Principio COSMOLOGICO

 

MAPPA della PAGINA: BIG-BANG. Le implicazioni ASTROFISICHE e FILOSOCHE... Agg. 27.09.2004



Per studiare l'universo nel suo insieme occorre usare un modello che descriva a grandi linee la sua struttura cosmica; per semplicità si può pensare che la distribuzione delle masse nell'universo sia quella di un gas uniforme di densità costante. La materia nell'universo è concentrata nelle stelle che a loro volta sono raggruppate in galassie ma facendo una media su regioni molto grandi, ciò che si ottiene si può considerare un gas o polvere di densità uniforme, costante e indipendente dalla direzione d'osservazione. Il principio cosmologico afferma che ogni punto nell'universo equivale ad ogni altro e non ci sono nel cosmo aree o direzioni privilegiate; quest'enunciato è alla base di tutti i modelli.

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BIG BANG

 

Gli astrofisici di tutto il mondo sono ormai concordi nel sostenere che l'universo sia nato da un'immane esplosione che ha portato alla creazione dell'universo. Nel 1929 Edwin Hubble annunciò la scoperta dell'espansione dell'universo. Osservando un gran numero di galassie aveva scoperto che la maggior parte di loro si stava allontanando da noi poiché i loro spettri risultavano spostati verso il rosso. Osservò inoltre che più era grande la loro distanza dalla Terra e più era alta la loro velocità di allontanamento. Non dobbiamo tuttavia ritenere di essere in una posizione privilegiata dell‘universo solo perché ci sembra che tutti i corpi si stiano allontanando da noi; infatti la stessa impressione l'avrebbe un qualunque altro osservatore posto in una qualunque altra parte dell'universo. Questa situazione è spiegata dal primo principio cosmologico che afferma: la struttura e le proprietà dell‘universo su larga scala sono ovunque ed in tutti i tempi le stesse. Questa osservazione di Hubble viene riassunta : v = H r. Dove v è la velocità di allontanamento, r la distanza e H un numero detto costante di Hubble che vale 53 km/s per ogni milione di parsec. Questa osservazione metteva in crisi la concezione dominante di universo stazionario. Infatti essendo questo in espansione la sua densità doveva variare. La teoria venne quindi modificata affermando che vi doveva essere una continua creazione di materia pari ad un atomo di idrogeno per ogni centimetro cubo una volta ogni milione di miliardi di anni. In seguito si ipotizzò che l'universo fosse nato da un'esplosione avvenuta 15 miliardi di anni fa e che il moto di allontanamento fosse la conseguenza di questa esplosione. Questa prese il nome di Big Bang. Prima di tale evento tutto l'universo era concentrato in una sfera, con temperature e densità infinite, nella quale era presente un plasma, uno stato della materia in cui nuclei ed elettroni sono liberi di muoversi caoticamente su scala macroscopica, costituito da quark e gluoni. I quark sono i componenti fondamentali dei protoni e dei neutroni e vengono tenuti insieme non soltanto dalla forza elettromagnetica ma anche da una forza più intensa detta di iterazione forte che confinandoli all'interno di protoni e neutroni li rende invisibili. Il confinamento si spiega con il fatto che la forza che lega i quark aumenta al crescere della distanza che li separa. I gluoni (dall'inglese glue=colla) tengono uniti i quark impedendo loro di allontanarsi. Essendo tale situazione molto instabile la sfera è esplosa. Le fasi seguenti a tale esplosione vengono così divise:

(*)-Era dell'età quantistica dal tempo zero a 10-34 s con una temperatura di 10-32 K detta anche tempo di Plank in cui le moderne teorie non valgono. Istante zero con densità e temperature infinite.

(*)-Grande unificazione da 10-43 a 10-34 s.

(*)-Era elettrodebole da 10-34 a 10-10 s. Ha inizio l'inflazione cosmica in cui l'universo neonato incomincia ad espandersi. Si verificano i monopoli magnetici ed inizia la nucleosintesi dell'elio.

(*)-Era dominata dalla radiazione da 10-10 a 100 s in cui si verificano da 10-6 a 10-4 secondi il confinamento dei Quark con formazione di protoni, neutroni, antiprotoni ed antineutroni; da 10-4 a 1 si ha il disaccoppiamento tra materia e radiazione (si separano iterazione forte e iterazione elettrodebole e si formano le prime particelle), e da 1 secondo a 100 secondi si verifica la sintesi dell'elio.

(*)-Era dominata dalla materia in cui tra 100 secondi e 30000 anni dal Big Bang si ha la formazione egli atomi (entro i primi tre minuti si ha la creazione di atomi di idrogeno e di elio).

(*)-Da 30.000 anni ad un miliardo di anni l'universo diventa trasparente incominciano a formarsi le galassie e a 5 miliardi di anni si verificano le prime supernove. Una ulteriore suddivisione in questa fase è la REIONIZZAZIONE che comincia circa 400.000 anni dopo il BIG BANG (13.08.2003).

(*)-A 15 miliardi di anni dal Big Bang, ovvero al giorno d'oggi, la temperatura si è ridotta a 3° K.

Nel 1962 Arno Penzias e Robert Wilson scoprirono la radiazione di fondo per caso con un'antenna per ricevere le microonde. Tale radiazione non poteva avere origine da eventi che si verificavano solo sulla Terra o solo in una piccola parte dell'universo perché veniva ricevuta ovunque si puntassero i radiotelescopi. Si capì che questa emissione, di 2,7° K, era il fossile del Big Bang che si era verificato 15 miliardi di anni prima. A partire da questo periodo, sembrando il Big Bang una certezza, si evolvettero tre teorie:

(A)-l'universo avrebbe continuato ad espandersi fino ad un certo punto e poi avrebbe arrestato il proprio ingrandimento restando così com'era;

(B)-la velocità alla quale l'universo si espande si sarebbe dovuta ridurre e l'accelerazione arrivata a 0 sarebbe diventata negativa portando ad un Big Crunch e ritornando allo stato di singolarità (questo fenomeno sarebbe già potuto accadere molte volte prima che fosse creato il nostro universo e dopo il Big Crunch il procedimento si sarebbe potuto verificare nuovamente);

(C)-l'universo avrebbe continuato ad espandersi all‘infinito.

Fu proprio quest'ultima teoria, proposta da Alan Guth nel 1984, a soddisfare tutte le verifiche sperimentali e ad essere accolta con favore dai più. Solo adesso si è riusciti a trovare le verifiche sperimentali del Big Bang inflattivo. Questa teoria sostiene che immediatamente dopo l'esplosione l'universo assunse una velocità esponenziale immensamente superiore da quella deducibile oggi dallo spettro luminoso delle galassie. La prova che conferma questa teoria si è avuta trovando delle infinitesimali variazioni della temperatura nell'ordine di qualche milionesimo di grado della radiazione di fondo presente nell'universo e traccia della fluttuazione quantistica che ha innescato l'esplosione. Proprio questa distribuzione della temperatura di tipo gaussiano (ovvero non uniforme) conduce ad un universo "piatto" che continuerà ad espandersi all‘infinito senza ripiegarsi su se stesso a causa della forza di gravità. Tale forza viene infatti contrastata da una non meglio definita forza repulsiva che aumenta all'aumentare della distanza tra due corpi che spinge l'universo ad accelerare la propria espansione. Queste disomogeneità della temperatura è la traccia di quella verificatasi nei primi 35 secondi tempo che viene definito come tempo di Planck. Se anziché la curva statistica delle temperature fosse stata di tipo irregolare questo avrebbe fatto ipotizzare un universo con dei difetti topologici.

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Illuminating the 'dark ages' of the universe
HARVARD-SMITHSONIAN CENTER FOR ASTROPHYSICS NEWS RELEASE
Posted: May 4, 2004

The cosmic 'dark ages' ended when clouds of hydrogen, glowing red in this artist's conception, came together to form the first stars.

The cosmic "dark ages" ended when clouds of hydrogen, glowing red in this artist's conception, came together to form the first stars. Credit: David A. Aguilar, Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics.

When the European dark ages ended with the coming of the Renaissance in the 14th century, society was illuminated by new "stars" of science, art and literature like Michelangelo, Leonardo da Vinci, Giotto, and Dante. Oddly enough, the universe may have experienced the same enlightenment. At the moment of the Big Bang, the universe was bathed with light that quickly faded. But with the ending of the cosmic dark ages as the first stars began to shine, the universe - like western civilization - moved out of the dark ages and into the age of illumination. Astronomers who want to study the cosmic dark ages face a fundamental problem. How do you observe what existed before the first stars formed to light it up ? Theorists Abraham Loeb and Matias Zaldarriaga (Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics) have found a solution. They calculated that astronomers can detect the first atoms in the early universe by looking for the shadows they cast. To see the shadows, an observer must study the cosmic microwave background (CMB) - radiation left over from the birth of the universe. The Big Bang filled the universe with light and matter. As space expanded, it cooled, and the light from the Big Bang dimmed as it was stretched to longer and longer wavelengths, leaving the universe in darkness. When the universe was about 370,000 years old, it cooled enough for electrons and protons to unite, recombining into neutral hydrogen atoms and allowing the relic CMB radiation from the Big Bang to travel almost unimpeded across the cosmos for the past 13 billion years. Over time, some of the CMB photons encountered clumps of hydrogen gas and were absorbed. By looking for regions with fewer photons - regions that are shadowed by hydrogen - astronomers can determine the distribution of matter in the very early universe. There is an enormous amount of information imprinted on the microwave sky that could teach us about the initial conditions of the universe with exquisite precision.

Inflation and dark matter

To absorb CMB photons, the hydrogen temperature (specifically its excitation temperature) must be lower than the temperature of the CMB radiation - conditions that existed only when the universe was between 20 and 100 million years old. Coincidentally, this is also well before the formation of any stars or galaxies, opening a unique window into the so-called "dark ages." Studying CMB shadows also allows astronomers to observe much smaller structures than was possible previously using instruments like the Wilkinson Microwave Anisotropy Probe (WMAP) satellite. The shadow technique can detect hydrogen clumps as small as 30,000 light-years across in the present-day universe, or the equivalent of only 300 light-years across in the primordial universe. (The scale has grown larger as the universe expanded.) Such resolution is a factor of 1000 times better than the resolution of WMAP. This method offers a window into the physics of the very early universe, namely the epoch of inflation during which fluctuations in the distribution of matter are believed to have been produced. Moreover, we could determine whether neutrinos or some unknown type of particle contribute substantially to the amount of 'dark matter' in the universe. These questions - what happened during the epoch of inflation and what is dark matter - are key problems in modern cosmology whose answers will yield fundamental insights into the nature of the universe.

An observational challenge

Hydrogen atoms absorb CMB photons at a specific wavelength of 21 centimeters (8 inches). The expansion of the universe stretches the wavelength in a phenomenon called redshifting (because a longer wavelength is redder). Therefore, to observe 21-cm absorption from the early universe, astronomers must look at longer wavelengths of 6 to 21 meters (20 to 70 feet), in the radio portion of the electromagnetic spectrum.Observing CMB shadows at radio wavelengths will be difficult due to interference by foreground sky sources. To gather accurate data, astronomers will have to use the next generation of radio telescopes, such as the Low Frequency Array (LOFAR) and the Square Kilometer Array (SKA). Although the observations will be a challenge, the potential payoff is great. There's a gold mine of information out there waiting to be extracted. While its full detection may be experimentally challenging, it's rewarding to know that it exists and that we can attempt to measure it in the near future.

Headquartered in Cambridge, Mass., the Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA) is a joint collaboration between the Smithsonian Astrophysical Observatory and the Harvard College Observatory. CfA scientists, organized into six research divisions, study the origin, evolution and ultimate fate of the universe.

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(07.08.03) Il problema della FRECCIA del TEMPO

Alcune riflessioni notturne...

 

(CyberOps Typer Applet can't display)

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Introduzione...

Nel fiume di Eraclito scorriamo e non scorriamo

Fiume Adige che attraversa Verona  

(Vedi figura qui sopra !) Mi viene in mente una sera a Verona mentre osservavo l'acqua dell'Adige scorrere. Ho visto la mia ombra immobile sull'acqua. L'ombra era solo una. L'immobilità della mia ombra sulla superficie di un ente che ha sempre rappresentato il divenire, mi ha gelato l'anima...


Panta rei, tutto scorre: frase spesso banalizzata in origine complessa come il pensiero del filosofo.


