloud requires a flattened dark matter halo. An alternative theory of gravity called MOND, for Modified Newtonian Dynamics, was proposed in 1983 by Mordecai Milgrom of the Weizmann Institute in Israel, and has remained viable over the years. MOND does away with the need for dark matter by modifying the theory where the acceleration produced by gravity is very small, such as the outskirts of galaxies. However, MOND cannot explain the Chandra observation of NGC 720. This is apparently the first dynamical evidence that has successfully distinguished dark matter from MOND. The researchers also found that the Chandra data fit predictions of the cold dark matter theories, according to which dark matter consists of slowly moving particles, which interact with each other and "normal" matter only through gravity. Other forms of dark matter, such as self-interacting dark matter, and cold molecular dark matter, are not consistent with the observation in that they require a dark matter halo that is too round or too flat, respectively. Chandra's ability to precisely identify and locate the point-like sources contaminating the diffuse emission in the X-ray image was absolutely essentia. Only then could we make accurate measurements of the shape and orientation of the X-ray image contours. The conclusion from the Chandra data that NGC 720 possesses a dark matter halo assumes that the hot gas cloud has not been unduly disturbed by collisions or mergers with other galaxies in the last 100 million years. The lack of evidence of such activity indicates that this assumption is valid. Chandra observed NGC 720, which is about 80 million light years from Earth, for 11 hours with the Advanced CCD Imaging Spectrometer (ACIS). Other members of the team include Tesla Jeltema and Claude Canizares of Massachusetts Institute of Technology (MIT) in Cambridge, and Gordon Garmire of Pennsylvania State University in University Park. Penn State and MIT developed the instrument for NASA.
01.10.2003 Astronomers claim dark matter breakthrough
The identity of the Universe's dark matter may finally have been discovered. In what seems to be the most convincing claim for dark matter so far, researchers in England and France say gamma rays coming from the centre of our galaxy show hallmarks of these ghostly particles. The research has only just been made public, so the team is still waiting for a response from other dark matter experts. But though the researchers are cautious, there is no hiding their excitement. "I've dropped everything else to work on this," says Dan Hooper of the University of Oxford. "We're really excited," adds his colleague Céline Boehm, also of Oxford. "I'm cautious but it's surprising everything fits so well." The identity of the Universe's dark matter, which outweighs the visible stuff by at least a factor of seven, is the outstanding mystery of modern astronomy. Scientists think it must exist because its gravity affects the way galaxies hold together. But the particles do not emit any electromagnetic radiation so they have never been detected directly. No one knows what the particles are like, or exactly how they are distributed. However, because dark matter "feels" gravity like ordinary visible matter, it is a fair bet that it clumps in the centre of our galaxy. So the team turned their attention to a distinctive pattern of gamma rays coming from the centre of the Milky Way. The sharp signal, which has an energy of 511 kiloelectronvolts (keV), is believed to be due to the annihilation of electrons and positrons the antimatter equivalent of electrons.
But where did the electrons and positrons come from ? People have speculated that the source is anything from the blast waves of a "hypernova" a super-powerful supernova to a neutron star or black hole. But none of the explanations have seemed satisfactory. The researchers wondered whether the electrons and positrons might in fact come from the annihilation of dark matter particles and their antiparticles at the centre of the galaxy. But to produce a sharp line at 511 keV which is the "rest energy" of an electron the electrons and positrons must be slowed to a virtual standstill before they annihilate each other, ruling out dark matter at the large masses most researchers expect. Heavy dark matter particles would produce high-energy electrons. Since it's difficult to imagine how they could be slowed to a standstill, we were forced to consider a surprisingly light dark matter particle. By "light", the researchers mean one to 100 megaelectronvolts, which is between 1000 and 10 times lighter than a proton. Such a light particle is surprising because particle accelerators routinely create particles of this mass, so the particle should have revealed itself. To have escaped detection, it must be very weakly interacting. A particle in [this] range could have been missed.
To test their idea, the researchers looked at observations from Integral, the European Space Agency's gamma-ray telescope. Launched in October 2002, Integral has made the most precise measurements yet of the 511 keV line and mapped changes in its brightness across the central bulge of our galaxy. Crucially, the team found that the brightness map fits exactly with the distribution that would be expected of their light dark matter particles. If dark matter really is made up of such light particles, every cubic centimetre of space in the vicinity of the Earth must contain a few tens of them. So you should be able to detect them in lab-based experiments. The claim would become much more interesting if a particle or nuclear physics experiment finds a new particle with the properties the team suggest. Teams hunting for dark matter on Earth usually focus on much more massive particles bigger than 10 gigaelectronvolts by trying to detect the recoil of an atomic nucleus hit by a dark matter particle. Hooper, Boehm and their colleagues are now looking into whether any existing experiment might show evidence of the new particle or whether any could be easily modified to detect it. The researchers plan to submit their paper to Physical Review Letters.
15.10.2003 Astronomers find first 'dark galaxy'
Astronomers have found the first "dark galaxy" - a black cloud of hydrogen gas and exotic particles, devoid of stars. The gloomy galaxy lurks two million light years from Earth. Joshua Simon, Timothy Robishaw and Leo Blitz of the University of California, Berkeley, observed a cloud of hydrogen gas called HVC 127-41-330 using the Arecibo radio telescope in Puerto Rico. It appears to be rotating so fast it would fall apart unless it contains a strong, hidden source of gravity. The researchers therefore argue that the cloud must be at least 80 per cent dark matter, the hypothetical invisible substance whose gravity is supposed to explain why many objects in the cosmos move as fast as they do. If they are right, this could resolve a problem in dark matter theory. In our local group of galaxies, we know of only about 35 dwarf galaxies, but simulations of galaxy formation using dark matter suggest there should be about 500. If most of these dwarfs are dark galaxies with no stars, that would explain why we have missed them until now. The reason HVC 127-41-330 and its kind are dark may be because they have too small. Without enough mass, their gravitational forces would be too weak to cram gas together densely enough to form any stars.
