Non
c'é limite al peggio: scuole senza risorse e
disparità retributiva per i dirigenti (privi di
poteri)
Editoriale
n. 64 del 27 luglio 2003
di
Paolo Quintavalla
Sono
abituato, per forma mentis, a considerare che non
esiste limite al meglio e cerco di ispirarmi,
nella professione e nella vita, a principi di sano
ottimismo e a pratiche di coerente esercizio della
volontà. Devo ammettere, tuttavia, che questo
orientamento negli ultimi anni ha ricevuto dure
smentite dall'esperienza e, almeno per quanto
riguarda la mia attività di dirigente nella
scuola autonoma, sono costretto a riconoscere,
purtroppo, che non c'é limite al peggio.
Sono
tre, sostanzialmente, i macroproblemi aperti e non
risolti che contribuiscono ad aggravare le
condizioni già disastrate della scuola italiana e
l'esercizio della professionalità dei suoi
dirigenti:
-
l'estrema
povertà di risorse finanziarie con cui sono
costrette ad operare le scuole che rende per
molti aspetti virtuale l'esercizio
dell'autonomia in primo luogo per coloro che
sono chiamati a garantirne un efficace governo
-
la
riduzione delle prerogative e dei reali poteri
dei Capi d'Istituto ratificata anche
all'interno del recente Contratto Scuola che
rischia di rendere virtuale l'esercizio della
dirigenza o, comunque, di depotenziarne
radicalmente l'espressione
-
il
mancato riconoscimento sociale ed economico
dei dirigenti scolastici che vivono la
frustrante attesa di un allineamento
retributivo promesso e non mantenuto da
due Governi che li confina in un ingiusto
stato di minorità rispetto a tutti gli altri
dirigenti pubblici italiani.
Le
risorse assegnate alle scuole, mai così in basso.
Quest'anno
sul bilancio d'Istituto si sono abbattute una
serie di novità, tutte di segno negativo, al
punto che il Programma Annuale ne esce
completamente stravolto, quasi massacrato:
-
ad
ottobre 2002 avanzato viene comunicato ai D.S.
che
la dotazione ministeriale ordinaria per il
2003 é decurtata del 20% rispetto all'anno
precedente. Nel caso del 3° Circolo di Parma
il salasso è di 3.200 euro (da 16.100 a
12.900 euro) e in una situazione già
critica in cui
occorrono almeno 25.000 euro per garantire il
funzionamento minimo essenziale della
struttura solo sul piano amministrativo.
-
il
29 novembre 2002 il decreto Tremonti congela
sine die una buona parte di questi fondi già
esigui
-
ai
primi di luglio 2003 ci viene comunicato
dall'Ufficio Scolastico Regionale che il
finanziamento ordinario, già largamente
misero e insufficiente anche rispetto alle
più elementari esigenze, viene ulteriormente ridotto del
14%. Un altro salasso di 1.800 euro! E non era
mai accaduto che i bilanci fossero decurtati
durante il corso dell'esercizio finanziario.
-
Resterebbero
virtualmente 11.100 euro per le esigenze di un
anno intero di una comunità scolastica
composta da 900 alunni, 42 classi, 80 docenti
e 25 ATA
-
Resterebbero
11.100 euro... se a complicare ulteriormente
le cose non ci si mettesse anche la TARSU.
Siamo costretti a pagare prima 5.000 euro (di
competenza del Ministero) e poi altri 1.700
(di competenza teorica del Comune) per la
tassa sui rifiuti solidi urbani che il Comune
di Parma si rifiuta di pagare. Restano, di
fatto 4.400 euro
-
Resterebbero.4.400
euro... se a complicare ulteriormente le cose
non ci si mettesse anche il Collegio dei
Revisori dei Conti. Nessuno ha ancora
stabilito un apposito capitolo di bilancio per
i loro compensi e i rimborsi delle spese.
Siamo, quindi, costretti ad anticipare 3.000
euro per un organismo che viene a verificare
un bilancio più virtuale che reale, di fatto
inesistente.
-
Abbiamo
a disposizione (teoricamente) 1.400 euro per
l'intero 2003 e con
questa mirabile cifra dovremmo esercitare una
presunta funzione di presidi manager,
strombazzata ai quattro venti proprio da
coloro che ci tengono così miseramente a
stecca.
-
Può
essere utile aggiungere una riflessione sul
fatto che per il secondo anno consecutivo da
quando è stato introdotto il Programma
Annuale in sostituzione del tradizionale
Bilancio di Istituto di fatto tale documento
contabile è stato approvato oltre la metà
dell'anno scolastico (per i ritardi del MIUR e
non per responsabilità delle scuole) e non entro metà
ottobre, come previsto per norma di legge. In queste condizioni
ogni elementare esigenza di programmazione
economico-finanziaria delle attività viene resa complicata o,
addirittura, vana.
