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Le confraternite italiane, sin dalle loro origini, hanno
organizzato autonomamente o in collaborazione con altre istituzioni sia
religiose che laiche, processioni e rappresentazioni sacre in occasione di
particolari ricorrenze. Queste manifestazioni di fede avevano, ed in buona
sostanza ancora conservano, aspetti di connotazione eminentemente e sinceramente
religiosa e penitenziale, dai quali però non andavano e non vanno tuttora
disgiunte talune espressioni di esteriorità tendenti a far prevalere il lato
emozionale delle manifestazioni stesse attraverso l'esposizione scenografica e/o
drammatica dell'evento oggetto della celebrazione, come nel caso delle
rappresentazioni della Passione e Morte del Cristo. Accanto alla funzione
religiosa vi fu quindi sotteso un certo interesse propagandistico, nel senso
migliore della parola, da indirizzare verso la società civile per ottenere
adesioni e consensi, sia in campo religioso che a livello corporativo, nonché
distinzioni tra le singole associazioni onde suscitare o confermare tra le
popolazioni posizioni di prestigio collettivo e personale per i confratelli
partecipanti, principalmente per i quadri dirigenti.
Particolare attenzione venne posta dal mondo confraternale in modo preminente
alle processioni del Corpus Domini e della Settimana Santa, più che a quelle in
onore dei Santi protettori, per le quali si organizzarono a Roma e nelle più
grandi città italiane, segnatamente a partire dal sedicesimo secolo, cortei e
rappresentazioni sacre imponenti per numero di partecipanti, per sfarzo di
paludamenti e per ricchezze di scenografie.
La consuetudine interessò, ovviamente, anche la provincia italiana dove le
manifestazioni, pur non avendo le stesse caratteristiche di grandiosità e
lustro, poterono conservare gran parte delle motivazioni religiose originali,
perdurare nel tempo come tradizioni popolari e giungere, sovente quasi indenni,
sino ai nostri giorni. E' appunto il caso verificatosi nell'area
sorrentino-amalfitana dove sia le confraternite che altre organizzazioni
parrocchiali danno tuttora vita ad antiche e suggestive rappresentazioni sacre
in occasione della Settimana Santa e di particolari ricorrenze quali la solennità
del Corpus domini ed il Natale.
La storia delle processioni in
Penisola
Le origini delle processioni della Settimana Santa nella
penisola sorrentina non sono accertabili con esattezza. Ricollegabili senza
alcun dubbio all'antica consuetudine del mondo confraternale sin dal suo
sorgere, esse ebbero sicuramente un notevole impulso durante la dominazione
spagnola nel Regno di Napoli, ma la consuetudine di andare in processione in
preghiera cantando salmi nel Giovedì Santo e di visitare gli Altari della Deposizione, i Sepolcri come ancora oggi impropriamente si dice, è antichissima
e risale a molti secoli addietro.
Le confraternite sorrentine si dividono questo compito, secondo le loro antiche
consuetudini, visitando gli Altari la sera del Giovedì Santo, dopo le funzioni
liturgiche nella Chiesa parrocchiale, o nella notte tra il giovedì ed il Venerdì
Santo, portando in processione, in tal caso, anche la statua della Madonna
Addolorata che simboleggia nella tradizione popolare la Madre alla ricerca del
Figlio caduto nelle mani dei suoi carnefici.
La processione del Cristo Morto si svolge dopo le funzioni liturgiche del Venerdì
Santo, al tramonto. In passato era organizzata generalmente dalle Chiese
parrocchiali che invitavano le confraternite a parteciparvi. In alcune
parrocchie l'organizzazione della processione era ed è tuttora compito, per
antica tradizione, di una particolare confraternita.
Le processioni della Settimana Santa sono la parte
fondamentale dell'impegno secolare non solo delle Confraternite dell'Arcidiocesi
di Sorrento, che ogni anno le animano rinnovando puntualmente un mitico,
secolare appuntamento di primavera, ma di tutti gli abitanti della Penisola
sorrentina che vivono in esse momenti particolari, mistici ed affascinanti.
Descrivere l'atmosfera che circonda queste nostre manifestazioni così
coinvolgenti e suggestive non è cosa facile; bisogna viverle, "esservi
dentro" ed immergersi in quell'aria misteriosa e severa, delicata ed
altera, ma sempre e comunque di grande drammaticità per capirne l'essenza e
riceverne emozioni e sentimenti.Gli incappucciati sfilano a passo lento,
cadenzato; sfuggono nella notte, paludamenti bianchi, neri, rossi, violacei,
azzurri, appena illuminati dalle fiaccole e dai lampioni che recano e poi croci,
simboli della Passione, stendardi e canti struggenti, mitiche visioni e
percezioni impalpabili di tempi remoti risalenti, attraverso l'inconscio, a riti
forse vissuti, lontani nel tempo secoli o millenni.