Panta rei, tutto scorre. Una frase che ci affiora subito alla mente quando, davanti allo specchio, notiamo una ruga o un capello bianco in più, oppure mentre guardiamo le fotografie della nostra infanzia, o contempliamo quello che resta di un tempio o un teatro romano antichi, o vediamo spuntare un parcheggio multipiano nel prato dove da piccoli giocavamo a nascondino. O più semplicemente notando i giorni che passano l'uno dopo l'altro, le settimane i mesi e gli anni che si accavallano, veloci e inarrestabili come, appunto, la corrente di un fiume. Il fiume della vita. Panta rei. Tutti conoscono e usano questa espressione greca per indicare il consumarsi delle cose, il trascorrere implacabile del tempo che logora il presente e realizza il futuro. Poeti e scrittori di ogni epoca l’hanno citata o evocata in versi e romanzi. Eppure il suo vero significato non è così banale e affonda le radici in una complicata storia di fraintendimenti. La tradizione attribuisce questa frase a Eraclito, uno dei più interessanti protagonisti di quella generazione di filosofi greci definiti presocratici, che si caratterizzarono per il loro tentativo di individuare il principio ultimo della realtà fisica, l'elemento costitutivo dell'Essere. Talete di Mileto lo aveva identificato con l’acqua, Anassimene con l’aria, Pitagora col numero. Ma Eraclito fece qualcosa di più, meritandosi un posto di primo piano nella storia della filosofia occidentale, quale anello di congiunzione tra la primitività di un pensiero che si limitava a cercare le radici fisiche della realtà e la maturità di chi invece, come fecero Socrate e Platone, s'interrogò su concetti più alti, su verità e giustizia, coraggio e santità, fede e bellezza. A un primo sguardo Eraclito non appare tanto diverso dai suoi immediati predecessori: come loro, individuò come principio costitutivo della realtà un elemento fisico, il fuoco. Il che non sembra un grande progresso rispetto all’acqua di Talete; ma è proprio alla luce di questa fiamma che divengono comprensibili il suo pensiero e l’origine del fraintendimento per il quale egli è passato alla storia come il «filosofo del panta rei». Eraclito è, fra tutti i pensatori del VI e V secolo a.C., quello di cui ci sono pervenuti il maggior numero di frammenti scritti, aforismi celebri per il loro stile suggestivo e oracolare, ma che a più di due millenni di distanza non hanno ancora avuto un’interpretazione definitiva. E non c'è da stupirsene. Appartenente a una ricca famiglia aristocratica di Efeso, egli dimostrò sempre sentimenti antidemocratici: nel suo libro Sulla natura traspaiono un chiaro disprezzo nei confronti della massa - definisce i suoi concittadini «cani» che gli abbaiano contro - e il suo intento di seguire vie non comuni, di distinguersi dalla plebe volgare e ignorante: «Uno vale per me diecimila, se è il migliore», scrive. Si racconta che avesse depositato il suo libro nel Tempio di Artemide; e questo non solo perché i templi, allora, in mancanza di biblioteche, erano il luogo più sicuro per conservare un bene prezioso come un manoscritto, ma anche perché era tipico della classe aristocratica sottolineare il suo legame con la casta sacerdotale e col sapere arcaico di cui essa era depositaria. Con simili premesse, non si può certo pensare che l’opera di Eraclito fosse accessibile a chiunque: il suo contenuto, e di conseguenza la sua forma, erano tanto complessi che già ai suoi tempi il filosofo si meritò l'appellativo di "oscuro" o "piangente". Egli stesso era consapevole di questa difficoltà, e più volte avverte che la sua opera potrà essere capita solo dai migliori, che definisce i "desti", ossia coloro che, a differenza dei "dormienti", non si accontentano delle apparenze, ma vogliono penetrare fino in fondo la realtà delle cose. Per fare ciò, essi devono tendere l'orecchio a quel Logos - parola che sta a significare al tempo stesso discorso, ragione e pensiero - che governa la realtà. Questo "Discorso" dirà a chi sarà in grado di intenderlo che il principio dell’universo è il fuoco e che esso è a sua volta la rappresentazione concreta di un principio ancor più originario: quello della "guerra", del conflitto perpetuo tra le coppie di opposti che compongono la realtà. Un contrasto che però non sfocia nel caos, bensì in un'armonia dei contrari senza la quale nulla sarebbe possibile. Nulla esiste, infatti, senza il suo opposto: la guerra non sarebbe concepibile se non esistesse la pace, la veglia non avrebbe senso se non ci fosse il sonno. Ed eccoci al panta rei. Eraclito non scrisse mai questa frase, né probabilmente la pronunciò; tuttavia notò come tutte le cose, in virtù della loro continua trasformazione, coincidano con il loro opposto."La stessa cosa sono il vivo o il morto, il desto e il dormiente, il giovane e il vecchio: questi mutando trapassano in quelli e quelli ritornano a questi." L'equivoco che ha spinto i primi sistematori del sapere antico, primo fra tutti Platone, ad attribuire ad Eraclito l'espressione panta rei è stato originato probabilmente dal suo più famoso ed enigmatico frammento, detto "del fiume": "Negli stessi fiumi scendiamo e non scendiamo, siamo e non siamo". Mentre noi ci bagniamo in un fiume, sostiene il filosofo di Efeso, quello è sempre lo stesso e anche noi manteniamo la nostra identità, ma al tempo stesso sempre diverse sono le acque nel loro scorrere, come sempre nuovi siamo noi in ogni istante del tempo: in noi stessi, dunque, si manifesta l'unità degli opposti, il nostro essere e il nostro non essere. Fu un suo discepolo, Cratilo, a fare di questa frase il motivo portante della filosofia del divenire. Spingendo alle estreme conseguenze le riflessioni eraclitee, Cratilo, che fu maestro di Platone e protagonista di tanti suoi dialoghi, non si limitò a dire che "tutto scorre", ma si servì di questo principio per dimostrare come, poiché tutto cambia in continuazione, nulla è conoscibile e, di conseguenza, nulla può essere nominato. Pertanto, proponeva Cratilo, anziché chiamare le cose con il loro nome, sarebbe bene limitarsi a indicarle con un dito. Era la filosofia del relativismo assoluto e della realtà sempre cangiante, che di lì a poco avrebbe ingaggiato una superba battaglia contro quella, uguale e contraria, di Parmenide e della sua scuola. Pensatori, intellettuali e sofisti ben presto si sarebbero ritrovati nei cortili di ginnasi e accademie per mettere a confronto le due antitetiche visioni del mondo, relativista e poliedrica l'una, monolitica e univoca l'altra. E tutto perché ad Elea, patria di Parmenide, nacque un'altra frase celebre, croce e delizia per generazioni di studenti liceali: "L'essere è e il non essere non è". Ma questa è un’altra storia...

FINE Introduzione...

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"Cogliete boccioli di rosa finché potete, ché il vecchio tempo sempre vola". Così scriveva Robert Herrick, poeta del Diciassettesimo secolo. E chi oserebbe contestare che il tempo realmente vola - o se non altro scorre via ? Nella vita di tutti i giorni il passato, il presente e il futuro hanno qualità nettamente distinte. Il passato è andato, ricordato forse, ma inalterabile. Il futuro è ancora da venire, ed è sempre aperto. Solo il presente è davvero reale. Tutto questo sembra far parte del senso comune. Alcuni scienziati e filosofi, tuttavia, sostengono che abbiamo sbagliato tutto, che il tempo non scorre affatto. Il filosofo di Cambridge John McTaggart pose le premesse di questo dibattito a cavallo della fine del secolo scorso, quando suggerì due immagini del tempo apparentemente contraddittorie. In una il tempo è visto semplicemente come una coordinata che contrassegna gli eventi, così come latitudine e longitudine contrassegnano i luoghi. Nell'altra il tempo è considerato qualcosa che scorre, dove gli eventi succedono e il futuro viene a essere. Qual'è l'immagine giusta ? Donald Williams, professore di filosofia alla Harvard University, cercò di rispondere a questo interrogativo in un famoso saggio pubblicato nel 1951, dal titolo The Myth of Passage, dove sosteneva che solo il tempo statico, quello che funge da semplice coordinata, è reale (consiglio di leggere: "The Reality of Now" di William Seager.) E' un punto di vista condiviso da molti altri filosofi. Jack Smart, filosofo in pensione che adesso vive a Canberra, riconosce che indubbiamente noi sentiamo il tempo passare. Ma sostiene che questa sensazione è frutto di "una confusione metafisica". Dopo tutto, domanda, quanto passa veloce questo tempo ? Beh, un secondo al secondo, naturalmente. Ma per andare al di là della pura tautologia e parlare del moto o del passaggio di qualcosa, abbiamo bisogno di rapportare questo qualcosa in movimento a un tempo, come quando, per esempio, diciamo che una freccia si muove a dieci metri al secondo. Ma quando questo qualcosa da misurare è il tempo stesso, cosa usiamo come unità di misura ? Possono sembrare semplici giochi di parole, ma ci sono anche valide ragioni fisiche per cui dubitare dello scorrere del tempo. Einstein cominciò a scombussolare le nozioni comuni con la sua teoria della relatività, demolendo l'idea che il tempo è universale e che esista un momento presente uguale per tutti. Einstein dimostrò che due eventi separati nello spazio, giudicati simultanei da un osservatore, agli occhi di un altro osservatore possono accadere in momenti diversi. Per esempio, supponete di voler sapere cosa stia facendo su Marte la sonda Pathfinder in questo momento. In base alla teoria della relatività, il tutto dipende da come vi state muovendo mentre ponete la domanda. Se siete seduti a casa avrete una risposta, se state volando su un aereo ne avrete un'altra. Se poteste muovervi rispetto alla Terra a una velocità vicina a quella della luce, la differenza sarebbe sostanziale :-).

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Malattia persistente

Questo strano fenomeno, la cosiddetta relatività della simultaneità, è stato ampiamente verificato dagli esperimenti, e cambia drasticamente il modo in cui dobbiamo pensare il tempo. Se ci sono molti "ora" marziani per ciascun "ora" terrestre (e viceversa) è chiaramente senza senso affermare che solo un momento del tempo - l'ora - è reale. Einstein espresse il concetto in questi termini: "Passato, presente e futuro sono solo illusioni, per quanto persistenti". Noi fisici preferiamo vedere il tempo come un tutto che fa da sfondo, tipo un paesaggio, da cui il termine timescape. Se la nostra percezione dello scorrere del tempo è una sorta di sotterfugio mentale anziché una proprietà dell'Universo fisico, da che cosa è prodotta ? Si danno varie spiegazioni. Alcuni la attribuiscono alla struttura del nostro linguaggio, altri cercano una spiegazione nel modo di funzionare del cervello. Molti scienziati, e in particolare Roger Penrose dell'Università di Oxford, sospettano che abbia qualcosa a che fare con la meccanica quantistica e con il cosiddetto collasso della funzione d'onda. Clicca [QUI] per conoscere il tempo Einsteniano.

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Due universi

Il legame tra fisica quantistica e coscienza è profondo e controverso. La meccanica quantistica, che descrive il comportamento della materia a livello atomico, pone a suo fondamento l'indeterminatezza. Dato un particolare stato atomico, in genere non possiamo prevedere come evolverà. Per esempio se abbiamo un atomo eccitato non possiamo prevedere in anticipo esattamente quando decadrà; tutto ciò che conosciamo è lo spettro di probabilità del decadimento. Un modo fantasioso di descrivere questa indecisione è dire che esistono due universi alternativi, uno con l'atomo eccitato, l'altro con l'atomo decaduto. Secondo le "bizzarre" regole della meccanica quantistica, uno stato atomico vedrà generalmente coesistere e sovrapporsi entrambi gli universi in una sorta di realtà ibrida. Gli esseri umani, tuttavia, osservano sempre un solo Universo, come se in qualche modo l'atto di osservare obbligasse la natura a scegliere tra le contrastanti realtà. Per usare il gergo di noi fisici, la funzione d'onda collassa in una delle possibilità. E' come se l'atto d'ispezionare il mondo tramutasse uno degli universi fantasmi alternativi in concreta attualità. La natura di questo processo non è completamente chiara, ma tutti concordano nel fatto che esso sembra procedere in una sola direzione temporale. Vale a dire che una volta che la scelta di realtà è stata fatta, non può essere ribaltata. Dunque, si sostiene, la nostra percezione dello scorrere del tempo potrebbe scaturire dal modo in cui la nostra coscienza risolve gli ambigui stati quantistici. Anche se il tempo non scorre letteralmente dal passato al futuro, sembra tuttavia che rispetto a esso il mondo sia fortemente asimmetrico. Se si filma una scena tipica della vita quotidiana e la si proietta all'indietro, tutti sbottano a "ridere". "Nessuno fatica" a scoprire l'inganno. Nella vita reale le gocce di pioggia non salgono al cielo e le uova non si ricompongono. Ma questa asimmetria temporale non dipende dallo scorrere del tempo. Non c'è neanche bisogno di proiettare il film per accorgersene, già una serie di fotogrammi rivelerebbe una direzionalità strutturale: la gente invecchia, le macchine arrugginiscono, le uova si rompono, i pupazzi di neve si sciolgono, le onde radio si diffondono dai trasmettitori. I fisici usano spesso il termine "la freccia del tempo" per indicare l'asimmetria tra le direzioni del tempo passato e del tempo futuro. Questo termine può tuttavia essere frainteso, dato che la freccia volendo vola, e così potrebbe stare a indicare anche lo scorrere del tempo. Il modo corretto di intendere la freccia del tempo è pensare alla punta di un compasso o a una banderuola segnavento, che puntano in una direzione ma non si muovono verso di essa. Questa direzionalità del tempo da dove viene allora ? La maggior parte dei processi irreversibili è manifestazione della seconda legge della termodinamica.