Dark matter forms a
ghost Universe, new theory shows
UNIVERSITY OF CALIFORNIA-BERKELEY NEWS RELEASE
Posted: November 6, 2003
The "dark matter" that comprises a still-undetected one-quarter of the Universe is not a uniform cosmic fog, says a University of California, Berkeley, astrophysicist, but instead forms dense clumps that move about like dust motes dancing in a shaft of light :-). In a paper submitted this week to Physical Review D, Chung-Pei Ma, an associate professor of astronomy at UC Berkeley, and Edmund Bertschinger of the Massachusetts Institute of Technology (MIT), prove that the motion of dark matter clumps can be modeled in a way similar to the Brownian motion of air-borne dust or pollen. Their findings should provide astrophysicists with a new way to calculate the evolution of this ghost Universe of dark matter and reconcile it with the observable Universe. Dark matter has been a nagging problem for astronomy for more than 30 years. Stars within galaxies and galaxies within clusters move in a way that indicates there is more matter there than we can see. This unseen matter seems to be in a spherical halo that extends probably 10 times farther than the visible stellar halo around galaxies. Early proposals that the invisible matter is comprised of burnt-out stars or heavy neutrinos have not panned out, and the current favorite candidates are exotic particles variously called neutrilinos, axions or other hypothetical supersymmetric particles. Because these exotic particles interact with ordinary matter through gravity only, not via electromagnetic waves, they emit no light. We're only seeing half of all particles. They're too heavy to produce now in accelerators, so half of the world we don't know about. The picture only got worse four years ago when "dark energy" was found to be even more prevalent than dark matter. The cosmic account now pegs dark energy at about 69 percent of the Universe, exotic dark matter at 27 percent, mundane dark matter - dim, unseen stars - at 3 percent, and what we actually see at a mere 1 percent. Based on computer models of how dark matter would move under the force of gravity, dark matter is not a uniform mist enveloping clusters of galaxies. Instead, dark matter forms smaller clumps that look superficially like the galaxies and globular clusters we see in our luminous Universe. The dark matter has a dynamic life independent of luminous matter. The cosmic microwave background shows the early effects of dark matter clumping, and these clumps grow under gravitational attraction. But each of these clumps, the halo around galaxy clusters, was thought to be smooth. People were intrigued to find that high-resolution simulations show they are not smooth, but instead have intricate substructures. The dark world has a dynamic life of its own. Ma, Bertschinger and UC Berkeley graduate student Michael Boylan-Kolchin performed some of these simulations themselves. Several other groups over the past two years have also showed similar clumping. The ghost Universe of dark matter is a template for the visible Universe. Dark matter is 25 times more abundant than mere visible matter, so visible matter should cluster wherever dark matter clusters. Therein lies the problem. Computer simulations of the evolution of dark matter predict far more clumps of dark matter in a region than there are clumps of luminous matter we can see. If luminous matter follows dark matter, there should be nearly equivalent numbers of each. Our galaxy, the Milky Way, has about a dozen satellites, but in simulations we see thousands of satellites of dark matter. Dark matter in the Milky Way is a dynamic, lively environment in which thousands of smaller satellites of dark matter clumps are swarming around a big parent dark matter halo, constantly interacting and disturbing each other. In addition, astrophysicists modeling the motion of dark matter were puzzled to see that each clump had a density that peaked in the center and fell off toward the edges in the exact same way, independent of its size. This universal density profile, however, appears to be in conflict with observations of some dwarf galaxies made by Ma's colleague, UC Berkeley professor of astronomy Leo Blitz, and his research group, among others. Ma hopes that a new way of looking at the motion of dark matter will resolve these problems and square theory with observation. In her Physical Review article, discussed at a meeting earlier this year of the American Physical Society, she proved that the motion of dark matter can be modeled much like the Brownian motion that botanist Robert Brown described in 1828 and Albert Einstein explained in a seminal 1905 paper that helped garner him the 1921 Nobel Prize in Physics. Brownian motion was first described as the zigzag path traveled by a grain of pollen floating in water, pushed about by water molecules colliding with it. The phenomenon refers equally to the motion of dust in air and dense clumps of dark matter in the dark matter Universe. This insight let's us use a different language, a different point of view than the standard view, to investigate the movement and evolution of dark matter. Other astronomers, such as UC Berkeley emeritus professor of astronomy Ivan King, have used the theory of Brownian motion to model the movement of hundreds of thousands of stars within star clusters, but this iis the first time it has been applied rigorously to large cosmological scales. The idea is that we don't care exactly where the clumps are, but rather, how clumps behave statistically in the system, how they scatter gravitationally. The Brownian motion of clumps is governed by an equation, the Fokker-Planck equation, that is used to model many stochastic or random processes, including the stock market. Ma and collaborators are currently working on solving this equation for cosmological dark matter. It is surprising and delightful that the evolution of dark matter, the evolution of clumps, obeys a simple, 90-year-old equation. The work was supported by the National Aeronautics and Space Administration (NASA) .
