Progetti e studi di architettura

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MERCATI

 

I mercati a Roma

L'idea del mercato come edificio costruttivamente definito e funzionalmente non equivocabile é da ritenersi propriamente romana ed é situabile nel primo quarto del II sec. a.C., cioè in età abbastanza tarda. Nel 179 a.C. si costruiva in Roma il primo edificio destinato a concentrate tutti i mercati cittadini sul luogo stesso ove, nel 210 a.C., era stato distrutto dal fuoco il forum piscarium. Il nuovo edificio fu designato con il nome di macellum, passato oggi a indicare specificatamente il mattatoio. Il primo macellum, demolito probabilmente dopo un secolo e mezzo di funzionamento, fu sostituito, in epoca augustea, dal Macellum Liviae costruito sull'Esquilino, al quale si aggiunsero, sorto Nerone (54-68) il Macellum magnum edificato sul Celio, e sorto Traiano (97-117) i mercati traianei presso il Foro.
Dall'Urbe i macella, modulari sul medesimo tipo, sciamarono nelle provincie, fin nei municipi più lontani: dal mercato coperto di Pompei e da quello di Alatri a quelli di Rimini e di Isernia, dal mercato di Eclano a quelli di Corfinio e di Mantinea in Grecia, dal grandioso macellum di Pozzuoli noto come Tempio di Serapide ai mercati africani di Leptis Magna e di Thamugadi (Timgad).
I più antichi mercati romani possono ricondursi ad un unico tipo edilizio: un quadriportico rettangolare, sotto il quale si allineano le tabernae, che include uno spazio scoperto - una sorta di piazza interna - in mezzo alla quale, alla maniera greca, sorge, con carattere sacrale, la tholos macelli o l'ara sacrificale o anche, come nell'augusteo macellum Liviae, una semplice fontana.
A questo tipo appartiene il mercato coperto di Pompei del I secolo; esso si sviluppa nell'angolo nord-est del foro, dal quale si apre l'accesso principale, altri due ingressi secondari e non simmetrici si aprono nel muro d'ambito meridionale e in quello settentrionale. Il recinto, rettangolare, non é porticato e include un'area scoperta in mezzo alla quale, da un crepidoma dodecagonale, si alzano i dodici piedistalli delle colonne che reggevano una copertura, probabilmente displuviata, a formare una sorta di edicola di carattere certamente sacro, eretta in luogo della tholos tradizionale. Due grandi ambienti destinati al culto si aprono sul lato orientale, nel quale è pure ricavata la pescheria denunziata dai banchi inclinati. Sugli altri tre lati si allineano le botteghe, aperte verso l'interno quelle del lato Sud, verso l'esterno quelle dei lari settentrionale e occidentale, allo scopo di evitare una eccessiva insolazione nociva alla conservazione delle derrate. Le pareri erano riccamente decorate da pitture in parte mitiche in parte realisticamente allusive alle merci esposte. Di tutt'altro, e probabilmente singolare, tipo i mercati traianei, costruiti alle pendici del Quirinale e confinanti con il foro di Traiano. La necessità di assembrare un notevolissimo numero di botteghe, di ambulacri e ambienti diversi e, perfino, una basilica, in uno spazio relativamente ristretto e in luogo scosceso dovette porre particolarissimi problemi che, con l'adozione della grande esedra e con il magistrale uso degli archi laterizi e delle volte di conglomerato furono superbamente risolti.
Anche nel mondo romano le botteghe, che nel mercato si organizzano in forma associata, hanno una più varia e vasta vita indipendente lungo le vie, al piano terreno delle case, e dovettero essere particolarmente numerose nei grandi centri commerciali del mondo antico, a Rodi, a Delo, a Corinto, oltre che in città minori ma vivacissime come Ostia, Pompei, Pozzuoli, e - naturalmente - in Roma, in Alessandria, in Antiochia sull'Oronte i cui empori commerciali sono ricordati da Libanio per il loro splendore. Gli scavi di Pompei e di Ostia e quelli dei mercati traianei in Roma hanno restituito gli elementi della bottega romana: taberna, probabilmente dal termine tabula indicante il banco di vendita.
Il tipo più comune comprende un piccolo locale a terreno largamente aperto sulla via e un ammezzato superiore al quale si accede per una scala di legno, dall'ammezzato sporge un balcone o una pergola con funzione di protezione dalle intemperie. Il banco - di legno, ma più spesso in muratura - si svolge in pianta ad angolo retto, in modo che un lato fronteggi la via e, fornito di speciali gradini, serva per l'esposizione della merce, e l'altro si inoltri nello spazio interno e serva per la vendita. É una disposizione che si protrarrà nel medioevo. I banchi delle cauponae (osterie) e quelli dei thermopclii (mescite di bevande calde) dispongono di dolia fittili immurati e di fornelli. L'apertura della bottega sulla via é generalmente - almeno a Pompei - nuda di stipiti architettonici ma spesso adorna di pitture allusive, più raramente di rilievi, detti insignia.
Della suppellettile interna si ha sufficiente notizia da vari indizi e particolarmente dalle pitture pompeiane, ora al Museo di Napoli, riproducenti gli interni di una calzoleria e di uria farmacia. Oltre a mensole lignee assicurate a pioli immurati, si usano armadi talora finemente lavorati e decorati con finiture di bronzo.
La chiusura esterna era assicurata da un barrente girevole che, non occupando l'intero vano, si saldava a una sede di assi verticali che si collocavano in apposite scanalature praticate nella soglia e nell'architrave e, infine, si agganciavano reciprocamente all'interno, mentre all'esterno erano garantite da sbarre metalliche: una solida corazzatura che giustifica l'espressione di Giovenale quando parla di "catenatae tabernae".