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DIGRESSIONE... (I più esperti possono andare oltre... !)

Trasformazione di ENERGIA


L'energia è la capacità di compiere lavoro e possiede la proprietà di presentarsi sotto varie forme che possono convertirsi una nell'altra. Le trasformazioni dell'energia obbediscono alle leggi della termodinamica. La prima legge della termodinamica afferma che l'energia può essere trasformata da una forma in un'altra, ma non può essere creata né distrutta. L'energia totale di ogni sistema rimane sempre costante nonostante tutte le trasformazioni energetiche che possono interessarlo. L'energia potenziale, come indica il nome, è l'energia che non è stata ancora usata. L'energia cinetica è l'energia in uso. La benzina possiede una certa energia potenziale contenuta nei legami chimici delle sue molecole. Quando la benzina viene bruciata nel motore, i legami chimici delle sue molecole si rompono e l'energia potenziale chimica si trasforma in energia cinetica che permette i movimenti meccanici dei vari elementi del motore; parte dell'energia si trasforma in calore a causa dell’attrito tra gli elementi in movimento e parte si disperde nell’ambiente con i prodotti di scarico. L'acqua alla sorgente di un fiume possiede energia potenziale a causa del dislivello esistente rispetto alla superficie del mare; man mano che scorre verso il mare la sua energia potenziale diminuisce perché si trasforma in energia cinetica. Il cibo è formato da sostanze chimiche organiche che possiedono energia potenziale nelle loro molecole. Quando un organismo digerisce il cibo, demolisce i legami e trasforma l'energia potenziale in essi accumulata in altre forme di energia. In accordo con la prima legge della termodinamica in tutte queste trasformazioni l'energia non viene né creata né distrutta. In tutte le trasformazioni energetiche, tuttavia, una parte dell’energia viene convertita in calore e dissipata in questa forma senza che possa essere utilizzata per compiere lavoro. Il calore prodotto per attrito nel motore di un'automobile e quello perduto con i prodotti di scarico non può essere utilizzato per far funzionare l'automobile in quanto si disperde nell'ambiente, dove si converte in energia cinetica degli atomi e delle molecole dell'aria. In generale l'energia dissipata come calore in una trasformazione energetica non viene distrutta in quanto è ancora presente nell'ambiente, ma non è più disponibile per compiere un lavoro utile. Si dice che è degradata. La seconda legge della termodinamica afferma che in tutte le trasformazioni e in tutti gli scambi di energia che avvengono in un sistema chiuso l'energia potenziale presente alla fine sarà sempre minore di quella presente all'inizio. Questa legge è facilmente verificabile nell'esperienza quotidiana: un masso che rotola giù da una collina non potrà tornare da solo al punto di partenza, il calore passa sempre da un corpo più caldo a uno più freddo e non capiterà mai il contrario, una palla che rimbalza raggiungerà un'altezza sempre minore ad ogni rimbalzo. In tutti questi processi l'energia potenziale disponibile alla fine è minore di quella iniziale. Un processo che presenta, alla fine, un'energia potenziale minore di quella iniziale perché libera energia viene detto esoergonico. I processi esoergonici sono in accordo con la seconda legge della termodinamica e possono avvenire spontaneamente. Tuttavia esistono anche processi nei quali l'energia potenziale, alla fine, è maggiore di quella iniziale. Questi però non possono avvenire spontaneamente perché richiedono un apporto di energia dall'esterno. Un processo che per avvenire richiede un apporto di energia dall'esterno viene detto endoergonico. Oltre al guadagno o alla perdita di calore un altro fattore influenza la variazione di energia potenziale e quindi la direzione di un processo; questo fattore, al quale si dà il nome di entropia, fornisce la misura del disordine di un sistema. Un sistema chiuso tende a passare da uno stato più ordinato ad uno più disordinato e quindi in esso aumenta l'entropia. Il sistema costituito da un corpo caldo e uno freddo si trova in uno stato ordinato; quando il calore passa dall’uno all’altro i due corpi diventano entrambi tiepidi e si passa ad uno stato meno ordinato. Le molecole della benzina vengono tenute in uno stato ordinato dai legami chimici; quando la benzina viene bruciata si rompono i legami e gli atomi si ritrovano in uno stato più disordinato. Il sistema costituito dall’acqua alla sorgente di un fiume e dal mare è un sistema ordinato (ognuno al suo posto); quando l'acqua scorrendo lungo il fiume raggiunge il mare si confonde con tutta l'altra acqua e quindi il sistema diventa disordinato. Un bicchiere di cristallo costituisce un sistema ordinato; se il bicchiere si rompe rimangono i cocci, che costituiscono un sistema disordinato. Il calore non si ripartisce più spontaneamente tra i due corpi, gli atomi della benzina non si riuniscono spontaneamente, l'acqua dispersa nel mare non torna spontaneamente alla sorgente del fiume, i cocci non si rimetteranno mai da soli insieme per ricostruire un bicchiere. Dal disordine non si ricostituisce spontaneamente l'ordine. La seconda legge della termodinamica può essere riformulata tenendo conto dell'entropia: tutti i processi naturali tendono sempre a far aumentare il disordine o la casualità dell'Universo. Quest’ultima formulazione della seconda legge della termodinamica fa riferimento all’Universo. L'Universo è infatti un sistema chiuso, perché energia e materia non possono entrare né uscire da esso. L’energia e la materia oggi presenti nell'Universo sono le stesse che erano presenti subito dopo il "big bang". Tuttavia, nonostante l'Universo nel suo insieme sia un sistema chiuso, la Terra non lo è: essa infatti riceve continuamente energia dal Sole il quale lentamente si degrada.

FINE DIGRESSIONE

Questa legge dice che in un sistema isolato il calore si trasmette dal corpo caldo a quello freddo, e mai nel senso opposto. Il risultato finale è uno stato chiamato equilibrio termodinamico, con il calore distribuito uniformemente e una temperatura uniforme. L'equilibrio termodinamico è lo stato di massimo disordine, e già nel 1850 i fisici compresero che la seconda legge implicava che l'Universo procede irreversibilmente verso la degenerazione e il caos. Un nitido esempio della freccia termodinamica del tempo è il modo in cui un flacone di profumo evapora se si toglie il tappo. Il processo è irreversibile perché non vedrete mai le molecole del profumo rientrare da sole nel flacone. Una volta che si sono mescolate alle molecole dell'aria, lo stato originale non può essere ripristinato. Per avere meglio l'idea della transizione avvenuta, diremo che si è avuto il passaggio da uno stato ordinato (il profumo serrato dentro la bottiglia) a uno stato disordinato (il profumo sparso per la stanza).

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 Il problema dell'entropia e della freccia del tempo

Il problema dell'entropia e della freccia del tempo si ripropongono ciclicamente, perché per averne una visione complessiva occorre saper collegare correttamente la termodinamica con la relatività generale, in una trattazione che tenga conto della fisica quantistica. Molte cose, in un quadro di questo tipo, sono ancora di non semplice comprensione (forse anche per chi scrive). Nei primi tempi dell'universo, dopo il tempo di Planck, quando già possiamo considerare accettabili le formulazioni della nostra fisica, l'entropia aumenta (le trasformazioni sono irreversibili perché molto rapide) e contemporaneamente aumentano le dimensioni dell'universo. Immaginiamo un modello estremamente semplificato, che si riconduca alla macchina termodinamica più elementare: supponiamo l'universo iniziale come un volume di plasma compresso in un pistone delle dimensioni dell'universo. Supponiamo inoltre la gravità nella classica forma con un potenziale del tipo...

V=-m/r

r>L

V=-m/L

r<L

dove L=1.6 10-33 cm è la lunghezza di Planck cioè la lunghezza corrispondente al tempo di Planck in cui diventano importanti effetti quantistici gravitazionali.Con l'espansione dell'universo, il pistone stesso espande, cresce lo spazio delle fasi a disposizione delle particelle, cioè lo spazio a disposizione e i valori possibili delle velocità per ciascuna particella. Lo spazio compie lavoro sul pistone perdendo energia, ma lo spazio delle fasi cresce proporzionalmente al volume, quindi, per la definizione statistica dell'entropia, questa cresce. Infatti l'entropia è una misura del disordine, e in modo statistico si può definire proporzionalmente al logN dove N è il numero degli stati miscoscopici che realizzano uno stato macroscopico. Espandendo lo spazio delle fasi e aumentando le possibilità per i valori di ciascuna particella, il numero N aumenta.Possiamo dire che prima di iniziare l'espansione, il sistema è in equilibrio termico ad alta temperatura e minimizza l'energia libera E-TS (in questa definizione, E è l'energia interna del sistema, T la sua temperatura, S la sua entropia, la funzione energia libera è una funzione di stato come le tre che la compongono). L'espansione è adiabatica (non può scambiare calore con l'esterno, non essendoci nulla all'esterno del sistema in espansione), ma fuori equilibrio (essendo esplosiva non è quasi statica, termine con cui si indicano le trasformazioni reversibili, cioè che siano così lente da essere una serie di stati successivi di equilibrio), e provoca un abbassamento della temperatura; questo raffreddamento provoca nel plasma iniziale la progressiva formazione in strutture sempre maggiori (dai nuclei, alle stelle, ai pianeti). Lo spazio delle fasi continua a crescere, con l'espansione dell'universo, quindi cresce l'entropia, in questo modo la direzione della freccia del tempo è definita.In questo scenario, però, la gravità non viene considerata adeguatamente: data una quantità di materia di energia fissata, le equazioni classiche dicono che essa minimizza l'energia libera quando collassa in un buco nero (nella gravità newtoniana un sistema, collassando, continua a ridurre la sua energia). Ciò sembra suggerire che l'universo iniziale era molto lontano dall'equilibrio e che lo stato di minima energia libera dell'universo sarebbe un unico enorme buco nero. Il buco nero è a sua volta in equilibrio con la sua radiazione di Hawking (che è stata calcolata a partire da relatività generale, fisica quantistica e meccanica statistica), quindi evaporerà completamente in un universo in espansione e lo stato di massima entropia (cioè in cui lo spazio delle fasi per le particelle che compongono il buco nero è più esteso) è di nuovo quello con il gas nel massimo stato di disordine.

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Particles Diffusion Java Applet

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Indietro e avanti

Il mistero avanza, tuttavia, quando cerchiamo di risalire alla causa di questa direzionalità. L'agitazione molecolare che mischia tra loro le molecole del profumo e dell'aria è il risultato di innumerevoli collisioni tra molecole. Ma la collisione di due molecole è un processo reversibile: tornate indietro con la scena dell'urto e le molecole ripercorrono le loro traiettorie. Ciò riflette la simmetria rispetto al tempo delle leggi che governano il comportamento molecolare. In realtà quasi tutte le leggi della fisica sono reversibili rispetto al tempo. Il problema è capire come da leggi simmetriche rispetto al tempo possano emergere processi temporalmente asimmetrici. Una possibile risposta, data negli anni Cinquanta dal filosofo tedesco Hans Reichenbach, fa riferimento alle condizioni iniziali. Immaginiamo di aprire un mazzo di carte nuove, ordinate per seme e valore numerico. Diamo una piccola mescolata al mazzo e questo stato altamente ordinato verrà subito distrutto. Non c'è niente di intrinsecamente direzionale nel processo di mescolare le carte. L'asimmetria sorge solo perché siamo partiti con le carte in uno stato speciale, che poi abbiamo casualmente perturbato. Lo stesso succede con le molecole del profumo. Dall'ordine si passa al disordine non perché ci sia direzionalità nelle leggi che governano gli urti molecolari, ma semplicemente perché ci sono molti più stati disordinati che ordinati. Disturbando uno stato ordinato si produrrà perciò molto probabilmente uno stato meno ordinato.