02.07.2006 Differenza tra MASSA OSCURA e ENERGIA OSCURA (per non fare confusione...)
Al di là dei nomi abbastanza simili, le questioni della massa e dell'energia oscura dell'universo sono sostanzialmente diverse. Cercherò di chiarire i due fenomeni. Osservando la curva di rotazione delle galassie a spirale, ci si è resi conto che le stelle ai bordi del disco non seguono delle leggi di rotazione "kepleriane" come ci si attenderebbe se la maggior parte della massa delle galassie fosse concentrata nel "bulbo"; come conseguenza di ciò è evidente che, oltre alla massa "luminosa" concentrata nelle stelle, debba esserci una consistente quantità di materia attorno alle galassie, che non emette luce. Altrettanto, osservando gli ammassi di galassie, ci si è resi conto che molte galassie hanno velocità mutue così elevate che farebbero "disgregare" gli ammassi stessi in pochi miliardi di anni, cosa che è palesemente falsa, visto che gli ammassi sono tuttora esistenti. Ancora una volta la spiegazione è che esiste della "gravità aggiuntiva" negli ammassi, tale da tenere assieme le galassie. Questa gravità è rappresentata da materia che però non appare ai telescopi. Questi e altri indizi hanno portato a formulare la teoria dell'esistenza di "materia oscura" nel cosmo, di cui si vedono gli effetti gravitazionali sugli oggetti luminosi, ma che non emette luce. Sulla natura di questa materia esistono svariate teorie, nessuna delle quali attualmente verificata: si potrebbe trattare di pianeti, buchi neri, stelle fredde e comunque agglomerati di materia ordinaria, in uno stato che non emette luce, oppure di particelle subatomiche dotate di massa e della cui esistenza non esistono prove certe al momento. Uno dei migliori candidati fino a qualche anno fa erano i neutrini, della cui esistenza si è certi da una cinquantina d'anni, che si sa permeano l'Universo ma di cui non era nota la massa. I recenti esperimenti giapponesi al Super-Kamiokande hanno però appurato che i neutrini hanno massa troppo piccola per essere la spiegazione definitiva al problema della materia oscura. Quello della "energia oscura" è un problema del tutto diverso, e "esploso" nel mondo scientifico da pochi anni, da quando, all'inizio del millennio, alcuni esperimenti scientifici di osservazione di supernovae lontane hanno appurato che l'Universo è in espansione accelerata. È infatti noto fin dagli anni '20 del 1900 che l'Universo è in espansione (legge di Hubble), ma si era sempre pensato che questa espansione dovesse essere decelerata. Del resto il ragionamento appariva semplice: siccome su scale di distanza galattiche l'unica forza che agisce con intensità non trascurabile è la gravità e dato che il modello di Einstein della gravità prevede che essa sia solo attrattiva, essa si deve opporre all'espansione dell'Universo, decelerandola. Ora, le supernovae sono stelle che esplodono, e quelle di una particolare classe, detta Ia, seguono una curva di luce molto precisa, che ha un valore di luminosità nel punto di massimo che è quasi costante. Di conseguenza, osservando supernovae lontane si può stimarne la distanza sia in base alla legge di Hubble, che prevede il redshift delle righe spettrali in base alla velocità di allontanamento, sia in base all'attenuazione della luce dovuta alla distanza. Mettendo insieme questi parametri ci si è accorti che le supernovae lontane sono più lontane di quanto ci si aspetti, e dunque che l'universo si sta espandendo più rapidamente del dovuto. Sono state avanzate diverse ipotesi per spiegare il fenomeno (da errori sistematici sulle misure, al fatto che le suprenovae lontane possano seguire curve di luce leggermente differenti rispetto a quelle vicine, ecc...) ma l'ipotesi al momento data per più probabile è che vi sia una qualche forza repulsiva che agisce in tutto l'universo e che lo sta spingendo ad accelerare la sua espansione. Questa energia che dovrebbe avere un effetto anti-gravitazionale è di natura sconosciuta, anche se i teorici hanno già notato come una leggera modifica alle equazioni di Einstein (che peraltro egli stesso aveva già introdotto e poi rinnegato) potrebbe portare l'effetto repulsivo cercato. In ogni modo, resta del tutto un mistero su cosa provochi questo fenomeno, per cui si è coniato il termine "energia oscura", non perché essa non emette luce (come nel caso della "materia oscura"), ma perché è ignoto di cosa si tratti. È interessante notare come alcuni modelli cosmologici prevedano comunque l'esistenza di questa energia, e che essi sembrano essere in accordo con le misure eseguite dalla sonda spaziale WMAP che ha monitorato il fondo cosmico a microonde. La futura missione Planck dell'ESA dovrebbe verificare definitivamente l'esistenza dell'energia oscura, dopo di che la "palla" passerà ai fisici teorici ;-)°°°, per spiegare quale fenomeno fisico ne sia all'origine. Però c'è chi tenta una unificazione tra materia oscura ed energia oscura !! [Vedi qui sotto]...
Dark
Matter and Dark Energy: One in the Same ?
posted: 01
July 2004
Robert Scherrer, dell'Università Vanderbilt di Nashville, nel Tennessee, ha proposto un nuovo modello teorico per spiegare la presenza nell'Universo sia della materia che dell'energia oscura. Secondo il ricercatore, queste due entità misteriose non sarebbero altro che altrettante facce di un’unica forza rimasta finora sconosciuta, e che si aggiungerebbe quindi alle quattro forze fondamentali oggi note. Scherrer, che ha pubblicato la sua ipotesi sulla rivista “Physical Review Letters", ritiene che questo modello teorico riesca a risolvere in maniera estremamente semplice molti dei problemi che fino a oggi hanno impedito di unificare materia ed energia oscura.
