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Dal Corriere della Sera del 5 novembre 2007

 

Salvatore, 65 anni, detto «il barone», ritenuto il capo di cosa nostra a Palermo

I Lo Piccolo, la carriera criminale

Catturato insieme al figlio Sandro, latitante da 9 anni. Aveva iniziato come guardaspalle del padrino Riccobono

 

PALERMO - Salvatore Lo Piccolo, 65 anni, indicato come il capo di Cosa Nostra a Palermo dopo la cattura di Bernardo Provenzano avvenuta l'11 aprile 2006, è soprannominato «il Barone» negli ambienti mafiosi. Era ricercato dal 1983 ed è stato catturarto insieme al figlio Sandro, 32 anni, latitante da nove. A carico di Salvatore Lo Piccolo pendevano otto ordinanze di custodia cautelare.

INIZIÒ COME GUARDASPALLE DI UN PADRINO - Sotto la copertura di imprenditore edile, Salvatore Lo Piccolo, a Palermo il 20 luglio 1942, aveva cominciato la sua carriera di mafioso come guardaspalle e autista del padrino di San Lorenzo, Rosario Riccobono, poi soppresso con il metodo della lupara bianca durante la guerra di mafia degli anni Ottanta. Lo Piccolo aveva fiutato l'aria e aveva cambiato schieramento, accreditandosi come fiduciario dei nuovi capi corleonesi di Cosa Nostra, Totò Riina prima e Provenzano poi. Il suo potere si era via via esteso, fino ad abbracciare una vasta prte della provincia occidentale di Palermo. Dopo l'arresto di Provenzano, la figura di Lo Piccolo, ricercato dal 1998 per omicidio e dal 2001 per associazione mafiosa, era ulteriormente emersa come il nuovo riferimento dei clan palermitani, anche in virtù delle alleanze negli Usa che il boss latitante aveva coltivato e rilanciato. Sandro Lo Piccolo, nato a Palermo il 16 febbraio 197, braccio destro del padre, era sfuggito alla cattura nel 1998 durante un blitz della polizia, che lo aveva intercettato a Mondello e da allora era ricercato.

TERRITORIO - Il territorio dei Lo Piccolo comprende non solo la parte nordoccidentale della zona metropolitana di Palermo, ma anche le famiglie dei Comuni di Capaci, Isola delle femmine, Carini, Villagrazia di Carini, Sferracavallo e Partanna-Mondello. Dopo la cattura del capomafia trapanese Vincenzo Virga, Lo Piccolo ha esteso la sua influenza anche ad alcune zone della provincia di Trapani. I Lo Piccolo restano però i «padroni» dello Zen, una vasta zona a residenza popolare alla periferia di Palermo. La storia del clan Lo Piccolo è relativamente recente: controllo degli appalti a partire dalla realizzazione degli svincoli autostradali, l'esazione sistematica di una quota per le utenze elettriche: 15 euro per non avere problemi e tenere le lampadine accese nei cubi di cemento con i muri in cartongesso dello Zen2.

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Da Repubblica 05 novembre 2007

 

IL RITRATTO. Salvatore Lo Piccolo, diventato nuovo signore di Palermo
Da killer di borgata a uomo di fiducia dei due padrini di Cosa Nostra

Una "carriera" con Riina e Provenzano
e il patto di ferro con i boss americani

di ENRICO BELLAVIA


<B>Una "carriera" con Riina e Provenzano<br>e il patto di ferro con i boss americani</B>

La foto segnaletica di salvatore Lo Piccolo

PALERMO - L'ultimo colpo al clan era stato il sequestro della più grande sala bingo a sud della città. Anche quella era di Salvatore Lo Piccolo, lontana chilometri dal suo territorio, prova tangibile di quanto fosse ormai esteso il suo dominio sulle attività economiche dell'intera Palermo: dall'edilizia ai supermercati. Cresciuto a Partanna, alla corte di Rosario Riccobono, il padrino che trescava con la politica e con le forze dell'ordine, caduto sotto l'era dei Corleonesi, Lo Piccolo è stato per anni considerato poco più di un killer di borgata.

Nel silenzio delle armi, in realtà, la sua stella è cresciuta. Dalla sua aveva a disposizione un serbatoio inesauribile di manodopera. Attingeva tra i casermoni dello Zen dove ha avuto la propria roccaforte. Lì custodiva le armi e la droga e i mezzi per le azioni che pure in questi anni sono state compiute. Ha messo la firma su delitti giudicati necessari pure durante la gestione "pacifista" di Provenzano. Servivano a risolvere conflitti, a dirimere controversie, a frenare eventuali pentimenti. Ma servivano soprattutto a consentirgli di avere la strada spianata per la successione a Provenzano. Così Salvatore Lo Piccolo, fedelissimo del superboss, di cui si professava nipote, indicato con il numero 30 nei pizzini cifrati (il 31 era il figlio Sandro), si è ritagliato spazi sempre maggiori. Con il figlio Sandro, perfetta incarnazione del gangster moderno, con una smodata passione per gli abiti firmati, Salvatore Lo Piccolo aveva in Andrea Adamo, arrestato con lui, un colonnello formidabile. Gli aveva consegnato Brancaccio, all'estrema periferia della città.
Ma è nell'asse con le famiglie americane che Lo Piccolo ha impresso alla sua carriera criminale la svolta decisiva. Sotto i Corleonesi, quei contatti sono rimasti nell'ombra. Sono ripresi in grande stile sul finire degli anni Novanta. Lo Piccolo li ha utilizzati per riprendere il traffico di droga. C'era ancora lui dietro l'accorta regia che ha nuovamente saldato mafia siciliana e mafia di New York. Era lui il fautore del ritorno delle famiglie degli scappati, i sopravvissuti alla prima guerra di mafia, riparati negli Usa, vittime dell'ostracismo dei nuovi capi, eppure detentori del know-how necessario per trafficare eroina e cocaina in tutto il mondo.

Per tutto questo, Lo Piccolo era temuto e nel 2006 un blitz della Mobile di Palermo interruppe un progetto di morte ordito da Nino Rotolo che vedeva come fumo negli occhi la santa alleanza internazionale messa in piedi dal boss. Che però regnava già incontrastato su Palermo tanto da permettersi uno stipendio mensile di 40 mila euro e di elargirne 25 mila al figlio Sandro, garantendo 11 mila euro ogni trenta giorni alle necessità della moglie. La contabilità stava nel covo di un suo braccio destro, Francesco Franzese, arrestato il 2 agosto scorso che per gli investigatori ha segnato la tappa di avvicinamento più prossima al colpo grosso.

Del resto, sotto la gestione di Lo Piccolo, Cosa nostra è tornata in attivo. Solo da un quartiere, il suo Partanna Mondello, i ragazzi del pizzo tiravano 120 mila euro al mese. Servivano per pagare le spese correnti.

A Carini, dove è stato catturato, Lo Piccolo si era trasferito da anni. E lì lo cercava il killer di Rotolo incaricato di ucciderlo, Gianni Nicchi, anche lui latitante. Nella vicina Torretta, in un ristorante riservato per l'occasione, già nel 2003 Lo Piccolo, aveva tenuto un summit per impugnare lo scettro del comando fuori dai confini della città, disegnando quale fossero i propri spazi: Palermo per intero e poi, oltre l'aeroporto, fino ad Alcamo. Dove comincia il regno di Matteo Messina Denaro, rimasto ora l'ultimo dei grandi superlatitanti.

( 5 novembre 2007 )

 

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