Primo: uscire
dall'area V
Editoriale n. 56
del 27 dicembre 2002
di Paolo
Quintavalla
Nei giorni
scorsi ho partecipato a Parma ad un'assemblea
sindacale indetta da Cgil-Cisl-Uil e Snals per
mobilitare i dirigenti scolastici in vista del
rinnovo contrattuale. Mi è sembrato, per effetto
di una perversa macchina del tempo, di tornare
indietro di tre anni. Anche allora, come ora, al
tavolo della presidenza e dei relatori sedevano
tre segretari provinciali dei rispettivi
sindacati, tutti e tre docenti, mentre i dirigenti
sedevano nella parte riservata al pubblico. E già
ci sarebbe da riflettere su questa vistosa e
reiterata anomalia. Sarebbe normale in un altro
settore - che so, la sanità - che a condurre le
assemblee dei primari ospedalieri e ad orientare
le loro rivendicazioni fossero i medici generici o
gli infermieri? Sarebbe normale che nell'industria
a presiedere gli incontri sindacali dei manager
fossero i rappresentanti degli impiegati o degli
operai? No, sarebbe decisamente anormale e,
infatti, non potrebbe accadere perché in tutti
gli altri comparti le rappresentanze sindacali dei
dirigenti e dei dipendenti sono specifiche,
separate e danno vita legittimamente a
contrattazioni autonome, in tempi diversi e
secondo logiche diverse. Prendiamo atto, quindi,
che la scuola costituisce, da questo punto di
vista, una evidente quanto unica eccezione nel
variegato panorama sindacale ma chiediamoci
almeno, visto che apparteniamo all'area dei
dirigenti e non dei dipendenti, se questa
atipicità rappresenta un limite oppure un
vantaggio, un'opportunità oppure una palla al
piede. E se, come credo, si riconosce che sia
un'anomalia per noi svantaggiosa, si cerchi di
essere coerenti nel rimuoverla.
Durante il
dibattito un collega D.S. ha chiesto ad un
relatore (ripeto, docente) se fosse prevista una
forma di rappresentanza diretta ed autonoma dei
dirigenti al tavolo contrattuale che li riguarda.
Risposta: se ne è parlato anche al Congresso Cgil
Scuola di Salsomaggiore di un anno fa, ma i tempi
non sono maturi e per ora nulla è cambiato. In
futuro vedremo. Si pensi un po' al rovesciamento
dei ruoli: un dirigente rivendica autonomia di
rappresentanza contrattuale e un docente risponde:
non se ne parla nemmeno. Questo episodio piccolo
rivela, comunque, che si sta riproponendo con
evidenza lo stesso schema penalizzante e lo stesso
pesante condizionamento di tre anni fa: le istanze
dei dirigenti scolastici, in campo confederale e
Snals, continueranno ad essere mediate da
sindacati che rappresentano contemporaneamente i
docenti. E questo non potrà che essere fonte di
equivoci e fraintendimenti, di riserve e di una
serie di condizionamenti impliciti. Credo che
dovremo rassegnarci a vedere ancora una volta
"il convitato di pietra" seduto al
tavolo contrattuale, così come è stato presente
dietro le quinte durante tutto il corso del primo
contratto.
Un primo
condizionamento riguarderà inevitabilmente i
tempi delle trattative. In primo luogo la chiusura
del nostro contratto sarà subordinato alla
conclusione del contratto del personale del
comparto scuola, come è già accaduto nel corso
della prima esperienza contrattuale. In secondo
luogo basta conoscere l'ABC per sapere che i
contratti si concludono inevitabilmente al termine
e mai all'inizio del periodo di vigenza
contrattuale. Le OO.SS, che nella primavera 2001
sostenevano la necessità di procrastinare
l'allineamento retributivo per i D.S. all'inizio
della nuova vigenza contrattuale e proponevano,
quindi, il conseguimento dell'obiettivo già nel
2002 mentivano, sapendo di mentire.
Un
secondo condizionamento riguarderà
inevitabilmente l'entità della rivendicazione
economica. E' significativo che tutte le OO.SS.
abbiano proclamato il solenne obiettivo
dell'allineamento retributivo con le altre
dirigenze pubbliche ma nessuna abbia ancora
quantificato la misura degli aumenti necessari per
colmare lo scarto. Con una rilevante differenza,
però: i sindacati confederali e lo Snals,
propugnando la permanenza nell'area V, si
propongono di "agganciare" le
retribuzioni dei dirigenti dell'area I e il conto
è presto fatto. Basta calcolare la differenza tra
le retribuzioni degli ex Provveditori e degli
Ispettori e le nostre. L'ANP, invece, propugnando
la costituzione di un'area dirigenziale nuova
dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca,
si propone qualcosa di più del semplice aggancio
degli altri, essendo le due figure professionali
citate già appartenenti di diritto a questa nuova
area. Si propone di armonizzare le nostre
retribuzioni con le retribuzioni medie dei
dirigenti dell'Università e della Ricerca che
sono superiori rispetto a quelle dell'area I.