Dark matter and dark energy are two of the most vexing problems in science today. Together they dominate the Universe, comprising some 96 percent of all mass and energy. But nobody knows what either is. It's tempting to consider them products of the same unknown phenomenon, something theorist Robert Scherrer suggests. The professor of physics at Vanderbilt University says "k-essence" is behind it all. Dark matter was invoked decades ago to explain why galaxies hold together. Given regular matter alone, galaxies might never have formed, and today they would fly apart. So there must be some unknown stuff that forms invisible clumps to act as gravitational glue. Dark energy hit the scene in the late 1990s when astronomers discovered the Universe is not just expanding, but racing out at an ever-faster pace. Some hidden force, a sort of anti-gravity, must be pushing galaxies apart from one another in this accelerated expansion. Separate theories have been devised to try and solve each mystery. To explain dark energy, for example, theorists have re-employed a "cosmological constant" that Einstein first introduced as a fudge factor to balance the force of gravity. Einstein called the cosmological constant a great blunder and retracted it. Yet many theorists now are comfortable re-employing it to account for the effects of dark energy. But it does not reveal what the force is. Scherrer agrees two explanations might be necessary, but he's also bothered by that complexity.
Embarrassing
It is somewhat embarrassing to have two different unknown sources for the dominant forms of matter and energy in the Universe. On the other hand, that may just be the way things are. We don't get to pick the Universe we live in. To explain it all in one fell swoop, Scherrer invokes an exotic form of energy called a scalar field. It's a bit like an electric or magnetic field, with energy and pressure and a magnitude. But a scalar field has no direction. A scalar field is thought to have been behind inflation, the less-than-a-second period after the Big Bang when the Universe expanded many billions of times before settling into a more reasonable rate of growth. Scherrer borrows from work by Princeton University's Paul Steinhardt, V.Slava Mukhanov at the University of Munich and Christian Armendáriz Picón of the University of Chicago, relying on a specific type of second-generation scalar field they envisioned called k-essence, short for kinetic-energy-driven quintessence. K-essence changes behavior over time in Scherrer's model, clumping early on to help form galaxies, and now forcing the Universe apart. Right now, dark matter has a density that decreases as the Universe expands, he explained, while dark energy has a density that stays constant as the Universe expands. That means that at very early times, the dark matter 'piece' of the k-essence is the dominant one. As the Universe expands and the density of the dark matter 'piece' of the k-essence decreases, it eventually falls below the density of the dark energy 'piece', and the k-essence behaves more like dark energy. Scherrer's model -- not the first trying to tie dark energy and dark matter together -- was published July 2 in the online version of the journal Physical Review Letters and is available online at http://arxiv.org/abs/astro-ph/0402316.
Glaring problem
There is one glaring problem with the idea, which Scherrer admits to. It implies that we live at a very special moment in time when the energy densities of dark matter and dark energy are roughly equal. Scientists hate coincidences. The model also needs some serious fine-tuning, because its 'dark matter' is not permanent but transient. There have been quite a few attempts to find one explanation to both dark matter and dark energy. In particular, there have been theories with modified gravity. One example is to confine all the forces of our Universe to a four-dimensional plane known as a membrane, or "brane", which is sandwiched between other branes. Then let gravity escape to a fifth dimension that's perpendicular to the plane. The effects of dark matter are then the gravitational influence of other branes on ours. (Branes have also been used to put a twist on the Big Bang, in which another brane collided with ours, releasing energy and heat and leading to the expansion of our Universe). Connections are great. But that doesn't mean they are right. Exotic but widely popular "string theories" of the Universe explain dark matter as "supersymmetric particles" that bear no relationship to dark energy. Serious light might be shed on dark matter around 2007, when a particle accelerator called the Large Hadron Collider (LHC) will reach the necessary energies to produce supersymmetric particles, if they exist. Dark energy, which many experts say is likely to remain mysterious for decades, might involve an outside "vacuum energy" that acts upon our Universe, which many theorists suspect is just one amid many. In spite of the appeal of combining dark matter with dark energy, it is quite possible that the two things do not need to be related.
Reference...