I Simboli
Le notti del Giovedì e del Venerdì Santo sono notti
affascinanti. "Incantesimo del Venerdì Santo", la musica di Wagner,
come d'incanto è la rievocazione della Passione e Morte del Cristo che le
Confraternite sorrentine rappresentano da secoli, recitando un dramma millenario
che coinvolge e commuove poiché ricorda un misfatto storico, il crimine più
grande dell'umanità. I confratelli interpretano con convinzione il loro ruolo;
penitenti ed attori ad un tempo, in modo profondamente laico ma convintamente
religioso, essi tendono a coinvolgere emotivamente gli spettatori, quasi a
volerli rendere responsabili delle sofferenze a cui fu sottoposto il Cristo,
anche a causa dei loro peccati, attraverso la presentazione nei termini più
drammatici e crudeli delle torture a cui fu sottoposto. La loro rappresentazione
non è dunque manifestazione esteriore di fede o di tradizione popolare ma è
interpretazione di sentimenti più importanti che emergono dal profondo
dell'animo e si inoltrano nell'ignoto come ignoti sono gli stessi incappucciati.
Essi, negando il loro volto ed annullando la propria identità, esprimono
impassibilità ed emozioni, convinzioni e dubbi, fede e tradizione, sovente
un'ansia che anela nel segreto a ritrovare una libertà interiore perduta, a
rafforzare una fede sopita, ad espiare errori attraverso un sacrificio, ancorché
minimo, nel portare una fiaccola, un simbolo della Passione, una statua o una
croce leggera, molto più leggera di quella del Cristo.
Il significato
Le processioni della Settimana Santa sono dunque una sincera
ed accorata espressione di fede religiosa e di pentimento, non un avvenimento di
folklore locale dettato solamente dalla tradizione o, peggio, da effimere
esigenze turistiche, poiché, se così fosse, esse sarebbero già estinte da
tempo come è avvenuto per altre manifestazioni. I sostenitori di queste tesi, e
ve ne sono anche tra il clero, con un esame più approfondito potrebbero
sicuramente convincersene. Quanti fratelli non assidui nel frequentare le
funzioni religiose colgono queste occasioni per entrare nella loro Chiesa o
nella Congrega e partecipare da ignoti penitenti, magari passando sommessamente
dalla porta laterale o da quella piccola "sotto il campanile",
complice un saio ed un cappuccio senza nome. Quanti giovani, lasciando gli
abituali impegni e gli svaghi, trascorrono nei mesi precedenti la Settimana
Santa intere serate in faticosi preparativi, in pazienti lavori per preparare il
vestiario, per lucidare i lampioni, per concertare i canti; e per alcuni di loro
tutto ciò è anche occasione per restare lontano dalle insidie della odierna
società. La nostra religione è fatta anche di testimonianze, e di segni, e
tali sono le nostre processioni, segni tangibili di fede, senza dubbio positivi
anche se velati da residui sedimenti di orgogli e vanità personali e
collettivi, da cui sarebbe auspicabile liberarsi. Esse non appartengono
solamente alle confraternite che le organizzano o agli incappucciati che le
interpretano; sono patrimonio di tutti e vengono intensamente vissute da tutti,
penitenti e fedeli, attori e spettatori. Chi assiste ai bordi delle strade al
lento passare dei confratelli dal volto coperto vive e partecipa in eguale
misura alla rappresentazione del dramma. Attori e spettatori, tutti in ogni caso
penitenti, restano immersi in lunghi e religiosi silenzi confermati dal fruscio
dei sai, de passi lenti e cadenzati degli incappucciati, dall'incedere
frettoloso dei maestri di cerimonia, in uno scenario spesso particolare e
suggestivo reso più drammatico dalla luna che, correndo tra nuvole grevi, ora
disegna ed ora cancella tremolanti e fantastiche ombre sul selciato luccicante
per la pioggia o l'umidità della notte. Mitiche immagini senza tempo.
Estratto dal libro di Bruno Balsamo - "La
Confraternita del Pio Monte dei Santi Prisco e Agnello in Sant'Agnello"
1994 - edito dalla stessa Confraternita.
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