|
|
Usi e costumi: il ciclo della Pasqua
di Paolo Cassone – Foto
d’epoca
Ø
Il lavoro e i frutti
della terra |
La settimana
Santa concludeva un tempo, nel nostro paese, il ciclo di predicazione che
iniziava il mercoledì delle ceneri e
che era tenuto da una “padre quaresimalista” appositamente chiamato.
C’era in particolare un ciclo di prediche in preparazione alla Pasqua per le
giovani, per le famiglie e per gli uomini. La
preparazione e l’addobbo dei sepolcri nelle chiese era ed è motivo di competizione tra la gente
dei vari quartieri. Ogni chiesa cerca di adornarlo nel migliore dei modi.
Venivano spiate le iniziative delle chiese rivali. Con la Messa in Coena
Domini vengono legate le campane che cedono il compito alla “Troccoula”,
fino alla messa di Resurrezione. A tutte le
processioni della Settimana Santa partecipano le confraternite. A seconda
della Chiesa in cui si svolgevano, erano quella di S Sebastiano per i riti
dell’Hecce Homo, del Sabato Santo
e “do n’contro” e quella di S.
Antonio per i riti del Venerdì.
Caratteristici e sontuosi i costumi composti da un saio bianco, un corpetto
ricamato in oro, una mantellina da un lato nero (mostrato durante le
processioni della passione) e dall’altro scarlatto (mostrato dopo la
resurrezione) ed un fazzoletto bianco annodato in testa alla maniera araba. Tale tradizione si è perduta negli anni cinquanta. Fu
momentaneamente ripristinata nel 1961 per la festa che fu chiamata del
“centenario” associandola alle
celebrazioni dell’unità d’Italia. Si è cercato ancora di riprendere la
tradizione negli anni novanta, ma ancora con esito negativo. I giovani non
sentono queste tradizioni, perché non ne hanno memoria e perché non hanno
avuto gli stimoli giusti per perpetuare le nostre usanze antiche. Speriamo
nei nuovi vertici della pro-loco e in quanti hanno sensibilità per perpetuare
le nostre tradizioni pasquali. Fino agli
anni trenta del secolo scorso, la “Gloria” della messa di resurrezione a
Ferla era suonata a mezzogiorno del Sabato Santo. Una caratteristica del nostro paese era la cerimonia detta
della calata da tila che si
svolgeva nella Chiesa di San Sebastiano e di Santa Maria. Consisteva nel far
dipanare un grande drappo di tela, sul quale era raffigurata la
crocifissione, esposto sull’altare maggiore delle due chiese, e nella
contemporanea salita di due Angeli che svelavano il Cristo Risorto. Si
svolgeva un’asta per accaparrarsi il privilegio di sciogliere le cordicelle
che facevano calare il telo; negli ultimi anni era appannaggio di alcuni
notabili o benestanti del paese. Al suono
della Gloria la banda musicale,
intonando la marcia reale, scendeva per il corso principale fino alla chiesa, ove le madri di
famiglia, tra il frastuono delle bombe, il suono a stormo delle campane, le
grida di evviva, offrivano il rito del crisci crisci, con grande
spavento dei bambini lanciati in aria. Il sabato
santo conclude i riti quella che oggi
è detta “sciaccariata”, ma che più propriamente va detta“a chianata do
Gesummaria”: La “vara” col Cristo Risorto, preceduta da due ali di
giovani e ragazzi recanti in mano un mazzo di “sciaccara” (arbusto
secco di “liama”) acceso dalla
parte legnosa, percorre di corsa
tutta la via sacra sino al convento dei padri cappuccini, con gravoso compito
per i portatori. Spettacolare era poi la discesa delle sciaccare che
tornavano di corsa al piano di S.Sebastiano ove venivano accatastate tutte in
un grande falò. I giovani più baldanzosi gareggiavano a saltare da una parte all’altra delle fiamme. Non
erano rari gli incidenti. La campana grande di S. Sebastiano mandava i suoi
rintocchi per tutta la notte e fino al momento “do”n’comtru” Molti
giovani baldanzosi andavano al campanile per “vutari a campana ranni” ai
cui rintocchi la fantasia popolare faceva dire “Sa unnè, mortu è”. La
chiusura della chiesa di S.Sebastiano dal 1974 ha fatto dimenticare anche
queste usanze della nostra tradizione pasquale. Prologo o
“n’contru” è il corteo che va a
prendere il Cristo Risorto. Era composto un tempo dalla confraternita preceduta dallo stendardo rosso e dal
Clero, accompagnati dalla banda musicale. Tutte le processioni della
settimana Santa erano aperte dallo stendardo adatto alla processione e pochi
attimi prima dell’incontro vero e proprio c’era l’incontro dei due stendardi.
Purtroppo da un paio d’anni, per
mancanza di portatori, gli stendardi non precedono più le processioni
pasquali. “U ‘ncontru de’ carusi” chiude i festeggiamenti
di Pasqua. Questa usanza ha preso piede negli anni 50, divenendo ora un
secondo incontro in piccolo e palestra per le nuove generazioni. |