Dark matter and Dark energy (si consiglia banda larga)
1. MATERIA INVISIBILE (RIASSUMENDO e concludendo.... )
Come tutti sanno, un oggetto perché sia visibile deve emettere delle particolari radiazioni, che vengono dette "onde elettromagnetiche". Noi scienziati siamo convinti che nell'Universo esista qualche cosa che non emette onde elettromagnetiche quindi né luce, né radiazioni di altro tipo, come ad esempio onde radio, raggi X o gamma che, se non con gli occhi, potrebbero essere tuttavia captate con strumenti adeguati: nell'Universo esisterebbe pertanto qualche cosa di assolutamente invisibile, che per tale motivo viene chiamato "materia oscura". Ma se questa materia non è visibile in alcun modo, né con gli occhi, né facendo uso degli opportuni strumenti di rilevazione, come facciamo a sapere che esiste ? Risponderò alla domanda ripercorrendo la storia della sua scoperta. Il primo a cui venne il dubbio che nel cosmo potesse esserci della materia non visibile fu l'astronomo americano Fritz Zwicky il quale, nel 1933, studiando i moti relativi delle galassie che formano il cosiddetto ammasso della Chioma di Berenice, notò che queste si muovevano molto in fretta. L'ammasso della Chioma di Berenice è un gruppo di galassie situato in una zona compresa fra i duecento e i quattrocento milioni di anni luce dalla Terra, il quale dà l'impressione di essere ben compatto. Zwicky però quando andò a misurare la massa totale del sistema, sommando il materiale galattico visibile, si accorse che questo era troppo scarso per creare la forza di gravità necessaria a impedire al gruppo di disperdersi nello spazio, in seguito alle notevoli velocità con cui si muovevano le galassie al suo interno. Se l'ammasso fosse stato effettivamente instabile, esso si sarebbe dovuto disgregare già da tempo; se ciò non era avvenuto, voleva dire che esisteva della materia aggiuntiva, oltre a quella visibile, che lo teneva insieme. In altre parole, Zwicky calcolò che la materia contenuta nel gruppo di galassie osservate, doveva essere almeno 20 volte maggiore di quella corrispondente alle stelle e ai gas visibili, altrimenti le galassie non avrebbero potuto restare unite perché la velocità che le animava era tale che avrebbe dovuto disperderle nello spazio. Zwicky era una persona geniale ma un pò stravagante e le sue intuizioni non venivano mai prese troppo sul serio. Anche in questa occasione la sua conclusione che potesse esistere tra le galassie della materia non visibile non venne tenuta nella giusta considerazione, ma studi successivi, condotti su altri ammassi di galassie, hanno rivelato caratteristiche analoghe a quelle riscontrate da Zwicky nella Chioma di Berenice. Più di recente si sono andati moltiplicando gli indizi in favore dell'esistenza della materia oscura la quale, oltre che negli ammassi, sarebbe presente anche nelle singole galassie. Negli anni Settanta, l'astrofisico americano Jim Peebles della Princeton University scoprì che la maggior parte delle galassie sembrava possedere un gigantesco alone invisibile esteso a così grande distanza nello spazio da fondersi con quegli analoghi delle galassie vicine. Negli stessi anni in cui Jim Peebles compiva le sue ricerche il fisico David Schramm, dell'Università di Chicago, riuscì a fornire la prova che anche nella nostra galassia doveva esserci molta più materia di quella che si riusciva a vedere direttamente. Egli misurò la massa della Via Lattea sommando la quantità totale di luce emessa e quindi valutò gli effetti gravitazionali che questa materia avrebbe dovuto esercitare sulla vicina galassia di Andromeda. La conclusione fu che la nostra galassia dovrebbe avere una massa dieci volte maggiore di quella accertabile visivamente. Infine, Vera Rubin del Carnegie Institution di Washington, un'astronoma che ha dedicato gran parte della sua carriera di ricercatrice più che trentennale allo studio del moto di rotazione delle galassie, misurò la velocità delle stelle e dei gas più esterni di alcune di esse, fra cui Andromeda, notando delle anomalie. Si sapeva che le galassie ruotano attorno ad un'asse che attraversa il loro centro, dove è concentrato il maggior numero di stelle, allo stesso modo in cui i pianeti girano intorno al Sole, cioè più velocemente quelli vicini all’astro centrale, più lentamente quelli lontani. La scienziata americana notò invece che le stelle più esterne delle galassie osservate ruotavano all'incirca alla stessa velocità di quelle più interne, anzi, a volte questa velocità era anche leggermente superiore. Il fenomeno non poteva essere spiegato in altro modo se non ammettendo che la massa delle stelle visibili nel centro non era tutto ciò che effettivamente esisteva nella galassia: di conseguenza, doveva esserci della materia che non si riusciva a vedere, ma che produceva i suoi bravi effetti gravitazionali. Un insieme di osservazioni faceva quindi ritenere che nell'Universo dovesse esserci materia in quantità maggiore di quella che si riusciva a vedere attraverso gli strumenti di osservazione, e ad essa, come ho già detto, fu dato il nome di "materia oscura" (in inglese Dark Matter). Essa avrebbe dovuto essere presente sia alla periferia delle singole galassie, sia intorno alle galassie aggregate in ammassi e poteva essere rivelata solo registrando la forza di gravità che essa stessa generava. Si è calcolato inoltre che la materia oscura non è poca cosa in quanto dovrebbe rappresentare almeno 10 volte di più di quello che si riesce a vedere attraverso la luce e le altre radiazioni elettromagnetiche che la materia ordinaria invia agli strumenti di rilevazione. In altre parole, almeno il 90% della massa delle galassie non emetterebbe alcuna forma di luce visibile né radiazioni elettromagnetiche di altro tipo captabili con strumenti adatti. Di che tipo di materia potrebbe trattarsi ?
L'ammasso di galassie nella Chioma di Berenice, contenente un gran numero di galassie ellittiche.