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Teoria cinetica dei GAS

Come usare questa applet (Java-Applet by CHANDRAst (c)2003 Università di Trieste)

Concetti matematici e fisici richiesti

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Tornando al big bang

Quindi per risalire all'origine ultima della freccia del tempo, dobbiamo cercare di capire come abbia fatto in partenza l'Universo a configurarsi in uno stato ordinato. Il posto ovvio dove guardare è il big bang. Ma emerge qui uno strano paradosso. Sappiamo infatti che il primo Universo era in realtà altamente disordinato. Il big bang fu accompagnato da una vampata di calore che successivamente si propagò in tutto lo spazio. Un residuo di questa radiazione termica primordiale sopravvive oggi nel fondo di microonde che ancora permea il cosmo. Dunque mentre la seconda legge della termodinamica vuole che la freccia del tempo punti dall'ordine al caos, dall'instabilità all'equilibrio, sembra che il primo Universo sia partito dall'equilibrio ed è ora lontano dall'equilibrio - il che orienterebbe la freccia nella direzione sbagliata. Come può essere ? E' qui che interviene la gravità. Ricordate il presupposto della seconda legge della termodinamica: il sistema in esame deve essere isolato. Nell'Universo la materia e la radiazione termica non sono però isolate, ma libere di eseguire moti su larga scala. In quest'attività rispondono alle forze gravitazionali, motivo per cui nel sistema globale dobbiamo includere anche il campo gravitazionale. In laboratorio, dove la gravità è trascurabile, lo stato finale di equilibrio di un gas è una distribuzione uniforme. Ma dove entra in gioco la gravità, la situazione cambia drasticamente. La gravità è una forza che cerca di ammassare la materia in blocchi, e il trionfo ultimo di questo processo si ha quando tutto un blocco di materia collassa a formare un buco nero. Applicando la termodinamica alla gravità, il buco nero può essere visto come lo stato finale di equilibrio. Tentare di trovare le equazioni che legano la gravità alla termodinamica sta mettendo a dura prova le migliori menti della fisica. Ma per farsi un'idea di come questi due processi potrebbero essere connessi sotto il profilo della freccia del tempo, conviene pensare l'ordine e il disordine non in termini di ammassamento e uniformità, ma in termini di informazione. Uno stato totalmente disordinato per essere descritto richiede solo alcuni elementi d'informazione. Per esempio, lo stato macroscopico di un flacone di gas all'equilibrio termodinamico può essere completamente descritto dandone semplicemente la temperatura e il volume. Ma la descrizione di un gas che al suo interno abbia molte porzioni calde e molti mulinelli richiede informazioni maggiori. Si può perciò dire che avvicinandosi all'equilibrio un sistema perde irreversibilmente informazione. Proprio quello che succede quando un corpo collassa in un buco nero. Il sempre più intenso campo gravitazionale del corpo trattiene la luce, e poiché l'informazione non può viaggiare più velocemente della luce, anch'essa viene trattenuta. Alla fine intorno al corpo si forma un orizzonte degli eventi da cui non può uscire nessuna informazione. Per un osservatore esterno, il contenuto d'informazione del corpo che collassa scompare irreversibilmente dentro il buco nero. Non sorprende, perciò, che i buchi neri obbediscano a una serie di leggi identiche alle normali leggi della termodinamica.

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La radiazione di fondo

La seconda legge della termodinamica può essere vista come un modo della natura di guidare i sistemi all'equilibrio. Se questa legge la riferiamo ai sistemi gravitazionali, essa descrive una tendenza dall'uniforme al raggruppato. La radiazione di fondo a microonde rivela che il primo Universo era di fatto estremamente uniforme. Considerato sotto il profilo della materia e dell'energia termica a sé stanti questo stato era vicinissimo all'equilibrio, ma in termini gravitazionali ne era lontanissimo. Perciò la materia e la radiazione poterono essere allontanate dal loro equilibrio senza che si violasse la seconda legge. Sviluppandosi, l'Universo guadagnò sia ordine termico sia disordine gravitazionale, sicché la seconda legge fu rispettata in pieno. La freccia del tempo, quindi, deriva in ultima analisi dalla conformazione gravitazionale del primo Universo. Si pone tuttavia la domanda: perché l'Universo è cominciato con un simile stato gravitazionalmente ordinato. Ovvero, perché il big bang non ha partorito dei buchi neri che, gravitazionalmente parlando, rappresentano uno stato molto più naturale di quello di un gas uniforme ? In anni recenti noi cosmologi abbiamo cercato una spiegazione per lo stato primordiale dell'Universo nella fisica delle particelle e nei processi quantistici avvenuti una frazione di secondo dopo il big bang. Tra le varie ipotesi gode abbastanza credito quella dell'inflazione, cioè di una brusca ed enorme espansione dell'Universo circa un trilionesimo di trilionesimo di trilionesimo di secondo dopo il big bang [1 trilione = 1.000 miliardi = 1012]. Ciò potrebbe aver prodotto quello stato estremamente uniforme di cui reca traccia la radiazione di fondo a microonde. L'inflazione risolve però il problema solo in parte. Per capire perché, consideriamo la situazione che si determinerebbe se, come alcune teorie suggeriscono, l'Universo alla fine smettesse di espandersi e iniziasse a collassare verso il cosiddetto "big crunch", un big bang alla rovescia. Se così fosse, il moto complessivo dell'Universo sarebbe simmetrico rispetto al tempo - iniziando e finendo in stati densi perfettamente analoghi. A quel punto che ne sarebbe della freccia termodinamica del tempo ? Questa simmetria su larga scala riflette la simmetria rispetto al tempo intrinseca alle leggi della gravitazione, e pone la questione del perché un'estremità temporale dovrebbe differire dall'altra. Se il big bang è stato seguito da un periodo di inflazione, non potrebbe il big crunch essere preceduto da un periodo di "deflazione", che rendesse l'Universo simmetrico rispetto al tempo ? Una teoria del genere è stata suggerita da Thomas Gold negli anni Sessanta. A suo avviso, se l'Universo si contraesse, la freccia del tempo si rovescerebbe. Si passerebbe dal freddo al caldo, le gocce di pioggia salirebbero al cielo e la gente crescerebbe diventando giovane. In breve, il film del mondo si riproietterebbe all'indietro. Chiunque vivesse durante questa fase di contrazione avrebbe invertiti anche i processi mentali, e non noterebbe niente di insolito.

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Universi quantistici

Una spiegazione più promettente, proposta alcuni anni fa da Murray Gell-Mann della Caltech University e da James Hartle dell'Università della California a Santa Barbara, accetta che l'Universo osservato sia asimmetrico, e a renderne conto chiama la teoria quantistica. La fisica quantistica implica che un dato stato dell'Universo possa evolvere in molti modi diversi. Alcune di queste possibilità corrispondono a un Universo che, partito da una condizione di uniformità, va a creare degli ammassi, mentre altre corrispondono al processo opposto. Ma ci sono anche possibilità di universi che restano ammassati e caotici per sempre. Alcune alternative quantistiche danno un Universo che nasce uniforme, evolve in ammassi, e poi inverte il processo, finendo di nuovo uniforme. Sebbene i singoli universi possibili sono generalmente asimmetrici, l'intero spettro non favorisce una direzione temporale rispetto all'altra, preservando così l'intrinseca simmetria temporale della natura.

L'analogo spaziale

Ma solo alcune di queste molteplici alternative quantistiche potrebbero essere realmente percepite dalle creature viventi. La vita dipende da un disequilibrio termodinamico; non sorprende, così, se osserviamo un Universo con un'estremità temporale uniforme, che denominiamo "l'inizio". Abbiamo però molte meno probabilità di osservare un Universo simmetrico rispetto al tempo. Solo una piccola frazione degli universi possibili ha sia uno stato iniziale che uno stato finale uniformi, e la stragrande maggioranza di essi è asimmetrica rispetto al tempo. Per le creature viventi è perciò massima la probabilità di vedere un Universo che comincia uniforme e finisce ammassato. E nel caso l'Universo sia destinato a invertire il processo di espansione, questo sta a significare che il big bang è stato uniforme, mentre il big crunch sarà un collasso disordinato di ammassi di materia e di buchi neri. Se queste idee sono corrette - e per opinione diffusa esse si basano su calcoli molto discutibili - allora la freccia del tempo ha un analogo spaziale. Le leggi della fisica, così come non favoriscono una direzione del tempo, non favoriscono neanche una direzione dello spazio. Ciò nonostante, molti sistemi fisici hanno un orientamento definito nello spazio. Le leggi della fisica hanno simmetrie non rispettate dai sistemi fisici reali. Se il nostro Universo non avesse infranto la simmetria temporale delle leggi, e in questo modo prodotto la freccia del tempo, non saremmo qui a occuparcene.

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11.11.1988 Il tempo è asimmetrico (ce lo dimostra il kaone)

PERCHE' mai nell'universo l'antimateria è così rara ? Dopo tutto se la materia che costituisce l'universo attuale, così come noi lo conosciamo, è uno dei prodotti del Big Bang, sembra ragionevole aspettarsi una pari quantità di antimateria. Forse una spiegazione di questa asimmetria potrebbe celarsi in una minuscola freccia del tempo che si annida nel mondo subnucleare, tra evanescenti particelle elementari. Si sa fin dagli anni 60 che una di esse, il kaone, presenta delle singolari proprietà relative alla violazione di alcune simmetrie. Nel 1964, infatti, fu provato sperimentalmente che, talora, una piccola percentuale di kaoni decadeva violando la simmetria carica-parità (CP). Ma vediamo di che cosa si tratta. Se, dato un processo fisico, il processo in cui particelle e relative antiparticelle sono scambiate può anch'esso realizzarsi in natura, si parla di invarianza rispetto alla coniugazione di carica e di simmetria C. Se immaginate di osservare una sfera che ruota davanti ad uno specchio, l'immagine speculare di essa ruoterà in senso inverso. Se l'immagine speculare di un dato processo fisico è anche essa un processo che può realizzarsi in natura si dice che quel dato processo conserva la parità. Si parla, in tal caso, di simmetria P. Se infine l'inversione del tempo in un dato processo fisico produce un processo anch'esso realizzabile si parla di reversibilità e di simmetria T. Uno dei teoremi fondamentali relativi al mondo subnucleare delle particelle elementari afferma che tutte le leggi della fisica sono invarianti rispetto alle operazioni combinate di tempo (T), parità (P) e carica (C). Per questo il teorema in questione è universalmente noto come teorema CPT. Questo teorema vale, in particolare, anche quando le leggi non sono invarianti per le singole operazioni. Poiché il decadimento del kaone talora violava la simmetria carica-parità (CP) se ne dedusse che, per quei decadimenti, anche la simmetria temporale T dovesse essere violata: questo a causa del teorema CPT. In altri termini, il kaone individuerebbe una freccia del tempo a livello microscopico. La questione è assai sottile. Nella fisica classica si è sempre data per scontata la reversibilità dei processi fisici elementari. Le leggi classiche del moto, si sa, sono reversibili rispetto al tempo mentre l'irreversibilità è, nella fisica classica, certamente patrimonio dei sistemi complessi, costituiti da grandi numeri di particelle, la cui evoluzione procede aumentando il disordine complessivo e individuando in tal modo una asimmetria a cui corrisponde una freccia macroscopica per il tempo. Tuttavia la violazione della simmetria CP (carica-parità) che occasionalmente si verifica nel decadimento dei kaoni indica l'esistenza di una freccia del tempo più fondamentale, coinvolgente cioè processi elementari. Il fatto è che fino a 5 anni fa nessuno era riuscito a provare direttamente la rottura della simmetria temporale T per il decadimento del kaone, se non attraverso il teorema CPT combinato con la prova sperimentale della violazione della simmetria CP. Prove sperimentali dirette della violazione della simmetria T sono state annunciate nell'ottobre del 1988 da due gruppi. Uno è rappresentato dalla collaborazione Cplear del Cern di Ginevra: i risultati sono stati pubblicati su Physics Letters. L'altro gruppo è rappresentato dalla collaborazione KTeV del Fermilab. Entrambi i gruppi hanno osservato asimmetrie temporali che corrispondono, sulla base del teorema CPT, a quelle della violazione della simmetria CP che erano state misurate negli anni 60, come c'era ragionevolmente da aspettarsi. In particolare il gruppo di Ginevra ha mostrato che la velocità di trasformazione da kaone ad antikaone non è uguale a quella da antikaone a kaone. Questi esperimenti provano direttamente l'esistenza di una freccia del tempo a livello dei processi fondamentali. Se questa asimmetria riguardasse tutta la materia e l'antimateria, essa potrebbe fornire anche la risposta alla domanda che ci siamo posti all'inizio di questo articolo: se il Big Bang si verificò con un leggerissimo eccesso di materia dovuto alla violazione della simmetria T, allora c'è da aspettarsi che quasi tutta l'antimateria si sia convertita, per annichilazione con la materia, in raggi gamma (i quali, oggi assai indeboliti a causa dell'espansione dell'universo, costituirebbero la radiazione cosmica di fondo). Il piccolo eccesso di materia si sarebbe invece conservato per formare poi galassie, stelle, pianeti e, ciò che più ci interessa, esseri umani.

