Il "Caleidoscoppio" presenta:" IL filo d'Arianna Piazza Ferraccio Luglio 2008 con Saverio Minunno e Marcella Marcialis Regia di Saverio Minunno.
  • Digilander

    HOME PAGE

    Saverio e Marcella


    Piazza Ferraccio Luglio 2008


    Il filo d’Arianna.


    O graziosa luna, io mi rammento che, or volge l’anno, io venia pien d’angoscia a rimirarti.
    E tu pendevi allor su quella selva siccome or fai, che mi sorgea sul ciglio alle mie luci il tuo volto apparia, che travagliosa era mia vita.
    Ed è,ne cangia stile, o mia diletta luna. E pur….mi giova LA RICORDANZA, e il noverar l’etate del mio dolore.
    Oh….come grato occorre, nel tempo giovanil, quando ancor lungo la speme….e breve ha la MEMORIA il corso,il RIMEMBRAR delle passate cose, ancor che triste….e che l’affanno duri….cestinoetichette
    Nel celebre romanzo di Gabriel Garcia Marquez, Cent’anni di solitudine, il piccolo villaggio di Macondo è invaso da una strana pestilenza, che causa agli abitanti la perdita dei ricordi.
    I sintomi si sviluppano per gradi. Ogni abitante perde la capacità di richiamare alla mente i ricordi d’infanzia, i nomi delle persone e delle cose, la loro funzione, la loro utilità, la loro pericolosità, l’identità degli altri, tutti gli altri e infine addirittura la consapevolezza del proprio essere……. “ Un fabbro, spaventato perché non gli viene più in mente la parola martello, e la parola incudine, ovvero le parole che descrivono gli attrezzi con cui lavora da sempre, comincia a girare furiosamente per tutta la casa ,applicando etichette su ogni oggetto che gli capita a tiro. Ispirati da questo metodo, tutti gli abitanti del villaggio, prima che sia troppo tardi e tutte le loro memorie siano consumate, cominciano ad etichettare l’intero villaggio.
    Angosciato dal pensiero di una vita spesa a mettere etichette, Josè Arcadio Buendia compie un ultimo eroico tentativo per salvare la memoria dei suoi compaesani…cerca di mettere a punto una macchina della memoria, piena di sofisticati meccanismi e molto simile, ma soltanto nella tecnica o nella funzione, al cervello umano dove tutte le esperienze e le conoscenze e le parole e i nomi di ognuno di loro, saranno accumulate, immagazzinate come in un immenso scatolone. Josè Arcadio Buendia, uscirà da questo incubo grazie ad uno straniero che li guarirà dalla peste. Solo allora, riconoscerà nello straniero un caro, vecchio amico.
    “Silvia…Silvia.
    “Silvia, rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale, quando beltà splendea negli occhi tuoi, ridenti e fuggitivi e tu, lieta e pensosa, il limitare di gioventù salivi….Suonavano le quiete stanze, e le vie d’intorno, al tuo perpetuo canto, allor che all’opre femminili intenta sedevi assai contenta di quel vago avvenir che in mente avevi…era il maggio odoroso….e tu solevi così menare il giorno…Io…gli studi leggiadri…e le sudate carte…ove il tempo mio primo…e di me….si spendea…la migliore parte d’in sui veroni del paterno ostello porgea gli orecchi al suon della tua voce…ed alla man veloce che percorrea la faticosa tela. Mirava il cielo sereno…le vie dorate….e gli orti e quinci il mar….da lungi…e quindi…il monte….Lingua mortal non dice….quel ch’io sentiva in seno…Che pensieri soavi, che speranze, che cori…O Silvia mia….quale allor ci apparia la vita umana e il fato! Quando sovviemmi di cotanta speme un affetto mi preme….acerbo e sconsolato…e tornami…a doler…di mia sventura…O Natura….o natura…perché non rendi poi quel che prometti allor….perchè di tanto inganni i figli tuoi…..Tu pria che l’erbe inaridisse il verno da chiuso morbo combattuta e vinta…perivi…o tenerella…E non vedevi il fior degli annni tuoi. Non ti molceva il core or delle nere chiome or…degli sguardi innamorati e schivi…Né teco le compagne ai di festivi ragionavan d’amore…Anche,peria fra poco la speranza mia dolce: agli anni miei anche negaro il fato la giovinezza. Ahi, come, come passata sei cara compagna dell’età mia nova, mia lacrimata speme!
    Questo…è quel mondo? Questi …i diletti… l’amor….l’opre…. gli eventi onde cotanto ragionammo insieme…questa…la sorte….dell’umane genti…All’apparir del vero…tu misera cadesti….e con la mano la fredda morte…ed una…tomba….ignuda…mostravi di lontano…..