2. I CANDIDATI PER LA MATERIA OSCURA
La risposta più semplice sarebbe quella di immaginare che all'interno (e all'esterno) delle galassie vi sia materia ordinaria, cioè materia del tipo di quella che già conosciamo, ma che emette radiazioni molto deboli e quindi è invisibile a grande distanza. Questa materia non visibile, ma pesante, potrebbe essere costituita, ad esempio, da pianeti, satelliti, asteroidi e meteoriti, cioè da materia del tipo di quella che gravita intorno al nostro Sole. Che vi possano essere, sparsi nell'Universo, altri sistemi solari simili al nostro, è un'idea che per secoli è stata accarezzata dagli astronomi e che in questi ultimi tempi si è ancor più rafforzata in seguito alla scoperta di più di 100 sistemi extrasolari.. Eventuali pianeti e satelliti di altri Soli non sarebbero visibili nemmeno usando gli strumenti più potenti di cui disponiamo, ma comunque la materia che cerchiamo non può essere di questo tipo. I pianeti, i satelliti, gli asteroidi, le meteore e la polvere cosmica, ossia tutto ciò che ruota intorno al nostro Sole, rappresenta ben poca cosa rispetto alla massa dell'astro centrale. Tutto il materiale che gravita intorno al nostro Sole costituisce infatti appena lo 0,1% della massa totale, l'altro 99,9% risiede nel Sole stesso. Quindi, anche se intorno ad altre stelle ci sono pianeti, satelliti e altri corpi non visibili a grande distanza, questa materia rappresenterebbe una percentuale talmente irrisoria della massa totale da poter essere tranquillamente trascurata. La materia oscura non va quindi cercata intorno alle stelle. Si è pensato allora che il cielo potesse essere pieno di "nane brune", ossia di stelle cento volte più piccole del nostro Sole, e quindi più simili a grossi pianeti come Giove che a stelle vere e proprie. Queste tipo di stelle effettivamente esiste e alcune di esse sono state anche individuate: si tratta di corpi celesti la cui massa, molto ridotta, non è sufficiente a creare le condizioni adatte all'innesco delle reazioni nucleari che le renderebbero splendenti come le altre stelle. Se fossero in gran numero, queste stelle potrebbero fare al caso nostro e rappresentare la massa mancante ma, come si vedrà meglio in seguito, nemmeno questa sembra essere la soluzione giusta. Si è pensato anche a pesantissimi buchi neri costituiti da masse corrispondenti a miliardi di stelle concentrate in pochissimo spazio, o a gas di vastissime estensioni che avvolgerebbero le galassie, oppure a solidi di idrogeno ed elio (le cosiddette "palle di neve") o ancora a grossi pianeti fatti esclusivamente di metalli. Tutte queste ipotesi non risolvono il problema della massa mancante: cerco di spiegarne il perché. La cosmologia insegna che la materia ordinaria, ossia quella formata di protoni, neutroni ed elettroni, non può esistere in quantità superiore ad un certo limite. Questo limite è imposto da ciò che sappiamo sulla formazione degli atomi nei primi minuti della vita dell'Universo. La teoria del Big Bang suggerisce infatti che in un breve lasso di tempo, quando l'Universo aveva un'età di circa tre minuti, avvenne il fenomeno della nucleosintesi, cioè l'unione di protoni e neutroni dalla quale si formarono i nuclei degli atomi più leggeri. Questo fenomeno di fusione di particelle subatomiche non avrebbe potuto realizzarsi prima di quel tempo, né avrebbe potuto proseguire in tempi successivi perché solo in quel brevissimo lasso di tempo si realizzarono le condizioni adatte. Prima di quel tempo, la temperatura era troppo elevata perché si potessero unire stabilmente protoni e neutroni e dopo quel tempo, a causa dell'espansione in atto, la densità si ridusse in misura tale che le collisioni fra nuclei i quali si erano già costituiti non potevano avvenire con energia sufficiente per causarne la rottura nei costituenti primitivi. Quindi il periodo ottimale in cui le collisioni fra protoni e neutroni furono tali da consentire la formazione di un numero considerevole di nuclei resi stabili dalle condizioni di temperatura che impedirono la scissione dei nuclei già formati, fu un periodo breve stimato dai fisici intorno ai tre minuti dall'inizio del Big Bang. Oggi è possibile riprodurre in laboratorio le condizioni che portarono alla nucleosintesi e quindi valutare le probabilità che le collisioni possano formare un certo nucleo. In questo modo siamo venuti a conoscenza ad esempio di quanto elio deve essersi formato nell'Universo primitivo e sappiamo pure quanto se ne è formato successivamente all'interno delle stelle. Ebbene, l'osservazione dell'elio attualmente presente nell'Universo è esattamente quella prevista; se nell'Universo vi fosse solo il 2 o 3 per cento di elio in più di quello previsto (e osservato), la teoria del Big Bang perderebbe validità. La verifica può essere ripetuta anche su altri elementi come il deuterio, il litio o l'elio-3. Tutto concorda con le osservazioni e la teoria del Big Bang viene puntualmente confermata. Per quanto riguarda il deuterio, in particolare, sappiamo per certo che questo isotopo dell'idrogeno si è potuto formare solo nei primi tre minuti di vita dell'Universo, perché successivamente, in nessun luogo, si sono più create le condizioni idonee per una sua formazione. Siamo quindi certi che tutto il deuterio esistente, compreso quello che forma l'acqua pesante sul nostro pianeta, è stato prodotto quando l'Universo stava nascendo. In verità, il fatto che nell’Universo vi siano idrogeno, elio e