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DIGRESSIONE...

14.10.2003 Scuola Normale Superiore di Pisa
NA48 Research group

The NA48 experiment at CERN is devoted to precision measurements of direct CP violation in neutral and charged Kaon decays, and rare Kaon decays parameters. You can visit the official NA48 page to learn more about it and CP violation. The international collaboration of about 150 physicists from 16 institutions (Cambridge University, CERN, Edinburgh University, JINR (Dubna), Università e sezione INFN di Cagliari, Ferrara, Firenze, Perugia, Pisa, Torino, Mainz University, Siegen University, LAL (Orsay), DAPNIA (Saclay), Austrian Science Academy (Vienna)) is active since 1989. The experiment has collected data since 1997, dedicated to the precision measurement of the direct CP violation parameter epsilon'/epsilon (see most recent article here), and is currently analyzing data. Two new research programs have been approved by CERN: in 2002 a data-taking run will be performed to search for rare decays of the neutral short-lived kaon (KS), while in 2003 a run with two simultaneous charged kaon beams will be devoted to measurements of CP-violating asymmetries and rare decay parameters. Data analysis is expected to continue in the forthcoming years. The SNS group, together with other local researchers from the University of Pisa and the INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), have been mainly involved in the development of the innovative liquid krypton electromagnetic calorimeter and its related electronics, and in the data analysis, for which powerful local computing facilities were used. The group has a strong involvement in the forthcoming charged kaon runs.

Group members:

Prof. M.Manzelle
Dr. M. Sozzi
Dr. S. Giudici
Dr. G. Collazuol
Dr. L. Fiorini

Links

CERN
DESY
FNAL
SLAC
LNF
LNGS
LNL
LNS
INFN Sites
MIUR
ENEA
HEP Web
Physics Web
HEPIC

FINE DIGRESSIONE

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13.01.2004 Un'era di rapida formazione galattica

Osservati buchi neri che si sono formati meno di un miliardo di anni dopo il big bang. L'universo sarà sempre più complicato di quanto dicono le nostre teorie cosmologiche. Nuove e recenti scoperte suggeriscono che nel primo periodo di vita del cosmo ci sia stata un'era di formazione di galassie più attiva e rapida di quanto prevedano le attuali teorie. Lo indica, in particolare, la scoperta da parte dello Sloan Digital Sky Survey (SDSS) che alcuni buchi neri ultra massivi siano nati meno di un miliardo di anni dopo il big bang che diede origine all'universo, circa 13,7 miliardi di anni fa. Ciascuno di questi buchi neri è diversi miliardi di volte più massivo del Sole e si trova al centro di galassie altrimenti normali. L'energia termonucleare da loro liberata mentre si nutrono di gas e polvere interstellare viene osservata dagli astronomi come un quasar luminoso e molto distante. Uno studio di Michael A. Strauss dell'Università di Princeton e colleghi verrà pubblicato sul numero di marzo 2004 della rivista "Astronomical Journal". Al convegno di Atlanta dell'American Astronomical Society, inoltre, erano state presentate altre due interessanti ricerche. Gli astronomi dell'osservatorio Gemini hanno scoperto che alcune galassie erano già nate, cresciute e "invecchiate" al momento in cui l'universo aveva soltanto dal 20 al 40 per cento della sua età attuale. E un team di ricercatori australiani e statunitensi ha mostrato che nello stesso periodo, le galassie avevano già cominciato a raggrupparsi in cluster ben definiti.

Credit: National Science Foundation (NSF)


Universo precoce

L'evoluzione del cosmo potrebbe essere stata molto più rapida di quanto creduto finora. Nuovi dati raccolti sulle galassie di antica formazione suggeriscono infatti che già due miliardi di anni dopo il Big Bang l'aspetto dell'universo fosse molto simile all'attuale. Le ricerche, guidate da Povilas Pavunas dell'Università del Texas, sono state compiute grazie al telescopio spaziale Hubble, e presentate durante il 203° Convegno dell'American Astronomical Society conclusosi l'8 gennaio 2004 ad Atlanta. Gli astronomi hanno individuato grandi galassie ellittiche formatesi tra uno e due miliardi di anni dopo il Big Bang, più vecchie di alcuni miliardi di anni rispetto a quanto ipotizzato sulla base di modelli e simulazioni al computer. Inoltre, circa tre miliardi di anni dopo la nascita dell'Universo, già esisteva una delle maggiori strutture cosmologiche oggi note, la muraglia galattica nella costellazione della Gru. Il telescopio ha individuato ammassi di galassie risalenti rispettivamente a meno di due e cinque miliardi di anni fa e pressoché indistinguibili dagli aggregati presenti nell'Universo attuale. Le recenti scoperte mal si accordano con l'idea, finora predominante, che galassie, ammassi di galassie e muraglie galattiche siano tappe successive nell'evoluzione dell'Universo. Gli studi presentati ad Atlanta sono anche pubblicati su The Astrophysical Journal e su Nature.

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11.04.2004 Medio Evo stellare

Formazione stellare.Il periodo di più intensa formazione stellare è ormai passato da cinque miliardi di anni, e ora l'Universo sta diventando sempre più scuro. E' questa la conclusione di un recente studio apparso su Nature e realizzato in collaborazione dalle Università della Pennsylvania e di Edinburgo. I colleghi impegnati nella ricerca hanno esaminato i dati di circa 100 mila galassie raccolti per lo Sloan Digital Sky Survey, il censimento dei corpi celesti visibili nell'emisfero settentrionale. Raul Jimenez e Alan Heavens, due membri dell'équipe, hanno quindi realizzato un software per analizzare in modo rapido l'intero spettro della luce proveniente dalle galassie. Grazie alle informazioni raccolte si è potuto gettare uno sguardo sul passato dei corpi celesti ricostruendone la storia. Le stelle con masse diverse emettono luce di diverso colore, quindi osservando l'intero spettro luminoso di una galassia possiamo rilevare i cambiamenti di luminosità, di massa e inoltre l'epoca di formazione delle stelle. Noi astrofisici abbiamo così scoperto che molte stelle si sono formate più tardi di quanto sino ad ora suggerito dagli studi condotti sulle galassie più grandi. Prevediamo che l'Universo diventerà gradualmente meno luminoso perché oggi non nascono abbastanza stelle per bilanciare la scomparsa di quelle più antiche.

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05.02.2004 Una grande produzione di ipernuclei

DAFNE-FINUDALe particelle hanno una vita media inferiore a un miliardesimo di secondo. FINUDA, un esperimento di fisica delle particelle presso l'accelleratore DAFNE al Laboratorio Nazionale di Frascati, ha creato nei suoi primi tre mesi di operazioni tanti "ipernuclei" quanti ne sono stati prodotti in cinquant'anni da quando queste particelle esotiche sono state scoperte. Gli ipernuclei sono nuclei atomici contenenti non soltanto protoni e neutroni, come al solito, ma anche particelle rare chiamate iperoni. Hanno vita incredibilmente corta e sopravvivono per meno di un miliardesimo di secondo. Ma il loro studio potrebbe consentire a noi scienziati di apprendere di più sulla forza nucleare debole, una delle quattro forze fondamentali della natura, nonché sui primi istanti di vita dell'universo. L'esperimento FINUDA ha finora fabbricato 35 DAFNEvarietà di ipernuclei già note agli scienziati. Ma nei prossimi mesi, i ricercatori sperano di generare ipernuclei completamente nuovi, come l'idrogeno-7-lambda, che comprende un protone, cinque neutroni e una particella esotica lambda, un iperone che contiene un quark strano. Normalmente l'idrogeno contiene zero, uno oppure due neutroni, ma la massiva particella lambda consente al nucleo di legarsi a neutroni supplementari. È mia opinione -e non solo mia-che al momento del Big Bang ci sia stata un'abbondante produzione di quark strani. Se dimostreremo che oggetti come l'idrogeno-7-lambda sono stabili, saremo sulla buona strada per rispondere a questioni sulla materia nucleare strana nell'universo primordiale.

NOTA: Scoperta dell'idrogeno-7. Un panel internazionale, composto da fisici russi, giapponesi, britannici e svedesi, ha scoperto l'idrogeno-7, il più pesante isotopo di idrogeno contenente sei neutroni e un protone. Gli scienziati lo hanno individuato, nell'osservatorio RIKEN in Giappone, dopo una collisione con un raggio ad alta energia, composto da nuclei di elio-8, contro un bersaglio di idrogeno. Dal 2001, data della scoperta dell'idrogeno-5, i fisici erano sempre convinti della possibile esistenza di isotopi più pesanti, ma la rilevazione dell'idrogeno-7 veniva considerata improbabile a causa della sua instabilità. Tuttavia, il progredire delle tecniche sperimentali ha permesso di concepire metodi di rilevazioni molto sofisticati, come l'utilizzo di fasci ad alta energia di nuclei radioattivi di breve vita, che hanno offerto la possibilità ai fisici di studiare sistemi molto instabili. I fisici si sono serviti di ossigeno-18 radioattivo per concepire un fascio di elio- 8 energicamente elevato. Il laboratorio francese GANIL ha fornito il bersaglio di idrogeno. Nel momento in cui avviene una reazione tra un nucleo di elio-8 e l'idrogeno, il nucleo più leggero riceve i sei neutroni del nucleo di elio-8. I rimanenti due protoni vengono individuati dal telescopio RIKEN, una struttura in grado di misurare consecutivamente energie e angoli di diverse particelle. Inoltre, i fisici hanno anche analizzato nuclei di tritio (ossigeno-3), e neutroni frutto della disintegrazione dell'idrogeno-7. Praticamente il medesimo modo utilizzato per produrre e osservare l'idrogeno-5. La ricerca è stata pubblicata dal periodico Physical Review Letters.

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17.04.2004 Laboratorio atomo: FINUDA (DIVULGATIVO...)

Il suo nome è Finuda (Fisica Nucleare a Daphne), e si trova a Frascati (Roma), nell'impianto dell'acceleratore di particelle Daphne. Si tratta di un esperimento che si propone di produrre una gran quantità di "ipernuclei", e di studiarne le proprietà. Una ricerca appena iniziata (terminerà la sua prima fase fra tre mesi), che getterà nuova luce sulle interazioni debole e forte: rispettivamente, la forza che fa brillare il Sole e quella che tiene insieme la materia, impedendo al nucleo dell'atomo di disgregarsi. E che permetterà anche di comprendere meglio la struttura del cosmo. Gli "ipernuclei" sono dei laboratori microscopici creati dai ricercatori modificando la struttura della parte interna dell'atomo. Questa è normalmente composta da neutroni e protoni, ma nei "nuclei esotici" sintetizzati in laboratorio, una particella di queste può essere sostituita da un'altra, chiamata "lambda". Si tratta di un intruso assai diverso dai suoi vicini. Infatti, si potrebbe dire che è fatto di un'altra pasta: protone, neutrone e lambda sono tutti e tre composti da particelle ancora più piccole, dette quark, ma quest'ultimo è fatto da quark "strani" (il termine è tecnico), ben diversi da quelli chiamati "up" e "down", che compongono i primi due. Questo gli fornisce uno status privilegiato. Infatti, i protoni e i neutroni che si accalcano nel nucleo, non sono soggetti alla sola interazione forte, che li tiene tutti insieme, ma anche al "principio di esclusione di Pauli", una norma della meccanica quantistica che influenza il comportamento di particelle simili, impedendo loro di assumere la stessa configurazione energetica. Ebbene, in virtù della sua diversità, il lambda non è soggetto a questa legge, e il suo comportamento è determinato genuinamente dalla forza forte. Studiando la particella, quindi, si possono ricavare informazioni preziose sulla forza, indicazioni finora non raccolte perché coperte dal "rumore" del principio d'indeterminazione. Un'altro aspetto interessante dell'esperimento riguarda la forza debole. Questa porterebbe il lambda a "decadere", ovvero a trasformarsi in un protone o in un neutrone. Ma così facendo il lambda diventa una particella come tutte le altre, e la "pressione" del principio di Pauli la spinge a decadere in modo inusuale. Osservando questo comportamento, gli scienziati possono ottenere informazioni nuove sulla forza debole. A dire la verità, la prima a produrre nuclei esotici è la natura: vengono prodotti a seguito dell'interazione di raggi cosmici con i vari materiali. È così che furono scoperti nel 1953 dai fisici polacchi Marian Danysz e Jerzy Pniewski. La specificità di Finuda è però nel metodo di produzione degli ipernuclei, che beneficia di una macchina unica al mondo, il complesso Daphne di Frascati. Esso rappresenta un buon esempio di acceleratore 'piccolo' ma molto efficiente. La quantità di "ipernuclei" prodotti (centinaia di migliaia solo nella fase iniziale) è più o meno la stessa ottenuta e osservata nei 50 anni che ci separano dalla loro scoperta. Un risultato raggiunto grazie a tecnologie di punta come un magnete superconduttore costruito dall'industria nazionale, un insieme di rivelatori a microstrisce di silicio molto avanzato e un preciso sistema di controllo dinamico di miscele gassose, che riempiono il volume sensibile del rivelatore. Apparati con ricadute tecnologiche nell'affidabilità della gestione di sistemi criogenici e nel controllo, soprattutto dal punto di vista della sicurezza, di sistemi di immagazzinamento di gas infiammabili ed esplosivi. L'esperimento durerà almeno quattro anni, con un finanziamento di circa 11 milioni di euro distribuiti a partire dal 1994. Non è stato particolarmente difficile reperirli, anche perché all'atto dell'approvazione l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) era ben finanziato. Non so cosa succederebbe oggi. La classe dirigente è sempre meno sensibile ai problemi della ricerca fondamentale: la vessazione burocratica cresce esponenzialmente e, inoltre, è impossibile reclutare giovani, con prospettive almeno decorose di sopravvivenza. Un giovane ricercatore italiano rimane in situazione di precarietà, con stipendi da fame, fino ad almeno 35 anni. Per fortuna Finuda attira sempre più giovani stranieri (giapponesi in particolare) provenienti da Paesi più sensibili a questi problemi.