Ho voluto
riportare l'esempio personale in quanto,
probabilmente, rappresenta un caso limite. Ma so
per certo che i dati relativi ai bilanci degli
altri Istituti della provincia di Parma e di
tutta Italia non si scostano di molto rispetto a
quelli citati. In sintesi: abbiamo quattro soldi e
non sappiamo se e quando li potremo spendere. Si tratta di dati crudi e
incredibili che riflettono in modo impietoso e
ingiusto la scarsa considerazione che, di fatto,
al di là di incoerenti ed ipocrite affermazioni
di principio, la classe politica di governo rivolge alla
scuola. E' evidente che, in queste condizioni
umilianti ed estreme per gli operatori scolastici,
l'autonomia é destinata a restare una parola
vuota di contenuto.
Dirigenti
scolastici privi di poteri.
I dirigenti che
hanno seguito le trattative
per il rinnovo del Contratto Scuola hanno
assistito prima con incredula apprensione poi con
delusione e costernato sconforto al colpo di mano
dei sindacati dei docenti nei nostri confronti. Non
si poteva immaginare un segnale di direzione
peggiore: un contratto aperto dall'esplicita
intenzione della parte pubblica di voler
potenziare le prerogative dirigenziali si é
concluso con una chiara affermazione della
parte sindacale privata e con una evidente
diminuzione o depotenziamento dei nostri poteri.
Paradossalmente è stato sottoscritto un
pessimo contratto contro i reali interessi
della scuola e contro i suoi dirigenti.
Sbaglia
gravemente il segretario nazionale della Cgil
Scuola, Enrico Panini, quando sostiene che in
questo modo è stata affermata la centralità del
Collegio dei Docenti ed è stata sconfitta la
pulsione al "comando" dei dirigenti
scolastici. Io non conosco Capi d'Istituto mossi
da intenzioni autoritarie ma colleghi responsabili
di risultato unicamente preoccupati di garantire
nel modo più funzionale il necessario governo
delle scuole autonome. Allo stesso modo non
conosco Collegi dei Docenti in grado, per magia,
di autogovernarsi né altre categorie in cui i
dipendenti possano decidere le prerogative dei
dirigenti o, al limite, se lavorare o meno. A
rischio di deludere gli ostinati nostalgici del
sessantotto e i nipotini di Lenin affermo a chiare
lettere che il depotenziamento delle funzioni
dirigenziali non ha mai portato né mai porterà
ad una maggiore efficienza o ad una maggiore
efficacia in una qualsiasi struttura.
Si tratta,
tuttavia, di un problema aperto che dovrà trovare
comunque nella puntuale applicazione del nuovo
Contratto scuola un punto di sintesi e di
equilibrio nell'interesse generale della scuola ma
che richiederà ai dirigenti scolastici nuovi
sforzi, ulteriori impegni e non pochi inediti
sacrifici.
L'ingiusta
disparità retributiva tra dirigenti.
I dirigenti
devono organizzare le attività nelle scuole
autonome con pochissime risorse economiche e potendo contare
su pochi poteri. A questi limiti strutturali e
normativi, tuttavia, si aggiunge anche l'aspetto
non secondario di una vistosa ingiustizia
retributiva. Siamo collocati chiaramente nella
serie C della dirigenza pubblica. Pur percependo
uno stipendio tabellare identico a quello dei
dirigenti di seconda fascia dell'Area I scontiamo
rispetto ai dirigenti amministrativi, agli ex
Provveditori e agli Ispettori un
differenziale sullo stipendio di posizione che va
dai 15.000 ai 23.000 euro. Soltanto i
colleghi D.S. che hanno la
fortuna di lavorare in una scuola della Provincia
di Trento non hanno da lamentarsi per questo
scarto, visto che l'hanno colmato attraverso l'ultimo
contratto integrativo.
Ovviamente una
condizione così palesemente ingiusta e frustrante
chiama in causa precise responsabilità.
Nessun'altra dirigenza pubblica è stata investita
di tanti aspetti passivi in termini di doveri,
impegni e responsabilità e nessuna è così
misconosciuta e mortificata come la nostra sul
piano degli aspetti attivi (cioè di una
retribuzione coerente con la funzione esercitata).