Finché non vengono ridefinite le aree
dirigenziali e la nostra collocazione, tuttavia,
non è possibile quantificare alcuna plausibile
rivendicazione retributiva. Non sono pochi, però,
coloro che temono che la nostra categoria possa
essere penalizzata, ancora una volta, nelle sue
legittime istanze dal confronto implicito, sia
pure fuorviante, con le retribuzioni del personale
del comparto scuola. Ricordo che tre anni fa,
durante un'assemblea sindacale per dirigenti, un
docente, segretario provinciale di un sindacato
confederale della scuola, che conduceva l'incontro
rispose ad un dirigente che rivendicava e
quantificava in 25 milioni di lire lordi annui lo
scarto da colmare per conseguire l'allineamento
retributivo con le altre dirigenze pubbliche:
"Ma voi chiedete la luna!". Pochi
mesi dopo lo scarto retributivo era aumentato di
altri 8 milioni e l'esito del primo contratto ci
ha consentito soltanto un recupero parziale. Non
dobbiamo assolutamente, se vogliamo diventare
maggiorenni come categoria, lasciarci imprigionare
nella stessa logica del riferimento implicito alle
retribuzioni dei docenti. Per i dirigenti il
riferimento esplicito deve essere, sempre e
comunque, alle retribuzioni delle dirigenze
omologhe.
Ora
si è aperta, comunque, una nuova fase e sono convinto
che non si debbano commettere gli errori del primo contratto, a partire dalla
collocazione nell’area dirigenziale. Se tre anni
fa fosse
stata accolta la proposta dell’ANP e fossimo
stati collocati nell’area I avremmo conseguito
l’allineamento retributivo in modo automatico ed
ora tutti avremmo in tasca, mediamente, circa
8.000/10.000 € all’anno in più. E senza alcuna
conseguenza sulla nostra presunta specificità, se
si considera che il contratto della dirigenza
dell’area V è ritagliato sul piano normativo,
quasi come una fotocopia, sul contratto della
dirigenza dell’area I. Bel risultato, invece, abbiamo
conseguito nel nostro splendido isolamento
dell’area V (legata, tra l’altro, con un
cordone ombelicale implicito con il comparto
scuola): siamo pari grado con gli ex Provveditori
e con gli Ispettori, condividiamo con loro una
dirigenza di carattere amministrativo comune, caratterizzata
per contratto dagli stessi istituti giuridici
ma… percepiamo una retribuzione sensibilmente
inferiore, pur avendo responsabilità (ad esempio,
quella derivante dall’equiparazione ai datori di
lavoro) molto superiori. E questo semplicemente
perché abbiamo la sfortuna di non essere
collocati, come logica vorrebbe, in un’area
dirigenziale comune!
Ora
ci troviamo allo stesso punto
pregiudiziale per le sorti della nostra categoria
in cui ci siamo trovati tre anni fa: decidere in
quale area dirigenziale essere collocati. In
questo caso le scelte non sono indifferenti
rispetto alle prospettive di riconoscimento
economico e di sviluppo e di consolidamento della
dirigenza scolastica. Rimanere confinati da soli
nel ghetto della quinta area, nella debole e
scomoda posizione degli ultimi arrivati, ci
porrebbe nelle
condizioni di una rincorsa permanente e i nostri
contratti, sotto le "ali protettrici"
dei sindacati dei docenti, sarebbero, inevitabilmente, la
ripetizione del primo. Una diversa collocazione
nel settore della Formazione, in raccordo con altre dirigenze omogenee ed affini, come quelle
dei settori dell’Università e della Ricerca,
offrirebbe sicuramente maggiori opportunità in
quanto quelle dirigenze non solo sono consolidate
ma godono da tempo di posizioni retributive ben
superiori che potremmo legittimamente agganciare.
Io sono
convinto che coloro che optano per il mantenimento
della V area perseguano in modo consapevole oppure
inconsapevole una prospettiva di dirigenza debole,
fondata su una presunta specificità,
inevitabilmente “atipica” anche sul piano del
trattamento economico. Non mi sembra un
caso che a propugnare questa ipotesi siano
le stesse OO.SS. del comparto scuola che
rappresentano anche gli interessi dei docenti,
quelle stesse che nel primo contratto spingevano,
inequivocabilmente, per il ribasso retributivo. E
non ho dubbi sul fatto che una prospettiva di
dirigenza debole e solo di facciata, priva di reali poteri e
strumenti, ci esponga come dirigenti nelle scuole al rischio
di una strutturale inefficacia. Potremmo
ritrovarci tutti con una bella patacca di latta da appuntare
sul petto, inservibile ed inefficace nell'ambito
di un'autonomia anch'essa virtuale e priva di risorse,
nella pratica impossibilità di perseguire in
modo funzionale le finalità istituzionali del
servizio nelle
scuole autonome.
Per
avviare proficuamente e con valide prospettive di
sviluppo per la nostra categoria il secondo
contratto non ho dubbi che si debba effettuare la
scelta preliminare giusta: uscire dall'area V!
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