deuterio nella quantità prevista dalla teoria del Big Bang rappresenta una prova a favore della teoria, ma non la prova che nell’Universo non possa esserci altra materia ordinaria oltre a quella visibile. Se all'inizio dei tempi vi fossero stati a disposizione più neutroni e protoni di quelli indispensabili alla creazione dei nuclei degli atomi osservati, la produzione di materia sarebbe stata maggiore e allora, ciò che "non si vede", potrebbe essere benissimo materia ordinaria sotto forma di stelle, pianeti e buchi neri e così via. Vi è però una serie di osservazioni che depone contro questa ipotesi, a cominciare dalla uniformità della radiazione di fondo a 2,7 K.. Ma anche i corpi stessi, formati da questo materiale (gas, palle di neve, piccole stelle, buchi neri, ecc.), non sono in grado di fornire -facendo un stima e computo sulle loro masse- una spegazione al problema della massa mancante. Scartata quindi l'idea che la materia oscura possa essere costituita da materia ordinaria, si è passati ad analizzare il mondo subatomico per vedere se da quelle parti poteva esserci qualche corpuscolo adatto a rappresentare la materia oscura. Si è pervenuti quindi al convincimento che i neutrini potrebbero rappresentare un candidato possibile al ruolo di materia oscura. Il neutrino è una particella di piccolissime dimensioni e priva di carica elettrica la quale si forma durante le reazioni nucleari e la cui esistenza fu postulata prima della sua effettiva osservazione. L'esistenza dei neutrini fu prevista teoricamente nel 1931, ma quei corpuscoli sono stati osservati materialmente per la prima volta nel 1956, all'interno dei reattori nucleari dove vengono prodotti in grande quantità. Oggi non è difficile osservare i neutrini, così pure misurare la loro massa. Essere riusciti a determinare la massa dei neutrini è di fondamentale importanza perché questa, anche se molto piccola, consentirebbe di considerarli come buoni candidati della materia oscura che stiamo cercando. Però... !! Nei primi attimi del Big Bang avvennero molte reazioni nucleari e molte di queste reazioni generarono neutrini. Si calcola che per ogni particella dotata di massa (protone o neutrone che sia) si formarono 100 milioni di neutrini. Pertanto, anche se ogni singolo neutrino possiede massa, tutti insieme i neutrini non rappresenterebbero una massa sufficiente per giustificare la materia oscura. E quindi neanche i neutrini sono interessanti per la soluzione del problema della massa mancante.
Oggi si è propensi a pensare che i neutrini potrebbero, tutt'al più, rappresentare solo una frazione di tutta la materia oscura. E' necessario quindi cercare il resto da altre parti. Esisterebbero in verità anche altri candidati al ruolo di materia oscura. Si tratta di particelle che hanno nomi strani come fotino, assione, anti-quark, superstringa e monopolo magnetico. Queste particelle esotiche sono ipotizzate da alcune teorie sulla costituzione intima della materia e sulla unificazione delle forze. Alcune delle particelle che ho nominato sopra, derivano da una teoria moderna indicata comunemente con la sigla TOE (Theory Of Everyting = Teoria del tutto) la quale suggerisce che all'inizio dei tempi tutte le particelle elementari costituenti la materia fossero unite in un'unica particella. Come è noto, la meccanica quantistica divide le particelle elementari in due famiglie: i fermioni e i bosoni. Le prime, che prendono il nome da Enrico Fermi, sono i quark (i costituenti fondamentali di protoni e neutroni) e gli elettroni, cioè in pratica quelle particelle che stanno alla base della materia "solida". I bosoni, che prendono il nome dal fisico indiano Satyendra Bose, non fanno invece parte della struttura "solida" della materia ma volteggiano fra le particelle materiali, creando le forze che le tengono insieme (o talvolta le dividono). Il bosone più famigliare è il fotone, il portatore di luce, il quale, quando viene scambiato fra due particelle cariche di elettricità, per esempio fra l'elettrone e il nucleo atomico, genera la forza elettrica che unisce i due costituenti fondamentali dell'atomo. Così analoghe particelle chiamate gluoni, tengono uniti i costituenti del nucleo. Fermioni e bosoni sono molto diversi fra loro: per esempio, i fermioni sono individualisti nel senso che non possono associarsi, mentre possono farlo i bosoni, che mostrano un comportamento ondulatorio sia a livello microscopico sia a livello macroscopico. Invece le onde di materia associate agli elettroni (che come abbiamo visto sono fermioni), non si manifestano come onde su scala macroscopica. Ora, nonostante vi sia una specie di muro divisorio invalicabile fra i due tipi di particelle, se si volesse costruire una teoria unificata coerente bisognerebbe immaginare che i fermioni possano trasformarsi in bosoni e viceversa. Ebbene, lo sforzo della fisica teorica di questi ultimi anni è stato proprio quello di riunire in un quadro unitario tutte queste particelle. Alcuni passi verso l'unificazione sono stati già compiuti, ma per avere una visione d'insieme generale è indispensabile sperimentare con energie molto elevate che le tecnologie attualmente disponibili non sono in grado di realizzare. Tali energie si sono però prodotte nei primissimi istanti di vita dell'Universo e possono aver lasciato segni tuttora presenti nel Cosmo. Si tratta quindi di individuarli per dare credito alla teoria e in tal modo risolvere anche il mistero della materia oscura.
