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"Sono a conoscenza che la Regione (la Commissione regionale, l'organismo più importante di Cosa Nostra in Sicilia, nda) è attualmente formata da Salvatore Riina e Bernardo Provenzano, da Giuseppe Madonia, da Angelo Barbero da Catania e da Benedetto Santapaola. Il numero uno è sicuramente Totò Riina e subito dopo viene Giuseppe Madonia. Questi due membri della Regione mi sono stati anche indicati come Rappresentanti Mondiali a Palermo, nel senso che vi è un altro organismo più in alto che comanda tutte le famiglie di Cosa Nostra sparse nel mondo...". Così il 30 giugno del 1992 il pentito Leonardo Messina rivela ad un pool di magistrati la struttura e gli uomini di Cosa Nostra. Un organismo aggiornato che consente l'operazione Leopardo, con l'arresto di centinaia di mafiosi, e contribuisce alla cattura di Madonia e infine di Riina. Oggi a capo di Cosa Nostra ci sarebbe Bernardo Provenzano che molti credevano morto. S'è rifatto vivo dopo l'arresto di Riina con una lettera inviata al presidente del Tribunale di Palermo. Fotografie vecchie di 30 anni lo descrivono come un tipo biondo e tarchiato. Nessuno da allora lo ha più visto, ma tutti i pentiti sono concordi nel definirlo una belva assetata di sangue, proprio come Riina, del quale è stato compagno di giochi e di nefandezze. La sua morte era stata data per certa nell'aprile del 1992 quando la moglie, Saveria Palazzolo, ricomparve in paese assieme ai tre figli dopo un'assenza di dieci anni. Come se non fosse successo nulla in tutto quell'arco di tempo, la donna riaprì la vecchia casa e riprese a vivere in mezzo alla gente, lasciando di stucco tutti, compresi i rappresentanti delle forze dell'ordine. Accanto a Provenzano, fino al 20 maggio del 1996, c'era Giovanni Brusca, considerato il capo dell'ala militare di Cosa Nostra. Figlio di Bernardo, ex componente della "commissione" nella sua qualità di boss della famiglia di san Giuseppe Iato, è accusato di crimini orrendi come la strage di Capaci (fu lui ad azionare il congegno che fece saltare in aria il giudice Falcone, la moglie e gli uomini della scorta), gli attentati a Roma, Milano, e Firenze e l'omicidio di Giuseppe Di Matteo, 11 anni, figlio di un collaboratore di giustizia, strangolato e dissolto nell'acido. Trentasei anni, latitante dal 1990, è stato arrestato assieme al fratello Vincenzo nell'agrigentino mentre alla televisione stava vedendo il film di Michele Placido sulla strage di Capaci. Dopo la cattura di Brusca, oltre a Provenzano, capo indiscusso dell'ala "politica" di Cosa Nostra, alla macchia resta Pietro Aglieri, a cui spetta il compito di ricucire le fila e di rilanciare la mafia sfiancata dagli attacchi concentrici dei pentiti.

Le stragi di Capaci e di via D'Amelio hanno costituito uno spartiacque nella lotta contro la mafia. Molti mafiosi, tra cui boss del calibro di Totò Riina, Giuseppe Madonia e Nitto Santapaola sono finiti in galera, tantissimi altri invece hanno cominciato a collaborare con la giustizia, dando ai giudici un filo da tirare che ha smagliato tutto un tessuto di amicizie e interessi. Sono stati chiamati in causa personaggi di primo piano, come l'ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti, l'ex presidente della prima sezione della Corte di Cassazione, Corrado Carnevale e l'ex capo dei servizi segreti in Sicilia ,Bruno Contrada

DOVE REGNANO LE FAMIGLIE :


Palermo
Corleonesi (Bernardo Provenzano), Madonia (San Lorenzo), Greco (Ciaculli), Vernengo e Marchese (Corso dei Mille), Fidanzati (Arenella), Aglieri (S> Maria del Gesù)

Trapani
Agate (Mazara del Vallo), Evola (Castellammare).

Agrigento :
Grassonelli (Porto Empedocle), Di Caro, Ferro (Canicattì), Ribisi, Allegro (Palma di Montechiaro), Caruana e Cuntrera (Siculiana).

Gela
Madonia, Jocolano.

Catania
Santapaola, Ferrera, Pillera, Garozzo, Pulvirenti (Misterbianco).

Messina
Costa, Garofalo, Milone (Barcellona).

Capo d'Orlando
Bontempo, Scavo, Galati, Giordano.

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Ipertesto realizzato e curato dal Prof. Giuseppe Landolfi

Contatto: obiettivomafia@libero.it

 

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