Quando ero ragazzino, con i miei si andava sempre in vacanza al Sud e per
molti anni di seguito si ritornò più volte nello stesso posto in Cilento. Lì
c'era il vero Palatuno Secondo. In verità, il cognome non era proprio così, ma
il nome era quello: Secondo.
Era un po' più grande di me e si presentava ai
genitori dei suoi amici sempre per cognome e nome, come fosse in caserma dai
carabinieri. Suo padre e sua madre non dovevano certo brillare in fantasia: il
secondo figlio? chiamiamolo Secondo. Oltre a un fratello maggiore, aveva anche una sorella
minore: per fortuna
non si chiamava Terza, ma... Teresa! Era bruna, capelli corti e secca come
un'alice salata. Però... un anno avvenne 'o grande miracolo!!!
Primo giorno di
vacanza. Appena sceso in spiaggia, scorgo sulla mia destra a un centinaio di
metri un paio di tette e un culo da sballo. Mai vista prima in vita mia una tale
. Col mio telo da spiaggia e il mio libro di Herman Hesse, decido di sistemarmi
da quelle parti. Cammino piano, con aria indifferente. Lì, da solo in mezzo alla
gente, gli sguardi attorno mi fanno sentire un . A un tratto, lei si volta, mi
fissa, mi fa ciao... Porca puttana, ma... è Teresa! Divento rosso dagli alluci
fino alla punta dei capelli.
Con una voce da
mostruoso balbetto: «Ciao,
Teresa come stai?» «Benegraziettù?»
Cazzo se stava bene. S'era anche fatta
crescere i capelli. Una vera femmina del Sud! Ebbene, quella stessa sera ero
completamente aggrovigliato con lei, su quella stessa spiaggia, con quella
stessa sabbia
che mi entrava fin dentro le orecchie. Suo fratello Secondo aveva portato il
vino dello zio: tanto rosso da tingere i denti, minimo 16 gradi. Qualcuno
suonava la chitarra e tutti gli altri cantavano. Io ero strafatto: avevo solo 15 anni e non avevo mai bevuto roba del genere.
Era la prima volta che
baciavo. Chissà perché immaginavo che avrei dovuto sentire odore di saliva un
po' schifoso...
invece niente, solo un'indescrivibile sensazione di morbidezza. Ero un
esploratore subacqueo in visita: mi immergevo in quella caverna, la osservavo,
la studiavo. Era profonda, stretta e lunga. Denti a destra e a sinistra. Stretta
e lunga. Profonda.
Minchia, avevo il cuore che mi batteva perfino nelle
unghie...
Finalmente, fra mille contorsioni, riuscii a intrufolare una mano
nella sua t-shirt: prima con discrezione, poi con una certa invadenza. Trovai un
capezzolo e mi misi a girarci attorno, a stringerlo. Lei s'irrigidì un tantino.
Mi fermai. Lei tornò a stringermi a sé. Io mi tranquillizzai e tornai a
smanettare sul suo pirolo. Lei s'irrigidì nuovamente. Poi mi fece: «E' meglio
non giocherellare troppo coi nei...»
Cazzo, avevo beccato un neo! La mia
solita sfiga...
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