Ma per quanto riguarda la materia oscura le sorprese non finiscono qui: forse esiste ancora più materia di quella che le osservazioni (comprese quelle relative alla materia oscura) mettono in evidenza. Come ci si è formati questo convincimento ? Oggi sappiamo che l'Universo si sta espandendo, ma continuerà ad espandersi per sempre o un giorno inizierà a contrarsi ? Dipende, ovviamente, dalla quantità complessiva di materia che vi è contenuta: se questa è abbondante fermerà l'espansione, se invece è scarsa non riuscirà ad opporsi all'espansione, che quindi durerà per sempre. Per chiarire il concetto ricorro ad un esempio famigliare. Che cosa succede quando si lancia in alto un sasso ? Questo prima sale velocemente, poi rallenta, e infine, richiamato dalla gravità terrestre, torna indietro. Se però si riuscisse ad imprimere al sasso una notevole velocità iniziale, esso, pur rallentando la corsa, finirebbe tuttavia per sfuggire definitivamente alla forza di richiamo prodotta dalla gravità terrestre. La velocità iniziale che porta gli oggetti in orbita, detta velocità di fuga, è di 11,2 kilometri al secondo e va diminuendo a mano a mano che un oggetto si allontana dalla Terra, ma anche la forza gravitazionale che lo richiama verso il basso si indebolisce di pari passo, fino al punto di non essere più in grado di riportarlo indietro. Il destino del nostro Universo, come quello del sasso lanciato in aria, dipende dalla violenza con cui ha avuto inizio l'espansione. Ma mentre nel caso del sasso lanciato in aria conosciamo la massa della Terra e possiamo quindi calcolarne la velocità di fuga, nel caso della fuga delle galassie conosciamo la velocità con cui si allontanano, ma non conosciamo la massa della materia che le frena. Tuttavia, anche senza queste conoscenze, possiamo lo stesso determinare quale sarà l'evoluzione dell'Universo confrontando il suo ritmo attuale di espansione con la densità media della materia che vi è contenuta. Se la densità attuale della materia presente nell'Universo è superiore ad un certo valore critico, la gravità finirà per prevalere sul ritmo di espansione il quale rallenterà sempre più fino al punto in cui l'Universo comincerà a collassare come la pietra che, raggiunta la massima altezza, inverte il suo moto e ricade a terra. In questo caso si dice che l'Universo è “chiuso”. Se la densità attuale della materia presente nell'Universo è inferiore al valore critico l'Universo si espanderà per sempre e quindi continuerà ad esistere in eterno: in questo caso si dice che l'Universo è “aperto”. La densità critica dell'Universo è la densità minima necessaria per arrestare l'espansione e dipende dall’attuale velocità di fuga delle galassie. Questo ritmo di espansione è stato determinato e risulta tale che l'Universo dovrebbe raddoppiare le sue dimensioni ogni 10 miliardi di anni circa. Questa velocità di espansione comporta che la materia in esso contenuta presenti una densità di circa 10-29 grammi per centimetro cubo. Il rapporto della effettiva densità della materia all'interno dell'Universo attuale e la densità critica viene indicato con la lettera greca Ω (omega). Ora, riformulando le sorti possibili dell'Universo in termini di Ω, possiamo dire che l'Universo è aperto se Ω è minore di 1, l'Universo è chiuso se Ω è maggiore di 1 è infine piatto, cioè destinato ad espandersi per sempre ma a ritmo sempre minore, se Ω è proprio uguale ad 1. Ebbene, in base alle misurazioni più accurate, la densità effettiva dell'Universo attuale è di circa 10-30 grammi per centimetro cubo, ossia un decimo del valore critico. Omega, in questo caso, varrebbe quindi 0,1. Se sono esatte queste misure il nostro Universo dovrebbe pertanto essere aperto. Se si tenesse conto esclusivamente della materia visibile la densità dell'Universo sarebbe di circa 10-31 grammi per centimetro cubo; prendendo in considerazione anche la materia oscura, cioè quella che viene determinata tenendo conto della forza di gravità, la densità, come ho appena detto, sarebbe di circa 10-30 grammi su centimetro cubo. La questione tuttavia non si esaurisce qui perché vi è un modello di Universo il quale prevede che la materia contenuta in esso debba essere ancora maggiore. Prima di parlarne devo chiarire che la quantità di materia contenuta nell'Universo non può essere superiore ad un certo limite. Se infatti la materia fosse molto abbondante, questa avrebbe già frenato da lungo tempo l'espansione e l'Universo si sarebbe chiuso prima di dar modo alla nostra Terra di sviluppare la vita. Si calcola che se Ω fosse stata di poco maggiore di 2 l'età dell'Universo sarebbe stata inferiore all'età della Terra, pertanto noi non saremmo qui. Per concludere possiamo quindi dire che il valore di Ω dovrebbe essere quasi sicuramente compreso fra 0,1 e 2. Noi astronomi tuttavia siamo molto interessati a sapere se omega è effettivamente uguale ad 1. Esiste, come dicevo prima, un modello di Universo, detto "Universo inflazionario" il quale prevede che omega sia esattamente uno. Qualora si riuscisse a valutare il valore di omega con precisione si potrebbe decidere se il modello dell'Universo inflazionario, il quale fra l'altro spiega molte proprietà dell'Universo che un tempo dovevano essere accettate senza una spiegazione plausibile, è vero o falso. La massa ancora da scoprire per rendere verosimile il modello di Universo inflazionario si chiama “massa mancante". Riassumendo, la materia luminosa che possiamo osservare con gli apparecchi a disposizione fornisce una quantità di materia sufficiente a dare di omega il valore di circa 0,01; la "materia oscura" cioè la materia che siamo riusciti a rilevare attraverso i suoi effetti gravitazionali, spiega un altro fattore 10 della massa, il quale incrementa il valore di omega a 0,1. Infine i fautori del modello di Universo inflazionario, che richiede un omega uguale a 1, per giustificare la loro ipotesi, sono impegnati ad individuare fra le stelle una quantità di materia ancora 10 volte maggiore.
Utenti connessi...:
CHANDRAst (midi by CHANDRAst 2004)