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Farthest known galaxy in the Universe discovered
HUBBLE EUROPEAN SPACE AGENCY INFORMATION CENTRE
Posted: February 15, 2004

An international team of astronomers may have set a new record in discovering what is the most distant known galaxy in the Universe. Located an estimated 13 billion light-years away, the object is being viewed at a time only 750 million years after the big bang, when the Universe was barely 5 percent of its current age.

A new galaxy (split into two 'images' marked with an ellipse and a circle) was detected in this image taken with the Advanced Camera for Surveys onboard the NASA/ESA Hubble Space Telescope. The extremely faint galaxy is so far away that its visible light has been stretched into infrared wavelengths, making the observations particularly difficult. Credit: European Space Agency, NASA, J.-P. Kneib (Observatoire Midi-Pyrenees) and R. Ellis (Caltech). 

A new galaxy (split into two 'images' marked with an ellipse and a circle) was detected in this image taken with the Advanced Camera for Surveys onboard the NASA/ESA Hubble Space Telescope (HST). The extremely faint galaxy is so far away that its visible light has been stretched into infrared wavelengths, making the observations particularly difficult. Credit: European Space Agency, NASA, J.-P. Kneib (Observatoire Midi-Pyrenees) and R. Ellis (Caltech).

The primeval galaxy was identified by combining the power of the NASA/ESA Hubble Space Telescope and CARA's W.M. Keck Telescopes on Mauna Kea in Hawaii. These great observatories got a boost from the added magnification of a natural "cosmic gravitational lens" in space that further amplifies the brightness of the distant object. The newly discovered galaxy is likely to be a young galaxy shining during the end of the so-called "Dark Ages" - the period in cosmic history which ended with the first galaxies and quasars transforming opaque, molecular hydrogen into the transparent, ionized Universe we see today. The new galaxy was detected in a long exposure of the nearby cluster of galaxies Abell 2218, taken with the Advanced Camera for Surveys on board the Hubble Space Telescope. This cluster is so massive that the light of distant objects passing through the cluster actually bends and is amplified, much as a magnifying glass bends and magnifies objects seen through it. Such natural gravitational "telescopes" allow astronomers to see extremely distant and faint objects that could otherwise not be seen. The extremely faint galaxy is so far away its visible light has been stretched into infrared wavelengths, making the observations particularly difficult. Analysis of a sequence of Hubble images indicate the object lies between a redshift of 6.6 and 7.1, making it the most distant source currently known. However, long exposures in the optical and infrared taken with spectrographs on the 10-meter Keck telescopes suggests that the object has a redshift towards the upper end of this range, around redshift 7. Redshift is a measure of how much the wavelengths of light are shifted to longer wavelengths. The greater the shift in wavelength toward the redder regions of the spectrum, the more distant the object is. The galaxy discovered is extremely faint, and verifying its distance has been an extraordinarily challenging adventure. Without the 25 x magnification afforded by the foreground cluster, this early object could simply not have been identified or studied in any detail at all with the present telescopes available. Even with aid of the cosmic lens, the discovery has only been possible by pushing our current observatories to the limits of their capabilities!.

Gravitational lenses produce different shaped images depending on the shape of the lensing body. If the lens is spherical then the image appears as an Einstein ring -a ring of light; if the lens is elongated then the image is an Einstein cross- it appears split into four distinct images; and if the lens is a galaxy cluster, like Abell 2218, then arcs and arclets (banana-shaped images) of light are formed. Credit: European Space Agency.

Gravitational lenses produce different shaped images depending on the shape of the lensing body. If the lens is spherical then the image appears as an Einstein ring -- a ring of light; if the lens is elongated then the image is an Einstein cross -- it appears split into four distinct images; and if the lens is a galaxy cluster, like Abell 2218, then arcs and arclets (banana-shaped images) of light are formed. Credit: European Space Agency.

Using the combination of the high resolution of Hubble and the large magnification of the cosmic lens, the astronomers estimate that this object, although very small -only 2,000 light-years across- is forming stars extremely actively. However, two intriguing properties of the new source are the apparent lack of the typically bright hydrogen emission line and its intense ultraviolet light which is much stronger than that seen in star- forming galaxies closer by. The properties of this distant source are very exciting because, if verified by further study, they could represent the hallmark of a truly young stellar system that ended the Dark Ages. The team is encouraged by the success of their technique and plans to continue the search for more examples by looking through other cosmic lenses in the sky. Hubble's exceptional resolution makes it ideally suited for such searches. Estimating the abundance and characteristic properties of sources at early times is particularly important in understanding how the Universe reionized itself, thus ending the Dark Ages. The cosmic lens give a first glimpse into this important epoch. We are now eager to learn more by finding further examples, although it will no doubt be challenging. "We are looking at the first evidence of our ancestors on the evolutionary tree of the entire Universe," said Dr.Frederic Chaffee, director of the W.M.Keck Observatory, home to the twin 10-meter Keck telescopes that confirmed the discovery. Telescopes are virtual time machines, allowing the astronomers to look back to the early history of the cosmos, and these marvellous observations are of the earliest time yet.

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16.05.2004 Universo più vecchio del previsto

Universo più vecchio del previsto.Le stelle invecchiano un pò più lentamente di quanto si pensasse. Ad affermarlo sono gli ultimi risultati dell'esperimento LUNA (Laboratory for Underground Nuclear Astrophysics) [VEDI anche: LUNA: Laboratory for Underground Nuclear Astrophysics .PDF] situato presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LGNS) e condotto in collaborazione dall'INFN e dall'Università della Ruhr, in Germania. L'obiettivo di LUNA è quello di simulare la fusione nucleare che avviene all'interno delle stelle. Dai primi dati è emerso che alcune reazioni fondamentali sono fino a due volte più lente di quanto si fosse creduto finora. In particolare, a essere messo sotto esame è stato il ciclo carbonio-azoto-ossigeno, che porta alla produzione di nuclei di elio, e quindi di energia per la stella. LUNA ha dimostrato che la reazione più lenta all'interno di questo ciclo, ovvero la produzione di un nucleo di ossigeno dalla fusione fra un nucleo di azoto e un protone, è ancora meno veloce del previsto. Si tratta di una chiara evidenza della necessità di dover ricalcolare l'età delle stelle e degli ammassi globulari più vecchi. E in base a una prima stima, sarà necessario aggiungere un miliardo di anni al nostro universo, che già vantava 13 miliardi di anni.

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24.05.2004 BIG-BANG: modelli TEORICI a confronto... 

Filtro per il telescopio a fluorescenza del Pierre Auger Cosmic Ray Observatory, in costruzione in Argentina.

Le rivoluzioni scientifiche cominciano sempre (o quasi) dall'osservazione sperimentale. Fu grazie a essa che quattro secoli fa Galileo ridisegnò la nostra cosmologia e che Hubble, nel 1920, poté affermare che l'Universo si sta espandendo. Oggi tocca alle teorie della gravità quantistica: la LQG, o gravità quantistica a loop, e la teoria delle stringhe, sono i due modelli più accreditati, ma inconciliabili, che oggi cercano di descrivere le leggi che governano il mondo in cui viviamo. A cimentarsi nel dialogo tra le più recenti evidenze sperimentali e questi due "complicati" modelli teorici è un italiano di 37 anni, Giovanni Amelino-Camelia, oggi ricercatore all'Università La Sapienza di Roma, dopo una lunga permanenza presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT). I suoi studi sono stati pubblicati su "Nature" e "Physics Letters", e un'ulteriore consacrazione è arrivata dalla copertina di "Physics World" del novembre dello scorso anno. L'approccio fenomenologico è complementare a quello teorico, tradizionalmente più gettonato essendoci poi già molti scambi, soprattutto con chi lavora nella LQG, perché questo modello si presta meglio a confronti. Metodologicamente però il modo di procedere è profondamente diverso, perché si crede che vadano studiate con maggiore urgenza le questioni sulle quali possiamo avere un riscontro sperimentale immediato, mentre gli approcci più formali tendono a mettere sullo stesso piano tutti i problemi irrisolti, indipendentemente dalle chance di verifica sperimentale. Ma come si fa a mettere la nascita dell’Universo su un bancone da laboratorio ? La risposta è nei raggi cosmici, emissioni provenienti da galassie lontane con energie altissime, che possono superare i l019 eV. Non possiamo osservarli direttamente perché appena arrivano sulla Terra cominciano a "disintegrarsi" a contatto con l'atmosfera, e non siamo in grado di produrre queste particelle in laboratorio. Possiamo solo captare la pioggia di particelle elementari che cadono sulla Terra quando i raggi cosmici entrano in contatto con l'atmosfera. E' una caccia difficile e laboriosa, ma i primi dati hanno suscitato l'entusiasmo di Lee Smolin, uno dei padri dellaL QG. In uno spazio-tempo einsteiniano classico, ogni radiazione cosmica che raggiunge la Terra non dovrebbe superare un limite di energia ben preciso, fissato dalla costante di Greisen-Zatsepin-Kuzmin (GZK). E' come se venisse applicata una tassa del 100 per cento in grado di prelevare tufta l'energia in eccesso di ogni raggio prima che raggiunga i rivelatori. Se invece si disegna uno spazio-tempo come quello previsto da alcune teorie quantistiche come la LQG, oltre alla velocità della luce, di 300.000 chilometri al secondo, si ipotizza un altro limite, la lunghezza di Planck, pari a circa 1,6 x 10-35 metri. Da un punto di vista teorico in questo sistema la "tassa" energetica deve essere evasa, e ci possiamo aspettare di vedere raggi cosmici con energie superiori a GZK. I primi dati sono incoraggianti. Le rilevazioni dell’Akeno Giant Air Shower Array di Tokyo mostrano che alcune emissioni arrivano sulla Terra con valori superiori alla soglia GZK. Le osservazioni del telescopio giapponese non sono state confermate dall'HiRes (High Resolution Fly’s Eye, nel deserto dello Utah, negli Stati Uniti, ma nuovi dati non dovrebbero tardare ad arrivare. Quest'anno sarà attivato il Pierre Auger Cosmic Ray Observatory, il più grande sistema di rilevamento di raggi cosmici del mondo, costituito da quaftro telescopi a fluorescenza distribuiti su una superficie di oltre 100 chilometri quadrati nella pampa argentina. L'artesa è grande, perché quelle dell'osservatorio argentino potrebbero essere le prime testimonianze di un comportamento quantistico dello spazio-tempo. Un altro filone di ricerca è quello sull'impatto della gravità quantistica sui fotoni emessi dai lampi di raggi gamma, o Gamma-Ray Burst (GRB). Questi raggi, creati dalle più potenti esplosioni del nostro Universo, sono costituiti da fotoni che coprono distanze lunghissime prima di arrivare sulla Terra. I fotoni sono creati tutti nel giro di un millisecondo, e se ci fosse un principio di insuperabilità della scala di Planck l'analisi matematica mostra che si dovrebbe trovare una correlazione tra la lunghezza d'onda del raggio gamma e il suo tempo di arrivo sulla Terra. Uno strumento in grado di cogliere queste modestissime variazioni sarà disponibile soltanto nel 2006, quando la NASA lancerà il suo Gamma-Ray Large Area Space Telescope. I ricercatori sperano che dalle osservazioni su lunghezze d'onda e tempi d’arrivo sulla Terra dei raggi gamma sia possibile dedurre che le leggi che regolano il nostro Universo devono incorporare una lunghezza assoluta. Un dato che confermerebbe un ruolo «speciale», cioè invariatdle, per la lunghezza di Planck. Quella fenomenologica è una sfida che dal punto di vista scientifico non si può perdere. Se non si osservano energie "fuori soglia", l'esistenza di un meccanismo che le previene è confermata, escludendo il tipo di quantizzazione dello spazio-tempo predetto dalla LQG. Se invece questo sistema di "tassazione" energetica non funzionasse come previsto, ci troveremmo a dover rivedere in maniera radicale tutta l'impalcatura della nostra attuale descrizione della natura. Sarebbe un cambio di prospettiva tanto significativo quanto quello che all'inizio del Novecento ci portò a riformulare secondo le leggi della relatività speciale di Einstein tutte le teorie precedentemente impostate alla maniera di Galilei. L'effetto sarebbe minimo per la nostra vita di tutti i giorni, così lenta che ancora ci sembra inequivocabilmente governata dalla fisica galileiana, ma modificherebbe profondamente l'idea che abbiamo del tempo. Oggi abbiamo la sensazione di vivere in un continuum nel quale il tempo è fluido come il mare; ma potremmo semplicemente scoprire che è fatto di unità discrete, come moltissimi, minuscoli granelli di sabbia. Si trafta di ricerca fondamentale, con conseguenze tecnologiche oggi imprevedibili, ma quasi sicuramente di grande portata. Basti pensare a quello che ci ha portato la scoperta di onde con energie molto minori come quelle elettromagnetiche, che oggi ci permettono di guardare la TV, parlare al telefono o comunicare con i robot che abbiamo inviato su Marte.

