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Sito telematico dedicato all'informazione, al confronto, al dibattito sui problemi connessi con il primo CONTRATTO DEI DIRIGENTI SCOLASTICI – a cura del D.S. Paolo Quintavalla  in servizio presso la Direzione Didattica 3° Circolo di Parma - In Rete dal maggio 2000 –

 

 

 

 

 

QUELLA LEZIONE CHE VIENE DA TRENTO

Editoriale n. 61 del 28 aprile 2003

di Paolo Quintavalla

I D.S. trentini, attraverso il recente Accordo Integrativo Provinciale, hanno conseguito per primi l'allineamento retributivo con le altre dirigenze. A seguito di questo livello di contrattazione, quindi, non solo il loro stipendio tabellare è uniformato al nostro per forza del CCNL Dirigenti Area V  ma il loro trattamento accessorio (di posizione e di risultato) viene integrato con un aumento variabile da un minimo di 11.000 ad un massimo di 23.000 €, raggiungendo la stessa misura attribuita agli altri dirigenti pubblici.

Si tratta di una notizia davvero molto buona e siamo i primi a compiacerci con i colleghi della provincia di Trento che potranno godere i benefici di uno stipendio assai più sostanzioso del nostro ma coerente con il loro (e, quindi, con il nostro) profilo professionale.  Ciò rientra nel loro pieno diritto e sicuramente meritano questo risultato positivo. Se consideriamo che il corrispondente stipendio accessorio derivante dal CCNL del 1° marzo 2002 e dal CCNI del 23 settembre 2002, valido per tutti gli altri dirigenti scolastici italiani, va da un minimo di 4.000 ad un massimo di 7.000 € ci possiamo rendere conto della corposa differenza.  Prendiamo atto con sincera soddisfazione, quindi, che i dirigenti scolastici trentini percepiscono giustamente lo stesso stipendio complessivo degli altri dirigenti pubblici di Trento e d'Italia. Prendiamo atto, tuttavia, che i colleghi trentini percepiscono uno stipendio accessorio superiore almeno tre volte rispetto al nostro. Ma, per converso, prendiamo atto con sincera quanto legittima insoddisfazione che noi, cioè tutti gli altri dirigenti scolastici italiani, per lo svolgimento della stessa funzione dirigenziale e con un contratto identico che prevede gli stessi istituti normativi, percepiamo uno stipendio accessorio per ben tre volte inferiore (tradotto in vecchie lire dai 14 ai 30 milioni lordi in meno).

A questo punto occorre chiedersi: "E' un caso che ciò sia accaduto?". Visto che escludiamo questa possibilità aleatoria dobbiamo interrogarci sulle ragioni di questo innegabile successo. La mia tesi consiste semplicemente nel fatto che a Trento, non si sono verificate  "le troppe anomalie" (Cfr: Editoriale n. 35 del 6 ottobre 2001), riscontrate a Roma durante le lunghe e travagliate trattative contrattuali del 2000 e 2001, che avevano impedito di condurre al pieno successo il nostro primo contratto nazionale. Per comodità dei lettori riassumo queste anomalie: 

1.  La scelta sbagliata della collocazione della nostra categoria nella V Area della dirigenza (Cfr: Editoriale n. 35)

2.  Il verificarsi di due clamorosi voltafaccia (28 marzo e 29 settembre 2001) da parte di due Esecutivi di opposto colore politico. (Cfr: Editoriale n. 35)

3.  La rappresentanza sindacale dei DD.SS. al tavolo contrattuale spaccata a metà e profondamente divisa nelle strategie di fondo. (Cfr: Editoriale n. 36 del 15 dicembre 2001)

4.  Il condizionamento costante della presenza nel retroscena di un “convitato di pietra”: il contratto dei docenti. (Cfr: Editoriale n. 37 del 21 dicembre 2001)

5.  L’esistenza, in sostanza, non di una ma di due controparti di fronte alla categoria. Una parte dello schieramento sindacale, infatti, ha rubato il mestiere al Governo e si è chiaramente opposta alle ipotesi di allineamento retributivo propugnata dall’altra parte. (Cfr:Editoriale n. 38 del 29 dicembre 2001)

Come è accaduto che a Trento abbiano superato l'evidente svantaggio della collocazione nell'Area V? Come è accaduto che i colleghi di Trento abbiano conseguito, nel primo contratto e non rimandato al secondo, l'allineamento retributivo con i dirigenti dell'Area I? Si tratta, per inciso, di un vantaggio non indifferente. Tradotto nel quadriennio di vigenza contrattuale si può quantificare in una somma da percepire che va dai 50 ai 100 milioni lordi di vecchie lire pro-capite. Come è accaduto che la parte datoriale pubblica trentina sia stata coerente con l'istanza e il principio elementari dell'allineamento retributivo proclamati in tanti atti di indirizzo nazionali, invece sempre disattesi?

