E' meglio se il suddetto Centro Culturale lo lasciamo anonimo, eh?
OK. Era
l'anno della maturità. Primavera, giornata piovosa,
tanto per cambiare. A casa, io e quel gran
di Marco. Morale da schifo, voglia di studiare sotto zero. Che cazzo facciamo?
Nel silenzio assoluto, squilla il suo telefonino. Lui schizza rapido per rispondere e
nella fretta, , quasi non gli casca per terra il nokia appena
comprato.
«Eh la madonna, -osservo io- scatti sempre sull'attenti quando chiama la
padrona?»
Infatti era un SMS di
Claudia: «Concerto al Centro Culturale. Vieni altrimenti ti taglio le
palle» Vado anch'io, sebbene non ne abbia granché voglia: meglio che
studiare, però! C'era un gruppo di sette-otto musicisti. Facevano un casino
del diavolo, una musica che avrebbe fatto cagare anche gli stitici più
incalliti... Pensai a mio padre: mi avrebbe disconosciuto come figlio, se mi avesse
saputo lì ad ascoltare quella merda. Ma io alla musica non ci pensavo
affatto. Era la prima volta che mettevo piede in un Centro Sociale e la cosa mi pareva
piuttosto interessante. Un mio piccolo, modesto studio
antropologico... A un tratto, mi viene incontro una gran figa coi
capelli cortissimi, blu come i suoi occhi e un piercing sul sopracciglio
destro. Mi piazza in mano un cannone fumante e farfuglia qualcosa. Poggio
fra le labbra quel coso molliccio e umido e prendo una boccatina timida di
fumo, sperando di non beccarmi anche qualche infezione tipo epatite A,
gastroenterite, colera o chissà che altro. La gran figa dice di
chiamarsi Laura. Ma lo dice solo perché io glielo chiedo espressamente.
Mi presento anch'io, tendendole la mano, ma la ritiro subito, pensando che
lei farebbe
a un gesto del genere, troppo formale per un luogo
come quello. Così per non passare per , le avvicino le labbra a
una guancia per darle giusto un bacio e... mi ritrovo improvvisamente
con la sua lingua in bocca che mi esplora con invadenza! Continua così
per buoni cinque minuti, poi si scolla e mi guarda fisso negli occhi. Io
sorrido. Per fortuna la musica martella a tutto spiano, perché non saprei
davvero che minchia dirle. Lei fa una smorfia da tipa tosta che mi fa
morire dal .
Per fortuna si allontana. Intanto il fumo inizia a fare il suo effetto nella
mia testa: mi sento piacevolmente rincoglionito, come quando da bambino
tiravo a fare tardi. Penso al nome di quella ragazza, Laura. Come mia
madre. Mi viene in mente la voce di mio zio di Napoli al telefono:
«Pronto, per caso ce stesse Laura?» Che cazzo di voce assurda, da
gagà!
Osservo la gente, faccio ragionamenti bellissimi, mai fatti
prima... peccato che non ho carta e penna per prenderne nota, perché perdo continuamente il
filo logico. Ho dei flash improvvisi, come dei continui risvegli in
realtà sempre più lucide e più profonde. E' fantastico, cazzo! Perché ho
aspettato tanto per decidermi a provarlo? Mi vengono vicino Marco e
Claudia. Marco dice qualcosa. Io quasi non lo ascolto, ma osservo il suo
gesticolare. Per la prima volta lo vedo davvero strano: non mi sembra più un tipo
affidabile, un amico. No,
decisamente no. Ho l'impressione che finora mi abbia soltanto usato per i
suoi porci comodi, per le versioni di Latino, scommetto...
Tornato a casa, divoro tutto come un porco affamato e vado a letto.
|