Può definirsi equa un'Amministrazione che
discrimina in modo così spudorato una parte dei
suoi dirigenti, ai quali tra l'altro non manca di
avanzare richieste su richieste a livelli esponenziali? Eppure attendiamo
da anni che questa palese ingiustizia sia
riparata. Due Governi hanno solennemente promesso
alla nostra categoria l'allineamento retributivo e siamo ancora in
attesa, con un bel pugno di mosche. Se torniamo a
leggere la lettera
del 30 aprile 2001 con la quale l'attuale
Esecutivo si impegnava a trovare adeguate
soluzioni ai problemi aperti riscontriamo queste
precise affermazioni:
-
"Abbiamo
sempre sostenuto la necessità di introdurre
un'autonomia non solo di facciata, ma sorretta
da efficaci strumenti di gestione "
-
sarà
garantito "un equilibrato rapporto fra
la dirigenza delle scuole e gli organi
collegiali, che eviti ogni deriva assembleare
ed ogni pletorica ed inutile moltiplicazione
di sedi di sterile dibattito".E
ancora: "Coerentemente con tale idea
di scuola, abbiamo sempre sostenuto l'esigenza
imprescindibile che alla sua guida sia
preposto un dirigente autorevole, dotato di
tutte le prerogative necessarie per una
gestione efficace e quindi in grado di
assumere pienamente la responsabilità
effettiva del servizio"
- "L'ennesima
prova di quest'atteggiamento irresoluto e
contraddittorio (del Centrosinistra: ndr) e'
venuta dalla vicenda del primo contratto dei
dirigenti della scuola al quale si sono volute
negare le risorse finanziarie indispensabili
per garantire una retribuzione ed una dignità
professionale corrispondenti agli obiettivi
dichiarati. Per parte nostra sosteniamo invece
la necessità di prevedere all'interno del
contratto istituti normativi interamente
dirigenziali, a fronte dei quali sarà compito
e dovere del Governo assicurare risorse
finanziarie di pari livello.Questo impegno noi
assumiamo formalmente fin d'ora tra quelli da
onorare nei primi cento giorni della
legislatura, prevedendo gli stanziamenti
aggiuntivi con la prossima legge di
aggiustamento del bilancio, nella misura
indicata nella Sua lettera [ ndr. si
tratta della tabella D]."
Non occorre un particolare
sforzo esegetico di traduzione del testo. Quattro
autorevoli rappresentanti nazionali dei
dipartimenti Istruzione dei partiti dell'attuale
coalizione di Governo si impegnavano
pubblicamente, "a nome del presidente
Berlusconi":
- a garantire alle scuole
autonome adeguate risorse finanziarie
- a garantire ai dirigenti
scolastici le "prerogative
necessarie" per assicurare la qualità
del servizio, dotandoli di istituti normativi
interamente dirigenziali
- a garantire l'allineamento
retributivo con le altre dirigenze pubbliche
A distanza di quasi due anni e
mezzo dobbiamo prendere atto che non solo nessuna
delle tre promesse (autonomia vera, dirigenza
piena e allineamento retributivo) è stata
mantenuta ma la situazione si è ulteriormente
aggravata. I finanziamenti alle scuole non solo
non sono aumentati ma si sono addirittura
dimezzati, come abbiamo verificato. I poteri dei
dirigenti non solo non si sono rafforzati ma sono
stati addirittura indeboliti, come abbiamo
verificato nell'esito infausto del recente
Contratto Scuola. Sul promesso allineamento
retributivo la partita è ancora aperta ma resta
il fatto che, nella migliore delle ipotesi,
conseguiremo tale meta con quattro anni di ritardo
alla fine del secondo contratto quando ci spettava
di diritto all'interno del primo .
Le prospettive
Purtroppo
dobbiamo prendere atto che non esiste limite al
peggio. E le prospettive, francamente, non sono
confortanti. Ci stiamo avvicinando al termine del
primo biennio economico del secondo contratto e lo
stesso Governo che aveva promesso mari e monti
alla nostra categoria non ha ancora messo sul
piatto nemmeno un euro. Tutto appare fermo,
bloccato sugli incomprensibili bizantinismi di una
pessima politica sindacale. Sembra di assistere ad
un nuovo film girato con
un vecchio copione. Le trattative non
possono nemmeno iniziare se non si definiscono
preliminarmente le aree dirigenziali e siamo
ancora incagliati sugli scogli di queste premesse.
Su questo tema, come è noto, le divergenze fra le
forze sindacali sono nette e radicali: i sindacati
confederali e lo Snals puntano al mantenimento sic
et simpliciter dell'Area V mentre l'ANP spinge per
un riassetto delle aree che collochi la dirigenza
scolastica in un'area più vasta ed omogenea
dell'istruzione e della ricerca (cfr: Primo:
uscire dall'area V - Editoriale n. 56 del
27 dicembre 2002). E' evidente che anche il
preliminare Atto di Indirizzo del Governo all'ARAN,
documento indispensabile per l'avvio delle
trattative contrattuali, in queste condizioni, non
può essere emanato. Possiamo
soltanto sperare che le forze sindacali cessino di
elidersi a vicenda sulla base di strategie
perennemente contrapposte, che la categoria abbia
uno scatto d'orgoglio e assuma piena
consapevolezza dei propri diritti e che si
sviluppi un'azione rivendicativa il più possibile
estesa e determinata.
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