RAGGI COSMICI che colpiscono l'atmosfera terrestre, in un'interpretazione artistica.

RAGGI COSMICI che colpiscono l’atmosfera terrestre, in un'interpretazione artistica.

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Hubble's view approaches the dawn of galaxies
SPACE TELESCOPE SCIENCE INSTITUTE NEWS RELEASE
Posted
: September 24, 2004

Detailed analyses of mankind's deepest optical view of the universe, the Hubble Ultra Deep Field (HUDF), by several expert teams have at last identified what may turn out to be some of the earliest star-forming galaxies. Astronomers are now debating whether the hottest stars in these early galaxies may have provided enough radiation to "lift a curtain" of cold, primordial hydrogen that cooled after the big bang. This is a problem that has perplexed astronomers over the past decade, and NASA's Hubble Space Telescope has at last glimpsed what could be the "end of the opening act" of galaxy formation. These faint sources illustrate how astronomers can begin to explore when the first galaxies formed and what their properties might be.

HUbble Ultra Deep Field

Credit: NASA, ESA, R. Windhorst (Arizona State University) and H. Yan (Spitzer Science Center, Caltech)
Download a larger image here.

But even though Hubble has looked 95 percent of the way back to the beginning of time, astronomers agree that's not far enough. For the first time, we at last have real data to address this final frontier -- but we need more observations. We must push even deeper into the universe, unveiling what happened during the initial 5 percent of the remaining distance back to the big bang. In the past couple decades astronomers have amassed evidence that we live in a reionized or "refried universe." This so-called reionization epoch was a critical watershed for the evolving universe. During that early time cold hydrogen atoms drifting in space were pumped up with so much energy from the ultraviolet starlight that they were stripped of their electrons. The universe once again became transparent to light, like the Sun burning off a morning fog. This early period is called "reionization" because the primeval universe, which was hotter than our Sun, was initially ionized as a soup of hydrogen nuclei and free-moving electrons. As the universe cooled through the expansion of space, these electrons were captured by hydrogen nuclei to make neutral hydrogen. But the electrons were lost again when the first fiercely bright stars fired up. The epoch of reionization is thought to have ended 0.5 to one billion years after the big bang. Constraints come from observations of quasars located with the Sloan Digital Sky Survey, and recent measures of polarization in the radiation emerging from the earliest phases of cosmic history recorded by the Wilkinson Microwave Anisotropy Probe (WMAP). The major difficulty has been that galaxies at such a remote distance are very faint and are very hard to find. Only the most luminous galaxies can be relatively easily seen. Prior to the HUDF, astronomers did not have the sensitivity to accurately constrain the numbers of very distant sources at that epoch, and so there's been a long-standing debate whether normal galaxies were really capable of doing the reionizing job. The sensitivity of Hubble's Advanced Camera for Surveys (ACS), combined with the penetrating power of the Near Infrared Camera and Multi-Object Spectrometer (NICMOS), finally revealed these long sough faint galaxies. The HUDF shows that close to a billion years after the big bang the early universe was filled with dwarf galaxies, but no fully formed galaxies like our Milky Way. After careful analysis, they have been sorted out as between 54 and 108 dim, red smudges sprinkled across the HUDF image. From a hierarchical point of view, this means the universe started out as a bunch of "mom & pop" stores, which merged into businesses, and then into giant corporations -- the majestic galaxies we see today. Five different teams of astronomers analyzing the HUDF results have differed in their interpretation of what was happening in the early universe. Some believe the objects that completed cosmic reionization by redshift z=6 have been found, while others believe that other sources than dwarf galaxies may be needed. Most groups believe that the action started at even earlier times, which can only be reached with future advanced cameras and telescopes. Different avenues of HUDF research are being led by: Rodger Thompson (University of Arizona, Tucson, Ariz.), Haojing Yan (Spitzer Space Center, California Institute of Technology, Pasadena, Calif.) and Rogier Windhorst (Arizona State University, Tempe, Ariz.), Massimo Stiavelli (Space Telescope Science Institute, Baltimore, Md.), Andrew Bunker (University of Exeter and the University of Cambridge, UK), and Sangeeta Malhotra and James Rhoads (Space Telescope Science Institute). The teams used different techniques: The Bunker team identified a list of 50 probable distant galaxies in the Ultra Deep Field and distributed details of their work within a day of the images becoming publicly available. They isolated their distant sample using techniques developed with earlier, less sensitive, Hubble images tested through spectroscopic observations undertaken with the 10-meter W.M. Keck observatory in Hawaii. Bunker's team claims that the combined ultraviolet light from the galaxies located in the Ultra Deep Field is insufficient to reionize the universe. Perhaps the physics of star formation was different at these early times, or a further, yet more distant population is responsible. The Stiavelli team shows that the same objects would be sufficient to reionize the universe, if they possessed much fewer heavier elements -- anything heavier than helium -- than those of present-day galaxies, and if the early galaxies contained more massive stars. Both these assumptions are reasonable at early epochs, since astronomers know that stars make the metals that exist in the universe. Early on, when most of the stars we see today hadn't been formed, the amount of elements must have been much lower. The Yan and Windhorst team started from the objects that are seen, and then carefully estimated the fraction of fainter galaxies that are not seen, even in the Hubble Ultra Deep Field. They found that the number of dwarf galaxies rapidly increases at fainter levels in the HUDF. This is like a cosmic "stock-market chart" but with very few large corporations and numerous "mom-and-pop corner stores." Yan and Windhorst conclude that this steep increase of the faint dwarf galaxy population collectively generates enough ultraviolet light to finish reionizing the universe by redshifts 6, even if the amount of heavier elements was similar to that of present-day galaxies. The HUDF NICMOS Treasury team (Thompson/Illingworth) has taken the UDF data and other ACS survey data to get the best possible estimate of the relative numbers of bright and faint galaxies around redshift 6, only 900 million years after the big bang. The papers, led by Rychard Bouwens, show that faint galaxies dominate at this epoch, compared to more recent times, and are likely to have played a significant role in the late stages of reionization. The team has also used the HUDF NICMOS data to detect a small sample of galaxies at higher redshifts (at z=7-8), 200 million years closer in time to the big bang. The amount of reionizing light at redshifts 7-8 appears to be lower than what is seen only 200 million years later at redshift 6. The Malhotra and Rhoads team have found a "sheet" of galaxies in the HUDF. They find that the galaxy density near redshift z=5.9 (look-back time of 12.5 billion years) is four times the galaxy density in the rest of the surveyed HUDF "core sample." This supports theories of galaxy formation which predict that dense regions should be the first sites of galaxy formation. This evidence for an over density was bolstered by a complementary study, undertaken by Malhotra, Rhoads, and JunXian Wang, which uses the Cerro Tololo Inter-American Observatory to obtain a map of galaxies over a much wider area than the HUDF. Even with its lower sensitivity and more limited coverage in distance, this map shows that "extra" galaxies are spread like a sheet, with the HUDF located near one edge of the structure. The presence of such structures doubtless affected the reionization of the universe, because the ultraviolet light that separated intergalactic hydrogen atoms into protons and electrons would have been more intense where galaxies are more common. It is then likely that reionization proceeded at different speeds in different regions of the early universe. The WFC3 built for Hubble is expected to see ten times as many distant infrared galaxies as the NICMOS. When launched, the JWST will have the light-gathering power to peruse an even earlier universe and actually see the very first stars and star clusters, which remain beyond even Hubble's reach. These still hypothesized ultra-bright stars formed only 200 million years after the big bang (at redshifts z=20, and as deduced from the WMAP image of the cosmic microwave background). They are currently believed to have heated the universe so much back then, that smaller, normal stars had to wait for the hydrogen gas to re-cool and condense before they could form.

The Space Telescope Science Institute (STScI) is operated by the Association of Universities for Research in Astronomy, Inc. (AURA), for NASA, under contract with the Goddard Space Flight Center, Greenbelt, Md. The Hubble Space Telescope is a project of international cooperation between NASA and the European Space Agency (ESA).

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Evolution of Clusters of Galaxies

Introduction to Clusters...

Clusters of galaxies are the largest known gravitationally bound systems in the universe. They form at the intersections of huge filaments and walls of matter that make up the large scale structure of the universe. Although there is no strict definition of how many galaxies constitute a cluster, a handy rule of thumb is that a cluster is a collection of galaxies with more than fifty members with luminosities lying within two magnitudes (a factor of six) of the third brightest member (Binney and Tremaine 1987). Less than fifty implies a group of galaxies, whereas the richest of clusters have thousands of galaxies. The total mass within a cluster is of the order of 1014 to 1015 solar masses whereas the median radius is generally a few Mpc. Within a cluster, the line of sight velocity dispersion of the galaxies can be up to 1000 km/s and the fractional volume occupied by galaxies is roughly 10-3 compared to 30 km/s and 10-22 for stars in a galaxy. However, these basic quantities are hard to pin down, since the outer boundary of a cluster is not well defined. In a dynamical sense, clusters are very young systems. As we shall see later, many clusters are still undergoing formation processes or merging with other cluster to form new, larger systems. Even within the more relaxed clusters, the galaxies have only completed a few orbits since formation. This view of clusters as young, evolving, non-equilibrium objects means that the evolution of clusters is intimately linked to their formation. Coupled with the fact that they are of cosmological size and observable in some detail at cosmological distances, clusters are extremely valuable tools in diagnosing the details of the history of the large scale structure of the universe.