    Scena tavolino,caffè,sigaretta giornale


    In questi ultimi tempi, la reputazione della memoria si è un po’ appannata. Circolano resoconti allarmanti di pazienti in terapia ospedaliera per situazioni traumatiche di vario tipo….bene, alcuni di questi,sebbene giovani o giovanissimi, non riconoscono i loro stessi familiari, o addirittura ne confondono il sesso. Leggiamo strane vicende di gente che ricorda nei dettagli di essere stata rapita dai marziani. Significa forse che la memoria è meno affidabile di quanto credevamo? Tutti noi abbiamo sperimentato in prima persona le imperfezioni della memoria. Mio suocero…….e questa è una storia vera…ricoverato all’ospedale di Sassari per l’inserimento di un pace-maker, al risveglio dall’anestesia manifestava una tale confusione mentale, con perdita della memoria, che i medici furono costretti, per evitare che si facesse male agitandosi senza motivo fra flebo e cateteri vari…furono costretti a legarlo al lettino con delle garze…L’anziano impaziente non si calmava e così ci chiamarono a casa pensando che la nostra presenza avrebbe in qualche modo contribuito a calmarlo….Così ci siamo precipitati al reparto di terapia intensiva, e diciamo che non era un bello spettacolo assistere alla scena del povero nonno legato che si agitava farneticando e lamentandosi. Ad un certo punto, però, mio suocero, con un sorriso meraviglioso, ha cominciato a fissarmi con occhi imploranti e teneramente mi ha sussurrato…Ah, dottoressa… finalmente è arrivata…la stavo proprio aspettando guardi come sono legato…non le sopporto più…queste catene…ha visto quanto è cattivo quel deficiente del mio genero……

