I Sepolcri

Ampio e nobilissimo carme che il Foscolo compose nel 1806.

In esso la meditazione austera sul dramma della morte e della vita, sfocia in una nobile esaltazione dei più alti valori umani, per mezzo dei quali la limitata e breve esistenza dell'individuo si prolunga indefinitamente nel tempo. Con la ragione il Foscolo accoglie la filosofia del materialismo e nega la sopravvivenza dell'anima oltre la morte; ma queste desolate conclusioni contrasta il sentimento, che, nella sua ansia d’infinito e d’eterno, vuol coltivare l’illusione che i più cari affetti, come l'amicizia e l'amore, continuino ad unire gli estinti ai vivi ("corrispondenza d'amorosi sensi") oltre la breve parentesi della vita. Non muore completamente chi continua a vivere nella memoria e nel cuore di chi l'ha amato, ed il sepolcro è la testimonianza di questo prolungarsi di un affettuoso colloquio, che dura oltre la morte.

Soprattutto gli spiriti grandi, gli uomini magnanimi, vivono nel ricordo dei posteri, che ne tramandano gli esempi di generazione in generazione, e dalle loro tombe illacrimate, un messaggio ammonitore incita nei secoli a coltivare le antiche tradizioni, ad emulare e a rinnovare le gesta gloriose.
Ed anche quando il tempo, avrà distrutto le tombe, anche allora l'immortalità degli eroi sarà assicurata dalla poesia, che ne tramanda il ricordo, li eternerà e ne canterà gli ideali, vincendo così definitivamente il silenzio dei secoli, e le tenebre della morte e del nulla.

Questi pensieri sono espressi nel grande carme per mezzo di immagini grandiose e suggestive, con l'evocazione di nobili figure storiche e mitiche, in una forma austera e solenne, ma insieme vibrante di una malinconia ardente e appassionata: tutto ciò dà a "I Sepolcri" l'intonazione di un severo canto religioso, vera epopea dell'uomo che insorge contro il proprio tragico destino di annullamento