Observations of Clusters

The first observation of a cluster was made by Charles Messier at the end of the 18th century. Whilst looking for comets, he noticed thirteen stationary fuzzy patches on the Virgo-Coma border, which he noted down as definitely not comets. The fuzzy patches turned out to be galaxies and the collection that Messier saw was part of a cluster. A few years later, William Herschel began to intentionally search for these Messier objects and found more than three hundred galaxies in the Virgo cluster alone. Then, in 1958, George Abell compiled the first large catalogue of clusters of galaxies. We now know of over 10,000 clusters of galaxies. In the 1930's, Fritz Zwicky and Sinclair Smith used optical spectroscopy to measure galactic line of sight velocities in the Coma and Virgo clusters. By assuming that the galaxies were virialised point masses orbiting within a spherical potential, they were able to use the observations to make an estimate of the mass of the clusters. Comparing this result to the sum of the masses of the observed galaxies, they found that about 99% of the calculated mass was missing from their observations. Therefore, the naive expectation that galaxies make up the dominant fraction of the mass within a cluster of galaxies is completely wrong. Galaxies form only about 1% of the cluster by mass. The rest of the mass was, at that point, completely unaccounted for. This method of estimating cluster via galactic dynamics masses can now be checked by using the cluster as a gravitational lens. Clusters will bend the light from any galaxies that lie behind them, causing them to appear as arcs of diffuse light. By examining the appearance of the background galaxy, it is possible to reconstruct the mass of the lensing cluster. Mass estimates using this method agree with results from galaxy dynamics to within a factor of two. The dark matter problem was partially resolved by x-ray observations, which began with the Uhuru satellite in 1970. The satellite detected large amounts of gas enveloping both Virgo and Coma. The gas was too tenuous to be seen in the optical (10-3 cm-3) but at 2.5*107 K it was a strong x-ray emitter. X-rays in cluster gas are mainly produced by thermal bremmstralung and so their luminosity is proportional to the square of the density of the gas. Hence, it is possible to calculate the total mass of gas within a cluster from the x-ray luminosity distribution. Initially, this was calculated from one dimensional luminosity profiles assuming spherical symmetry. It is now possible to do two dimensional x-ray imaging, leading to more a accurate determination of the gas mass. Depending on how gas rich the cluster is, the fraction of cluster mass taken up by gas ranges from 5% up to 20%, up to twenty times as much as all of the galaxies in the cluster put together. And yet, more than 80% of the dark matter still lies unaccounted for. X-ray imaging not only enabled more accurate determination of cluster gas masses, but also destroyed the paradigm of clusters as fully evolved, relaxed, quiet systems. The x-ray observations showed that far from being simple, spherical groups of gravitationally bound galaxies, many clusters are either still in the process of formation or they are undergoing dramatic merger events: 1015 solar mass objects crashing into each other. X-ray photometric observations showed that for many clusters, multiple peaks, radial variations of centroid positions, twisted isophotes and elliptical isophotes were common features. All of these features are evidence for non spherical clusters and cluster exhibiting substructure. The advent of multifiber spectrographs enabled observations of hundreds of galaxy velocities within a single cluster. A relaxed cluster in equilibrium, would be expected to exhibit a Maxwellian or Gaussian velocity distribution. However, deviations from these normal distributions have been often cited as further evidence for substructure within galaxy clusters. This picture is backed up further by recent evidence from examining the history of the luminosity function for galaxy clusters. By combining data from the Uhuru, Ariel-V, Heao-1, Einstein Observatory and Exosat satellites, Edge, et al (1990) found that there is a deficiency of high luminosity clusters (more than 8*1044 erg/s) at redshifts higher than 0.1 - 0.2. On its own, the evolution of the luminosity function could be explained by a number of effects: the deepening of the potential as the cluster relaxes, cooling of intracluster gas and injection of new gas from galaxies within the cluster or from the merging of subclusters. However, when it is viewed alongside the x-ray photometry and multi fiber spectroscopy, the evidence for the merger model seems to be quite convincing.

Simulations of Clusters

Many groups have been using numerical simulations, both to examine the large scale structure of the universe as a whole and to simulate the collision and merger of two clusters. In both types of simulation, N-body codes to model the evolution of the dark matter that dominates the potential of the system are combined with hydrodynamic techniques to capture the evolution of the x-ray gas. The large scale simulations produce a universe where gravitation acts on initially small density perturbations to produce filaments, walls and voids on scales of hundreds of megaparsecs. Clusters form at the intersection of filaments and as time advances, matter is accreted onto the intersections from along the filaments and from small intersections onto the larger ones, creating a hierarchical system of structure formation. Yu Zhang, et al (1996) have constructed synthetic absorption spectra from their simulations and then analyzed them in an analogous way to real observations. Their model agrees with the latest Keck observations. The simulations of merging clusters are generally concerned with ideal spherical clusters, but are still able to reproduce much of the detail of the x-ray photometry observations. Clusters collide at relative velocities of thousands of km/s. This is much higher than the sound speed within the intracluster medium and leads to shocks within the cluster gas. Following the initial collision, turbulence and bulk flows within the merged clusters stirs the cluster gas for 2 - 5 Gyr. Jack Burns (1998) has characterized this as 'stormy weather' inside clusters. These numerical simulation predict that mergers occur every 2 - 4 Gyr per cluster. An example of such a merging galaxy cluster is Abell 754. Optically, it can be seen that its galaxies lie in two distinct regions within the cluster. In the x-ray, the gas can be seen to form a bar on one side of the cluster and fan out from their across the cluster. One of the galaxy groups is within this bar region and the other is on the far side of the cluster. This structure can be explained by proposing that the cluster has recently (within the last several hundred million years) gorged itself on a group of galaxies. Upon colliding with the cluster, the group's gas became shocked and was essentially stopped in its tracks producing the bar like structure. However, the component galaxies were not affected by the shock wave and carried on through the cluster, coming to a halt on the far side. In a couple of billion years time, Abell 754 will have completely relaxed and become a single spherical body like, for instance, Abell 1795. One final clue to the internal structure of clusters comes from radio observations. Approximately 10% of galaxies in clusters produce radio emission powerful enough to be detected. Radio jets emitted from galactic cores can travel for 10 to 100 kiloparsecs and remain collimated. This brings them well into the intracluster medium. Observers of jets within clusters have noticed a wide variety of twists and s-shapes along the jets. The origin of these jet structures remained a puzzle for over twenty years. However, when it was realized that the intracluster medium is not a calm, relaxed object, explanations of jet structure became possible. Jets are between 10 and 100 times less dense than the cluster gas. As such, they are susceptible to turbulence within the cluster. Numerical simulations of jets in the intracluster medium have been produced by Chris Loken, et al (1995), showing similar structures to the radio observations. Hence, it seems likely that the jets are being kicked around by bulk flows resulting from cluster mergers. If this is the case, the radio observations could be used as barometers and anemometers for the intracluster medium.

Models of Cluster Formation

As mentioned above, clusters are dynamically young. Therefore any model that describes the evolution of clusters must also take into account their formation. In an Einstein-de Sitter universe, small density perturbations of the cosmic fluid will experience deceleration with respect to the Hubble flow. For a system to be virialised, its density must be more than 200 times the mean density of the universe. However, if the system is experiencing infall (as against simply deceleration), its density must be more than five times the mean density. Defining clusters as gravitationally bound systems that are virialised at least at their centre, implies that they are exceptional, probably evolving from > 3 sigma fluctuations from the Hubble flow. Models of large scale structure formation have to make assumptions about the composition of the dark matter that makes up most of the mass in the universe. Dark matter is usually described as either into hot or cold. Hot dark matter eg neutrinos is relativistic and smoothes any small density perturbations in the early universe. Hence, the first structures to form are the largest superclusters. These would then fragment into smaller and smaller substructures resulting in clusters and individual galaxies. However, the most popular models at present are based on cold dark matter eg baryons. In this scenario, small systems (galaxies or even subgalaxies) would form first and merge to form a hierarchical structure leading to clusters and eventually superclusters. The implications of the hierarchical model fit in well with observations. Since the x-ray luminosity of clusters is a strong function of mass, it would increase with time, as observed. In order for large clusters to form, mergers should be fairly common, as observed. Hence, it seems as though the hierarchical model provides a good explanation for the formation and evolution of galaxy clusters. Given a cosmology and assumptions about dark matter, the hierarchical model makes predictions about how long it takes for clusters and superclusters to form. Hence by observing the distribution of clusters within the universe we should be able to distinguish between competing cosmological and dark matter models.

Conclusion

At the present time, our knowledge of the formation and evolution of clusters is increasing as the data from the ROSAT satellite is analyzed and numerical simulations become ever more sophisticated. The next generation of x-ray satellites (AXAF, XMM, Astro-E) will improve the resolution of clusters to 0.5 arc sec and provide spatially resolved spectra allowing temperature distributions to be mapped and intracluster wind velocities to be directly measured for the first time. This will provide even greater insights into the largest known gravitationally bound structures in the universe.

References...

Abell, G. O., 1958, Astrophys. J. Suppl. , 3 , 211
Binney, J., Tremaine, S., 1987, Galactic Dynamics
Henry, J. P., Briel, U. G., Bohringer, H., 1998, Sci. Am., 279, 52
Burns, J. O., 1998, Science, 280, 400
Edge, A. C., Stewart, G. C., Fabian, A. C., Arnaud, K. A., 1990, Mon. Not. R. Astron. Soc. , 245, 559
Neta A. Bahcall, 1996, Clusters and Superclusters of Galaxies
Roettiger, K., Burns, J. O., Loken, C., 1996, Ap. J. , 473, 651
Loken, C., Roettiger, K., Burns, J. O., 1995, Ap. J. , 445, 80
Zhang, Y., Anninos, P., Norman, M. L., Meiksin, A., 1996, astro-ph/9609194

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Massive merger of galaxies is most powerful on record
NASA NEWS RELEASE
Posted: September 23, 2004

This X-ray map shows -surface brightness,- or how luminous the region is. The larger of the two galaxy clusters is brighter, shown here as a white and red spot. A second cluster resides about 2 o'clock from this, shown by a batch of yellow surrounded by green. Luminosity is related to density, so the densest regions are brightest.

This X-ray map shows "surface brightness," or how luminous the region is. The larger of the two galaxy clusters is brighter, shown here as a white and red spot. A second cluster resides about "2 o'clock" from this, shown by a batch of yellow surrounded by green. Luminosity is related to density, so the densest regions are brightest.

An international team of scientists, led by a NASA-funded researcher, announced today, they observed a nearby head-on collision of two galaxy clusters. The clusters smashed together thousands of galaxies and trillions of stars. It is one of the most powerful events ever witnessed. Such collisions are second only to the Big Bang in total energy output.

This artist's concept shows what the scientists are calling the perfect cosmic storm: galaxy clusters that collided like two high-pressure weather fronts and created hurricane-like conditions, tossing galaxies far from their paths and churning shock waves of 100-million-degree gas through intergalactic space.

This artist's concept shows what the scientists are calling the perfect cosmic storm: galaxy clusters that collided like two high-pressure weather fronts and created hurricane-like conditions, tossing galaxies far from their paths and churning shock waves of 100-million-degree gas through intergalactic space. Credit: NASA.

Artist's impression of cosmic head on collision.

The event was captured with the European Space Agency's XMM- Newton observatory. Scientists are calling the event the perfect cosmic storm: galaxy clusters that collided like two high-pressure weather fronts and created hurricane-like conditions, tossing galaxies far from their paths and churning shock waves of 100-million-degree gas through intergalactic space. Data from the observations were released today. This unprecedented view of merger in action crystallizes the theory the universe built its magnificent hierarchal structure from the "bottom up," essentially through mergers of smaller galaxies and galaxy clusters into bigger ones. Here before our eyes we see the making of one of the biggest objects in the universe. What was once two distinct but smaller galaxy clusters 300 million years ago is now one massive cluster in turmoil. The AOL takeover of Time-Warner was peanuts compared to this merger. Team leader Dr. Patrick Henry of the University of Hawaii and colleagues, Drs. Alexis Finoguenov and Ulrich Briel of the Max-Planck Institute for Extraterrestrial Physics, Germany, present these results in an upcoming issue of the Astrophysical Journal. The forecast for the new super-cluster is "clear and calm," now the worst of the storm has passed. Galaxy clusters are the largest gravitationally bound structures in the universe, containing hundreds to thousands of galaxies. Our Milky Way galaxy is part of a small group moving toward the Virgo Cluster. We are destined for a collision in a few billion years. The cluster in today's announcement, Abell 754 in the constellation Hydra, has been known for decades. However, the new observation reveals the merger may have occurred from the opposite direction than was previously thought. The researchers found evidence for this by tracing the wreckage left in the merger's wake spanning a distance of millions of light years. While other large mergers are known, none have been measured in such detail. For the first time, scientists created a complete "weather map" of Abell 754 and can determine a forecast. The map contains information about the temperature, pressure and density of the new cluster. As in all clusters, most of the ordinary matter is in the form of gas between the galaxies. It is not locked up in the galaxies or stars themselves. The massive forces of the merging clusters accelerated intergalactic gas to great speeds. This resulted in shock waves that heated the gas to very high temperatures, which radiated X-ray light, far more energetic than the visible light our eyes can detect. The dynamics of the merger revealed by XMM-Newton point to a cluster in transition. One cluster has apparently smashed into the other from the 'northwest' and has since made one pass through. Now, gravity will pull the remnants of this first cluster back towards the core of the second. Over the next few billion years, the remnants of the clusters will settle and the merger will be complete. The observation shows the largest structures in the universe are still forming. Abell 754 is relatively close to Earth, about 800 million light years away. The construction boom may be over in a few more billion years, though. A mysterious dark energy appears to be accelerating the universe's expansion rate. This means objects are flying apart from each other at ever-increasing speeds, and clusters may eventually never have the opportunity to collide with each other. X-ray observations of galaxy clusters such as Abell 754 will help better define dark energy and also dark matter, an "invisible" form of matter that appears to comprise over 80 percent of a galaxy cluster's mass. [Suggested Reading: Off-Center Collisions between Clusters of Galaxies.]

 

Weather Map Animations: Scientists are calling the event the perfect cosmic storm: galaxy clusters that collided like two high-pressure weather fronts and created hurricane-like conditions, tossing galaxies far from their paths and churning shock waves of 100-million-degree gas through intergalactic space.

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