    Torna,amore che danzi…


    Gli innamorati, me li ricordo…si guardavano zitti…e senza fiato. Gli innamorati.Avevano occhi fermi e brillanti,ma il tempo che passava…vuoto…vi ammucchiava il buio e i tremiti del pianto. Ed eccola, una volta, come l’erba che trovi incastrata in un muro nacque la parola, poi un’altra, poi più assai…..solo che tutte le volte la voce rassomigliava a una cosa sognata…che sentivi la notte e che poi torna..più debole, nella giornata. Sempre che si lasciassero, gli innamorati parevano come le ombre che escono…allungate nelle stregonerie….se sentivano un rumore, gli innamorati aguzzavano l’orecchio e si vedevano…e se lampeggiava una luce si trovavano faccia a faccia nel rosso dei mattini. Un giorno, non saprei dirvi…se nel mondo…facesse freddo o piovesse…uscì di colpo la luce di mezzogiorno. Senza che lo sapessero,gli innamorati si tenevano per mano….e insieme nuotavano nel sorriso che spandono le campane del paese. Non c’erano più angosce….si sentivano più leggeri di un santo…facevano i sogni delle vergini coricate sull’erba e che vedono il cielo…in una colomba che gli passa davanti. Erano arrivati….gli innamorati…al posto giusto: adesso si potevano stringere…e si potevano baciare….e si potevano intrecciare come nel fuoco le vampe…e come i pazzi potevano ridere e sospirare….ma….ma… non fecero….niente. Stavano…assorti…come la neve rosata delle montagne, quando il sole tramonta e a tutte le cose strappa …un lamento. Chi lo sa…..Certo…si spaventavano di scomparire toccandosi col fiato….Erano….l’uno per l’altro…come una bolla di sapone colorata…..E forse lo sapevano….che dopo il fuoco escono i torrenti di cenere e che i pazzi…quando gridano….li chiudono per sempre dove nessuno oserebbe entrare mai….Adesso….non lo so…dove stanno gli innamorati. Non mi ricordo…se sono vivi o morti…Se camminano insieme…o se il diavolo ha voluto separarli…Ma….Dio non voglia…che siano diventati….fango….nella strada!!!
    Un uomo, un operaio di 56 anni, un giorno, per disattenzione, tocca un filo elettrico scoperto. Ne riceve una fortissima scarica e a causa di questo tremendo trauma si ritrova all’ospedale, convinto di avere 14 anni. Osserva sorpreso sua madre…e la trova inspiegabilmente invecchiata: non ricorda nulla dei suoi ultimi 42 anni. Un altro ricorda con estrema nitidezza e la descrive con dovizia di particolari, una drammatica sparatoria avvenuta nella sua scuola elementare quando era bambino: in realtà quel giorno era in vacanza con i genitori e in un altro paese, molto lontano dal luogo in cui si era verificato l’evento. Dunque, non c’è niente di più fragile eppure di così potente della memoria e di così misterioso. E’ il codice segreto della nostra identità, il filo d’Arianna che tiene insieme gli infiniti frammenti delle nostre esperienze di vita. Le parole della madre, la danza di un artista, il dolore, la poesia.I volti, il paesaggio dell’infanzia, le carezze e tutte le altre cose terribili, o meravigliose, o semplicemente normali, che abbiamo vissuto ….e che ci fanno compagnia. A volte, per sempre. Forse loro, i ricordi, resteranno anche quando ce ne saremo andati.
    A Siena, la meravigliosa città nella quale ho vissuto per tanti anni, facendo finta di studiare, ricordo di aver visto, in una osteria molto popolare nel quartiere universitario, un cartello che faceva bella mostra di sé accanto all’insegna, e sul quale il gestore della taverna aveva scritto…..CHI BEVE PER DIMENTICARE, PAGHI PRIMA. Senza memoria è una non vita. NON DIMENTICATELO!!!!!
    Sempre caro mi fu quest’ermo colle e questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando di la da quella e profondissima quiete, e sovrumani silenzi. Io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura. Ma, come il vento odo stormir fra quelle piante io questo infinito silenzio a quella voce vo comparando. E mi sovvien l’eterno e le morte stagioni e la presente.e viva e il suon di lei. Così, fra questa immensità s’annega il pensiero mio e il naufragar m’è dolce in questo mare.
    E poi…e poi…non mi ricordo più niente…scusate..mi succede sempre questa cosa grottesca e assurda proprio con il Leopardi, il poeta delle ricordanze …di perdere la memoria…di confondermi…a volte comincio con A Silvia, continuo con Il Passero solitario e finisco con il Sabato del villaggio….A volte altero il testo a mio piacimento, perché magari la poesia è troppo triste, e io mi ribello, forse inconsapevolmente a questa cosmica malinconia…e allora per il passero solitario invento…che so un bel gruppo di svolazzanti e allegri amici che lo portano in giro a far baldoria…a rimorchiare…..
    Gli studiosi della memoria hanno cominciato ad affrontare di petto problemi ed interrogativi come quello che mi è capitato adesso,forse per eccesso di emozione…o forse…chissà….Per studiare l’emozione, alcuni psichiatri spesso chiedono ai soggetti di rievocare i momenti più tristi o più felici delle loro esistenze….ed è stato osservato che ricordando gli episodi tristi magari le persone finiscono per sciogliersi in lacrime in pochi attimi…mentre il ricordo di quelli lieti può suscitare un senso di euforia quasi immediato. Perché la memoria ha tanto potere sulla nostra vita? Perché ne subiamo così passivamente il condizionamento? Veramente, qualche volta abbiamo la sensazione di trovarci, come Teseo in una situazione labirintica,clautrofica. Imprigionati ai nostri ricordi. Avremmo tutti bisogno di un fil rouge, di un filo d’Arianna….E io avrei bisogno di capire perché non mi ricordo mai come finisce a Silvia? E chi è questa Silvia? E che volto ha? Dove abita? Di quale malattia…..Comunque quella lì…o non era Silvia, o non ci somiglia….Silvia era bionda, o castana ed era molto più alta, snella,più. Silvia aveva due tette così…questa… l’avete vista, no? MAH!

    REPERTORIO