16 marzo 1998

DUE - un giorno sono andato al Centro Culturale e ho scoperto le canne

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E' meglio se il suddetto Centro Culturale lo lasciamo anonimo, eh?

OK. Era l'anno della maturità. Primavera, giornata piovosa, tanto per cambiare. A casa, io e quel gran insipido e sempre fra i piedi di Marco. Morale da schifo, voglia di studiare sotto zero. Che cazzo facciamo?
Nel silenzio assoluto, squilla il suo telefonino. Lui schizza rapido per rispondere e nella fretta, cercare disperatamente, spesso invano, di non farsi sfuggire qualcosa, quasi non gli casca per terra il nokia appena comprato.
«Eh la madonna, -osservo io- scatti sempre sull'attenti quando chiama la padrona?»
Infatti era un SMS di Claudia: «Concerto al Centro Culturale. Vieni altrimenti ti taglio le palle»
Vado anch'io, sebbene non ne abbia granché voglia: meglio che studiare, però!
C'era un gruppo di sette-otto musicisti. Facevano un casino del diavolo, una musica che avrebbe fatto cagare anche gli stitici più incalliti... Pensai a mio padre: mi avrebbe disconosciuto come figlio, se mi avesse saputo lì ad ascoltare quella merda. Ma io alla musica non ci pensavo affatto. Era la prima volta che mettevo piede in un Centro Sociale e la cosa mi pareva piuttosto interessante. Un mio piccolo, modesto studio antropologico...
A un tratto, mi viene incontro una gran figa coi capelli cortissimi, blu come i suoi occhi e un piercing sul sopracciglio destro. Mi piazza in mano un cannone fumante e farfuglia qualcosa. Poggio fra le labbra quel coso molliccio e umido e prendo una boccatina timida di fumo, sperando di non beccarmi anche qualche infezione tipo epatite A, gastroenterite, colera o chissà che altro. La gran figa dice di chiamarsi Laura. Ma lo dice solo perché io glielo chiedo espressamente. Mi presento anch'io, tendendole la mano, ma la ritiro subito, pensando che lei farebbe fare gridolin: inorridire a un gesto del genere, troppo formale per un luogo come quello. Così per non passare per persona impacciata, rigida e goffa nei movimenti e nei ragionamenti, le avvicino le labbra a una guancia per darle giusto un bacio e... mi ritrovo improvvisamente con la sua lingua in bocca che mi esplora con invadenza! Continua così per buoni cinque minuti, poi si scolla e mi guarda fisso negli occhi. Io sorrido. Per fortuna la musica martella a tutto spiano, perché non saprei davvero che minchia dirle. Lei fa una smorfia da tipa tosta che mi fa morire dal essere talmente in imbarazzo, al punto da notare perfino i rumorini che fai con le labbra o con la saliva in bocca. Per fortuna si allontana. Intanto il fumo inizia a fare il suo effetto nella mia testa: mi sento piacevolmente rincoglionito, come quando da bambino tiravo a fare tardi. Penso al nome di quella ragazza, Laura. Come mia madre. Mi viene in mente la voce di mio zio di Napoli al telefono: «Pronto, per caso ce stesse Laura?» Che cazzo di voce assurda, da gagà!
Osservo la gente, faccio ragionamenti bellissimi, mai fatti prima... peccato che non ho carta e penna per prenderne nota, perché perdo continuamente il filo logico. Ho dei flash improvvisi, come dei continui risvegli in realtà sempre più lucide e più profonde. E' fantastico, cazzo!
Perché ho aspettato tanto per decidermi a provarlo?
Mi vengono vicino Marco e Claudia. Marco dice qualcosa. Io quasi non lo ascolto, ma osservo il suo gesticolare. Per la prima volta lo vedo davvero strano: non mi sembra più un tipo affidabile, un amico. No, decisamente no. Ho l'impressione che finora mi abbia soltanto usato per i suoi porci comodi, per le versioni di Latino, scommetto...
Tornato a casa, divoro tutto come un porco affamato e vado a letto.

ZERO - sono nato l'undici settembre: brevissime note autobiografiche

UNO - la prima volta che sono riuscito a baciare una ragazza ero ubriaco fradicio

DUE - un giorno sono andato al Centro Culturale e ho scoperto le canne

TRE - viaggio in Romania

QUATTRO - come prendere le botte dai pacifisti

CINQUE - il giorno del mio compleanno

SEI - viaggio a Cuba

SETTE - riflessioni

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