Scartiamo l'ipotesi che a Trento abbia operato una sorta di improbabile angelo custode dei D.S. e che a Roma, al contrario, si siano sfrenati i sortilegi di un folletto malefico sul nostro CCNL. Consideriamo, invece, la differenza di rilievo. A Roma al tavolo delle trattative Cgil-Cisl-Uil Scuola e Snals insieme detenevano la maggioranza, raggiungendo globalmente il 52% della rappresentanza della categoria mentre l'ANP, pur essendo il Sindacato maggioritario, rappresentava il restante 48%. A Trento, invece, l'ANP rappresenta l'83% della categoria e i sindacati confederali rappresentano il restante 17% (lo Snals non raggiunge la soglia minima). Ciò ha consentito di dispiegare i seguenti vantaggi (sventando i corrispondenti pericoli):

  1. conduzione sostanzialmente unitaria delle trattative, fondata su una strategia chiara, forte e condivisa dalla categoria. Ciò ha evitato il rischio di strategie divergenti oppure opposte che si sono verificate, invece, nel corso delle trattative contrattuali nazionali e che ne hanno negativamente condizionato l'esito 

  2. assenza di divisioni all'interno delle forze sindacali. Anche volendo, le OO.SS. confederali trentine non sarebbero state in grado di imporre un contratto al ribasso e dimezzato come, invece, a Roma quelle nazionali hanno cercato di imporre, con parziale successo, durante la primavera del 2001.

  3. assenza di condizionamenti da parte della categoria dei docenti e delle OO.SS. che le rappresentano. A Trento non c'erano "convitati di pietra" al tavolo delle trattative. La contrattazione dei dirigenti è stata davvero autonoma, priva di confronti fuorvianti e di riferimenti espliciti oppure impliciti ad altre categorie.

  4. positivo atteggiamento della parte datoriale pubblica. In forza delle precedenti condizioni, alla Giunta della Provincia Autonoma di Trento sarebbe stato ben difficile opporre alle legittime e condivise richieste dei colleghi trentini risposte di chiusura o di diniego. A Roma avrebbe potuto nella primavera del 2001 il precedente Esecutivo misconoscere il principio dell'allineamento retributivo proclamato nell'atto di indirizzo se tutti i sindacati si fossero opposti fermamente al voltafaccia? Sicuramente no. Ciò è accaduto, invece, perché una metà dello schieramento sindacale è stato connivente con il Governo, rimandando l'allineamento al secondo contratto.

La lezione di Trento e l'esperienza di questi ultimi mesi ci insegnano anche altri aspetti non trascurabili. Per esempio che l'obiettivo fondamentale per la nostra categoria, cioè l'allineamento retributivo con le altre dirigenze pubbliche, era da perseguire e da conseguire nel primo contratto, come un obiettivo legittimo e possibile, come hanno conseguito con successo i colleghi di Trento. Ora possiamo verificare quanto fosse giusta  e coerente la strategia dello schieramento sindacale che rifiutava la firma in calce ad un contratto dimezzato, rivendicando l'allineamento già nel primo contratto. E, al contrario, possiamo verificare quanto fosse sbagliata e incoerente la strategia dello schieramento sindacale opposto che spingeva per rimandare l'allineamento al secondo contratto. Nella primavera del 2001 c'è chi ha imbrogliato e illuso una buona parte della nostra categoria predicando - ricordate - che si sarebbe riaperta la trattativa per il secondo contratto subito, nel gennaio 2002. Realisticamente dobbiamo prendere atto che l'allineamento retributivo riusciremo a conseguirlo nel 2005, al termine della vigenza contrattuale del secondo contratto. Non c'è, infatti, alcun Governo, né potrebbe esistere alcun Governo indipendentemente dal colore politico, che sia disponibile a riaprire i contratti e a concedere sostanziosi aumenti retributivi all'inizio di una nuova tornata contrattuale. Questi possono arrivare - se arrivano - sempre e soltanto al termine del secondo biennio economico, in prossimità della scadenza. 

E' augurabile che la nostra categoria sappia fare tesoro della chiara lezione che viene da Trento. In primo luogo l'esperienza dovrebbe servire a non ripetere nel secondo contratto gli errori che hanno connotato disgraziatamente il primo. In secondo luogo questa stessa esperienza di questi ultimi tre anni dovrebbe portare la maggior parte dei D.S. a identificare senza esitazioni gli interessi fondamentali e il soggetto collettivo che ha dimostrato di saperli rappresentare e tutelare. Ma, evidentemente, il sindacato dei dirigenti scolastici è uno strumento che può essere più o meno forte: dipende dalla presenza di una strategia unitaria, dall'assenza di divisioni sugli obiettivi strategici di fondo, dalla determinazione e dalla coerenza con cui i D.S. sostengono le rivendicazioni la possibilità di conseguire risultati avanzati, come hanno dimostrato di saper conseguire i colleghi di Trento.

 

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